Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Bari, in parziale riforma della decisione di primo grado e tenuto conto della parziale rinuncia ai motivi d'appello, ha ridotto la pena inflitta nei confronti di A.L. portandola ad anni uno e mesi quattro di reclusione, oltre 600 euro di multa, in relazione al reato di concorso in furto in privata dimora aggravato dalla violenza sulle cose e dall'aver agito in tre persone riunite.
2. Ha proposto ricorso l'imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo un unico motivo con cui chiede l'applicazione della novella normativa introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022, che ha introdotto nel codice penale un nuovo art. 20-bis, dedicandolo alle "Pene sostitutive delle pene detentive brevi"; tale norma prevede, in caso di condanna a pena detentiva non superiore a 4 anni di reclusione, la possibilità per il giudice di applicare la sanzione della semilibertà sostitutiva ovvero della detenzione domiciliare sostitutiva; ed altresì, in caso di condanna a pena detentiva non superiore a 3 anni, la possibilità di applicare il lavoro di pubblica utilità sostitutivo.
Il ricorrente evidenzia di essere nelle condizioni per poter beneficiare di una delle nuove sanzioni sostitutive, avuto riguardo alla misura della pena cui è stato condannato, chiedendo alla Cassazione di annullare la sentenza con rinvio al giudice del merito e non a quello dell'esecuzione. Infatti, l'art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022 prevede la possibilità di proporre istanza di applicazione di una delle pene sostitutive al giudice dell'esecuzione, qualora si tratti di procedimenti pendenti innanzi alla Suprema Corte al momento dell'entrata in vigore del decreto. Nel caso del ricorrente, invece, il ricorso è stato proposto successivamente all'entrata in vigore della novella normativa, sicchè la scelta relativa all'applicazione della pena sostitutiva di nuova introduzione spetterebbe al giudice di merito.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato.
2. La riforma processuale di cui alla novella normativa introdotta con il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 effettivamente ha inciso sull'architettura delle pene sostitutive, per come congegnate nell'impianto legislativo originario, inserendo tali sanzioni nel catalogo esplicito delle pene, al pari di quelle principali sostituite, come conferma il richiamo, nella Relazione illustrativa al decreto citato, alle tre finalità tipiche della prevenzione generale, della prevenzione speciale e della rieducazione del condannato, riconducibili anche alle sanzioni sostitutive.
Come è stato già evidenziato in alcune sentenze di questa Corte regolatrice (Sez. 6, n. 34091 del 21/6/2023 e Sez. 5, n.37022 del 28/6/2023), la novella normativa ha modificato sia il codice penale, attraverso l'introduzione dell'art. 20-bis, che la legge 24 novembre 1981, n. 689, al Capo III, mediante la rimodulazione delle pene sostitutive non pecuniarie e l'innalzamento del limite massimo di pena detentiva sostituibile, portato a quattro anni (in coerenza con il limite di pena entro cui, ai sensi dell'art. 656, comma 5, cod. proc. pen., opera la sospensione dell'esecuzione).
Attualmente, pertanto, il catalogo normativo annovera tra le pene sostitutive: la semilibertà sostitutiva; la detenzione domiciliare sostitutiva; il lavoro di pubblica utilità sostitutivo; la pena pecuniaria sostitutiva. Non fanno parte più del catalogo le sanzioni sostitutive precedentemente previste ed eliminate dall'intervento riformatore; vale a dire: la semidetenzione e la libertà controllata.
I limiti entro i quali può farsi luogo alla sostituzione delle pene detentive brevi sono stati sensibilmente innalzati rispetto ai precedenti e si evincono dall'esame degli artt. 20-bis c.p. e 53 della legge n. 689 del 1981 (la semidetenzione e la detenzione domiciliare possono essere applicate in sostituzione delle pene detentive contenute entro il limite di quattro anni; il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena detentiva contenuta entro i tre anni; la pena detentiva contenuta entro il limite di un anno può essere sostituita con la pecuniaria della specie corrispondente).
Il ventaglio statistico maggiormente ampio su cui, in astratto, la novella si è proposta di incidere, attraverso detto innalzamento dei limiti applicativi, è espressione, a valle, dell'idea che, a monte, caratterizza il nucleo cruciale della riforma, ruotante su due perni:
a) evitare che l'area della pena "sostituibile" coincida, come accaduto nella prassi sinora, con quella della pena "sospesa" (entrambe allineate, prima del d.lgs. n. 150 del 2022, al limite di due anni di reclusione);
b) evitare che la sostituzione possibile intervenga a distanza di tempo, solo in fase esecutiva, e rendere, invece, la pena sostitutiva immediatamente eseguibile all'esito del giudizio di cognizione, una volta divenuta definitiva la statuizione finale, dando al giudice di tale fase processuale il potere di disporre quella direttamente prescelta.
Altra modifica molto significativa, infatti, dotata anch'essa di valore simbolico quanto al favore con cui l'ordinamento guarda alla sostituzione delle pene detentive brevi, nel tentativo di perseguire migliori effetti risocializzanti del condannato, è quella riferita alla sede processuale in cui è possibile attuare la valutazione della possibilità di sostituzione della pena detentiva breve: si è scelto di puntare sull'operatività delle pene sostitutive già nel giudizio di primo grado.
In proposito, il legislatore ha previsto due strade differenti, nel caso in cui ci si trovi dinanzi ad un giudizio ordinario (per cui è stato introdotto un nuovo art. 545-bis cod. proc. pen. ed una procedura piuttosto articolata, al banco di prova della prassi) oppure di giudizio nelle forme alternative del "patteggiamento" (con riguardo al quale è stato riformulato l'art. 448, comma 1-bis, cod. proc. pen.).
L'obiettivo finale è stato dichiarato nella Relazione introduttiva: realizzare un'anticipazione dell'alternativa al carcere all'esito del giudizio di cognizione, senza attendere i tempi della fase esecutiva della pena, con l'effetto anche di evitare il sovraccarico dei tribunali di sorveglianza, giunto a livelli di guardia.
2.1. L'applicabilità delle pene sostitutive sin dal giudizio di cognizione ha imposto una regolamentazione processuale in via transitoria, vista la natura di disciplina penale sostanziale più favorevole dell'innesto normativo entrato in vigore, per consentirne l'applicazione retroattiva in bonam partem anche nei giudizi di impugnazione pendenti alla data di entrata in vigore della riforma (in tal senso cfr. la citata Sez. 6, n. 34091 del 2023).
Si sono previste, così, al comma primo dell'art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022, le seguenti indicazioni: le nuove disposizioni introdotte al Capo III della legge 24 novembre 1981, n.689, se più favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell'entrata in vigore della novella (30 dicembre 2022); in caso di procedimento pendente innanzi alla Corte di cassazione al momento dell'entrata in vigore suddetta, il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni potrà rivolgersi al giudice dell'esecuzione, al quale potrà essere presentata l'istanza di applicazione di una delle pene sostitutive, ai sensi dell'articolo 666 cod. proc. pen., entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza, stabilendo, altresì, che, in caso di annullamento con rinvio provvede il giudice del rinvio.
2.2. La questione che si pone, pertanto, in relazione alla disciplina transitoria, è attinente alla individuazione del momento in cui può ritenersi "pendente" il processo in grado di legittimità, questione risolta, dalla sentenza n. 34091 del 2023 e dalla sentenza n. 37022 del 2023, condivisibilmente, alla luce di quanto statuito dalle Sezioni Unite, nella decisione Sez. U, n. 47008 del 29/10/2009, D'Amato, Rv. 244810, in cui si è affermato che, ai fini dell'operatività delle disposizioni transitorie di quella che, all'epoca, era la nuova disciplina della prescrizione (di cui alla legge n. 251 del 2005), la pronuncia della sentenza di condanna di primo grado determina la pendenza in grado d'appello del procedimento, ostativa all'applicazione retroattiva delle norme più favorevoli.
Il principio, successivamente ribadito da Sez. U, n. 15933 del 24/11/2011, dep. 2012, Rancan, Rv. 252012 e da Sez. 3, n. 11622 del 23/10/2020, dep.2021, Turrini, Rv. 281482, in fattispecie differente), opera anche con riguardo alla disciplina transitoria in tema di pene sostitutive, prevista dall'art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022.
Quanto all'applicabilità nel giudizio di legittimità della disciplina più favorevole in tema di pene sostitutive, dunque, deve darsi spazio all'interpretazione secondo cui la locuzione "procedimento pendente innanzi la Corte di cassazione", al pari di quella riferita alla pendenza in grado di appello, si riferisce al segmento processuale che ha inizio con la pronuncia della sentenza da parte del giudice dell'appello o, nel secondo caso, del giudice di primo grado (così la citata sentenza n. 34091 del 2023, che ha notato come tale interpretazione abbia il pregio di dare la più ampia applicazione consentita in bonam partem alle nuove disposizioni in tema di pene sostitutive, seguendo così la ratio profonda della novella legislativa).
Resta fermo, ovviamente, il limite del giudicato di condanna a pena detentiva non sostituita, se intervenuto in data antecedente alla riforma, mentre, nel caso in cui il giudicato riguardi una condanna a pena detentiva già sostituita sulla base della precedente disciplina, troverà applicazione il comma secondo dell'art. 95 d. lgs. n. 150 del 2022, in base al quale mentre le sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata, già applicate o in corso di esecuzione al momento dell'entrata in vigore del decreto, continuano ad essere disciplinate dalle disposizioni previgenti, i condannati alla semidetenzione possono chiedere al magistrato di sorveglianza la conversione nella semilibertà sostitutiva.
2.3. La condivisione, da parte del Collegio, delle ragioni della giurisprudenza di legittimità sinora formatasi sul tema del perimetro di applicabilità della riforma delle pene sostitutive, datata 2022, si estende anche ad altre considerazioni, con le quali si è escluso qualsiasi contrasto della disposizione transitoria in esame con gli artt. 2 e 3 Cost e con l'art. 6 CEDU, dal momento che non sussiste alcuna preclusione per il ricorrente, una volta passata in giudicato la sentenza impugnata, di proporre l'istanza di sostituzione dinanzi al giudice dell'esecuzione, ottenendosi il medesimo effetto.
Parallelamente, non può essere seguita la strada, indicata dal ricorrente, dell'annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione, che:
- sarebbe sfornita di qualsiasi appiglio normativo, non essendo stata prevista in alcun modo tale soluzione dalla disciplina transitoria;
- non si concilia con la individuazione sistematica del momento in cui si apre la fase dell'eventuale processo in sede di legittimità, che coincide con l'emissione della sentenza di appello, in adesione ai principi generali dettati dalle Sezioni Unite in materia;
- non trova una valida ragione a sostegno della necessità che, sull'istanza di applicazione delle pene sostitutive di nuovo conio, decida il giudice della cognizione piuttosto che quello dell'esecuzione, a parità di effetti.
2.4. La scelta di interpretare la "pendenza" del procedimento nel senso già descritto, oltre che coerente con la consolidata giurisprudenza di legittimità in tema, si rivela, inoltre, anche la più vantaggiosa dal punto di vista dell'economia processuale.
La diversificazione di procedura tra i processi pendenti nelle fasi di cognizione (in relazione ai quali è previsto che decida direttamente il giudice della fase, di primo o secondo grado) e quelli pendenti in sede di legittimità è stata dettata, infatti, verosimilmente, dalla considerazione che il giudizio relativo alla concedibilità delle pene sostitutive implica, comunque, valutazioni di merito, estranee al sindacato della Corte di cassazione.
Di qui, l'opzione contenuta nella normativa transitoria di investire il giudice dell'esecuzione, una volta chiuso il processo in sede di legittimità; scelta ispirata, evidentemente, anche a ragioni di economia processuale, evitandosi in tal modo il ritorno alla fase precedente a quella svolta dinanzi alla Corte di cassazione, a parità di effetti favorevoli per l'imputato/condannato.
2.3. In conclusione, deve affermarsi che, ai fini dell'applicazione dell'art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022, la pronuncia della sentenza da parte del giudice dell'appello determina in sé la pendenza del giudizio in cassazione, sicchè, anche qualora il ricorso sia stato presentato dopo l'entrata in vigore della citata disposizione (il 30.12.2022), l'istanza di parte per l'applicazione delle pene sostitutive del Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, deve essere proposta dinanzi al giudice dell'esecuzione entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza.
Di conseguenza, il ricorso volto a chiedere una diversa interpretazione dell'applicazione
della disciplina transitoria prevista dall'art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022, sostanzialmente limitata ai soli ricorsi già presentati al momento dell'entrata in vigore di tale norma, deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.