La Cassazione precisa che è garantito il diritto a percepire il trattamento economico in godimento presso l'amministrazione di appartenenza, comprensivo di tutte le voci retributive spettanti per la qualifica rivestita.
Svolgimento del processo
- che, con sentenza del 17 ottobre 2018, la Corte d'Appello di Roma confermava la decisione del Tribunale di Velletri e rigettava la domanda proposta da I. M. nei confronti del Ministero della Giustizia, alle cui dipendenze operava in qualità di Ufficiale Giudiziario, domanda avente ad oggetto il riconoscimento del diritto a percepire l’indennità di trasferta nella quota del 50% (voce retributiva risultante dall’importo pro quota complessivamente percepito da tutti i collaboratori ed assistenti UNEP dell’ufficio giudiziario) nel periodo di aspettativa per motivi di studio ex art. 2 della legge n. 476 del 1984, come modificato dall’art. 52, comma 57, della legge n. 448 del 2001, protrattosi dal gennaio 2011 al gennaio 2012;
- che la decisione della Corte territoriale discende dall’avere questa ritenuto doversi interpretare la disciplina recata dall’art. 5 del CCNL recante le norme di raccordo per gli Ufficiali Giudiziari di cui all’art. 2 del CCNL per il comparto Ministeri del 16.2.1999 nel senso che l’emolumento in questione, in quanto finalizzato a compensare l’attività notificatoria dell’UNEP complessivamente considerata, presuppone un fattivo contributo personale al servizio di notificazione e, pertanto, l’effettiva presenza in servizio del dipendente;
- che per la cassazione di tale decisione ricorre la M., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, il Ministero della Giustizia;
- che la ricorrente ha poi presentato memoria.
Motivi della decisione
- che, con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, l. n. 476/1984 come novellato dall’art. 52, comma 57, l. n. 448/2001, 2 e 5 CCNL 24.4.2002, art. 2, comma 3 e 45, comma 1, d.lgs. n. 165/2001, 12 preleggi e 1362 c.c., lamenta la non conformità a diritto della pronunzia resa dalla Corte territoriale, sostenendo avere la ricorrente diritto alla conservazione dell’intero trattamento economico in godimento all’epoca del collocamento in aspettativa per tutta la durata del dottorato, in ragione dell’essere la voce retributiva rivendicata parte integrante del trattamento economico complessivo e, comunque, in virtù di quanto disposto in favore degli ammessi ai corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio;
- che, con il secondo motivo, denunciando l’omesso esame di un documento implicante un vizio di motivazione circa un punto decisivo della controversia, la ricorrente imputa alla Corte territoriale la mancata considerazione del parere del Ministero della Giustizia in data 30.5.2013 che riconosceva come dovuta la voce retributiva rivendicata;
- che nel terzo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. è prospettata in relazione all’omessa pronunzia in ordine al motivo di impugnazione della sentenza di primo grado relativo all’inammissibilità e tardività per intervenuta decadenza ex art. 416 c.p.c. della produzione documentale di cui all’udienza del 3.6.2014;
- che, rilevata l’inammissibilità del secondo e del terzo motivo, esorbitando il primo di essi dai limiti del riformulato artt. 360, n. 5, c.p.c. e non essendo, quanto al secondo di essi, predicabile l’omessa pronunzia in relazione a questioni processuali e non di merito ( cfr. fra le tante Cass. n. 25154/2018), è a dirsi come il primo dei formulati motivi deve ritenersi meritevole di accoglimento alla luce dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass. 4.6.2019, n. 15173) inteso a valorizzare il disposto dell'art. 2 della l. n. 476 del 1984, come modificato dall'art. 52, comma 57, della l. n. 448 del 2001, che riconosce al dipendente pubblico ammesso a frequentare corsi di dottorato di ricerca, che non fruisca di borsa di studio o rinunci alla stessa, il diritto a percepire il trattamento economico in godimento presso l'amministrazione di appartenenza, comprensivo di tutte le voci retributive spettanti in ragione della qualifica rivestita, sulla base di una esegesi della norma per la quale il legislatore, avendo omesso qualsiasi richiamo alla distinzione fra trattamento economico fondamentale e trattamento accessorio, operata dall’art. 45 del d.lgs. n. 165/2001 e, in precedenza, dall’art. 49 del d.lgs. n. 29/1993, come sostituito dall’art. 23 del d.lgs. n. 546/1993, ed avendo, invece, utilizzato la dizione onnicomprensiva che compare nell’art. 2, comma 3, dello stesso decreto, nella parte in cui, ai fini del riassorbimento, attribuisce rilievo al complessivo «trattamento economico in godimento», ha finito per escludere i soli compensi caratterizzati da aleatorietà, perché subordinati alla ricorrenza di ulteriori condizioni, da verificare in relazione alle effettive modalità di svolgimento della prestazione;
che il ricorso va, dunque, accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà in conformità disponendo
altresì in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione