Non è il provvedimento che ne impone la rimozione, ma quello che consente il mantenimento delle strutture amovibili di supporto alla balneazione che deve essere specificamente motivato, in quanto la regula juris è la loro rimozione a fine stagione.
La vicenda ha origine dall’impugnazione da parte dell’attuale resistente (titolare di una concessione demaniale marittima di area costiera ove esercitava uno stabilimento balneare) di due provvedimenti rilasciati dal Comune: l’autorizzazione paesaggistica relativa al permesso di costruire in relazione alle strutture “di facile rimozione” a servizio dello stabilimento nella parte in cui ne imponeva la rimozione a fine stagione, e il conseguente permesso di costruire riferito alle medesime “strutture a carattere precario e temporaneo”.
Il TAR accoglieva il ricorso, sostenendo che se la facile rimovibilità costituisce una caratteristica costruttiva intrinseca e costante dei manufatti in questione, la rimozione periodica non si fonda sulla stagionalità del titolo concessorio o dell’attività che si esercita ma all’esigenza di evitare una compromissione degli elementi naturali del territorio, da un lato, e di evitare una riduzione della fruibilità e accessibilità del territorio costiero, dall’altra. Tuttavia, su tali profili il provvedimento impugnato era del tutto silente, senza considerare poi, sempre secondo il TAR, che la tutela dell’ambiente deve comunque contemperarsi con la cura di altri interessi meritevoli di tutela, come la valorizzazione delle risorse e la promozione dell’iniziativa imprenditoriale.
Contro tale decisione, le Amministrazioni hanno interposto appello.
Con la sentenza n. 8228 dell’8 settembre 2023, il Consiglio di Stato dichiara il ricorso fondato, asserendo che è proprio la natura temporanea dei precedenti titoli che testimonia per tabulas il fatto che la volontà dell’Amministrazione aveva riscontrato favorevolmente l’istanza ampliativa del privato solo per un certo periodo temporale, il quale una volta decorso faceva venir meno ogni effetto.
Il privato, allora, doveva ritenersi onerato di una nuova istanza sulla quale l’Amministrazione sarebbe stata chiamata a delibare ex novo sulla base della situazione di fatto e di diritto vigente ratione temporis, senza essere condizionata dalle determinazioni precedenti ma mantenendo intatta la propria discrezionalità nei limiti riconosciuti dalla legge.
In tal senso, il Consiglio di Stato aderisce alla precedente pronuncia n. 2559 del 10 marzo 2023 che ha affermato, tra le altre cose
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Segue l’accoglimento del ricorso e la compensazione delle spese di lite.
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza (ud. 8 giugno 2023 – 12 luglio 2023) 8 settembre 2023, n. 8228
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. L’odierna resistente, titolare di concessione demaniale marittima di area costiera ubicata in Comune di Lecce ove esercita uno stabilimento balneare, ha impugnato in prime cure:
- l’autorizzazione paesistica n. 103 rilasciata dal Comune in data 8 giugno 2016, relativa al rinnovo del permesso di costruire (ed al contestuale cambio di destinazione d’uso di un vano) inerente a strutture “di facile rimozione” a servizio dello stabilimento balneare, nella parte in cui ne impone la rimozione “entro il 31 ottobre 2016 alla fine della stagione estiva”;
- il conseguente permesso di costruire n. 381 rilasciato dal Comune in data 2 settembre 2016, riferito alle medesime “strutture a carattere precario e temporaneo”, nella parte in cui la validità del titolo è limitata al 31 ottobre 2016, data entro cui le strutture debbono essere rimosse.
1.1. La ricorrente ha premesso:
- di essere titolare di concessione demaniale marittima, rilasciata in data 29 aprile 2008 con scadenza al 31 dicembre 2013;
- di gestire, sull’area oggetto di concessione, uno stabilimento balneare (composto da un’area scoperta di mq 1480,60 e da un’altra area di mq 225,81 occupata da strutture “di facile rimozione”), realizzato in virtù di permesso di costruire n. 82 del 2009, recante la condizione della rimozione dei manufatti entro il 31 ottobre 2009;
- che in data 18 dicembre 2009 veniva emanata, a seguito di istanza dell’esponente, autorizzazione paesaggistica al mantenimento per tutto l’anno delle cennate strutture precarie sino al 31 dicembre 2013 (data di scadenza della concessione demaniale marittima);
- che la durata della concessione demaniale marittima veniva poi prorogata ex lege al 31 dicembre 2020, ai sensi del d.l. n. 194 del 2009, convertito con l. n. 25 del 2010;
- che, a sua volta, il Comune, in data 21 marzo 2011, prorogava la validità del permesso di costruire n. 82 del 2009 sino al 31 dicembre 2013, “senza prevedere alcun obbligo di rimuovere le strutture”;
- che, in seguito, il Comune prorogava “fino al 17 dicembre 2015 (termine di validità dell’autorizzazione paesaggistica del 18.12.2009)” la validità del permesso di costruire n. 82 del 2009, anche in questo caso senza imporre la rimozione delle strutture al termine della stagione estiva;
- che, quindi, venivano emanati i provvedimenti in questa sede impugnati.
1.2. In diritto, la ricorrente ha dedotto:
I – la carenza di motivazione, anche in relazione al contrasto dei provvedimenti impugnati, in parte qua, con le determinazioni pregresse;
II – la violazione dell’art. 8, comma 5, l.r. n. 17 del 2015 (ai sensi del quale “ai fini demaniali marittimi, le strutture funzionali all’attività balneare, purché di facile amovibilità, possono essere mantenute per l’intero anno solare”) e della circolare regionale n. 15 del 16 ottobre 2008, di analogo tenore;
III – la violazione dell’art. 45 delle NTA del PPTR adottato dalla Giunta regionale con delibera n. 1435 del 2013, che, consentendo “la realizzazione di attrezzature facilmente rimovibili per la balneazione”, avrebbe determinato il superamento del “requisito della stagionalità delle strutture balneari”.
2. Con la sentenza indicata in epigrafe, il T.a.r. ha accolto il ricorso con l’onere delle spese, liquidate in complessivi € 1.500,00 a carico della Soprintendenza.
2.1. Il T.a.r., in particolare, ha esaminato congiuntamente i motivi sub II e III, ravvisando il lamentato contrasto dei provvedimenti gravati, nella parte impugnata, con l’art. 8, comma 5, l.r. n. 17 del 2015, con la circolare regionale n. 15 del 16 ottobre 2008 e con l’art. 45 delle NTA del PPTR.
2.2. In proposito, il T.a.r. ha sostenuto che:
- ai sensi dell’art. 143, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, il PPTR avrebbe ridotto il margine di discrezionalità precedentemente riconosciuto alla Soprintendenza;
- “mentre la facile rimovibilità rappresenta una caratteristica costruttiva intrinseca e costante dei manufatti di cui trattasi, la rimozione periodica delle strutture non è ancorata alla stagionalità del titolo concessorio o dell’attività esercitata, bensì alla esigenza da un lato - di evitare una compromissione degli elementi naturali del territorio e - dall’altro – di evitare una apprezzabile riduzione della fruibilità ed accessibilità del territorio costiero (con limitazioni logicamente ulteriori e diverse rispetto a quelle naturalmente connesse all’uso dell’area in regime di concessione demaniale, che già di per sé comporta una sottrazione del bene all’uso generale ed una ragionevole modifica dell’aspetto naturale del territorio). L’impugnato provvedimento tuttavia sul punto non reca alcuna puntuale e specifica motivazione con riferimento ai due profili sopra evidenziati”;
- “la salvaguardia del bene ambiente - pur se prioritario – non può tuttavia riguardarsi come un valore assoluto, dovendosi contemperare la tutela ambientale con la cura di altri interessi ritenuti dall’ordinamento meritevoli di tutela, quali la valorizzazione delle risorse, la promozione dell’iniziativa imprenditoriale e dell’occupazione, secondo la specificità del territorio sotto il profilo socio-economico”.
3. Le Amministrazioni hanno interposto appello, sostenendo che:
- il PPTR consentirebbe “solo ed esclusivamente la realizzazione di strutture di facile amovibilità per la balneazione e che tale prescrizione può intendersi solo nel senso che possono essere rilasciati autorizzazioni e permessi di costruire aventi ad oggetto la realizzazione di opere prive di qualsivoglia carattere di stabilità e che, in quanto strettamente funzionali alla realizzazione di attività commerciali connesse alla balneazione, devono permanere in loco solo ed esclusivamente fintantochè è in corso la relativa stagione”, sì che “ogni altra interpretazione della norma, quale quella predicata dalla difesa di parte appellata, secondo la quale l’amovibilità non si oppone alla presenza stabile sul territorio, finisce per privare la stessa di qualunque significato e tradirne in tutta evidenza la ratio”; “d’altronde il teorizzare che possa ammettersi la permanenza stabile sul territorio di ciò che per sua natura è (o dovrebbe essere) amovibile è una evidente incongruenza sul piano logico, prima ancora che sul piano giuridico; per non dire che ben poco senso avrebbe il costringere gli operatori a munirsi di attrezzature amovibili potendo consentirsi la loro presenza stabile sul territorio”;
- prima ancora, il PPTR non potrebbe derogare alla normativa circa i poteri della Soprintendenza, posto che “il menzionato strumento pianificatorio doveva muoversi nel solco delle linee tracciate dalla normativa statale e regionale di riferimento”;
- del resto, in molteplici precedenti questo Consiglio avrebbe riformato sentenze del T.a.r. salentino analoghe a quella de qua; a sua volta, la Corte costituzionale avrebbe dichiarato incostituzionali leggi regionali pugliesi che consentivano il mantenimento anche invernale di strutture su aree oggetto di concessione demaniale marittima;
- non sarebbe, quindi, necessaria alcuna “particolare motivazione in ordine alle ragioni per le quali la struttura andava rimossa a conclusione della stagione estiva”.
3.1. In subordine, le Amministrazioni hanno chiesto la riforma del capo sulle spese di lite, che dovrebbero gravare sul solo Comune, autore degli atti gravati.
4. Si è costituita in resistenza la ricorrente in prime cure, che ha riproposto la censura sub I assorbita in primo grado e, quanto alle restanti censure, ha ripreso le argomentazioni difensive già articolate avanti il T.a.r., ricordando che in Puglia la stagione balneare dura, in base alla normativa regionale, per tutto l’anno solare.
5. Si è, altresì, costituito il Comune, che ha viceversa chiesto l’accoglimento dell’appello.
6. In vista della trattazione del ricorso le parti hanno versato in atti difese scritte.
6.1. Le Amministrazioni hanno, in primis, sostenuto che, alla luce delle sopravvenienze giurisprudenziali (il riferimento è alle sentenze dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio nn. 17 e 18 del 2021), sarebbe “venuto meno ogni e qualsiasi interesse [della resistente] a veder confermata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale”.
6.1.1. Nel merito, le Amministrazioni hanno osservato che la VI Sezione di questo Consiglio era ferma, fino al 2015, nel ritenere che provvedimenti quali quello impugnato (che impongono la rimozione, alla fine della stagione estiva, delle strutture amovibili ubicate su aree demaniali senza addurre una specifica motivazione) fossero legittimi; in seguito, con alcune sentenze, la VI Sezione avrebbe cambiato orientamento, sostenendo che provvedimenti di tal fatta necessiterebbero di motivazione puntuale e specifica; da ultimo, tuttavia, la VI Sezione sarebbe tornata a sostenere il precedente orientamento (il riferimento è alla recente sentenza n. 2559 del 10 marzo 2023).
6.2. La resistente ha eccepito l’inammissibilità ovvero l’improcedibilità dell’appello, posto che:
i) nell’ambito dell’originario procedimento edilizio, con nota n. 8296 del 12 maggio 2009, la Soprintendenza avrebbe sostenuto “di non sollevare obiezioni all’eventuale autorizzazione che codesto Comune vorrà rilasciare per il mantenimento delle opere stagionali così come descritte”;
ii) con istanza del 14 gennaio 2016 l’esponente aveva chiesto il mero rinnovo di tale titolo edilizio, aggiungendovi la richiesta di cambio di destinazione d’uso del locale direzione in locale laboratorio;
iii) oggetto dell’istanza era, dunque, “esclusivamente il mutamento di destinazione d’uso di un vano già assentito e realizzato e che in base al titolo edilizio non andava rimosso al termine della stagione estiva”, posto che “la questione della permanenza delle strutture era stata già sancita dalla stessa Soprintendenza nel 2009 e dunque anche il locale sottoposto alla modifica della destinazione d’uso sarebbe potuto e dovuto restare montato al termine della stagione estiva”;
iv) nel relativo procedimento la Soprintendenza era rimasta inerte, con conseguente formazione del silenzio-assenso.
6.2.1. In sostanza, la resistente eccepisce che in sede procedimentale le Amministrazioni preposte alla tutela del paesaggio non avrebbero mai espresso la posizione di contrarietà al mantenimento delle strutture per tutto l’anno poi assunta nella presente sede processuale.
6.2.2. Nel merito, la resistente ha ribadito che l’amovibilità dei manufatti afferirebbe alla relativa struttura e non comporterebbe, in sé, alcun obbligo di rimozione alla fine della stagione balneare.
6.3. In replica, il Comune ha sostenuto che:
- “non risulta che la Soprintendenza nel 2009 abbia consentito specificatamente il mantenimento annuale della struttura”, posto che “con istanza acquisita il 10.3.2009 con il numero 31488 la sig.ra C. chiedeva di essere autorizzata a eseguire lavori in variante al permesso 82/2009 per il mantenimento delle strutture al 31.12.2013. Veniva indetta conferenza di servizi tenutasi in data 14.5.2009; in tale occasione la Soprintendenza – come è dato leggere nel verbale della Conferenza – si limitativa a “demandare all’Amministrazione comunale la valutazione di poter rilasciare la relativa autorizzazione”; il Dirigente del Settore Urbanistica esprimeva parere favorevole a condizione che la variante al permesso di costruire “sia rilasciata limitatamente al periodo di scadenza 31.10.2009 – 31.10.2013 fermo restando tutte le prescrizioni e condizioni espresse nel permesso di costruire 82/2009” e, quindi, limitatamente all’arco temporale ivi indicato”;
- a tutto concedere, anche ove la Soprintendenza avesse espresso l’assenso al mantenimento delle strutture, “tale circostanza non rileverebbe in quanto nel 2016 viene rilasciato nuovo permesso a costruire che – in linea con la relativa autorizzazione paesaggistica – sostituisce i precedenti permessi e impone l’obbligo rimozione al termine della stagione estiva”.
6.4. In replica alle Amministrazioni, la resistente ha, da un lato, motivato la permanenza del proprio interesse alla decisione del giudizio, dall’altro, osservato che “la pronuncia citata da controparte [Cons. Stato, Sez. VI, n. 2559 del 2023] risulta isolata rispetto ad una moltitudine di sentenze che hanno confermato la Giurisprudenza del Tar Salentino”; in replica al Comune, la resistente ha contestato la tardività della relativa memoria.
7. Il ricorso, trattato alla pubblica udienza dell’8 giugno 2023, è fondato.
8. La fondatezza nel merito dell’appello esime il Collegio dallo scrutinio dell’eccezione, formulata da ultimo dalle Amministrazioni appellanti, di sopravvenuta carenza di interesse alla definizione del giudizio in capo a parte resistente: sul punto, peraltro, non può non rilevarsi che il privato ha, di norma, interesse alla prosecuzione di un giudizio nel quale ha contestato l’illegittimità di atti incidenti nella propria sfera giuridica (il rigetto del relativo ricorso, invero, potrebbe in futuro legittimare pretese di vario genere ex adverso).
9. Non si rileva, poi, alcuna ragione di inammissibilità o improcedibilità del gravame.
9.1. Anzitutto, gli atti impugnati si inseriscono in una sede procedimentale autonoma, volta al rilascio di un nuovo titolo edilizio: tale serie procedimentale non è condizionata dalla precedente emanazione di analoghi titoli dalla validità temporalmente limitata (e, nella specie, interamente trascorsa).
9.2. Proprio tale natura temporanea dei precedenti titoli, infatti, testimonia per tabulas il fatto che la volontà amministrativa aveva, a suo tempo, riscontrato favorevolmente l’istanza ampliativa del privato solo per un determinato lasso di tempo, decorso il quale l’interesse pretensivo di questi tornava, ai fini de quibus, nella situazione originaria, essendo venuto meno ogni effetto favorevole dei precedenti provvedimenti.
9.3. Il privato, dunque, era onerato di una nuova istanza, su cui l’Amministrazione avrebbe delibato ex novo, in base alla situazione di fatto e di diritto vigente ratione temporis, senza essere condizionata dalle pregresse determinazioni, ma mantenendo, di contro, intatta la propria discrezionalità valutativa, nei limiti riconosciuti dalla legge.
9.4. Quanto, poi, al procedimento esitato nei provvedimenti impugnati, il Collegio rileva che, nell’autorizzazione paesaggistica n. 103, il Comune dà espressamente atto:
- della trasmissione alla Soprintendenza, in data 5 maggio 2016, della “documentazione richiesta per l’emissione del parere di competenza, da rendere ai sensi dell’art. 4, comma 6, d.P.R. 139/2010”;
- del decorso dei termini di legge “senza che la Soprintendenza abbia emesso il parere di competenza”.
9.5. L’art. 4, comma 6, d.P.R. n. 193 del 2010, vigente ratione temporis, non delineava un’ipotesi di silenzio-assenso (in tal caso, a tacer d’altro, non sarebbe stata necessaria la successiva autorizzazione espressa comunale), ma di mero silenzio devolutivo: l’inerzia del Soprintendente, in sostanza, determinava solo la pretermissione ex lege del parere stesso e la concentrazione del potere in capo all’Autorità procedente (appunto il Comune, in virtù della delega disposta a regime dalla l.r. n. 20 del 2009).
9.6. A livello di normazione primaria, l’art. 146, comma 9, d.lgs. n. 42 del 2004 disponeva (e dispone) in conformità.
9.7. La Soprintendenza, dunque, non ha espresso per silentium alcuna volontà provvedimentale: essa ha, pertanto, mantenute le proprie (doverose) prerogative di difendere in giudizio (se necessario, mediante appello avverso sentenza sfavorevole) gli interessi pubblici di istituzionale competenza.
10. Quanto al merito, il Collegio richiama integralmente, ai sensi dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a., la recente sentenza della VI Sezione di questo Consiglio n. 2559 del 10 marzo 2023, cui presta piena adesione.
11. In sostanza ed estrema sintesi:
- la potestà legislativa regionale non può incidere negativamente su profili di diretta tutela del bene ambiente, lato sensu inteso, stabiliti in sede statale: entro tale perimetro, dunque, debbono essere interpretate secundum Constitutionem le disposizioni regionali dettate in materia;
- i beni paesaggistici (fra cui i territori costieri) rilevano e sono tutelati ex lege non solo nella propria dimensione strettamente fisica e materiale, ma anche nella più generale capacità di essere veicolo di rappresentazione e trasmissione dell’identità storico-culturale di un luogo e del popolo ivi ab immemorabili insediato;
- la concessione ad un privato di aree del demanio costiero ne configura un uso eccezionale che, come tale, non può che svolgersi nei limiti dell’atto concessorio e, comunque, in funzione degli scopi per cui quest’ultimo è stato emanato, nel caso di specie la balneazione;
- non vi è, dunque, in radice luogo al richiamo al favor libertatis, posto che il concessionario non si vale di un diritto di libertà per così dire “originario” a lui spettante uti civis, ma al contrario, in virtù di un provvedimento amministrativo ampliativo della di lui sfera giuridica, esercita per (legittimi) fini lucrativi un’attività commerciale su un’area che era e resta ex lege di pertinenza della collettività nazionale (art. 822 c.c.);
- a prescindere da ogni possibile statuizione normativa (regionale), la stagione balneare (ossia la stagione ove le condizioni climatiche consentono la confortevole balneazione) interessa fisicamente, alle nostre latitudini, solo i mesi estivi, sia pure lato sensu intesi, e non si spinge fino al periodo invernale;
- le strutture amovibili di supporto alla balneazione presentano un vincolo teleologico che ne giustifica la presenza solo nel periodo in cui la balneazione è comodamente possibile;
- una deroga a siffatta ordinaria conseguenza che consenta il mantenimento per tutto l’anno di siffatte strutture è sì possibile, ma in presenza di una specifica motivazione che metta in rilievo il prevalente interesse pubblico a che strutture deputate alla balneazione rimangano in situ anche oltre la stagione deputata alla balneazione;
- in sostanza, non è il provvedimento che impone la rimozione, ma il provvedimento che consente il mantenimento di tali strutture che deve essere specificamente e convincentemente motivato, rappresentandone la rimozione l’ordinaria regula juris;
- il PPTR è strutturalmente privo della forza di derogare in pejus alle disposizioni di tutela ambientale previste in via generale dalla normazione statale e, comunque, allorché consente la realizzazione di strutture di facile amovibilità volte a servizio della balneazione, si colloca logicamente in linea con le sovraesposte coordinate esegetiche;
- l’autorizzazione paesaggistica, a sua volta, è tesa a garantire che l’installazione di manufatti amovibili durante la stagione balneare sia compatibile con le esigenze di tutela ambientale e paesaggistica e non rappresenta né veicola in alcun modo un implicito assenso al mantenimento delle stesse per tutto l’anno.
12. L’appello, pertanto, va accolto, con integrale riforma dell’impugnata sentenza e rigetto del ricorso di primo grado.
13. La complessità delle questioni esaminate e la sussistenza di orientamenti giurisprudenziali di segno difforme impongono la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.