Corte costituzionale, sentenza (ud. 19 settembre 2023) 27 ottobre 2023, n. 194
Svolgimento del processo
1.– Con ordinanza del 14 luglio 2022 (reg. ord. n. 96 del 2022), la Corte d’appello di Milano, sezione prima penale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 13, 25, secondo comma, e 27, primo e terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 186, comma 2-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come da ultimo modificato dall’art. 33, comma 1, lettera b), della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), nella parte in cui prevede l’applicazione automatica della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida qualora per il conducente che provochi un incidente stradale sia accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (g/l).
1.1.– La Corte rimettente espone in fatto che l’imputato aveva proposto appello avverso la sentenza del Tribunale ordinario di Milano con cui era stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 186, commi 1, 2, lettera c), 2-bis e 2-sexies, cod. strada e successive modifiche, per avere circolato sulla pubblica via, durante le ore notturne (alle ore 1,50 circa), alla guida di un’autovettura, benché in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche, con un tasso alcolemico riscontrato superiore a 1,5 g/l (nella specie 1,63 g/l), provocando in tali circostanze un incidente stradale; reato per il quale era stato condannato alla pena di mesi otto di arresto ed euro 7.200 di ammenda, con la concessione dei doppi benefici di legge e l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida.
1.2.– Ai fini della rilevanza, valutata l’impossibilità di procedere ad un’interpretazione costituzionalmente orientata, ostandovi il chiaro tenore della disposizione nella parte in cui recita «la patente di guida è sempre revocata», la Corte d’appello evidenzia che, alla luce della contenuta gravità del fatto-reato e della personalità del reo, questi potrebbe beneficiare di una parziale riforma in senso favorevole della sentenza di primo grado, con applicazione della sola sospensione della patente di guida invece che della revoca, in considerazione del fatto che, pur avendo perso il controllo del mezzo ed impattato con il veicolo contro il guard-rail, non aveva cagionato danni a sé stesso o a terzi, né intralcio alla circolazione, aveva un tasso alcolico di poco superiore alla soglia massima, risultava incensurato; concessi i doppi benefici di legge, l’unica misura punitiva concretamente efficace restava la revoca della patente di guida, il cui primario ruolo afflittivo era accentuato dalle peculiari condizioni personali dell’imputato, occupato come agente di commercio, al quale l’impossibilità di ridotarsi di un titolo, se non a seguito di nuovo esame dopo cinque anni dal ritiro, avrebbe arrecato un serio pregiudizio occupazionale incidendo sulla sua capacità di proseguire e mantenere l’attività lavorativa.
1.3.– Quanto alla non manifesta infondatezza, la Corte rimettente ricorda che il sindacato di questa Corte sulla proporzionalità della sanzione penale, quando la scelta e la commisurazione della pena ad opera del legislatore trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio, come nel caso di sperequazioni tra situazioni omogenee e, di converso, in caso di equiparazione di situazioni oggettivamente differenti, prive di ragionevole giustificazione (sono citate le sentenze n. 222 del 2018, n. 236 del 2016, n. 68 del 2012 e n. 50 del 1980), è stato esteso anche alle sanzioni amministrative punitive, che «condividono [...] con le pene il carattere reattivo rispetto a un illecito» – come recentemente ribadito dalla sentenza n. 95 del 2022, di cui il rimettente riporta ampi stralci –, con la conseguenza che anche per esse «si prospetta, dunque, l’esigenza che non venga manifestamente meno un rapporto di congruità tra la sanzione e la gravità dell’illecito sanzionato; evenienza nella quale la compressione del diritto diverrebbe irragionevole e non giustificata» (è citata la sentenza n. 185 del 2021 e, in senso conforme, le sentenze n. 112 e n. 88 del 2019 e n. 22 del 2018).
Premesso che della natura (anche) punitiva (oltre che preventiva) della sanzione amministrativa della revoca della patente di guida non possa più dubitarsi (è citata la sentenza n. 68 del 2021), il giudice a quo prospetta una tensione della misura sanzionatoria in esame, idonea a comprimere la libertà di circolazione ex art. 16 Cost. e, talvolta, il diritto al lavoro tutelato dagli artt. 4 e 35 Cost., con il principio di eguaglianza-ragionevolezza dettato dall’art. 3 Cost., nonché con il principio di proporzionalità della pena, perché accomunerebbe una serie di situazioni giuridiche disomogenee in termini di offensività, invece graduabili sotto il profilo della colpevolezza e pertanto meritevoli, almeno in astratto, di un trattamento differenziato, potendo maggiormente conformarsi ai principi sopra richiamati, in luogo del previsto automatismo sanzionatorio, consentire al giudice di scegliere la sanzione amministrativa accessoria da irrogare, all’esito di un esame di tutte le circostanze di fatto caratterizzanti la vicenda concreta.
1.4.– Osserva sempre la rimettente che un differente livello di offensività della condotta punita dalla norma censurata potrebbe dipendere, ad esempio, dall’entità del fattore di pericolo attivato (come in caso di guida in stato di ebbrezza in un’area desolata ovvero in un centro abitato; su vie interne o rurali ovvero su strade provinciali/statali o autostrade; in zone poco battute ovvero trafficate), dalla gravità del danno cagionato (solo a cose ovvero anche a persone, oppure nessun danno), laddove, secondo il diritto vivente, la nozione di “incidente” rilevante in tema di reati stradali include qualunque forma di collisione del veicolo contro un ostacolo ovvero la sua fuoriuscita di strada, a prescindere dalla causazione di un danno a cose o persone, dall’entità del superamento della soglia di tasso alcolico fissata dalla legge, e dalle effettive modalità attraverso le quali il comportamento dell’agente si estrinseca.
Ferma la rimproverabilità della scelta cosciente di porsi alla guida nonostante l’assunzione di alcolici, per la Corte rimettente andrebbe distinto il grado della colpa del conducente ebbro, che abbia dato luogo ad incidente circolando in maniera gravemente difforme rispetto alle prescrizioni dettate dalle norme stradali e ai generali canoni di diligenza, prudenza e perizia (guida a velocità elevata, cambi repentini di carreggiata, sorpassi improvvidi), da quello di colui che seppur alterato, abbia comunque osservato le regole della strada, modulando lo stile di guida anche in relazione alle proprie condizioni psicofisiche (procedendo a velocità assai moderata, mantenendo l’andatura nella corsia di destra ed evitando sorpassi), e finendo per perdere il controllo del veicolo solamente per il calo di riflessi determinato dallo stato di ubriachezza.
1.5.– Infine, il giudice a quo si confronta con la sentenza di questa Corte n. 88 del 2019 che, nel dichiarare la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, quarto periodo, cod. strada, fatte salve le ipotesi in cui ricorrano le «circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen.», non avrebbe comunque affermato la permanente validità dell’automatismo sanzionatorio previsto dall’art. 186, comma 2-bis, cod. strada, emergendo palese il divario di offensività tra delitti colposi che implicano una compromissione grave dell’integrità fisica di un terzo, quando non addirittura la sua morte, e una contravvenzione che può consumarsi anche in totale assenza di danni.
1.6.– In sintesi, la Corte rimettente ritiene le questioni rilevanti e non manifestamente infondate in quanto l’impianto sanzionatorio vigente si configurerebbe come sproporzionato e irragionevole, in violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in cui, con l’automatica comminatoria della revoca della patente di guida, anche nei casi di minore gravità, non permetterebbe al giudice di infliggere una sanzione amministrativa accessoria più tenue al responsabile del reato di cui all’art. 186, commi 2, lettera c), e 2-bis, cod. strada che non abbia cagionato danni a terzi, a maggior ragione dopo che la citata sentenza n. 88 del 2019 ha fatto cadere l’obbligatorietà della revoca della patente per il condannato ai sensi degli artt. 589-bis e 590-bis del codice penale, purché non in stato di ubriachezza.
2.– Si è costituita in giudizio davanti a questa Corte la parte del giudizio principale S. R., prospettando anch’essa la fondatezza delle sollevate questioni di legittimità costituzionale.
2.1.– La difesa dell’imputato, descritta la dinamica dell’incidente stradale, premette che la norma censurata imporrebbe di applicare genericamente la sanzione per «qualsiasi avvenimento inatteso che, interrompendo il normale svolgimento della circolazione stradale, possa provocare pericolo alla collettività» (è citata la sentenza della Corte di cassazione, sezione quarta penale, 19 giugno 2019, n. 27211) e, quindi, senza alcuna distinzione in relazione alla tipologia di sinistro che si viene a verificare; previsione che, alla luce della citata sentenza di questa Corte n. 88 del 2019 che, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, cod. strada, ha riconosciuto al giudice la possibilità di esercitare il proprio potere discrezionale scegliendo la misura accessoria maggiormente idonea al caso concreto per le fattispecie più gravi dei delitti previsti dagli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen., renderebbe evidente una difformità di trattamento tra le fattispecie in cui un soggetto rechi danno a cose o persone, fino a cagionarne la morte, seppure non sotto l’effetto di ebbrezza alcolica, punite come delitti, e le fattispecie in cui il soggetto agente si ponga alla guida in stato di alterazione alcolica o da sostanze stupefacenti e cagioni un sinistro, senza tuttavia ledere nulla e/o nessuno, punite come contravvenzioni, in cui è impedito al giudice, con una presunzione assoluta di necessità della revoca, di adeguare la risposta sanzionatoria alle esigenze, alla colpevolezza, alla gravità del fatto ed alla concreta condotta del reo, attraverso una ponderata valutazione caso per caso.
Ripercorsa la giurisprudenza costituzionale sul principio di proporzionalità della pena, in riferimento sia al principio di eguaglianza, sia all’art. 27, primo e terzo comma, Cost., e quella sull’estensione alle sanzioni amministrative di carattere sostanzialmente “punitivo” di talune garanzie costituzionali riservate alla materia penale, la parte sottolinea che la norma censurata non sarebbe rispettosa di tali principi in quanto, sebbene la causazione del sinistro possa dare luogo a più o meno danni, ed essere più o meno pericolosa, a seconda del luogo in cui è posta in essere e dell’orario in cui si verifica, a differenza della risposta sanzionatoria penale che consentirebbe di svolgere una valutazione perfettamente parametrata al caso di specie, sino ad azzerarsi attraverso l’istituto della sospensione condizionale della pena, la sanzione amministrativa appiattirebbe sullo stesso livello le diverse ipotesi concrete sussumibili nell’ipotesi di cui all’art. 186, comma 2-bis, cod. strada, sopravvivendo come misura maggiormente afflittiva.
2.2.– Non nega la difesa che il cagionare o meno un danno grave o un semplice sinistro senza conseguenze apprezzabili possa dipendere da fattori esterni alla condotta, riconducibili alla mera casualità, ma insiste sulla necessità che, quando sia differente il grado di colpevolezza per la diversa prevedibilità del danno, sia lasciata al giudice la discrezionalità di dosare la sanzione in base al grado di rimproverabilità della condotta, quantomeno con riferimento a quei parametri e fattori che rientrano nel dominio dell’agente e sono da lui preveduti o prevedibili; la manifesta sproporzione, per eccesso, della reazione sanzionatoria rispetto al disvalore concreto dei fatti pure ricompresi nella norma censurata – prosegue – sarebbe evidente nel caso dell’imputato ritenuto meritevole della sospensione condizionale della pena eppure attinto da una sanzione amministrativa maggiormente afflittiva di quella penale, senza tener conto del fatto che generalmente la revoca viene privata della sua natura preventiva in quanto è preceduta da una misura cautelare sospensiva di durata inferiore, per cui l’imputato rientra in possesso del titolo abilitativo ben prima della definitività della sentenza, per poi esserne definitivamente privato quando condannato.
2.3.– In conclusione, per la difesa dell’imputato, la fissità della sanzione amministrativa, combinata con le severe ripercussioni determinate dalla misura sanzionatoria, comporterebbe una violazione del principio di proporzionalità, sottraendo al giudice, unico conoscitore delle circostanze di merito, la possibilità di valutare tutti gli elementi del fatto e di irrogare, a propria discrezione, la sanzione amministrativa punitiva più idonea al caso concreto.
3.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate inammissibili e, comunque, non fondate in riferimento a tutti i parametri evocati.
La difesa statale, ritenuta incompleta la ricostruzione del quadro normativo operata dal giudice a quo, ripercorre nella sua interezza l’art. 186 cod. strada, rubricato «Guida sotto l’influenza dell’alcool» che, in un complesso articolato normativo, regola compiutamente la fattispecie in ogni sua possibile configurazione, con rigida previsione di parametri, situazioni di danno e condizioni dell’agente, dettando una disciplina che si connota per una chiara finalità preventiva e per una crescente severità, in relazione alla quantità di sostanza alcolica presente nel circolo sanguigno dell’agente durante la guida e degli eventuali eventi di danno che scaturiscano dalla guida in stato di ebbrezza alcolica; riportati i dati statistici del periodo 2010-2019 che attestano un aumento dei sinistri stradali occorsi in conseguenza dell’ebbrezza alcolica, evidenzia che l’art. 186 cod. strada prevede la misura della revoca della patente di guida solo per l’ipotesi più grave (oltre 1,5 g/l e incidente del veicolo) in cui, secondo gli studi sull’effetto dell’alcol sul corpo umano, il guidatore risulta assolutamente inidoneo alla guida di qualsiasi veicolo.
3.1.– L’interveniente eccepisce, in via preliminare, l’inammissibilità delle questioni per la loro formulazione generica ed aperta, non chiarendo l’ordinanza di rinvio quale possa o debba essere il tempo di revoca della patente di guida o se essa debba essere semplicemente esclusa nei casi di sospensione condizionale della pena principale, sicché il rimettente chiederebbe non di rettificare una deviazione delle scelte legislative, bensì di sostituirsi ad esse senza nemmeno indicare a questa Corte quale debba, o possa essere, la misura temporale minima della revoca della patente per il reato de quo.
3.2.– A sostegno della non fondatezza nel merito, l’Avvocatura rimarca che la previsione del legislatore, nell’ambito dell’esercizio della sua discrezionalità, di una progressione criminosa da cui consegue la revoca del titolo abilitativo, a prescindere dalla misura di pena principale irrogata nel singolo caso, costituisce una scelta ragionevole, proporzionata e ancorata alla tipizzazione di massima gravità della condotta, sanzionata dalla norma censurata con una misura amministrativa di natura preventiva, che tende alla protezione di beni giuridici primari ed è giustificata dalla temporanea inaffidabilità alla guida del soggetto condannato; la norma censurata non confliggerebbe né con la proporzionalità della sanzione, in relazione al fatto, né con il principio di offensività, posto che la complessiva regolamentazione della guida in stato d’ebbrezza alcolica, comprensiva della fattispecie aggravata, prevede la progressione della sanzione accessoria, dalla sospensione alla revoca della patente, ancorata a specifici e tassativi parametri, comportanti oggettivi e altrettanto crescenti pericoli ai beni giuridici protetti dalla norma (vita ed integrità della salute compresa quella del guidatore), senza che la possibile sospensione condizionale della pena principale comporti automaticamente che la sospensione debba riguardare anche la sanzione accessoria, o che l’incidenza di fatti casuali ed esterni collegati agli eventi che ad essa conseguono depotenzino la grave offensività intrinseca ed estrinseca della condotta che determina la revoca del titolo abilitativo per un certo periodo di tempo.
3.3.– Infine, quanto al richiamo alla citata sentenza n. 88 del 2019, la difesa statale osserva che l’ordinanza di rimessione avrebbe posto a raffronto situazioni giuridiche disomogenee in quanto, nell’ipotesi di omicidio o lesioni stradali colpose, non correlate all’alcol o agli stupefacenti, può accadere che la misura della responsabilità penale possa essere limitata, ad esempio, per un eventuale concorso di colpa della parte offesa, giustificando così l’attribuzione al giudice della diagnosi di inaffidabilità alla guida del soggetto coinvolto con la possibilità di sostituire la revoca con la sospensione temporanea della patente.
Motivi della decisione
1.– Con ordinanza del 14 luglio 2022 (reg. ord. n. 96 del 2022), la Corte d’appello di Milano ha sollevato, in riferimento all’art. 3, nonché al principio di offensività come desunto dagli artt. 13, 25, secondo comma, e 27, primo e terzo comma, Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 186, comma 2-bis, cod. strada, come da ultimo modificato dall’art. 33, comma 1, lettera b), della legge n. 120 del 2010, nella parte in cui prevede l’automatica applicazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida qualora per il conducente che provochi un incidente stradale sia accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l.
1.1.– A giudizio della Corte rimettente, la norma oggetto di censura contrasterebbe con i parametri costituzionali evocati perché, sussumendo in termini di omogeneità una vasta gamma di condotte diverse e graduabili sotto i profili dell’offensività e della colpevolezza, configurerebbe un impianto sanzionatorio sproporzionato e irragionevole nella parte in cui, con l’automatica comminatoria della revoca della patente di guida, anche nei casi di minore gravità, non permetterebbe al giudice di infliggere una sanzione amministrativa accessoria più tenue al responsabile del reato di cui all’art. 186, commi 2, lettera c), e 2-bis, cod. strada che non abbia cagionato danni a terzi. Specie dopo che la sentenza di questa Corte n. 88 del 2019 ha fatto venir meno l’obbligatorietà della revoca della patente per il condannato ai sensi degli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen., purché non in stato di ubriachezza, la previsione della necessaria revoca del titolo per il conducente in stato di ebbrezza che non abbia arrecato lesioni o danni di altro genere sarebbe priva di idonea giustificazione.
2.– Devono essere, innanzitutto, dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento agli artt. 13, 25, secondo comma, e 27, primo e terzo comma, Cost., in quanto del tutto prive di motivazione.
Il giudice rimettente si è limitato ad evocare i suddetti ed eterogenei parametri costituzionali a fondamento del principio di offensività, congiuntamente e senza alcuna distinzione, omettendo una specifica ed adeguata illustrazione dei motivi di censura in punto di non manifesta infondatezza. Posto che ai fini dell’ammissibilità delle questioni non è sufficiente la mera indicazione delle norme da raffrontare, l’ordinanza non fornisce elementi che consentano di valutare come la norma censurata possa incidere sui parametri evocati, omettendo di allegare argomenti a sostegno degli effetti pregiudizievoli di tale incidenza (sull’inammissibilità per difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza, ex plurimis, sentenze n. 118 del 2022, n. 213 e n. 178 del 2021, n. 126 del 2018 e n. 70 del 2015).
3.– Quanto alle censure incentrate sulla violazione dell’art. 3 Cost. che, a differenza delle precedenti, risultano ampiamente motivate, va rigettata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa statale per asserita genericità delle stesse.
La Corte rimettente, oltre ad aver analiticamente esposto argomenti a sostegno della non manifesta infondatezza della censura, ha individuato in modo specifico e con sufficiente determinatezza la ritenuta irragionevolezza della disposizione nel fatto che non consentirebbe al giudice di comminare una sanzione accessoria più tenue rispetto alla revoca della patente – individuata nella sospensione – e quindi di applicare trattamenti sanzionatori differenziati rispetto a situazioni non omogenee.
Le lacune lamentate attengono a profili irrilevanti rispetto alla censura di difetto di proporzionalità dell’automatismo sanzionatorio, avendo questa Corte affermato da tempo che il suo intervento «in vista di una tutela effettiva dei principi e dei diritti fondamentali incisi dalle scelte sanzionatorie del legislatore, che rischierebbero di rimanere senza possibilità pratica di protezione» non può ritenersi «vincolato, come è stato a lungo in passato, ad una rigida esigenza di “rime obbligate” nell’individuazione della sanzione applicabile in luogo di quella dichiarata illegittima» (sentenza n. 222 del 2018), risultando a tal fine «sufficiente la presenza nell’ordinamento di una o più soluzioni “costituzionalmente adeguate”, che si inseriscano nel tessuto normativo coerentemente con la logica perseguita dal legislatore (ex plurimis, sentenze n. 28 del 2022, n. 63 del 2021, n. 252 e n. 224 del 2020, n. 99 e n. 40 del 2019, n. 233 e n. 222 del 2018)» (sentenza n. 95 del 2022; nello stesso senso, sentenze n. 245 del 2019 e n. 180 del 2018).
Inoltre, gli elementi descrittivi in merito al procedimento principale, quali le circostanze fattuali in cui è stato commesso il reato, la personalità e le condizioni personali dell’imputato, risultano sufficienti a suffragare l’applicabilità della disposizione censurata ed il requisito della rilevanza del dubbio di costituzionalità rispetto ad una eventuale riforma in senso favorevole della sentenza di primo grado con riferimento al trattamento sanzionatorio (ex plurimis, sentenze n. 169 del 2023, n. 152 e n. 59 del 2021 e n. 18 del 2020).
4.– Preliminare all’esame del merito della questione, in riferimento all’art. 3 Cost., è il quadro normativo in cui si colloca la disposizione censurata.
4.1.– L’art. 186 cod. strada, nel testo vigente, sancisce, al comma 1, il divieto di guidare in stato di ebbrezza.
Ciò fa individuando, al comma 2, tre distinti illeciti, uno di carattere amministrativo e, gli altri due, di carattere penale contravvenzionale, ordinati per gravità crescente in misura proporzionale all’aumento del valore del tasso alcolemico accertato.
In particolare, la condotta, ove non costituisca più grave reato, è punita:
a) con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 543 ad euro 2.170, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 g/l; all’accertamento di tale violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi;
b) con l’ammenda da euro 800 ad euro 3.200 e l’arresto fino a sei mesi, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 g/l; all’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei mesi ad un anno;
c) con l’ammenda da euro 1.500 ad euro 6.000 e l’arresto da sei mesi ad un anno, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l; all’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni, nonché la confisca del veicolo, salvo che questo appartenga a terzi.
La progressione sanzionatoria che ne risulta mostra quindi una piena graduazione anche con riferimento alla sanzione accessoria della sospensione della patente di guida (che, da un minimo di tre mesi per i fatti lievi, può arrivare fino a due anni per le condotte più gravi in ragione della misura del tasso alcolemico).
4.2.– Nella disposizione, dopo il comma 2, è stato inserito il comma 2-bis dall’art. 5, comma 1, lettera a), del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117 (Disposizioni urgenti modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione), convertito, con modificazioni, nella legge 2 ottobre 2007, n. 160 e, successivamente, sostituito dall’art. 4, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 24 luglio 2008, n. 125, ed infine modificato, con l’aggiunta della parte sottoposta allo scrutinio di legittimità costituzionale, dall’art. 33, comma 1, lettera b), della legge n. 120 del 2010, a decorrere dal 30 luglio 2010, ai sensi di quanto disposto dal comma 4 del medesimo art. 33.
Con tale comma 2-bis è stata introdotta, da ultimo a decorrere dal 30 luglio 2010, una circostanza aggravante per l’ipotesi in cui il conducente in stato di alterazione alcolica determini un incidente stradale, sicché la progressione sanzionatoria del comma 2 risulta inasprita. In via generale, è previsto il raddoppio delle sanzioni, indistintamente amministrative, penali o accessorie, di cui ai commi 2 dell’art. 186 e 3 dell’art. 186-bis (norma che già aggrava la sanzione per la fattispecie autonoma della guida sotto l’influenza dell’alcol per conducenti di età inferiore a ventuno anni e per i neo-patentati e per chi esercita professionalmente l’attività di trasporto di persone o di cose), nonché il fermo amministrativo del veicolo per centottanta giorni, salvo che il veicolo appartenga a persona estranea all’illecito. Per l’ipotesi ulteriormente aggravata dall’accertamento di un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l per chi alla guida provochi un incidente stradale, il medesimo comma 2-bis, nel suo secondo periodo, statuisce che «la patente di guida è sempre revocata ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI», fatto salvo quanto previsto dal quinto e sesto periodo della lettera c) del comma 2 dello stesso articolo in tema di confisca e sequestro del veicolo, nonché l’applicazione dell’art. 222 dello stesso decreto.
In tale modo è riprodotta, in simmetria, la stessa progressione sanzionatoria del comma 2 della medesima disposizione. Dunque, la sanzione amministrativa accessoria va dalla sospensione della patente di guida per una durata minima di sei mesi per fatti lievi fino alla revoca della patente per le condotte più gravi in ragione sempre della misura del tasso alcolemico e con il concorso della circostanza aggravante di aver provocato un incidente.
4.3.– A completamento del regime sanzionatorio rileva l’art. 219 cod. strada che disciplina la revoca della patente di guida, il cui comma 3-ter prevede che, quando la revoca è disposta a seguito delle violazioni di cui all’art. 186 dello stesso decreto, non è possibile conseguirne una nuova prima di tre anni a decorrere dalla data di accertamento del reato, fatto salvo quanto stabilito dai commi 3-bis e 3-ter dell’art. 222, che prevedono aumenti del periodo di interdizione, tra un minimo di cinque sino ad un massimo di venti anni, nel caso in cui la sanzione consegua ai reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen.; termine ulteriormente aumentato sino a trent’anni nel caso in cui il conducente si sia dato alla fuga.
4.4.– Può aggiungersi che la guida in stato di ebbrezza va ricondotta alla categoria dei reati di pericolo presunto (vedi anche sentenza n. 211 del 2022), ove l’ambito di rilevanza penale del fatto, e così la gravità dell’offesa, è delimitato dal superamento quantitativo di valori soglia del tasso alcolemico; la pericolosità è tratteggiata dal legislatore individuando comportamenti che, alla stregua di informazioni scientifiche o del notorio di comune fonte esperienziale desumibile dai dati statistici della incidentalità stradale, si contraddistinguono per una spiccata attitudine a turbare la regolarità della circolazione stradale mettendo in pericolo la vita, l’incolumità e i beni delle persone coinvolte.
5.– Ciò premesso, la questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. non è fondata.
6.– Il sindacato costituzionale sulla proporzionalità della pena – inizialmente affermato sotto il profilo del principio di eguaglianza ex art. 3 Cost., con la valorizzazione del principio di personalità della responsabilità penale sancito dal primo comma dell’art. 27 Cost., da leggersi alla luce della necessaria funzione rieducativa della pena di cui al terzo comma dello stesso articolo – ha vieppiù ricompreso l’ulteriore canone della sua individualizzazione, che si oppone in linea di principio alla previsione di pene fisse nella loro misura (sentenza n. 222 del 2018, che richiama in senso conforme le sentenze n. 50 del 1980, n. 104 del 1968 e n. 67 del 1963). In via generale, la pena deve essere adeguatamente calibrata non solo al concreto contenuto di offensività del fatto di reato per gli interessi protetti, ma anche al disvalore soggettivo espresso dal fatto medesimo, in modo da escludere che la severità della pena comminata dal legislatore possa risultare manifestamente sproporzionata rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva del reato (sentenze n. 63 del 2022, n. 143 e n. 55 del 2021 e n. 73 del 2020).
Quanto alla necessità di graduare le sanzioni alla concreta gravità della condotta, questa Corte, con riferimento alle sanzioni penali in senso stretto, ha più volte affermato in via di principio che previsioni sanzionatorie rigide non appaiono in linea con il “volto costituzionale” del sistema penale, potendo il dubbio di illegittimità costituzionale essere superato solo «a condizione che, per la natura dell’illecito sanzionato e per la misura della sanzione prevista, quest’ultima appaia ragionevolmente “proporzionata” rispetto all’intera gamma di comportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato» (sentenze n. 266 del 2022, n. 185 del 2021, n. 88 del 2019, n. 222 del 2018 e, nello stesso senso, n. 50 del 1980). Se la “regola” è rappresentata dalla “discrezionalità”, ogni fattispecie sanzionata con pena fissa (qualunque ne sia la specie) è per ciò solo “indiziata” di illegittimità, e tale indizio potrà essere smentito soltanto in seguito a un controllo strutturale della fattispecie di reato che viene in considerazione attraverso la puntuale dimostrazione che la peculiare struttura della fattispecie la renda «proporzionata» all’intera gamma dei comportamenti tipizzati (sentenza n. 222 del 2018).
Tali principi valgono anche per le sanzioni amministrative che condividono con quelle penali la finalità punitiva, per le quali – pur a fronte dell’ampia discrezionalità che al legislatore compete nell’individuazione degli illeciti e nella scelta del relativo trattamento punitivo – si prospetta, allo stesso modo che per le pene, l’esigenza che non venga meno un rapporto di congruità tra la sanzione e la gravità dell’illecito sanzionato; evenienza nella quale la compressione del diritto diverrebbe irragionevole e non giustificata (sentenze n. 95 del 2022 e n. 185 del 2021; in senso conforme, le sentenze n. 40 del 2023, n. 266 e n. 246 del 2022, nonché le sentenze n. 212, n. 115, n. 112 e n. 88 del 2019 e n. 22 del 2018).
7.– Venendo alla particolare fattispecie della revoca della patente di guida, che ha connotazione sostanzialmente punitiva (sentenza n. 68 del 2021), questa Corte in numerose occasioni è stata chiamata a sindacare la legittimità costituzionale di norme che prevedevano la revoca stessa, sia come sanzione amministrativa automatica disposta dal prefetto (sentenze n. 246 del 2022, n. 99 e n. 24 del 2020 e n. 22 del 2018), che quale sanzione accessoria disposta dal giudice penale (sentenze n. 266 del 2022 e n. 88 del 2019).
In particolare, la sentenza n. 88 del 2019 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, cod. strada, nella parte in cui prevedeva «la sanzione amministrativa della revoca della patente, estesa indistintamente a tutte le ipotesi – sia aggravate dalle circostanze “privilegiate” sia non aggravate – di omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime», senza che «il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso comma 2 dell’art. 222 cod. strada allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen.». La Corte ha ritenuto che la disposizione censurata desse luogo ad «un indifferenziato automatismo sanzionatorio, che costituisce possibile indice di disparità di trattamento e irragionevolezza intrinseca», mentre, alla luce del medesimo criterio, ha escluso il contrasto con l’art. 3 Cost. della sanzione fissa della revoca della patente per le violazioni più gravi di omicidio stradale o lesioni personali gravi o gravissime stradali aggravate dalla presenza di un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l.
Deve anche ricordarsi che l’art. 120, comma 2, cod. strada è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui dispone che il prefetto «provvede» – invece che «può provvedere» – alla revoca della patente di guida nei confronti dei soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o di prevenzione (sentenze n. 99 e n. 24 del 2020). Analoghe dichiarazioni di illegittimità costituzionale hanno avuto l’effetto di rimuovere l’automatismo della revoca della patente di guida conseguente alla condanna per reati in materia di stupefacenti (sentenza n. 22 del 2018) o alla condotta del custode di un veicolo sottoposto a sequestro, il quale abusivamente circoli con il medesimo o, comunque, consenta ad altri di circolare (sentenza n. 246 del 2022).
Più recentemente, la sentenza n. 266 del 2022 ha, invece, ritenuto non fondata la questione, sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., con cui era stato censurato l’art. 176, comma 22, cod. strada, nella parte in cui, con riguardo alla violazione del divieto di inversione del senso di marcia nelle autostrade, prevede la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida a carico del trasgressore per qualsiasi tratto autostradale, compresi i piazzali antistanti ai caselli di entrata e di uscita, sul rilievo che la revoca non possa ritenersi manifestamente irragionevole né sproporzionata rispetto alla gravità dell’illecito, poiché anche chi inverte il senso di marcia nel tratto immediatamente successivo ai caselli di uscita dall’autostrada crea un gravissimo pericolo per la vita e l’incolumità propria e altrui.
8.– Orbene, deve considerarsi che la fattispecie di guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186 cod. strada si declina – come si è già visto (sopra punto 6 e seguenti) – secondo una precisa ed articolata graduazione che accomuna pena principale e sanzione accessoria in una scala di gravità progressivamente maggiore. In tal modo, l’impianto sanzionatorio, che punisce la guida in stato di ebbrezza, prevede diversi “gradi di intensità” della violazione, ai quali corrispondono differenti livelli di sanzioni in progressione crescente finalizzati alla prevenzione e repressione di comportamenti pericolosi per gli utenti della strada.
Il divario tra le varie misure – detentive, pecuniarie e accessorie – è correlato all’incremento della pericolosità della condotta, graduata sulla base del livello del tasso alcolemico. In particolare, la sanzione amministrativa accessoria è determinata in un intervallo che va dalla sospensione della patente di guida per tre mesi, per le condotte meno gravi, fino alla revoca della patente, per la condotta più grave. Tale è la guida in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, ove la condotta sia aggravata per aver il conducente provocato un incidente.
Tale circostanza aggravante, che mostra che il superamento della soglia di 1,5 g/l di tasso alcolemico è stato tale, in concreto, da aver compromesso il controllo dell’autovettura, individua e sanziona una condotta particolarmente pericolosa, quale che sia l’entità dell’incidente, e rende non irragionevole che, anche a fini di deterrenza per la salvaguardia della sicurezza pubblica nella circolazione stradale, sia collocata in cima alla scala delle condotte sanzionate in misura progressivamente più elevata.
È vero – come indica il giudice a quo – che l’imputato potrebbe aver provocato, in concreto, un «incidente» di modesta portata, come nel caso di specie. Ma ciò non esclude – secondo una valutazione non irragionevole del legislatore – che tale condotta si collochi comunque al livello più elevato della descritta graduazione. La modestia delle conseguenze dell’incidente non smentisce la gravità della condotta di chi si mette alla guida in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore all’1,5 g/l in una condizione tale da non aver il pieno controllo del veicolo condotto, come mostra ex post l’incidente provocato a causa di tale alterata condizione psico-fisica.
Si tratta di un comportamento altamente pericoloso per la vita e l’incolumità delle persone, tenuto in spregio del dovuto rispetto di tali beni fondamentali. La previsione di una severa misura amministrativa di natura preventiva tende alla protezione di beni giuridici primari ed è giustificata dalla condizione di temporanea inaffidabilità alla guida, alla quale si è posto consapevolmente il soggetto condannato, e dalla maggiore pericolosità del comportamento censurato rispetto alle ipotesi non parimenti aggravate.
Tenuto conto che «la ratio dell’aggravante è da ricercarsi nella volontà del legislatore di punire più gravemente qualsiasi turbativa delle corrette condizioni di guida, in quanto ritenuta potenzialmente idonea a porre in pericolo l’incolumità personale dei soggetti e dei beni coinvolti nella circolazione a causa della strutturale pericolosità connessa alla circolazione dei veicoli che richiedono una particolare abilitazione alla guida» (ordinanza n. 247 del 2013), la scelta di non distinguere, ai fini dell’operatività della revoca, in funzione della gravità dell’incidente corrisponde a un criterio di prevenzione generale non irragionevole nei confronti di colui il quale, con un tasso alcolemico superiore al livello soglia dell’1,5 g/l, guidi in un evidente stato di alterazione e di compromissione delle sue condizioni fisiche e psichiche.
Pertanto, non vi è alcun «indifferenziato automatismo sanzionatorio, che costituisce possibile indice di disparità di trattamento e irragionevolezza intrinseca» (sentenza n. 88 del 2019).
9.– Del resto, per il reato di guida in stato di ebbrezza il giudice ha già un margine di apprezzamento sufficiente perché la sanzione inflitta sia proporzionata alla complessiva considerazione delle peculiarità oggettive e soggettive del caso di specie, potendo l’aumento della pena oscillare tra un minimo e un massimo, raddoppiati nell’ipotesi aggravata, ma comunque da determinarsi in funzione della gravità del danno derivante dal sinistro o del grado della colpa.
L’eventualità che, a seguito della concessione di benefici di legge, la revoca della patente di guida mantenga un primario ruolo afflittivo, permanendo come unica misura punitiva concretamente efficace, risulta, poi, coerente sia con la finalità preventiva della sanzione, perché consente di evitare che il reo ricrei la situazione di pericolo per un congruo periodo di tempo; sia con la finalità deterrente, perché sollecita una maggiore consapevolezza della gravità del comportamento; sia con la funzione rieducativa, perché impone al condannato di affrontare il percorso di esami che lo abilita alla guida per ottenere la nuova patente, instaurando un processo virtuoso tramite una utile formazione finalizzata alla prevenzione.
Infatti, la revoca della patente di guida non ha una efficacia ostativa permanente, in quanto il titolare di patente revocata può conseguire un nuovo titolo abilitativo in un termine che l’art. 219, comma 3-ter, cod. strada, nel caso in cui la misura consegua alle violazioni di cui agli artt. 186, 186-bis e 187 cod. strada, ha fissato in tre anni.
10.– Infine, deve escludersi un’irrazionalità estrinseca che deriverebbe dal confronto, quale tertium comparationis, con la posizione del soggetto condannato per i reati di omicidio stradale o lesioni stradali gravi o gravissime di cui agli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen., che potrebbe invece beneficiare della scelta discrezionale del giudice tra revoca e sospensione della patente.
Secondo il costante indirizzo di questa Corte, la violazione del principio di uguaglianza sussiste solo qualora situazioni omogenee siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso e non quando alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non assimilabili (ex plurimis, sentenze n. 171 del 2022, n. 172 e n. 71 del 2021, n. 165 e n. 85 e del 2020, n. 155 del 2014, n. 108 del 2006, n. 340 e n. 136 del 2004).
L’automatismo della revoca della patente ai sensi dell’art. 222, comma 2, quarto periodo, cod. strada è stato censurato dalla sentenza n. 88 del 2019 solo con riferimento alle condotte colpose poste in essere da soggetti che avevano agito in condizioni psico-fisiche non gravemente alterate, ossia «allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen.», restando quindi vigente in particolare nel caso di conducenti con un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l.
Il tertium comparationis non è quindi utilmente invocabile, atteso che esso disciplina in termini analoghi la condotta di un soggetto che, in pari stato di ebbrezza alcolica, causi un incidente stradale con compromissione grave dell’integrità fisica di un terzo, se non addirittura la sua morte.
11.– In conclusione, la sanzione accessoria della revoca della patente per la fattispecie di reato della guida in stato di ebbrezza, con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, aggravata dall’aver provocato un incidente in ragione di tale stato di alterazione psico-fisica, costituisce misura non sproporzionata rispetto alla gravità intrinseca dell’illecito sanzionato dall’art. 186, comma 2-bis, cod. strada, nell’ambito di una previsione normativa che nel suo complesso, contemplando anche condotte meno gravi sanzionate in modo meno afflittivo, è sufficientemente graduata.
Da ciò consegue la non fondatezza della questione.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 186, comma 2-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevate, in riferimento agli artt. 13, 25, secondo comma, e 27, primo e terzo comma, della Costituzione, dalla Corte d’appello di Milano, sezione prima penale, con l’ordinanza indicata in epigrafe;
2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 186, comma 2-bis, cod. strada, sollevata, in riferimento all’art. 3 Cost., dalla Corte d’appello di Milano, sezione prima penale, con l’ordinanza indicata in epigrafe.