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3 novembre 2023
Covid-19: illegittima l’ordinanza della Regione Sicilia che ha vietato ai minori l’attività motoria all’aperto

L'ordinanza impugnata è illegittima nella parte in cui ha imposto il divieto per la popolazione sana, in particolare per quella minorenne, di uscire da casa anche per svolgere, nei pressi dell'abitazione, “attività sportiva e motoria”, in quanto non rispettava i presupposti fattuali di legge recati dal DPCM del 10 aprile 2020.

di La Redazione

L'odierno ricorrente chiedeva l'annullamento dell'ordinanza contingibile e urgente emanata dal Presidente della Regione siciliana n. 16 dell'11 aprile 2020, lamentandone l'illegittimità nella parte in cui vietava ogni attività motoria all'aperto, anche in forma individuale, inclusa quella dei minori accompagnati dai genitori. Così facendo, infatti, veniva vietato ogni spostamento al di fuori della propria abitazione, imponendo una permanenza domiciliare assoluta, misura che, secondo il ricorrente, si poneva in contrasto con il DPCM 10 aprile 2020 che invece consentiva a tutti lo svolgimento di attività sportiva e motoria all'aperto, quindi anche ai minori, a condizione che si svolgesse nei pressi della propria abitazione e a una distanza di sicurezza pari ad almeno un metro dalle altre persone.
In definitiva, il provvedimento regionale avrebbe determinato un trattamento deteriore rispetto a quanto previsto nel resto d'Italia.
Considerando che era stata disattesa l'istanza cautelare e che il ricorso era stata dichiarato dal TAR improcedibile poiché nel frattempo era scaduto il termine di efficacia dell'ordinanza impugnata, il ricorrente si rivolge al CGA Sicilia.

Con la sentenza n. 713 del 24 ottobre 2023, il CGA Sicilia accoglie il ricorso, ricostruendo il quadro normativo vigente alla data di adozione dell'ordinanza impugnata per fronteggiare la pandemia, ovvero all'11 aprile 2020.
Per quanto riguarda i rapporti tra competenza statale e quella regionale, in particolare, il CGA evidenzia che la legislazione pandemica è stata considerata come rientrante nella prima, quindi alle Regioni restava la possibilità di stabilire solo delle misure straordinarie in tal senso. La finalità è chiara: evitare che nelle more degli aggiornamenti dei DPCM alle curve epidemiologiche potessero verificarsi dei vuoti di tutela, ma con il corollario che ogni ulteriore intervento della Regione non avrebbe potuto fondarsi legittimamente su fatti e situazioni verificatisi prima del DPCM successivo.
Come afferma il CGA, ciò è il risultato di una stretta interpretazione adottata in tema di tipizzazione delle misure potenzialmente applicabili ai fini della gestione dell'emergenza ai sensi del principio di legalità, facendo così in modo che le nuove misure fossero legate ai principi di adeguatezza e proporzionalità rispetto al rischio effettivamente presente sul territorio nazionale e sempre nel rispetto di altre garanzie, quali la temporaneità delle misure restrittive.

In tale contesto, e in definitiva, il CGA afferma che 

ildiritto

«l'unico spazio rimesso alle Regioni è la richiamata disciplina, ma tuttavia esclusivamente di carattere interinale, di cui all'articolo 3 del d.l. n. 19 del 2020; condizione imprescindibile per l'esercizio di tale potere è il verificarsi di un effettivo e documentato aggravamento del rischio sanitario, verificatosi successivamente all'ultimo DPCM adottato sulla base dell'articolo 2 del medesimo decreto-legge, nel cui procedimento di adozione era stata infatti prevista anche la partecipazione delle regioni».

Non essendosi a ciò conformata l'ordinanza impugnata, non essendo stato evidenziato alcun aggravamento rispetto alle misure statali tale da imporre misure più restrittive in Sicilia, essa va dichiarata illegittima con condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali da parte della Regione.