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Tizia aveva concesso, a titolo di prestito, a Caio la somma da restituirsi in ratei mensili. La prova del prestito era rappresentata dalla dichiarazione contenente il riconoscimento del debito. Il debitore aveva corrisposto solo un rateo e restava pertanto debitore della somma oltre interessi legali. Chiedeva pertanto l'emissione del decreto ingiuntivo in relazione a detto importo. Notificato il decreto ingiuntivo, Caio proponeva opposizione, contestando la fondatezza dell'avversa pretesa creditoria, deducendo che la scrittura privata prodotta dalla ricorrente faceva riferimento al prestito mai effettivamente ricevuto; che, infatti, la controparte non aveva in alcun modo documentato il trasferimento del denaro in suo favore (mediante assegno o bonifico bancario). |
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Il Legislatore con l' |
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Il mutuo va annoverato tra i contratti reali, il cui perfezionamento avviene, cioè, con la consegna del denaro o delle altre cose fungibili che ne sono oggetto; ne consegue che la prova della materiale messa a disposizione dell'uno o delle altre in favore del mutuatario e del titolo giuridico da cui derivi l'obbligo della vantata restituzione costituisce condizione dell'azione, la cui dimostrazione ricade necessariamente sulla parte che la "res" oggetto del contratto di mutuo chiede in restituzione, non valendo ad invertire tale onere della prova la deduzione, ad opera del convenuto, di un diverso titolo implicante l'obbligo restitutorio, non configurandosi siffatta difesa quale eccezione in senso sostanziale ( |
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Nel caso di specie, a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, Tizia aveva presentato una scrittura privata recante la sottoscrizione di entrambe le parti in causa. Sulla base del contenuto della scrittura privata sottoscritta da ambo le parti, queste avevano con tale atto voluto sottoscrivere un contratto di mutuo. La riferibilità ad ambo le parti della scrittura privata in questione escludeva la configurabilità di una ricognizione di debito che presuppone, invece, una dichiarazione unilaterale recettizia proveniente da una sola delle parti del rapporto obbligatorio. Ciò posto, Tizia, agendo per la restituzione del prestito concesso al genero e comprovato dalla scrittura privata, avrebbe in primo luogo dovuto dare prova della corresponsione della somma oggetto del mutuo. Tuttavia, nel giudizio, nessuna prova era stata fornita nel corso del giudizio al fine di dimostrare che, contestualmente alla sottoscrizione della scrittura privata, l'opposta avesse erogato a Caio la somma. Dopo, Tizia, nell'àmbito della comparsa di costituzione, aveva tuttavia fornito una ricostruzione dei fatti diversa rispetto a quella riferita nel ricorso e risultante dalla scrittura privata prodotta nella fase monitoria. Ed infatti aveva sostenuto che il prestito era stato concesso non contestualmente alla sottoscrizione del contratto, bensì l'anno precedente. Secondo il Giudicante, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è sempre ammessa la modifica della domanda da parte del creditore opposto, sia con riguardo al petitum che alla causa petendi, purché la domanda modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e non si determini né una violazione dei diritti di difesa della controparte né l'allungamento dei tempi del processo. Dunque, era ben possibile che nel giudizio di opposizione il creditore fondasse la propria pretesa su una causa petendi diversa rispetto a quella allegata nel ricorso. Nel caso in esame, quindi, Tizia se nella fase monitoria aveva radicato il proprio diritto di pagamento sul presupposto di un prestito erogato contestualmente alla stipula del contratto di mutuo, nel giudizio di opposizione aveva invece fornito una difforme ricostruzione della vicenda, sostenendo di aver erogato all'opponente il capitale prestato un anno prima rispetto all'epoca della sottoscrizione della scrittura privata. Tale diversa versione dei fatti presentava numerosi elementi di criticità che ne minavano fortemente la verosimiglianza. In conclusione, il Giudice ha accolto l'opposizione e, per l'effetto, ha revocato il decreto ingiuntivo. |
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Si richiamano gli atti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo svolgimento del processo e le deduzioni difensive e ciò in ossequio al dettato normativo di cui all’art. 118 disp. att. c.p.c., così come modificato con l. 69/2009.
Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale di Napoli Nord, I. A. esponeva: di aver concesso in data 29.4.2018, a titolo di prestito, a D. R. A., la somma di € 17.150,00, da restituirsi in ratei mensili da € 350,00 e che prova del prestito era rappresentata dalla dichiarazione contenente il riconoscimento del debito sottoscritta dal D. R.. A fronte del tempo decorso, il debitore aveva corrisposto solo un rateo pari ad € 350,00 e restava pertanto debitore per la somma di € 16.800,00 oltre interessi legali. Chiedeva pertanto l’emissione del decreto ingiuntivo in relazione a detto importo.
Notificato il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale (n. 8969/2019), proponeva opposizione D. R. A. il quale, contestando la fondatezza dell’avversa pretesa creditoria, deduceva: che la scrittura privata prodotta dalla ricorrente faceva riferimento al prestito della somma di € 17.150,00, importo da lui mai effettivamente ricevuto; che, infatti, la controparte non aveva in alcun modo documentato il trasferimento del denaro in suo favore (mediante assegno o bonifico bancario); che la scrittura privata allegata al ricorso non poteva considerarsi una ricognizione di debito quanto piuttosto come un negozio bilaterale a prestazioni corrispettive; che, fatta questa premessa, doveva chiarirsi che l’opposta era sua suocera in quanto lui era sposato con R. S., figlia di I. A.; che quest'ultima, nell'agosto del 2009, aveva effettuato un prestito in favore della figlia di € 28.000,00, come dimostrato dall’atto di ricognizione del debito da lei sottoscritto il 9.8.2017 e con cui si era impegnata a restituire l'importo ricevuto mediante rate mensili di € 200,00 da corrispondersi in 140 mesi; che, con successiva dichiarazione del 2.4.2017, lo stato del debito era stato aggiornato ad € 21.350,00 e c'era stata assunzione dell'impegno a restituire rate mensili di € 350,00; che, pertanto, verosimilmente l'originario debito si era ridotto all'aprile del 2018 al minor valore di € 17.150,00; che, in data 29.4.2018, mentre si trovava in casa, aveva ricevuto la visita della cognata, R. L., accompagnata dal suo compagno dell'epoca, P. G.; che aveva avuto inizio una discussione relativa alla situazione debitoria della sua famiglia, gravata dal mutuo e da altri prestiti personali che stavano rendendo difficile per R. S. la restituzione alla madre del prestito contratto nel 2009; che, nel corso della discussione, era poi successivamente arrivata sua moglie R. S., la quale aveva poi richiesto la presenza di suo fratello, D. R. F., e di sua madre; che, nel frattempo, era arrivata anche I. A. la quale, manifestando in maniera pressante la volontà di riottenere i suoi soldi, aveva con veemenza richiesto a lui di sottoscrivere un documento che era stato da lei precedentemente predisposto, cioè la scrittura privata allegata al ricorso monitorio, che lo impegnava alla restituzione del prestito; che R. S., appoggiata dalla sorella e dalla madre, lo aveva minacciato che se non avesse sottoscritto l'atto si sarebbe da lui separata; che, stante il forte senso di disagio provato in quella situazione e scosso dalla violenza verbale esercitata nei suoi confronti, temendo la disgregazione della sua famiglia, si era determinato a sottoscrivere l'atto; che, considerato che quella dichiarazione era stata da lui sottoscritta poiché estorta con violenza, doveva intendersi annullabile per vizio della volontà; che, inoltre, dopo appena un mese da quell’episodio, aveva ricevuto una lettera proveniente da un avvocato, che gli comunicava la volontà della moglie di separarsi, cosa poi effettivamente avvenuta.
Tanto premesso ed esposto, chiedendo preliminarmente la chiamata in causa di R. S., concludeva affinché fosse accertato che il credito in questione era stato contratto dalla sola R. S. e che per l’effetto, previo annullamento negoziale della scrittura da lui sottoscritta nell'aprile del 2018, il decreto ingiuntivo opposto venisse revocato.
Si costituiva l'opposta I. A. la quale, opponendosi alle argomentazioni difensive fatte valere nell'atto di opposizione, esponeva: che all'atto su cui si fondava la richiesta di ingiunzione monitoria doveva attribuirsi valore di riconoscimento di debito; che la somma a cui detta scrittura faceva riferimento era stata data in prestito all’opponente mediante assegno n. (omissis) del valore di € 15.500,00, consegnato in data 31.7.2017 e che era stato versato sul conto corrente n. 61274 presso la Banca U. di cui erano contitolari i coniugi D. R. A. e sua figlia R. S.; che al D.R. era stata altresì consegnata la somma in contanti di € 1.650,00, per un prestito complessivo di € 16.800,00; che, tramite tale prestito il D.R. aveva provveduto ad estinguere i suoi debiti personali; che la scrittura privata del 9.8.2009, sottoscritta da R. S., riguardava altro debito già estinto e non aveva nulla a che fare con il prestito concesso al D. R.; che la ricostruzione fornita dall'opponente, secondo cui sarebbe stato costretto a sottoscrivere la dichiarazione di riconoscimento di debito perché minacciato, era totalmente fantasiosa e destituita di alcun fondamento; che ciò che rilevava era invece che il D. R., dopo la separazione dalla figlia, si era completamente disinteressato dalla famiglia ed anche della sua figlia, affetta da una invalidità alla mano.
Ciò posto, concludeva affinché, previa concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, l'opposizione venisse integralmente reietta.
Rigettata dal precedente giudicante titolare del procedimento sia la richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa del terzo, sia l'istanza di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, rigettate altresì le stanze istruttorie articolate dalle parti, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni e riservata in decisione con ordinanza emessa in data 19.6.2023.
L’opposizione è fondata e va accolta per le considerazioni che vanno ad indicarsi.
E’ ben noto che l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario ed autonomo giudizio di cognizione, che si svolge secondo le norme del procedimento ordinario, con la conseguenza che il giudice dell’opposizione è investito del potere-dovere di pronunciare sulla pretesa fatta valere con la domanda monitoria e sulle eccezioni proposte ex adverso, mentre l’eventuale riscontro dell'emissione del decreto ingiuntivo fuori dei casi previsti dalla legge non esclude il potere-dovere di pronunciare sulla domanda fatta valere con il ricorso per ingiunzione, sempreché sussistano la competenza e gli altri presupposti processuali, incidendo la prima questione sulla regolamentazione delle spese della fase monitoria. Inoltre, instaurandosi per effetto dell’opposizione il pieno contraddittorio, non si verifica alcuna inversione della condizione sostanziale delle parti, ciascuna delle quali assume la propria effettiva e naturale posizione, anche quanto alla distribuzione dell’onere probatorio, nel senso che mentre l’opposto mantiene la veste tipica di attore, all’opponente compete la posizione tipica del convenuto.
Avendo il ricorso monitorio la natura di speciale forma di esercizio dell’azione di condanna, caratterizzata dalla cognizione sommaria e meramente documentale del credito vantato, il giudizio instaurando a seguito della proposta opposizione ha per oggetto non solo la valutazione della sussistenza delle condizioni e dei presupposti previsti e richiesti dalla legge per la emanazione della ingiunzione, ma tutto il rapporto obbligatorio posto a fondamento del ricorso monitorio dal creditore, anche in assenza di espresse contestazioni ed allegazioni delle parti, derivando la cognizione del giudice adito dal potere dovere di esaminare il contenuto tipico del giudizio così come delineato dal legislatore.
Nel giudizio ordinario di cognizione, infatti, ai sensi dell'art. 167 comma 1 c.p.c., nella comparsa di risposta il convenuto deve “ proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fotti posti dall'attore a fondamento della domanda ”.
Con l’introduzione dell’onere di allegazione e del contrapposto onere di contestazione specifica il legislatore ha inteso favorire la formazione giudiziale della prova, che viene così resa dallo stesso comportamento processuale delle parti, chiamate ad individuare il thema decidendi, le quali, omettendo di allegare e contestare i fatti, li rendono pacifici ed incontroversi e, di conseguenza, non bisognevoli di istruzione probatoria, con sensibile giovamento alla celerità del giudizio ed al principio di economia processuale.
Ne consegue che l’opponente nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è gravato dall'onere di contestazione specifica propria della sua posizione processuale di convenuto in senso sostanziale ai sensi dell’art. 167 c.p.c. e laddove non ottemperi all’onere impostogli dall'art. 167 c.p.c. in ordine alla presa di posizione specifica sui fatti addotti dall'attore a fondamento della domanda, renderà pacifici in quanto non contestati i fatti addotti dall'avversario processuale a fondamento della domanda.
Sullo specifico onus probandi, invero, appare sufficiente richiamare il principio espresso dalla Suprema Corte, a Sezioni Unite, sentenza 30 ottobre 2001, n. 13533 che ha chiarito che il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova dei fatti estintivi dell'altrui pretesa.
Nel caso di specie, a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, I. A. ha depositato una scrittura privata datata 29.4.2018 recante la sottoscrizione di entrambe le parti in causa. Tale il testo del documento: “Con la presente si dichiara che la Signora di I. A. in data 29.04.2018 ha concesso in prestito al signor D. R. A. nato N. il (omissis) la somma di euro 17.150 a titolo di prestito da restituire alla signora I. A. la quale in caso di morte nomina eredi del credito i figli R. L. e R. G.. Tale somma se il debitore mantiene la puntualità della restituzione, in via bonaria viene esentato dai dovuti interessi”.
Orbene, sulla base del contenuto della scrittura privata sottoscritta da ambo le parti - in cui si fa espressamente riferimento alla circostanza che in quella stessa data il D. R. aveva contestualmente ricevuto il prestito di € 17.150,00 - deve ritenersi che le parti abbiano con tale atto voluto sottoscrivere un contratto di mutuo. La riferibilità ad ambo le parti della scrittura privata in questione esclude la configurabilità di una ricognizione di debito che presuppone, invece, una dichiarazione unilaterale recettizia proveniente da una sola delle parti del rapporto obbligatorio.
Va a tal riguardo poi chiarito in punto di diritto che “il mutuo va annoverato tra i contratti reali, il cui perfezionamento avviene, cioè, con la consegna del denaro o delle altre cose fungibili che ne sono oggetto; ne consegue che la prova della materiale messa a disposizione dell'uno o delle altre in favore del mutuatario e del titolo giuridico da cui derivi l'obbligo della vantata restituzione costituisce condizione dell'azione, la cui dimostrazione ricade necessariamente sulla parte che la "res" oggetto del contratto di mutuo chiede in restituzione, non valendo ad invertire tale onere della prova la deduzione, ad opera del convenuto, di un diverso titolo implicante l'obbligo restitutorio, non configurandosi siffatta difesa quale eccezione in senso sostanziale” (cfr. Cass. Sez. 2 - , Ordinanza n. 35959 del 22/11/2021).
Dunque, “l'attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo è tenuto, ex art. 2697, comma 1, c.c., a provare gli elementi costitutivi della domanda e, quindi, non solo la consegna, ma anche il titolo da cui derivi l'obbligo della vantata restituzione” (cfr. ex multis Cass. Sez. 2 - , Ordinanza n. 24328 del 16/10/2017).
Ciò posto, I. A., agendo per la restituzione del prestito concesso al genero e comprovato dalla scrittura privata sottoscritta il 29.4.2018, avrebbe in primo luogo dovuto dare prova della corresponsione della somma oggetto del mutuo.
Ebbene, nessuna prova è stata fornita nel corso del giudizio al fine di dimostrare che, contestualmente alla sottoscrizione della scrittura privata, l'opposta effettivamente abbia erogato al D. R. l'importo di € 17.150,00.
Nell'ambito della comparsa di costituzione, la I. ha tuttavia fornito una ricostruzione dei fatti diversa rispetto a quella riferita nel ricorso e risultante dalla scrittura privata prodotta nella fase monitoria.
Ed infatti ha sostenuto che il prestito era stato concesso non contestualmente alla sottoscrizione del contratto della 29.4.2018, bensì l'anno precedente. In particolare, l'importo di € 15.500,00 era stato erogato tramite assegno versato poi dall'opponente sul conto corrente cointestato con la moglie; invece, la somma di € 1.650,00 era stata corrisposta in contanti. Adesso, va preliminarmente chiarito che “nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è sempre ammessa la modifica della domanda da parte del creditore opposto, sia con riguardo al petitum che alla causa petendi, purché la domanda modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e non si determini né una violazione dei diritti di difesa della controparte né l'allungamento dei tempi del processo” (cfr. Cass. Sez. 1 - , Ordinanza n. 9668 del 13/04/2021).
Dunque, è ben possibile che nel giudizio di opposizione il creditore fondi la propria pretesa su una causa petendi diversa rispetto a quella allegata nel ricorso. Nel caso in esame la I., se nella fase monitoria aveva radicato il proprio diritto di pagamento sul presupposto di un prestito erogato contestualmente alla stipula del contratto di mutuo (cioè in data 29.4.2019), nel giudizio di opposizione ha invece fornito una difforme ricostruzione della vicenda, sostenendo di aver erogato all'opponente il capitale prestato un anno prima rispetto all’epoca della sottoscrizione della scrittura privata.
Tuttavia, tale diversa versione dei fatti presenta numerosi elementi di criticità che ne minano fortemente la verosimiglianza.
In primo luogo, non è stata chiarita la ragione per cui se la gran parte del prestito era stata erogata mediante assegno nel marzo del 2017, la scrittura privata sottoscritta dalle parti l'anno successivo abbia al contrario fatto riferimento ad un prestito concesso contestualmente alla stipula dell’atto (“la Signora I. A. in data 29.04.2018 ha concesso in prestito al signor D. R. A....”).
In secondo luogo, l'opposta ha sostenuto di aver prestato al genero a mezzo assegno la somma di € 15.500,00. Tuttavia, detto assegno prodotto in copia risulta emesso in favore di sua figlia, R. S. (la quale risulta anche aver effettuato la girata per l’incasso), e non in favore dell'odierno opponente, elemento di contraddizione su cui alcun tipo di chiarimento è stato fornito dall’opposta e che comunque non può far ritenere dimostrato il perfezionamento del mutuo in favore di D. R. A., soggetto non beneficiario dell’assegno. A fronte di tanto, la circostanza che l'assegno sia stato poi versato su un conto corrente cointestato sia al D.R. che alla moglie R.S. - in assenza di una chiara, coerente e dettagliata ricostruzione dei fatti, in alcun modo fornita nel corso del giudizio - non vale di per sé a configurare l’opponente come destinatario del prestito erogato dalla suocera.
Inoltre, l'opposta ha fatto riferimento ad un ulteriore prestito di € 1.650,00 concesso in contanti al D. R.. Anche in relazione a tale affermazione non risulta in alcun modo chiarito - nemmeno nei capitoli di prova formulati in sede di articolazione delle istanze istruttorie - in quale contesto temporale tale ulteriore somma sarebbe stata erogata.
C'è un ulteriore considerazione che viene in rilievo dall'esame delle risultanze documentali in atti.
L'opponente ha fatto riferimento ad un pregresso prestito di € 28.000,00 concesso dalla I. in favore della figlia R. S. nel 2009. Sulla base delle ricevute di pagamento prodotte e dell'atto di aggiornamento documentato dal D. R., tale debito, alla data del 2.4.2017, sarebbe ammontato ad € 21.350,00. A fronte di tale produzione documentale, l'opposta si è limitata a sostenere che detto debito era già stato estinto dalla figlia; non ha però in alcun modo specificamente contestato le risultanze delle ricevute di pagamento prodotte dalla controparte, ivi compresa la nota di aggiornamento del 2.4.2017, né ha chiarito come e quando sarebbe stato saldato detto diverso debito della figlia.
Pertanto, può ritenersi effettivamente verosimile la ricostruzione offerta da D. R. A., secondo cui la dichiarazione da lui sottoscritta e contenente il suo impegno a restituire alla suocera l'importo di € 17.150,00 era strettamente collegata al debito di cui era ancora titolare la moglie e che appena l'anno precedente ancora ammontava ad € 21.350,00. Dunque, aderendo a questa eventuale ipotesi ricostruttiva, la scrittura privata sottoscritta dall'odierno opponente avrebbe al più potuto fondare la pretesa restitutoria della I. laddove il primo si fosse costituito garante del debito in precedenza contratto dalla moglie. Invece tale atto fa riferimento ad un nuovo prestito a lui concesso personalmente e di cui figurava pertanto come debitore principale, prestito rispetto al quale – per quanto sopra considerato - non è stato fornito alcun adeguato riscontro istruttorio con riferimento alla prova della erogazione del denaro.
A tal riguardo si chiarisce che, data l’inverosimiglianza della ricostruzione della vicenda fornita dall'opposta, del tutto superflua è stata ritenuta l’ammissione di una prova testimoniale che in alcun modo avrebbe potuto dare riscontro ad una narrazione risultata prima di tutto smentita proprio dal contenuto della produzione documentale allegata da I. A..
Non può in questa sede sottacersi come anche la versione dei fatti fornita dall'opponente desti non poche perplessità. Ben poco verosimile risulta infatti che egli si sia visto costretto a sottoscrivere la scrittura dietro la minaccia di vedersi imposta la separazione dalla moglie. Tuttavia, l’ordinamento impone in primo luogo al mutuante l’onere di dimostrare di aver erogato il capitale conferito a titolo di prestito, onere che, sulla scorta di tutto quanto considerato, deve ritenersi non adeguatamente assolto nel corso del giudizio.
Alla luce di tanto l'opposizione va allora integralmente accolta e, per l'effetto, il decreto ingiuntivo opposto va revocato.
Le spese di lite seguono strettamente la soccombenza, e sono liquidate, come da dispositivo, in virtù del D.M. Giustizia 55/2014 nella versione aggiornata al D.M. n. 147 del 13.8.2022, in relazione al valore della controversia - rientrante nello scaglione da € 5.200,01 a € 26.000,00 - e all’attività concretamente esercitata dal difensore costituito per la parte opponente (estrinsecatasi nelle fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisoria, di cui al richiamato D.M., del quale andranno presi in riferimento, tuttavia, i relativi parametri minimi, data la limitatissima attività processuale svolta e la non complessità delle questioni, di fatto e di diritto, dirimenti ai fini decisori).
P.Q.M.
IL TRIBUNALE DI NAPOLI NORD, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando nella controversia civile promossa come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede:
• accoglie integralmente l’opposizione e, per l’effetto, revoca il decreto ingiuntivo n. 4888/2019 emesso in data 28.10.2019;
• condanna I. A. al pagamento, in favore di D. R. A., delle spese processuali, che si liquidano in € 160,00 per esborsi ed € 2.540,00, oltre rimborso spese generali, nella misura del 15% sui compensi, I.V.A. e C.P.A., se dovute, come per legge, con attribuzione all’avv. G. F., dichiaratosi antistatario.