Svolgimento del processo
1.La Corte di Appello di Lecce ha dichiarato la inammissibilità della impugnazione in appello proposta dalla difesa di A.R. avverso la sentenza emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Brindisi che lo aveva riconosciuto colpevole del reato di cui agli art.73 commi 1 e 4 dPR 309/90 e lo aveva condannato alla pena di anni due mesi due di reclusione ed euro 4.400 di multa.
Assume il giudice di appello che la inammissibilità della impugnazione dipendeva dalla mancata osservanza dell'art.581 comma 1 ter C.p.p. come novellato dall'art.33 lett.d) d.lgs. n.150/2022 applicabile, ai sensi dell'art.89 comma 3 dello stesso decreto legislativo, alle sentenze pronunciate dopo l'entrata in vigore della riforma e pertanto a partire dal 30.12.2022 (secondo quanto previsto dall'art.99 bis d.l. 162/2022 convertito nella legge 199/2022).
Secondo l'art.581 comma 1 ter c.p.p. con l'atto di impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.
Rileva il giudice di appello che si verte in ipotesi di specifico adempimento cui la parte è tenuta dopo la pronuncia della sentenza impugnata, di talchè non può ritenersi valida la eventuale dichiarazione o elezione di domicilio già presente agli atti. Poiché nella specie tale adempimento non era stato assolto né avrebbe potuto essere formalizzato dal difensore, trattandosi di dichiarazione proveniente dalla parte impugnante, si era realizzata la ipotesi di inammissibilità della impugnazione prevista dal legislatore.
3. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la difesa di A.R. che ha articolato un unico motivo di ricorso con il quale deduce violazione di legge in relazione all'art.156 comma 1 cod.proc.pen. in relazione agli art.581 comma 1 ter e 591 comma 1 lett.c) cod.proc.pen.
Assume il ricorrente che l'imputato, alla data della proposta impugnazione, risultava detenuto agli arresti domiciliari ed era presente alla lettura del dispositivo, da cui conseguiva la irrilevanza della dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, atteso che la notifica nei suoi confronti avrebbe comunque dovuto essere eseguita mediante consegna di copia analogica alla persona ai sensi dell'art.156 comma 1 e 3 e 157 cod.proc.pen. e che pertanto la dichiarazione di domicilio non avrebbe comunque potuto svolgere alcuna reale utilità ai fini notificatori.
Motivi della decisione
1.La questione che deve essere affrontata, al fine di verificare la fondatezza della proposta impugnazione, è se la regola introdotta dall'art.33 lett.d) del d.lgs. n.150/2022 secondo la quale "con l'atto di impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o la elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio", debba trovare applicazione anche qualora la parte privata, all'epoca della proposta impugnazione, sia detenuta in luogo diverso dagli istituti penitenziari.
Invero in tale caso, ai sensi dell'art.157 comma 1 cod.proc.pen., come novellato dall'art.10 comma 1 lett.i) n.1 del d.lgs. 10 Ottobre 2022 n.150, in vigore dal 30 Dicembre 2022, cui fa rinvio l'art.156 comma 3 cod.proc.pen., le notificazioni, anche successive alla prima, sono eseguite con le forme della prima notifica all'imputato non detenuto e pertanto mediante consegna di copia dell'atto in forma analogica alla persona secondo le scansioni e le forme ivi indicate. Secondo la prospettazione difensiva tale forma di notificazione, tesa a salvaguardare la conoscenza effettiva del destinatario dell'atto della data in cui è fissato il giudizio, si pone in termini di incoerenza normativa e logica con l'obbligo di dichiarazione e di elezione di domicilio previsto a pena di inammissibilità dall'art.581 comma 1 ter cod.proc.pen., atteso che una interpretazione coordinata di tale disposizione con il complessivo regime del procedimento notificatorio, ne sancirebbe una implicita disapplicazione stante la sostanziale inutilità. Tale prospettazione non può essere accolta.
2. Sotto un primo profilo, che attiene alla collocazione sistematica della norma nel titolo I (Disposizioni generali) del libro IX riservato alle impugnazioni, la disposizione in esame (obbligo di dichiarazione/elezione di domicilio con l'atto di impugnazione a pena di inammissibilità) ha carattere generale, tassativo e assoluto, si riferisce a tutte le impugnazioni proposte dalle parti private ed è funzionale al buon esito della notificazione del decreto di citazione a giudizio, affinchè lo stesso raggiunga la sfera di conoscenza del destinatario. A questo proposito anche la nuova disciplina del procedimento notificatorio riservata alla prima notifica all'imputato non detenuto (art.157 richiamato da art.156 comma 3 cod.proc.pen.) persegue l'obiettivo di garantire il massimo grado di conoscibilità dell'atto da notificare, in primo luogo escludendo la notifica telematica di cui all'art.148 comma 1 cod.proc.pen., nonché estendendo le modalità di notificazione di copia analogica alla persona alle notifiche successive alla prima (art.156 comma 3 cod.proc.pen.).
Si tratta peraltro di regola processuale inserita nel settore delle notificazioni, ha rilievo particolare in quanto si riferisce alle notifiche da eseguirsi all'imputato, anche se detenuto in luogo diverso dal carcere, e non contiene nessuna espressa deroga alla regola generale introdotta dall'art.581 comma 1 ter cod.proc.pen. che si riferisce al regime delle impugnazioni, sebbene la norma di rinvio (156 comma 3 cod.proc.pen.) sia stata riformulata nello stesso testo normativo che ha introdotto l'obbligo di dichiarazione/elezione del domicilio ai sensi dell'art.581 comma 1 ter cod.proc.pen.
3.1 Sotto il diverso profilo della ratio legis la nuova disposizione che pone in capo alla parte privata l'onere della dichiarazione del domicilio, mira da un lato a responsabilizzare la parte nella prospettiva impugnatoria, richiedendo un suo personale contributo (che si somma a quello, eventuale richiesto dal successivo comma 1 quater in caso di giudizio definito in assenza), e dall'altro mira ad agevolare il buon esito del procedimento notificatorio, in ossequio al principio di collaborazione e di lealtà processuale (sul punto sez.4, n.22140 del 3/05/2023, Eni Naji Kamal); cosicchè tale adempimento, di carattere preliminare alla notifica della citazione in giudizio, riveste una funzione di razionalizzazione del giudizio di impugnazione e, al contempo, di ricondurre il gravame alla parte che se ne avvale, la quale è chiamata a condividerne l'esperimento mediante la dichiarazione/elezione di domicilio finalizzata alla citazione a giudizio. Assolvendo tale adempimento la parte privata evidenzia di essere consapevole della impugnazione che verrà interposta dal proprio difensore, dovendo necessariamente interagire con esso in tale prospettiva e al contempo pone le premesse per la sua consapevole e informata partecipazione al giudizio di impugnazione, in tale modo rimanendo esclusi o fortemente limitati gli eventuali rimedi restitutori e rescissori del giudicato nelle fasi successive al giudizio.
3.2 A fronte di tali finalità di razionalizzazione-semplificazione del giudizio impugnatorio - anche nella prospettiva di neutralizzare l'esperimento di rimedi straordinari - e di personalizzazione della impugnazione, il procedimento notificatorio attraverso il quale la parte privata viene resa edotta del giudizio si pone su un altro piano, secondo le scansioni e le forme previste dal codice di rito, nella prospettiva di assicurare al destinatario della citazione a giudizio il massimo grado di conoscibilità dell'atto, mediante la consegna di copia analogica in mani della persona ovvero con le forme equipollenti indicate dall'art.157 cod.proc.pen., ma in nessun modo priva di scopo gli adempimenti richiesti dall'art.581 commi 1 ter cod.proc.pen., che non risultano inutiliter data neppure nella ipotesi di imputato detenuto agli arresti domiciliari, in considerazione della possibile mutevolezza dello status detentionis nelle more della citazione a giudizio e tenuto conto della clausola di riserva contenuta nell'art.157 comma 1 cod.proc.pen. che fa salva la ipotesi in cui l'imputato abbia già ricevuto gli avvertimenti di cui all'art.161 comma 1 cod.proc.pen.
4. Lo stato di detenzione dell'imputato al momento del deposito dell'atto di impugnazione non consente pertanto di fare ritenere non applicabile la previsione in esame, sia perché la norma nulla ha previsto in tal senso (né il coordinamento con la disciplina del procedimento notificatorio consente di ravvisare una relazione di specialità derogans tra le due disposizioni), sia perché una interpretazione che ravvisasse una incompatibilità logica tra la disposizione di cui all'art.581 comma 1 ter cod.proc.pen. e le disposizioni che governano il procedimento notificatorio nei confronti dell'imputato detenuto in luogo diverso dagli istituti penitenziari (156 comma 3 e 157 cod.proc.pen.), non terrebbe conto delle possibili modifiche dello stato detentivo dell'impugnante successivamente al deposito dell'atto di appello.
4.1 Ne consegue che la Corte territoriale ha correttamente dichiarato l'inammissibilità dell'appello proposto dall'A.R.avverso la sentenza pronunciato dopo l'entrata in vigore della Riforma Cartabia, in assenza della dichiarazione o elezione del domicilio, trattandosi di adempimento a pena di inammissibilità.
Deve pertanto affermarsi il seguente principio di diritto: "la inammissibilità dell'impugnazione prevista dall'art.581 comma 1 ter cod.proc.pen., introdotto con l'art.33 comma 1, lett. d) d.lgs. 10 Ottobre 2022 n.150, in ipotesi di omesso deposito della a dichiarazione o elezione di domicilio da parte dell'imputato appellante, ai fini della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di impugnazione, opera anche nei confronti del detenuto sottoposto agli arresti domiciliari al quale la notifica deve essere eseguita ai sensi dell'art.157 cod.proc.pen.".
5. Il ricorso va pertanto rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.