Rigettata la richiesta dell'imputato di essere rimesso in termini per l'accesso alle pene sostitutive poiché la riforma Cartabia è entrata in vigore solo nelle more del procedimento e successivamente alla lettura del dispositivo. Per la Suprema Corte, la pronuncia del dispositivo della sentenza di condanna in secondo grado, ancorché ci sia ancora da redigere la motivazione, determina la pendenza del procedimento in sede di legittimità.
In un giudizio avente ad oggetto la condanna per il reato ex art. 73, c. 1 D.PR. n. 309/90, l'imputato ricorre per cassazione lamentando la violazione degli
Svolgimento del processo
1. R.L. propone ricorso, in data 21/2/2023, a mezzo del proprio difensore di fiducia, avverso la sentenza con cui il 4/11/2022 la Corte di Appello di Bari, visti gli artt. 602 co. 1-bis e 605 cod. proc. pen., recependo il concordato sulla pena intervenuto tra le parti, in riforma della sentenza emessa il 4/11/2021 dal GUP del Tribunale di Trani appellata dall'imputato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alla conte stata recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale, ha ridotto ad anni quattro di reclusione ed euro 20.000 di multa, con la pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici, la pena irrogatagli in quanto ritenuto colpevole del reato p.p. dall'art. 73 co. 1 d.P.R. 309/90. perché, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 e fuori dalle ipotesi di cui all'art. 75/ illecitamente deteneva sulla sua persona, sostanza stupefacente del tipo cocaina, contenuta in n. 20 involucri in polietilene (cipolline) per un peso netto complessivo pari a g. 6,152 e per un principio attivo pan a g. 4,2098Jcome tale idonea al confezionamento di n. 28 singole dosi al consumo; nonché, all'interno del locale box sito in Barletta alla via (omissis), nella sua esclusiva disponibilità, altri 36 involucri in polietilene trasparente (cipolline) contenenti sostanza stupefacente del medesimo suddetto tipo. per un peso netto complessivo pari a g. 504,600 e per un principio attivo pari a g. 390,9473, come tale idonea al confezionamento di n. 2.606 singole dosi al consumo; nonché, infine, ulteriore sostanza stupefacente del tipo cocaina per un peso netto complessivo pari g. 59.456 e per un principio attivo pari a 21.7994 e come tale idonea al confezionamento di n. 145 singole dosi al consumo; sostanza stupefacente che. per quantità e per la congerie degli elementi circostanziali della relativa condotta (rinvenimento nella disponibilità del medesimo di euro 95,00 in banconote prevalentemente di piccolo e medio taglio; detenzione di sostanza da taglio e di 4 bilancini di precisione) oltre che di vario materiale ed utensili per il confezionamento e un taccuino contenente cinque fogli manoscritti riportanti dati relativi agli acquirenti con relative date, quantità e stato pagamenti) appariva de stinata ad un uso non esclusivamente personale. In Barletta il 21/5/2021.
2. Il ricorrente lamenta violazione dell'art. 20-bis cod. pen. e della relativa norma procedurale di cui all'art. 545-bis cod. proc. pen. e chiede di essere rimesso in termini per l'accesso alle pene sostitutive, atteso che, solo nelle more del processo e successivamente alla lettura del dispositivo, è entrata in vigore la c.d. Riforma Cartabia con istituzione delle stesse.
Il difensore ricorrente evidenzia che la condanna a quattro anni di reclusione, così come codificato, consentirebbe al prevenuto di accedere alla pena sostitutiva della detenzione domiciliare o della semilibertà, secondo la nuova formulazione, richiesta di accesso che sarebbe dovuta avvenire alla lettura del dispositivo. E che l'entrata in vigore successiva della legge richiamata, comporterebbe una disparità di trattamento per l'imputato, disparità di trattamento che certamente deve trovare soluzione attraverso il presente ricorso, teso alla rimessione in termini per poter accedere alle pene sostitutive.
Pertanto, alla luce di quanto sopra, chiede che questa Corte voglia annullare l'impugnata sentenza, relativamente alla mancata possibilità di accedere alle pene sostitutive, rimettendo il processo innanzi alla Corte di Appello di Bari esclusiva mente per la valutazione della eventuale concessione delle pene sostitutive.
3. Il PG presso questa Corte in data 30/8/2023 ha fatto pervenire memoria con cui ha anticipato le proprie conclusioni.
In data 18/9/2023 l'Avv. V.D. ha fatto pervenire memoria difensiva con cui ha ribadito e ulteriormente argomentato i motivi di ricorso, insistendone per l'accoglimento.
Il PG ha reso in pubblica udienza -cui non ha partecipato il difensore ancorchè avesse chiesto la trattazione orale- le conclusioni scritte riportate in epigrafe.
Motivi della decisione
1. Il motivo di ricorso sopra illustrato è infondato e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato.
2. Con il d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge delega n. 134/2021 (la c.d. Riforma Cartabia), si è posto mano, tra l'altro, alla modifica del sistema sanzionatorio del codice penale.
Le scelte del legislatore si sono tradotte in interventi mirati in particolare sulle pene sostitutive delle pene detentive brevi, come si esprime ora il nuovo art. 20- bis cod. pen., attribuendo spazio autonomo ad una disciplina organica della giustizia riparativa negli artt. 55 ss. d. lgs. n. 150/2022.
Il nuovo art. 20-bis c.p. segna il formale ingresso nel codice penale non solo della categoria 'pene sostitutive' (in precedenza presente nella sola I. n. 689/1981), ma anche della categoria 'pene detentive brevi'. La norma ("pene sostitutive delle pene detentive brevi") dispone che: «Salvo quanto previsto da particolari disposizioni di legge, le pene sostitutive della reclusione e dell'arresto sono disciplinate dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e sono le seguenti:
1) la semilibertà sostituiva; 2) la detenzione domiciliare sostitutiva; 3 il lavoro di pubblica utilità sostitutivo; 4) la pena pecuniaria sostitutiva. La semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva possono essere applicate dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori a quattro anni. Il lavoro di pubblica utilità sostitutivo può essere applicato dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori a tre anni. La pena pecuniaria sostitutiva può essere applicata dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori a un anno».
La Relazione illustrativa alla riforma Cartabia ('Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022. n. 150: «Attuazione della legge 27 settembre 2021.
n. 134. recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale. nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedi menti giudiziari» in Supplemento straordinario n. 5 alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19. 10.2022) chiarisce il senso, lo scopo e la portata della norma.
L'attuazione della legge delega (art. 1, co. 17 I. n. 134/2021) ha dato luogo ad una riforma organica delle "sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi ", di cui al Capo III della I. 24 novembre 1981, n. 689. Tale tipologia di sanzioni si inquadra, come è noto, tra gli istituti - il più antico dei quali è rappresentato dalla sospensione condizionale della pena - che sono espressivi della c. d. lotta alla pena detentiva breve. Gli stessi sono espressione del generale sfavore dell'ordinamento verso l'esecuzione di pene detentive di breve durata, essendo da tempo diffusa e radicata, nel contesto internazionale, l'idea secondo cui una detenzione di breve durata comporta costi individuali e sociali maggiori rispetto ai possibili risultati attesi, in termini di risocializzazione dei condannati e di riduzione dei tassi di recidiva.
E' ormai riconosciuto che quando la pena detentiva ha una breve durata, rieducare e risocializzare il condannato - come impone l'articolo 27 della Costituzione
- è obiettivo che può raggiungersi con maggiori probabilità attraverso pene diverse
da quella carceraria, che, eseguendosi nella comunità delle persone libere, escludono o riducono l'effetto desocializzante della detenzione negli istituti di pena, relegando questa al ruolo di trema ratio».
La riforma persegue, dunque, diversi obiettivi.
Da un lato ampliare il ricorso a queste sanzioni, ora definite formalmente "pene" sostitutive (con ciò riconoscendone finalmente in toto la natura e la tipologia afflittiva). E dall'altro incidere su una serie di snodi tecnico processuali che fino ad oggi rendevano poco efficace il ricorso alla sostituzione delle pene detentive brevi.
Sotto il primo profilo, infatti, la riforma estende da 2 a 4 anni il tetto di pena delle pene a vario titolo sostituibili; sotto il secondo profilo esclude la sospendibilità delle sanzioni sostitutive (lett. H comma 17 art. 1) che di fatto finora inficiava, come la maggior parte della dottrina sottolineava, proprio quella efficacia special preventiva insita nel sistema della sostituzione e rendeva di fatto semplicemente inapplicate le pene detentive brevi.
Sono state poi eliminate le due sanzioni sostitutive sinora esistenti ma so stanzialmente desuete nella prassi: la semidetenzione e la libertà controllata. Rimangono, quindi, la semilibertà, la detenzione domiciliare, il lavoro di pubblica utilità e, rivisitata, la pena pecuniaria, descritte e normate all'art. 71, co. 1, lettere a e ss., d.lgs. n. 150/2022.
Ma l'intervento di maggiore novità è costituito dal fatto che le pene sostitutive diventano applicabili direttamente dal giudice della cognizione in sede di pronuncia della sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti (nonché in fase di decreto penale di condanna).
Il nuovo art. 53 I. 689/81 come modificato dall'art. 71, co. 1, lett. cc), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022, ai sensi di quanto disposto dall'art. 99-bis, co. 1, del medesimo d.lgs. n. 150/2022, aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199 prevede che: «Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna o di applicazione pena ex art. 444 c.p.p., quando ritiene di determinare la durata della pena detentiva entro il limite di quattro anni, può sostituire tale pena con quella della semilibertà o della detenzione domiciliare; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di tre anni, può sostituirla anche con il lavoro di pubblica utilità; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di un anno, può sostituirla altresì con la pena pecuniaria della specie corrispondente, determi nata ai sensi dell'articolo 56-quater. Ai fini della determinazione dei limiti di pena detentiva entro i quali possono essere applicate pene sostitutive, si tiene conto della pena aumentata ai sensi dell'articolo 81 del codice penale».
I poteri discrezionali che il legislatore ha voluto attribuire al giudice in sede di scelta e applicazione delle pene sostitutive sono significativi e pienamente coerenti con la ratio generale di questa parte della riforma in vista di una deflazione delle pene detentive brevi, ma soprattutto di un senso rieducativo effettivo dato alle pene sostitutive. Secondo il novellato art. 58 della I. 689/81 (Potere discrezionale del giudice nell'applicazione e nella scelta delle pene sostitutive) «il giudice tenuto conto dei criteri indicati nell'art. 133 c.p., se non ordina la sospensione condizio nale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato».
Anche i criteri che devo orientare la scelta, motivata, del giudice evidenziano i cardini del sistema delle nuove pene sostitutive: finalità di reinserimento sociale quanto più effettivo possibile e correlativo minor sacrificio possibile della libertà personale.
Da un punto di vista strettamente procedurale, il nuovo art. 545-bis cod. proc. oen. prevede che: «l. Quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non fs ata ordinata la sospensione condizionale, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all'articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne dà avviso alle parti. Se l'imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, acconsente alla sostituzione della pena detentiva con una pena diversa dalla pena pecuniaria, ovvero se può aver luogo la sostituzione çon detta pena, il giudice, sentito il pubblico ministero, quando non è possi bile decidere immediatamente, fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all'ufficio di esecuzione penale esterna competente; in tal caso il processo è sospeso. 2. Al fine di decidere sulla sostituzione della pena detentiva e sulla scelta della pena sostitutiva ai sensi dell'articolo 58 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nonché ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni relative, il giudice può acquisire dall'ufficio di esecuzione penale esterna e, se del caso, dalla polizia giudiziaria tutte le informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita, personali, familiari, sociali, economiche e patrimoniali dell'imputato. Il giudice può richiedere, altresì, all'ufficio di esecuzione penale esterna, il programma di trattamento della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità con la relativa disponibilità dell'ente. Agli stessi fini, il giudice può acquisire altresì, dai soggetti indicati dall'articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, la certificazione di disturbo da uso di sostanze o di alcol ovvero da gioco d'azzardo e il programma terapeutico, che il condannato abbia in corso o a cui intenda sottoporsi. Le parti possono depositare documentazione all'ufficio di esecuzione penale esterna e, fino a cinque giorni prima dell'udienza, possono presentare memorie in cancelleria. 3. Acquisiti gli atti, i documenti e le informazioni di cui ai commi precedenti, all'udienza fissata, sentite le parti presenti, il giudice, se sostituisce la pena detentiva, integra il dispositivo indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti; si applicano gli articoli 57 e 61 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In caso contrario, il giudice conferma il dispositivo. Del dispositivo integrato o confermato è data lettura in udienza ai sensi e per gli effetti dell'articolo 545. 4. Quando il processo è sospeso ai sensi del comma 1, la lettura della motivazione redatta a norma dell'articolo 544, comma 1, segue quella del dispositivo integrato o confermato e può essere sostituita con un'esposizione riassuntiva. Fuori dai casi di cui all'articolo 544, comma 1, i termini per il deposito della motivazione decorrono, ad ogni effetto di legge, dalla lettura del dispositivo, confermato o integrato, di cui al comma 3».
3. Orbene, per effetto dell'art. 95 del d.lgs. n. 150/2022, in vigore dal 30/12/2022: «1. Le norme previste dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, se più favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell'entrata in vigore del presente decreto. Il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, all'esito di un procedimento pendente innanzi la Corte di cassazione all'entrata in vigore del presente decreto, può presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui al Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, al giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'articolo 666 del codice di procedura penale, entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza. Nel giudizio di esecuzione si applicano, in quanto compatibili, le norme del Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e del codice di procedura penale relative alle pene sostitutive. In caso di annulla mento con rinvio provvede il giudice del rinvio».
Con tutta evidenza tale regime di transizione tiene conto della natura pacificamente sostanziale delle modifiche normative riguardanti il sistema sanzionato rio, con conseguente loro assoggettamento al principio di irretroattività in malam partem (art. 25, co. 2, Cost.) e di retroattività in bonam partem (art. 2, co. 4, cod. pen.). Le disposizioni che elevano il limite della pena detentiva sostituibile sono pacificamente più favorevoli al reo e devono essere applicabili retroattivamente, salvo il limite del giudicato (ari 2, comma quarto, cod. pen.).
La norma transitoria è di chiara interpretazione.
Se alla data di entrata in vigore della legge (30/12/2022) il procedimento penale è «pendente in appello» deve trovare applicazione il sopra ricordato meccanismo processuale di cui all'art. 545-bis cod. proc. pen. Viceversa, se il procedimento in questione è «pendente innanzi alla Corte di cassazione» il procedi mento seguirà il suo corso, evidentemente con la valutazione dei motivi di ricorso diversi da quelli afferenti alla richiesta di pene sostitutive, non proponibile dinanzi al giudice di legittimità, e all'esito, in caso di rigetto o dichiarata inammissibilità del ricorso, entro 30 giorni dall'irrevocabilità della sentenza, il ricorrente potrà rivolgersi al giudice dell'esecuzione per le proprie richieste in tema di pene sostitutive. In caso di annullamento con rinvio si torna, invece, dinanzi al giudice del merito che ritrova anche la propria competenza in punto di irrogazione delle pene
sostitutive ex art. 20bis cod. pen. e 545bis cod. proc. pen.
Come spiega la già citata Relazione illustrativa alla "Legge Cartabia" (pag. 429), l'applicabilità delle nuove pene sostitutive nei giudizi di impugnazione «può apparire distonica; è tuttavia imposta dal rispetto del principio di retroattività della
/ex mitior - una diversa scelta si esporrebbe al rischio di una dichiarazione di illegittimità costituzionale - e, comunque, promette possibili effetti deflattivi (ad es., nel contesto del cd. patteggiamento in appello)». Quindi ragioni di ordine costituzionale e di natura pratica.
Peraltro, tale scelta non era inevitabile tanto è vero che nella medesima norma al secondo comma si è prevista espressamente una deroga al principio di retroattività della /ex miitior in ragione del radicale rinnovamento della tipologia delle pene sostitutive. Si è, infatti, ritenuto di introdurre una deroga al principio di retroattività della /ex mitior - abolitrice delle sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata - stabilendo che alle medesime sanzioni sostitutive, già disposte al momento dell'entrata in vigore della nuova legge, continuano ad applicarsi le norme previgenti (Relazione pag. 429).
4. La peculiarità del caso che ci occupa riguarda il fatto che il ricorso ha ad oggetto una sentenza deliberata in secondo grado prima del 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della Riforma Cartabia, in quanto il dispositivo è stato letto il 4/11/2022, ma per la quale alla data di entrata in vigore della novella non era ancora stata depositata la motivazione (che è stata poi depositata il 2/2/2023). Per il ricorrente ciò significa che nel caso in esame il procedimento era ancora pendente nella fase di appello, per cui, alla luce del ricordato art. 95 d.lgs 150/2022, la competenza a decidere sulle pene sostitutive ex art. 20bis era ancora in capo alla Corte di appello, cui, pertanto, chiede a questa Corte di restituire in fascicolo in ragione dell'asserita omissione.
Il Collegio ritiene che non sia così.
Ed invero, questa Corte di legittimità, in una situazione analoga (le modifiche introdotte dalla I. n. 251/2005 ed anche in quel caso l'applicazione retroattiva delle disposizioni più favorevoli) ha affermato, con un principio che mutatis mutandis può trovare applicazione anche nel caso in esame, che, ai fini dell'operatività delle disposizioni transitorie della nuova disciplina della prescrizione, la pronuncia della sentenza di condanna di primo grado determina la pendenza in grado d'appello del procedimento, ostativa all'applicazione retroattiva delle norme più favorevoli (Sez. U., n. 47008 del 29/10/2009/ D'Amato Rv. 244810; conf. Sez. 6, n. 8983 del 16/12/2009, dep. 2010, Torrisi, Rv. 246406).
Quella pronuncia si trovò a confrontarsi con tre orientamenti:
a) un primo, secondo cui la pendenza del grado d'appello coinciderebbe con il momento di proposizione del gravame, in quanto costituente l'atto iniziale del giu dizio d'impugnazione (Sez. 7, n. 41965 del 2/102007, Lo Verde, Rv 238194; Sez. 1 n. 18382 del 9/4/2008, Solimini, Rv 240375; Sez. 4, n. 26101 del 10/4/2008, Giallorenzo, Rv 240608; Sez. 4 n. 22328 del 18/3/2009, L., Rv 244000);
b) un secondo, per cui la pendenza in appello dovrebbe invece essere indivi duata nel momento in cui gli atti del procedimento vengono trasmessi alla Corte d'Appello, momento certificato dall'iscrizione dello stesso nei registri della mede sima, e ciò in quanto la prima tesi sarebbe foriera di notevoli incertezze legate all'articolata disciplina delle impugnazioni e alla possibilità che siano la parte civile o il coimputato, attraverso le rispettive impugnazioni, a determinare il regime di prescrizione applicabile alla posizione dell'imputato; non di meno non sarebbe possibile determinare la pendenza in appello in ragione della pronunzia della sentenza di primo grado, sia perché ciò contrasterebbe con il senso letterale della formula adottata dall'art. 10, comma terzo I. n. 251 del 2005, sia perché in tal momento l'instaurazione del giudizio di appello risulterebbe meramente eventuale (Sez. 3 n. 24330 del 15/4/2008, Muscariello, Rv. 240342);
c) un terzo, decisamente maggioritario, secondo cui la pendenza del giudizio d'appello avrebbe inizio con la pronunzia della sentenza di primo grado e ciò in ragione che tale evento risulterebbe coerente con l'istituto della prescrizione la cui disciplina lo elegge a causa interruttiva, condizione necessaria per ritenere ragio nevole la deroga operata dal legislatore al principio di retroattività della /ex mitior. (Sez. 6 n. 42189 del 27/11/2006, Olivo, Rv. 234954; Sez. 6 n. 1574 del 20/11/2007, dep. 2008, Altieri, Rv 240156; Sez. 6, n. 31702 del 26/5/2008 Se rafin e altro, Rv 240607; Sez. 6 n. 32431 del 14/5/2009, Mattioli, Rv 244100; Sez. 4 n. 16477 del 22/4/2008), De Paoli, Rv 239527; Sez. 6 n. 27324 del 20/5/2008, Barelli, Rv 240525; Sez. 3, n. 38836 del 10/7/2008, Papa, Rv 241291; Sez. 5 n. 38587 del 15/7/2008, Folgori, Rv 241698; Sez. 5 n. 38696 del 18/6/2008, Guidi, Rv 241693; Sez. 6, n. 40796 del 10/10/2008, Nobile, Rv 241319; Sez. 5, n. 13350 del 21/2/2008, Mihalic, Rv 239389; Sez. 5 n. 38720 del 19/6/2008, Rocca, Rv 241937; Sez. 5 n. 2076 del 5/12/2008, dep. 2009, Serafini, Rv 242362; Sez. 2, n. 3709 del 21/1/2009, Bassetti, Rv 242561; Sez. 5, n. 7697 del 16/1/2009, Ve ner, Rv 242966; Sez. 6, n. 13523 del 22/10/2008, dep. 2009, De Lucia, Rv 24382618).
Le Sezioni Unite D'Amato, non senza aver ricordato che il principio di retroattività delle norme sostanziali più favorevoli, discendente dal disposto del menzionato quarto comma dell'art. 2 cod. pen., non è oggetto della tutela privilegiata di cui all'art. 25, co. 2 Cast., posto che la garanzia costituzionale approntata dalla citata disposizione concerne soltanto il divieto di applicazione retroattiva della norma incriminatrice o comunque più sfavorevole al reo, hanno optato per il terzo e maggioritario orientamento, sottolineando, tuttavia, che non deve tanto ricostruirsi la nozione generale ed astratta di pendenza del giudizio o di pendenza del giudizio di appello, ma piuttosto l'esatto significato che la locuzione normativa assume nel particolare contesto in cui è stata introdotta, considerando gli interessi perseguiti e le condizioni per le quali l'esclusione della retroattività si palesa compatibile con la legge fondamentale. E che nemmeno potrebbe giovare un richiamo dogmatico al dato testuale posto che il concetto di pendenza non ha ricevuto de finizione nel nostro sistema processual-penalistico, il che consente di adeguarlo alle caratteristiche ed alla finalità delle situazioni in cui è destinato ad incidere.
Orbene, con lo stesso modus procedendi testé citato ritiene il Collegio che, ai fini che qui ci occupano, la fase di appello debba ritenersi esaurita con la pronuncia del dispositivo di sentenza. Da quel momento in poi, in un concetto lato di pendenza -nel senso che, poi, il successivo giudizio può esserci o meno a seconda della proposizione del mezzo d'impugnazione- è aperta la fase del ricorso in cassazione.
Fa propendere in tal senso la stessa lettura dell'art. 545-bis cod. proc. pen. sopra riportato, che ancora al momento della lettura del dispositivo (testualmente « subito dopo la lettura del dispositivo») la scelta del giudice di applicare contestualmente le pene sostitutive di cui all'art. 20bis cod. pen. o di fissare all'uopo una successiva udienza entro 60 giorni. E in tale ultimo caso il termine per il deposito della motivazione e per impugnare la sentenza decorreranno dalla lettura del dispositivo «confermato o integrato» letto all'esito di tale ulteriore udienza.
In altri termini, una volta deciso il processo nel grado con la lettura del dispositivo (nel nostro caso il 4/11/2022) il decisum, non vigendo in quel momento ancora gli artt. 20bis cod. pen. e 545bis cod. proc. pen., si era già consolidato, essendo la successiva stesura della motivazione solo un aspetto illustrativo delle ragioni poste a fondamento di quello.
Va dunque affermato il principio che «ai fini dell'applicabilità della norma transitoria di cui all'art. 95 d.lgs 150/2022 relativa alla competenza ad applicare le norme del capo III della I. 24/11/1981 n. 686, se più favorevoli, la pronuncia del dispositivo della sentenza di condanna in secondo grado, ancorché ci sia ancora da redigere la motivazione, determina la pendenza del procedimento innanzi la corte di cassazione e quindi la possibilità per il condannato di presentare istanza di applicazione delle pene sostitutive al giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 666 cod. proc. pen. entro trenta giorni dalla data di irrevocabilità della sentenza».
Il ricorso va dunque rigettato e, nei termini sopra indicati, il L. potrà avanzare le proprie richieste al giudice dell'esecuzione.
5. Al rigetto del ricorso consegue ex lege la condanna del ricorrente al paga mento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.