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17 ottobre 2023
Sicurezza sul lavoro: le norme incriminatrici del Testo unico si applicano anche quando manca un contratto di assunzione formale

La definizione di “lavoratore”, infatti, fa leva sullo svolgimento dell'attività lavorativa a prescindere dalla tipologia contrattuale, essendo una definizione più ampia rispetto a quelle previste dalla normativa pregressa.

La Redazione

La Corte d'Appello di Lecce confermava la sentenza con la quale il Tribunale aveva condannato l'odierno ricorrente in relazione al reato di cui agli artt. 113, 590 c.p. e 18, comma 1, lett. c), D. Lgs. n. 81/2008.
Contro tale pronuncia, l'imputato propone ricorso per cassazione ponendo l'accento sull'identificazione del rapporto intercorrente con l'originario coimputato, deducendo l'insussistenza di un rapporto di lavoro subordinato come delineato ai sensi dell'art. 2, D.Lgs. n. 81/2008, né sotto il profilo formale, né quale mera condizione di fatto

Con la sentenza n. 38464 del 21 settembre 2023, la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile. In tale contesto, gli Ermellini chiariscono che la definizione di “lavoratore” fa leva sull'espletamento dell'attività di lavoro a prescindere dalla tipologia contrattuale, essendo definizione più ampia rispetto a quelle previste dalla normativa pregressa, che invece si riferivano al “lavoratore subordinato”, nonché a chi presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro. Da ciò consegue che per l'applicazione delle norme incriminatrici previste dal D.Lgs. n. 81/2008, ciò che rileva è l'oggettivo svolgimento delle mansioni tipiche dell'impresa nel luogo dedicato e su richiesta dell'imprenditore.
Ciò posto, la Cassazione evidenzia come la Corte territoriale abbia logicamente sottolineato che le disposizioni di cui al Decreto citato si applicano anche quando non sussista un formale contratto di assunzione, poiché rileva, appunto, l'espletamento delle mansioni tipiche dell'impresa nel luogo di lavoro deputato e su richiesta dell'imprenditore, a prescindere dal fatto che esse siano svolte a titolo di favore.
In conclusione, la Corte ricorda che 

giurisprudenza

«Non è configurabile, (…), la responsabilità ovvero la corresponsabilità del lavoratore per l'infortunio occorsogli allorquando il sistema della sicurezza approntato presenti delle evidenti criticità, atteso che le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli».

Avendo la Corte d'Appello escluso ogni incidenza causale dell'imprudenza del lavoratore (privo del tutto di istruzione e formazione) nella causazione dell'evento dal quale era scaturito l'infortunio, le carenze sono chiaramente da ricollegare al datore di lavoro, pertanto il ricorso viene dichiarato inammissibile.

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