
Oggetto di causa è la richiesta dell'indennizzo di cui alla L. n. 210/1992 da parte della madre di un minore che aveva contratto un'encefalopatia con quadro di sindrome autistica dopo la somministrazione del vaccino esavalente.
Il Giudice di seconde cure confermava la pronuncia di primo grado con la quale era stata respinta la domanda di due genitori volta ad ottenere l'indennizzo di cui alla
Nello specifico, i Giudici avevano rilevato che dalla CTU disposta in primo grado era emersa l'esclusione del nesso causale per due motivi: da un lato, poiché la storia clinica del piccolo indicava un ritardo psicomotorio già prima della somministrazione del primo vaccino e, dall'altro lato, in quanto la letteratura scientifica esclude che il mercurio presente nei vaccini possa avere un ruolo nella determinazione dell'autismo o dei disordini neurologici.
Contro tale pronuncia, propone ricorso per cassazione la madre del piccolo.
Con l'ordinanza n. 27274 del 25 settembre 2023, la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, precisando che «la sussistenza del nesso causale tra la somministrazione vaccinale e il verificarsi del danno alla salute deve essere valutata secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica ispirato al principio del “più probabile che non”, da ancorarsi non esclusivamente alla determinazione quantitativo-statistica delle frequenze di classe di eventi (c.d. probabilità quantitativa), ma riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica)».
Come rilevano gli Ermellini, i Giudici del merito hanno correttamente applicato i principi di causalità affermati dalle due pronunce della Cassazione in tema di indennizzo ex
Segue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Bologna confermava la pronuncia di primo grado che aveva respinto la domanda di due genitori, quali legali rappresentanti del figlio minore, volta ad ottenere l’indennizzo previsto dalla l. n.210/92 per avere il figlio contratto una encefalopatia con quadro di sindrome autistica in conseguenza della somministrazione di vaccino esavalente il 3.5.2007 e con aggravamento del profilo neurologico dopo inoculazione di altro vaccino antiMMR in data 10.9.07.
La Corte rilevava che la consulenza tecnica disposta in primo grado aveva condivisibilmente escluso il nesso causale, sia perché la storia clinica del minore indicava un ritardo psicomotorio sin da epoca precedente la somministrazione del primo vaccino, sia perché la letteratura scientifica esclude che il mercurio presente nei vaccini possa avere un ruolo nella determinazione dell’autismo o dei disordini neurologici.
Avverso la sentenza ricorre la madre, quale legale rappresentante del figlio minore, per due motivi, illustrati da memoria.
Il Ministero della Salute resiste con controricorso.
All’adunanza camerale il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art.1 l. n.210/92 per avere la Corte assunto una motivazione in tema di causalità incoerente con la fattispecie, siccome parametrata sulla responsabilità del Ministero, laddove nel caso di specie si discute di prestazione assistenziale.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce falsa applicazione degli artt.1, 3 e 5 l. n.210/92 e mancata valutazione di fatti rilevanti, in quanto la Corte avrebbe aderito alle conclusioni del consulente tecnico, censurabili per non aver adeguatamente considerato la presenza di un particolare corredo immunitario del minore che favoriva reazioni avverse ai metalli pesanti presenti nei vaccini.
Il primo motivo è inammissibile.
In tema di nesso causale applicato all’indennizzo di previsto dalla l. n.210/92, questa Corte (Cass.2474/21, Cass.25119/17) ha affermato che la sussistenza del nesso causale tra la somministrazione vaccinale e il verificarsi del danno alla salute deve essere valutata secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica ispirato al principio del “più probabile che non”, da ancorarsi non esclusivamente alla determinazione quantitativo-statistica delle frequenze di classe di eventi (c.d. probabilità quantitativa), ma riconducendone il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica).
Il motivo si duole del fatto che la sentenza, citando Cass.13872/20, abbia invece richiamato i principi della causalità affermati da questa Corte con riguardo alla responsabilità del Ministero.
In realtà, il richiamo a Cass.12872/20 è effettuato solo ad abundantiam, e in sé non costituisce ratio decidendi della sentenza, sì che l’impugnazione su tale profilo è inammissibile per difetto di interesse (Cass.22380/14). La sentenza, prima e dopo aver citato cass.12872/20, mostra di aver applicato i principi di causalità affermati da Cass.2474/21, Cass.25119/17 in tema di indennizzo ex l. n.210/92. In particolare, aderendo alle conclusioni della consulenza, ha specificato che il nesso causale è da escludere sia avendo riguardo alla storia clinica del minore – e qui il riferimento è al criterio della probabilità logica: il minore, già prima della somministrazione vaccinale, aveva mostrato un ritardo psicomotorio – sia avendo riguardo al criterio della probabilità quantitativa, per mancanza di una legge scientifica di copertura universale che confermasse un’influenza della somministrazione vaccinale sull’insorgenza di patologie neurologiche.
Il secondo motivo è inammissibile.
Sebbene rubricato anche come violazione di legge, esso si risolve in una critica nel merito alla consulenza tecnica recepita in sentenza, facendo valere considerazioni del proprio consulente medico di parte discordanti da quelle del consulente d’ufficio. Nella sostanza, il motivo sindaca un tipico accertamento di fatto sulla sussistenza del nesso causale, senza addurre alcun fatto storico omesso, decisivo e oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art.360, co.1, n.5 c.p.c.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio di cassazione, liquidate in €2.500 per compensi, €200 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Ai sensi dell’art.52 d.lgs. n.196/03, in caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri dati identificativi della ricorrente e della parte rappresentata legalmente.