Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Ivrea, con sentenza n. 810/2021, dichiarava, in accoglimento dell’azione introdotta ex art. 263 cod. civ. da G.L.G., l’inefficacia per difetto di veridicità dell’atto di riconoscimento di figlio effettuato da G.M.C. nei confronti del minore R.C., nato a Ciriè il 30/6/2023, disponendo che i servizi sociali e di psicologia della salute in età evolutiva assicurassero ogni sostegno al minore ed alla genitorialità della madre, organizzassero incontri frequenti e periodici tra il minore ed il nucleo familiare di C. e provvedessero a monitorare la situazione segnalando eventuali sopravvenute gravi criticità.
2. La Corte d’appello di Torino, a seguito dell’impugnazione presentata da G.M.C., riteneva, invece, che l’interesse superiore del minore a conservare il rapporto paterno con l’appellante dovesse avere la prevalenza sul favor veritatis, tenuto conto, da un lato, dell’attuale forte legame fra il minore e il C. e del fatto che quest’ultimo aveva dimostrato di aver saputo intessere un ottimo rapporto con il bambino e aveva manifestato nel corso degli anni un costante interesse nei suoi confronti, dall’altro che, al di là del dato scientifico della paternità biologica, non si ravvisavano le basi per un progetto di genitorialità da parte di G.L.G. che potesse coinvolgere il minore e garantirgli un futuro sereno e una crescita armonica.
Di conseguenza, in accoglimento dell’appello proposto da G.M.C., rigettava la domanda di impugnazione del suo riconoscimento del figlio R.C..
3. G.L.G. e S.A. hanno proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 23 novembre 2022, prospettando due motivi di doglianza.
Gli intimati G.M.C. e Avv. P.C., nella qualità di curatore speciale del minore R.C., non hanno svolto difese.
Motivi della decisione
4.1 Il primo motivo di ricorso lamenta la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 263 cod. civ., 2 e 30 Cost., 24, comma 2, della Carta diritti fondamentali UE e 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali: la Corte d’appello – assumono i ricorrenti - ha revocato la dichiarazione di inefficacia del riconoscimento del figlio, per difetto di veridicità, resa dal primo giudice sulla base di un’erronea valutazione dell’interesse facente capo al minore, il quale, in mancanza di una situazione analoga a quella che giustifica la decadenza dalla responsabilità genitoriale ovvero della sussistenza di gravi rischi per l’equilibrio affettivo e psicologico del bambino e per la sua collocazione sociale, coincide con l’interesse a non vedersi attribuita una falsa paternità e con il diritto a conoscere la verità sulla propria origine ed identità.
La Corte territoriale, per di più, ha statuito senza aver prima acquisito informazioni sulla situazione di vita attuale del minore.
4.2 Il secondo motivo di ricorso denuncia, ai sensi degli artt. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., 24, par. 1 e 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e 6 della Convenzione Europea sull'esercizio dei diritti dei minori, l’omesso esame di un fatto decisivo del giudizio, perché la Corte d’appello di Torino ha trascurato di valutare le condizioni di vita del minore attraverso i servizi sociali e di psicologia della salute in età evolutiva, non acquisendo nuove relazioni affinché la decisione fosse attuale; ciò nonostante che sia il G. che la A. nelle rispettive note di trattazione scritta di replica per la prima udienza avessero dato atto del fatto che il minore si rifiutava di vedere il C. e di come quest’ultimo non cercasse più il bambino da tempo.
5. I motivi, da esaminare congiuntamente in ragione del rapporto di connessione che li lega, sono fondati, nei termini che si vanno ad illustrare.
5.1 La Corte Costituzionale ha recentemente spiegato che “la riforma dell'art. 263 cod. civ., introdotta con il d.lgs. n. 154 del 2013, ha profondamente innovato la precedente disciplina, nell'ambito di una novella legislativa che, pur avendo mantenuto distinte le azioni di stato, si è ispirata all'obiettivo di «eliminare ogni discriminazione tra i figli [...] nel rispetto dell'articolo 30 della Costituzione» (art. 2, comma 1, della legge 10 dicembre 2012, n. 219). Al precedente regime in materia di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, tutto improntato al favor veritatis, è subentrata una regolamentazione che ha notevolmente rafforzato l'esigenza di stabilità dello status filiationis e di tutela del figlio. La modifica del dato normativo è stata, poi, accompagnata dagli interventi di questa Corte, che ha provveduto a precisare la necessaria sussistenza di uno spazio di bilanciamento in concreto fra gli interessi implicati, affidato alla valutazione giudiziale. L'art. 263 cod. civ. sottende «l'esigenza di operare una razionale comparazione degli interessi in gioco, alla luce della concreta situazione dei soggetti coinvolti», posto che «la regola di giudizio che il giudice è tenuto ad applicare in questi casi [deve] tenere conto di variabili molto più complesse della rigida alternativa vero o falso (sentenza n. 272 del 2017)» (sentenza n. 127 del 2020)” (Corte cost., sentenza 133 del 2021; nello stesso senso Corte Cost., sentenza n. 127 del 2020).
Questa Corte, in una prospettiva interpretativa affatto coincidente, ha affermato che il quadro normativo (artt. 30 Cost., 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali della UE, e 244 cod. civ.) e giurisprudenziale attuale in tema di disconoscimento di paternità non comporta la prevalenza del favor veritatis sul favor minoris, ma impone un bilanciamento fra il diritto all'identità personale legato all'affermazione della verità biologica – anche in considerazione delle avanzate acquisizioni scientifiche nel campo della genetica e dell'elevatissimo grado di attendibilità dei risultati delle indagini – e l'interesse alla certezza degli status e alla stabilità dei rapporti familiari, nell'ambito di una sempre maggiore considerazione del diritto all'identità personale, non necessariamente correlato alla verità biologica ma ai legami affettivi e personali sviluppatisi all'interno di una famiglia, specie quando si tratta di un minore infraquattordicenne; tale bilanciamento non può costituire il risultato di una valutazione astratta, occorrendo, invece, un accertamento in concreto dell'interesse superiore del minore nelle vicende che lo riguardano, con particolare riferimento agli effetti del provvedimento richiesto in relazione all'esigenza di un suo sviluppo armonico dal punto di vista psicologico, affettivo, educativo e sociale (Cass. 27140/2021).
5.2 La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, all’art. 24, comma 2, prescrive che “in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente”.
Questa verifica di carattere sostanziale si alimenta di strumenti processuali, come conferma l'art. 6 della Convenzione Europea sull'esercizio dei diritti dei minori firmata a Strasburgo il 25 gennaio 1996, che impone all'autorità giudiziaria, prima di giungere a qualunque decisione, di esaminare se dispone di informazioni sufficienti a tal fine, tenuto conto del già richiamato superiore interesse del minore e, se necessario, di ottenere informazioni supplementari, in particolare da parte dei detentori delle responsabilità genitoriali.
Questa Corte ha avuto occasione di chiarire, a questo proposito, che “l’esaltazione dell’interesse del minore e la necessità di una sua costante valutazione impone .. anche una verifica condotta in termini di attualità, anche in sede di appello, soprattutto quando, a fronte di una iniziativa processuale non correlata ad alcuna esplicita volontà del minore stesso (come appunto nel caso del minore infrasedicenne), quest’ultimo, ossia il reale protagonista della vicenda, acquisisca nel corso del procedimento una maturità di comprensione e di determinazione rispetto alla propria identità personale” (Cass. 8617/2017, in motivazione).
In altri termini, le informazioni a disposizione dell’autorità non possono essere sufficienti a perseguire il superiore interesse del minore quando non abbiano un carattere di attualità, soprattutto nell’ipotesi in cui, nel corso del giudizio, la condizione di quest’ultimo si sia evoluta subendo significativi mutamenti.
5.3 La Corte d’appello, nell’ambito di un'azione nella quale il giudice non procede ad un mero accertamento della verità biologica, ma opera un bilanciamento in concreto tra gli interessi coinvolti, ha ritenuto di dover accordare prevalenza all’interesse alla certezza degli status e alla stabilità dei rapporti familiari sulla base del contenuto di una relazione del servizio di psicologia dell’età evolutiva e del servizio sociale del 17 febbraio 2021, acquisita nel corso del giudizio di primo grado, a cui ha fatto ripetuto riferimento.
I giudici distrettuali, tuttavia, non potevano ignorare (soprattutto ove avessero avuto intenzione, come hanno fatto, di assicurare prevalenza alla stabilità dei rapporti familiari in ragione dell’ “attuale forte legame esistente fra il minore e il C.”; pag. 11 della sentenza impugnata) la rappresentazione di un cambiamento dei rapporti ricostruita dalla A. (o quanto meno, per dirla con le parole della convenzione di Strasburgo, con le informazioni supplementari ottenute dalla madre quale detentrice delle responsabilità genitoriali), secondo la quale, invece, il minore si rifiutava di vedere il C. e quest’ultimo, a sua volta, non lo cercava più.
A fronte della prospettazione di un simile cambiamento della relazione fra il minore e il genitore che lo aveva riconosciuto, il perseguimento del superiore interesse del minore non poteva che essere assicurato da una verifica della situazione all’attualità, attraverso un aggiornamento delle relazioni già acquisite dal primo giudice (tenuto conto, peraltro, del fatto che quest’ultimo aveva disposto che i servizi sociali e di psicologia della salute in età evolutiva provvedessero a monitorare la situazione).
6. La sentenza impugnata deve dunque essere cassata, con rinvio della causa alla Corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/2003 in quanto imposto dalla legge.