Svolgimento del processo
1. – Con atto di citazione notificato il 7 ottobre 2011, S.I.G. conveniva, davanti al Tribunale di Lecce (Sezione distaccata di Nardò), P.I. per sentire dichiarare la risoluzione del contratto preliminare di vendita immobiliare concluso tra le parti all’esito dello scambio tra proposta del 29 gennaio 2011 e accettazione del 31 gennaio 2011, per inadempimento della convenuta promittente alienante, con la condanna della convenuta medesima al pagamento del doppio della caparra confirmatoria versata di euro 5.000,00 o della diversa somma ritenuta di giustizia.
Al riguardo, l’attore esponeva: che, in esito alla intermediazione dell’agenzia immobiliare (omissis), aveva sottoscritto in data 29 gennaio 2011 una proposta di acquisto, per il prezzo di euro 110.000,00, dell’immobile di proprietà di P.I., sito in Porto Cesareo, via Circonvallazione s.n.c., presso il villaggio “(omissis)”, versando, a titolo di caparra confirmatoria, la somma di euro 5.000,00; che in data 31 gennaio 2011 la proprietaria aveva accettato detta proposta; che le parti avevano concordato che la stipulazione del definitivo sarebbe avvenuta alla data del 15 aprile 2011, data in cui sarebbe stata corrisposta la restante somma dovuta a titolo di prezzo; che la promittente venditrice, benché sollecitata più volte ai fini di addivenire alla stipula del definitivo, non era comparsa dinanzi al notaio incaricato.
Si costituiva in giudizio P.I., la quale contestava la fondatezza delle domande avversarie e sosteneva: che la risoluzione del contratto doveva essere addebitata ad esclusivo fatto e colpa del promissario acquirente; che, infatti, questi aveva disatteso l’accordo sottoscritto, mancando di versare il secondo acconto previsto sul prezzo di euro 17.500,00 entro la data convenuta del 15 febbraio 2011 ex art. 3, lett. b), del preliminare, a mezzo di assegno circolare intestato a Equitalia, somma, questa, necessaria ad estinguere e cancellare l’ipoteca giudiziale accesa sull’immobile promesso in vendita; che lo stesso promissario acquirente aveva mancato di versare un’ulteriore somma, necessaria per l’estinzione e cancellazione dell’altro gravame esistente sull’immobile, ossia dell’ipoteca volontaria iscritta in favore di Unicredit Banca; che tali pesi e le relative condizioni di estinzione erano note al promissario acquirente, in quanto richiamate nel preliminare e indispensabili per la stipula del definitivo; che, in difetto di tali incombenze, non poteva essere pretesa la stipula del definitivo. Pertanto, chiedeva che le domande di parte attrice fossero disattese e che conseguentemente fosse dichiarato il suo diritto a trattenere la caparra ricevuta.
Nel corso del giudizio era assunta la prova per interpello di entrambe le parti e la prova testimoniale ammessa per l’attore.
All’esito delle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale, invece, la convenuta rinunciava all’assunzione della prova testimoniale ammessa in suo favore.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 4687/2015, depositata il 5 ottobre 2015, notificata l’8 ottobre 2015, accoglieva le domande di parte attrice e, per l’effetto, dichiarava la risoluzione del contratto preliminare sottoscritto il 29 gennaio 2011, avente ad oggetto l’immobile emarginato, condannando la convenuta al pagamento, in favore dell’attore, della somma di euro 10.000,00, pari al doppio della caparra confirmatoria versata.
2. – Con atto di citazione notificato il 9 novembre 2015, P.I. proponeva appello avverso la sentenza di primo grado, lamentando: 1) che erroneamente il Tribunale aveva ritenuto che la promittente venditrice avesse violato l’art. 2 del contratto preliminare, che le imponeva di trasferire l’immobile privo di ipoteche e/o trascrizioni pregiudizievoli, atteso che dalla lettura del preliminare sarebbe emerso che il promissario acquirente avrebbe dovuto mettere a disposizione della promittente venditrice – in tempi diversi, precedenti alla data di stipulazione del definitivo – la provvista necessaria ad estinguere i due gravami esistenti sull’immobile promesso in vendita (e, in particolare, avrebbe dovuto versare euro 17.500,00 entro il 15 febbraio 2001, con assegno circolare intestato a Equitalia, e avrebbe dovuto rendere disponibili le somme necessarie per la cancellazione dell’ulteriore ipoteca iscritta in favore di Unicredit Banca); 2) che tali versamenti non erano avvenuti, come sarebbe stato riconosciuto dall’attore in esito al deferimento dell’interrogatorio formale; 3) che non sarebbe stata rilevata la contraddizione esistente tra le dichiarazioni rese dall’agente immobiliare, quale testimone escusso, il quale aveva confermato di aver convocato la P.I. presso l’agenzia immobiliare per la consegna dell’assegno di euro 17.500,00 emesso dallo S.I.G., e quelle rese da quest’ultimo, in qualità di promissario acquirente, il quale – in sede di prova per interpello – aveva dichiarato che sarebbe stato tenuto a versare l’intero saldo del prezzo al momento del rogito notarile definitivo.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione S.I.G., il quale contestava le deduzioni avversarie e chiedeva che l’appello fosse dichiarato inammissibile ovvero rigettato.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Lecce, con la sentenza di cui in epigrafe, respingeva l’appello e, per l’effetto, confermava integralmente la pronuncia di primo grado impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a) che emergeva ex actis come nel contratto preliminare stipulato inter partes fossero espressamente indicate le due iscrizioni pregiudizievoli gravanti sull’immobile oggetto del trasferimento, con la precisazione che la porzione immobiliare sarebbe stata trasferita, a cura e spese della parte promittente venditrice, al momento del rogito notarile, libera da vincoli, vizi, ipoteche e trascrizioni pregiudizievoli; b) che, quanto al prezzo concordato, determinato in complessivi euro 110.000,00, le parti avevano stabilito che esso sarebbe stato corrisposto mediante un acconto di euro 5.000,00, a titolo di caparra confirmatoria, al momento della sottoscrizione del preliminare, un versamento di euro 17.500,00, da effettuare entro il 15 febbraio 2011, a mezzo assegno circolare non trasferibile intestato a Equitalia, al fine di utilizzarlo per la cancellazione di un’iscrizione ipotecaria, e un residuo di euro 87.500,00, da pagare al momento del rogito notarile, che si stabiliva dovesse effettuarsi entro il 15 aprile 2011; c) che, pertanto, risultava per tabulas che l’obbligo di procedere alla cancellazione delle iscrizioni pregiudizievoli fosse a carico della promittente alienante e che il promissario acquirente non avesse assunto alcun onere di provvedervi direttamente e/o indirettamente; d) che era altresì provata, in via documentale, la messa a disposizione, a cura del promissario acquirente, dell’assegno circolare non trasferibile intestato a Equitalia, dell’importo di euro 17.500,00, posto che, con comunicazione scritta del 23 febbraio 2011, l’agente immobiliare aveva sollecitato, senza alcun esito, la promittente venditrice a ritirare il predetto assegno, secondo quanto previsto nel contratto preliminare; e) che, in conseguenza, l’unico inadempimento rilevabile era quello della promittente alienante, la quale non aveva riscontrato in alcun modo, né l’invito a ritirare l’assegno, né le reiterate convocazioni a recarsi dal notaio incaricato per la stipula del definitivo, come da raccomandate a.r. del 25 marzo 2011 e del 5 aprile 2011; f) che, a fronte dei fatti emersi, le ulteriori doglianze di parte appellante circa l’asserita contraddizione tra l’esito della prova per interpello e il contenuto delle deposizioni testimoniali rese, dovevano reputarsi assorbite, in quanto era risultato, per un verso, che l’obbligo della cancellazione della trascrizione gravasse sulla promittente venditrice e, per altro verso, che quest’ultima non avesse dato seguito all’invito di recarsi presso l’agenzia allo scopo di ritirare il secondo acconto, né si fosse presentata innanzi al notaio, nonostante ripetutamente convocata.
3. – Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, articolato in un unico motivo, P.I..
È rimasto intimato S.I.G., nonostante la debita notifica del ricorso avvenuta il 16 novembre 2020.
4. – La ricorrente ha presentato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c.
Motivi della decisione
1. – Con l’unico motivo dedotto la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione dell’art. 2733, secondo comma, c.c., per avere la Corte distrettuale riconosciuto la prevalenza delle dichiarazioni testimoniali rese dal teste citato da parte attrice R.D. – il quale aveva sostenuto, senza riscontro alcuno, di avere convocato parte promittente venditrice presso la propria agenzia immobiliare per la consegna del secondo acconto sul prezzo convenuto nel contratto preliminare (ovvero un assegno circolare di euro 17.500,00 trasferibile, intestato a Equitalia, necessario per estinguere il debito posto a base dell’ipoteca giudiziale iscritta sull’immobile posto in vendita) – rispetto alle dichiarazioni confessorie assorbenti rese dall’attore in sede di interrogatorio formale – che aveva affermato, senza dubbio alcuno, l’esatto contrario di quanto riferito dal teste e, quindi, in adesione alla tesi sostenuta dalla convenuta, di non aver mai consegnato al titolare dell’agenzia immobiliare l’assegno circolare di euro 17.500,00 intestato a Equitalia, necessario per estinguere il debito posto a base dell’ipoteca giudiziale iscritta sull’immobile posto in vendita –.
In specie, la ricorrente valorizza l’affermazione, resa in sede di deferimento dell’interrogatorio formale da S.I.G., secondo cui gli accordi intercorsi prevedevano che l’intera somma di euro 110.000,00, detratto l’importo di euro 5.000,00 consegnato a titolo di caparra confirmatoria, fosse versata al momento della stipula davanti al notaio incaricato, aggiungendo che, al momento della stipula del definitivo, le somme sarebbero state date davanti al notaio e, contestualmente, ai creditori ipotecari che avrebbero estinto le ipoteche.
Senonché, ad avviso dell’istante, il mancato versamento del secondo acconto sul prezzo – come confermato dalle dichiarazioni confessorie rese dal promissario acquirente – avrebbe dovuto indurre la Corte di merito a dichiarare inadempiente detto promissario acquirente e conseguentemente a ritenerlo l’unico responsabile della mancata stipula del definitivo, a nulla valendo le dichiarazioni del teste di parte attrice, peraltro non supportate da alcun riscontro certo.
Ed infatti, argomenta la ricorrente, dell’emissione di detto assegno non vi sarebbe stata traccia alcuna, non essendo stata mai depositata una sua copia ed essendo stata, invece, esibita una semplice lettera, neppure raccomandata, prontamente contestata da parte convenuta, perché mai ricevuta, e quindi priva di valore probatorio.
Pertanto, a fronte della confessione giudiziale resa, sarebbe venuta meno l’incertezza giudiziaria sul fatto ammesso e a tale conclusione avrebbe dovuto attenersi il giudice di merito.
1.1. – La censura è fondata.
In primis, risulta riscontrato quanto analiticamente dedotto nel corpo del ricorso dall’istante. Infatti, il tenore dell’interrogatorio formale reso dal promissario acquirente nel corso del giudizio di primo grado è suffragato dalla copia del processo verbale dell’udienza del 28 novembre 2013, allegata al ricorso di legittimità.
Conformemente a quanto dedotto dalla ricorrente, in sede di prova per interpello, S.I.G. ha sostenuto che, in base agli accordi intercorsi, l’intero prezzo pattuito di euro 110.000,00, fatta eccezione per la caparra confirmatoria di euro 5.000,00 corrisposta all’epoca della formulazione della proposta, avrebbe dovuto essere versata all’atto della stipulazione del contratto definitivo di vendita davanti al notaio incaricato. La parte ha supportato ulteriormente tale circostanza, affermando che, in ragione delle intese raggiunte per il tramite dell’agenzia immobiliare, era stato concordato che, al momento della stipula del rogito, le somme sarebbero state date davanti al notaio – e contestualmente ai creditori ipotecari –, che avrebbero estinto le ipoteche iscritte sull’immobile e richiamate nel preliminare.
Attraverso tali dichiarazioni il promissario acquirente ha dunque confessato, in via giudiziale, di non avere versato alcuna ulteriore somma, oltre la caparra confirmatoria di euro 5.000,00, appunto in forza degli accordi raggiunti tra le parti, che avrebbero previsto il pagamento del saldo al momento della stipula del definitivo.
L’evocata dichiarazione consta di un elemento soggettivo, consistente nella consapevolezza e volontà di ammettere e riconoscere la verità di un fatto a sé sfavorevole e favorevole all’altra parte, e di un elemento oggettivo, che si ha qualora dall’ammissione del fatto obiettivo che forma oggetto della confessione, escludente qualsiasi contestazione sul punto, derivi un concreto pregiudizio all’interesse del dichiarante e, al contempo, un corrispondente vantaggio nei confronti del destinatario della dichiarazione (Cass. Sez. L, Sentenza n. 12798 del 23/05/2018; Sez. U, Sentenza n. 7381 del 25/03/2013; Sez. L, Sentenza n. 23495 del 19/11/2010).
E tanto contrariamente al tenore del preliminare, secondo cui un ulteriore acconto sul prezzo, per l’importo di euro 17.500,00, avrebbe dovuto essere versato, entro la data convenuta del 15 febbraio 2011 (ex art. 3, lett. b, del preliminare), mediante assegno circolare da intestare a Equitalia, quale somma necessaria ad estinguere e cancellare l’ipoteca giudiziale accesa sull’immobile promesso in vendita.
La Corte di merito ha ritenuto che la circostanza fosse superata dall’esito della deposizione testimoniale resa dall’agente immobiliare, come corroborata in via documentale, in forza della quale il promissario acquirente avrebbe messo a disposizione l’assegno circolare non trasferibile intestato a Equitalia, dell’importo di euro 17.500,00, stante che, con comunicazione scritta del 23 febbraio 2011, detto agente immobiliare aveva sollecitato, senza alcun esito, la promittente venditrice a ritirare il predetto assegno, secondo quanto previsto nel contratto preliminare.
E ciò pacificamente senza che copia di tale assegno circolare sia mai stata esibita.
1.2. – Ebbene, nell’attribuire prevalenza all’esito delle ulteriori prove precostituite (peraltro non dirimenti) e costituende, come prodotte e richieste dal confitente, la Corte territoriale ha violato il principio della piena efficacia probante della confessione giudiziale, degradandone il suo valore di prova legale.
Ed infatti, la perentoria dichiarazione resa in sede di interrogatorio formale si pone in radicale e irrimediabile contrasto con il tenore delle altre prove utilizzate, che non hanno quindi avuto una valenza meramente specificativa di elementi non sufficientemente emersi in ordine ai fatti di causa (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 884 del 05/05/1967; Sez. 1, Sentenza n. 697 del 11/03/1966).
Ora, ai sensi dell’art. 2733, secondo comma, c.c., la confessione resa in giudizio forma piena prova contro colui che l’ha resa, ove verta su diritti disponibili.
Con l’effetto che l’autore di una confessione non può essere ammesso a provare per testi fatti contrari a quanto ha confessato (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 607 del 17/01/2003; Sez. L, Sentenza
n. 3975 del 20/03/2001; Sez. 3, Sentenza n. 3293 del 29/11/1973).
Né a fortiori tali prove – ove di fatto ammesse ed assunte – possono prevalere sul contenuto della discordante confessione resa.
In ultimo, il documento cui la Corte d’appello fa riferimento non costituisce prova legale diretta del fatto (ossia del versamento della somma indicata entro la data del 15 febbraio 2011), consistendo in una mera missiva (di cui peraltro è stato contestato il ricevimento), in tesi inviata dal mediatore (e non già dal promissario acquirente), avente ad oggetto l’invito rivolto alla promittente alienante a recarsi presso la sede dell’agenzia per ritirare l’assegno circolare, sicché anche tale elemento (indiziario) avrebbe dovuto ritenersi superato dall’esito pienamente confessorio della prova per interpello (contrastante con detto indizio).
2. – In conseguenza delle considerazioni esposte, il ricorso deve essere accolto.
La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi al seguente principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione:
“In tema di valutazione della prova, a fronte della confessione giudiziale resa, non può essere data prevalenza ai fatti contrari, e non meramente specificativi, come emergenti dalle deposizioni testimoniali ammesse su istanza della stessa parte confitente e dalla prova documentale indiretta”.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.