Svolgimento del processo
l. La Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la condanna emessa dal Tribunale di Taranto il 30 marzo 2022 nei confronti di F. D. in ordine al reato di cui all' art. 570, secondo comma, cod. pen. per essersi sottratto agli obblighi di assistenza morale e materiale della figlia minorenne, fatti accertati in Taranto il 29 settembre 2015.
2. Il difensore di F. D. ha presentato ricorso articolando tre motivi.
2.1. Con il primo denuncia la violazione dell'art. 157cod. pen. per l'omessa declaratoria di prescrizione del reato, datato al 31 ottobre 2014, essendosi calcolati i periodi di sospensione in modo erroneo in quanto, alla luce dell'orientamento della Corte di Cassazione stabilito dalla sentenza numero 49647 del 2009, i rinvii delle udienze conseguenti all'adesione del difensore all'astensione collettiva erano dipesi anche dall'assenza della persona offesa da escutere.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la nullità della sentenza per violazione dell'art. 178, lett. ), cod. proc. pen. in quanto la Corte di merito, senza provvedere alla parziale rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, ha ritenuto legittima l'ordinanza emessa dal giudice di primo grado con cui era stata rigettata l'istanza di rinvio ad horas per legittimo impedimento del difensore impegnato presso il Giudice di pace di Taranto, avanzata per l'udienza del 30 marzo 2022 fissata per il controesame della persona offesa, di cui si era consentita l'acquisizione della denuncia-querela, così da ledere il diritto di difesa.
2.3. Con il terzo motivo censura la sentenza impugnata per assenza di completezza o per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell'art. 23, comma 8, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in mancanza di richiesta nei termini di discussione orale, il Procuratore Generale e la difesa della parte civile costituita hanno depositato le conclusioni in epigrafe indicate.
Motivi della decisione
l. II ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
2.1. Premesso che il difensore ha omesso la tempestiva impugnazione delle ordinanze di sospensione della prescrizione unitamente alla sentenza di primo grado, né è stata posta la questione in esame alla Corte di appello; dalla lettura degli atti, ammissibile in ragione dei motivi proposti, risulta che il giudice di secondo grado ha correttamente calcolato i periodi di sospensione della prescrizione, dichiarati dal Tribunale, quantificandoli in complessivi 553 giorni e computando tutto il periodo compreso tra un'udienza e l'altra stante l'adesione del difensore all'astensione indetta dall'unione delle Camere Penali (259 giorni dal 23 ottobre 2019 all'8 luglio 2020 e 294 giorni dal 31 marzo 2021 al 19 gennaio 2022).
Questo calcolo ha comportato la posposizione della data di estinzione del reato al 4 novembre 2023 (pari a 7 anni e 6 mesi + 553 giorni), anche tenendo conto della retrodatazione del delitto al 31 ottobre 2014 in forza delle dichiarazioni dell'imputato rese dinanzi al Tribunale civile di Taranto.
Il differente computo operato dalla difesa, tale da rendere il reato estinto per prescrizione già al 30 aprile 2022, cioè prima dell'emissione della sentenza della Corte di appello, contesta le menzionate sospensioni, dichiarate dal giudice di primo grado con ordinanze emesse il 23 ottobre 2019 e il 31 marzo 2021, perché dichiarate in udienze programmate per l'escussione della persona offesa la cui assenza, non addebitabile all'imputato, doveva ritenersi prevalente rispetto all'impedimento difensivo.
2.2. Dai verbali di udienza risulta che i due rinvii menzionati erano stati disposti per l'adesione del difensore dell'imputato all'astensione di categoria e che la sospensione della prescrizione per l'intero periodo, in adesione alla consolidata giurisprudenza di legittimità, era stata dichiarata dal Giudice, senza opposizione delle parti, rendendo priva di rilievo la circostanza che alle menzionate udienze fosse assente la testimone da escutere.
Infatti, l'adesione dell'avvocato all'astensione di categoria ha impedito che il processo si celebrasse e che il Tribunale, pur in assenza dei testimoni, assumesse ogni iniziativa necessaria per verificare le effettive ragioni dell'assenza adottando i conseguenti provvedimenti tra cui i poteri riconosciutigli dall'art. 133 cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 6362 del 25/10/2018, dep. 2019, C., Rv. 275834).
Ciò che rileva ai fini del computo della prescrizione è la circostanza che entrambi i rinvii menzionati siano stati disposti dal Tribunale non per ragioni legate all'istruttoria dibattimentale, ma esclusivamente prendendo atto della legittima volontà del difensore di aderire all'agitazione di categoria tanto da rendere le relative pause processuali attribuibili esclusivamente all'iniziativa della parte e tali da non costituire espressione del disinteresse dello Stato all'accertamento del reato.
E' necessario ribadire, in adesione alla più recente e condivisibile giurisprudenza di questa Corte, che ciò che rileva è soltanto la sequenza processuale in forza della quale si impone l'anteriorità della verifica della presenza del difensore, al fine di accertare la rituale costituzione delle parti, rispetto a quella dei testimoni (Sez. 2, n.5050 del 19/01/2021, De Gregorio, Rv.280564; Sez. 3, n. 9051 del 05/12/2019, dep. 2020, Di Giacomo, non mass.; Sez. 3, n. 6362 del 25/10/2018, Rv. 275834).
Infatti, una volta ritenuta la legittima adesione dell'avvocato alla manifestazione di protesta indetta dalle Camere Penali al giudice è stato impedito di assumere qualsiasi iniziativa per verificare l'assenza dei testimoni e disporre, eventualmente, provvedimenti per la prosecuzione del giudizio quali l'accompagnamento coattivo o, come avvenuto nella specie, l'acquisizione, con l'accordo delle parti, della denuncia-querela.
A questo argomento se ne aggiunge un altro, in nessuno modo valutato dal ricorso, ovverosia che costituisce circostanza diffusa che, a fronte della proclamazione del cd sciopero degli avvocati, i testimoni non compaiano in udienza. Si tratta del virtuoso effetto proprio del Codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze, adottato dall'Avvocatura il 4 aprile 2007 in adempimento dell'obbligo previsto dalla L. 12 giugno 1990, n. 146, come modificata dalla L. 11 aprile 2000, n. 83, che ha introdotto una serie di prescrizioni e adempimenti a carico degli avvocati al fine di assicurare un ordinato svolgimento della protesta e di garantire, nell'esercizio dell'attività giudiziaria che costituisce un servizio pubblico essenziale, sia l'assistenza legale nelle situazioni di maggiore criticità, sia disfunzioni. A detto ultimo riguardo è opportuno segnalare che l'art. 2 (Proclamazione e durata delle astensioni) del citato Codice di autoregolamentazione - contenente norme aventi forza e valore di normativa secondaria - stabilisce che la proclamazione dell'astensione, con l'indicazione della specifica motivazione e della sua durata, deve essere comunicata almeno dieci giorni prima della data dell'astensione non solo, tra gli altri, ai dirigenti degli uffici giudiziari, ma anche «... al pubblico...con modalità tali da determinare il minimo disagio per i cittadini, in modo da rendere nota l'iniziativa il più tempestivamente possibile.».
Ne consegue che l'assenza dei testimoni in udienza è proprio l'effetto della citata comunicazione cosicchè, per ragioni semplicemente di logica, oltre che per quelle procedurali sopra indicate, non può costituire un motivo prevalente sull'adesione del difensore all'astensione.
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato e reiterativo.
La sentenza impugnata, infatti, non solo ha dato atto che l'istanza di rinvio ad horas presentata dal difensore non fosse tempestiva, ma ne ha rilevato anche l'assenza di documentazione che la comprovassero e che attestassero il contestuale impegno dinanzi al Giudice di pace, peraltro in un'udienza fissata successivamente a quella dinanzi al Tribunale, l'ora di chiamata, l'oggetto e l'eventuale presenza di codifensore.
4. Il terzo motivo è aspecifico perché censura la motivazione della sentenza impugnata senza indicare quali siano le criticità e i passaggi della decisione che le contengono, traducendosi dunque in una mera asserzione.
5. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
Inoltre, il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio della parte civile, C. V., in proprio e quale esercente la responsabilità genitoriale sulla figlia minorenne D. D., che liquida in complessivi euro 3686, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile C. V., in proprio e nella qualità, che liquida in complessivi euro 3686, oltre accessori di legge.