
Il diritto del difensore a pretendere la liquidazione dei compensi maturati per l'attività svolta in tale procedimento prescinde dalla presentazione di un'apposita istanza di ammissione.
Tizio, difensore in un procedimento di opposizione al provvedimento di espulsione di un cittadino extracomunitario, chiedeva la liquidazione dei compensi maturati, trattandosi di un soggetto ammesso al gratuito patrocinio.
Il Tribunale di Ancora liquidava per le quattro fasi la somma di 1000 euro circa,...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. L’avv. P.S., difensore in un procedimento di opposizione al provvedimento di espulsione di un cittadino extracomunitario, definito favorevolmente al proprio assistito dinanzi al Tribunale di Ancona, chiedeva la liquidazione dei compensi maturati, trattandosi di soggetto ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.
Il professionista proponeva altresì opposizione avverso il decreto di liquidazione, lamentando l’incongruità della somma liquidata, ed il Tribunale di Ancona con ordinanza del 27 maggio 2019 accoglieva l’opposizione, in quanto la liquidazione era avvenuta in maniera sensibilmente inferiore rispetto ai valori tariffari. Quindi, facendo applicazione dello scaglione di valore tra € 5.201,00 ed € 26.000,00, in ragione della serialità e della minima complessità della vicenda, decurtati i valori medi in base all’art. 4 co. 1 del DM n. 55 del 2014, liquidava per le quattro fasi la somma di € 1.104,00, aggiungendo che, sebbene l’assistito godesse del beneficio del patrocinio ex art. 142 del DPR n. 115/2002, non poteva trovare applicazione la dimidiazione di cui all’art. 130 del medesimo DPR.
Compensava, infine, integralmente le spese di lite.
2. Per la cassazione di tale ordinanza ha proposto ricorso il Ministero della Giustizia sulla base di un motivo.
L’intimato ha resistito con controricorso.
3. Il motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 82, 83, 130 e 142 del DPR n. 115/2002 quanto alla mancata dimidiazione dei compensi riconosciuti all’avv. S. in quanto difensore di soggetto ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.
Deduce il ricorrente che anche in caso di ammissione ex lege, come nell’ipotesi di cui al menzionato art. 142, al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, la liquidazione degli onorari al difensore della parte patrocinata debba avvenire con la dimidiazione prevista dall’art. 130.
Il richiamo che l’art. 142 fa agli artt. 82 ed 83 consente di applicare tutte le norme di carattere generale in materia di compensi della parte ammessa al detto beneficio, norme tra le quali si inserisce anche quella che prevede che i compensi, in materia civile, debbano essere dimidiati.
Il motivo è fondato.
L’art. 142 citato recita che: Nel processo avverso il provvedimento di espulsione del cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea, di cui all'articolo 13, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l'onorario e le spese spettanti all'avvocato e all'ausiliario del magistrato sono a carico dell'erario e sono liquidati dal magistrato nella misura e con le modalità rispettivamente previste dagli articoli 82 e 83 ed è ammessa opposizione ai sensi dell'articolo 84.
La giurisprudenza di questa Corte ha, anche di recente, ribadito che nel procedimento di convalida del decreto di espulsione il cittadino extracomunitario è ammesso al gratuito patrocinio "ex lege", di talché il diritto del difensore a pretendere la liquidazione dei compensi maturati per l'attività svolta nel predetto procedimento prescinde dalla presentazione di un'apposita istanza di ammissione (Cass. n. 24102/2022), costituendo questa una scelta rimessa alla discrezionalità del legislatore che non appare né irragionevole né lesiva del principio di parità di trattamento, stante la peculiarità del procedimento di espulsione (Cass. n. 13833/2008).
Ma tale automatismo non può indurre a reputare che il beneficio si estenda anche all’esenzione dalla decurtazione degli onorari, di cui all’art. 130 del medesimo DPR, che appunto dispone che “Gli importi spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte sono ridotti della metà”.
Rileva in senso favorevole alla tesi del Ministero la circostanza che, una volta operato il richiamo alle norme in materia di patrocinio a spese dello Stato, con il rinvio agli artt. 82 ed 83, ne scaturisce l’applicazione di tutte le norme anche relative ai criteri di liquidazione dei compensi, nel senso che, oltre a sussistere il limite dell’impossibilità di superamento dei valori medi, opera anche la regola della dimidiazione dei compensi, da ritenersi, proprio in considerazione delle finalità dell’istituto del patrocinio e dell’esigenza di contemperamento del diritto di difesa dei meno abbienti con le esigenze di bilancio dello Stato, costituire un limite connaturale alla misura dei compensi spettanti ai difensori dei beneficiari.
In tale direzione rileva peraltro la analoga soluzione alla quale è pervenuta la giurisprudenza di questa Corte in relazione al diritto al compenso del difensore d’ufficio per le ipotesi in cui possa, in caso di irreperibilità o di insolvenza del cliente, richiedere la liquidazione del compenso nei confronti dello Stato.
Incide in primo luogo l’analoga formula legislativa che anche negli artt. 116 e 117 del citato DPR prevede che l'onorario e le spese spettanti al difensore di ufficio sono liquidati dal magistrato, nella misura e con le modalità previste dall'articolo 82.
Peraltro, in materia penale è stata successivamente introdotta un’analoga riduzione dei compensi ai sensi dell’art. 106 bis, che dispone che gli importi spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato, al consulente tecnico di parte e all'investigatore privato autorizzato sono ridotti di un terzo.
La giurisprudenza di questa Corte, oltre ad affermare che l’art. 106-bis del d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall'art. 1, comma 606, lett. b), della l. n. 147 del 2013, a mente del quale gli importi spettanti, tra gli altri, al difensore d'ufficio nel processo penale sono ridotti di un terzo, non può applicarsi retroattivamente alle attività già esaurite al momento della sua entrata in vigore (Cass. n. 3534/2021 del 11/02/2021), affermazione che invece presuppone che per le attività svoltesi in epoca successiva alla novella la riduzione trovi applicazione, ha altresì affermato, e sempre sul presupposto pacifico dell’applicabilità della riduzione che il difensore di ufficio dell'imputato irreperibile ha diritto ad un compenso che non deve essere superiore ai valori medi delle tariffe professionali vigenti, potendo quindi applicarsi il valore della tariffa in vigore e riducendolo del 50% corrispondente, cui aggiungere l'ulteriore decurtazione di cui all'art. 106-bis del d.P.R. n. 115 del 2002, senza che siffatta modalità di liquidazione costituisca violazione del minimo tariffario, da un lato in quanto si tratta di disposizione speciale, applicabile soltanto alle liquidazioni del compenso previsto per il difensore di ufficio dell'imputato irreperibile, e dall'altro lato in quanto, per detta specifica ipotesi, si ravvisano le medesime esigenze di contemperamento tra la tutela dell'interesse generale alla difesa del non abbiente ed il diritto dell'avvocato ad un compenso equo (Cass. n. 4759/2022).
L’identità dei testi normativi, quanto al rinvio alle norme dettate in tema di patrocinio, le analoghe esigenze di contenimento della spesa pubblica, senza però pregiudicare le esigenze di difesa dei meno abbienti ed il diritto dei difensori al compenso, inducono quindi a concludere nel senso che anche in caso di patrocinio per soggetti che abbiano fatto opposizione al provvedimento di espulsione ex art. 142, debba trovare applicazione la dimidiazione di cui all’art. 130, in quanto norma di carattere generale immanente al sistema di liquidazione dei compensi in favore di difensori di soggetti ammessi al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, ancorché in via automatica.
Il motivo deve, quindi, essere accolto e l’ordinanza impugnata deve essere cassata.
Tuttavia, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, disponendosi la ulteriore dimidiazione del compenso nella misura liquidata dal giudice dell’opposizione.
Per l’effetto all’avv. P.S., per la difesa prestata in favore di MA.K., deve essere liquidato l’importo di € 552,00, oltre spese generali, IVA e CPA nelle misure di legge.
4. Quanto alle spese, considerato il parziale accoglimento della richiesta di liquidazione, in misura inferiore a quanto richiesto, e tenuto conto della novità della questione trattata, che non risultava essere stata sinora esaminata in maniera specifica nella giurisprudenza di legittimità, si ritiene che sussistano i presupposti per compensare integralmente le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e decidendo nel merito, liquida in favore dell’avv. P.S. la somma di € 552,00, oltre spese generali, IVA e CPA nelle misure di legge.
Dichiara interamente compensate le spese del giudizio di legittimità e del giudizio di opposizione.