Svolgimento del processo
Il Tribunale per i Minorenni di Genova, con sentenza in data 6 aprile 2022, dichiarò lo stato di adottabilità con collocazione in famiglia affidataria della minore F.M.G. (n. a Genova il 2/4/2021) e dichiarò il padre A.A.G., nato in Senegal, decaduto dalla responsabilità genitoriale, rilevando l’intervenuto decesso in data 13 ottobre 2021 di F.V., madre della bambina. La decisione è stata confermata dalla Corte di appello di Genova con sentenza depositata il 30 dicembre 2022.
A.A.G. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza di appello con tre mezzi, corroborati da memoria; l’avvocato C.I., tutrice della minore ha replicato con controricorso e memoria.
Motivi della decisione
2.1.- Con il primo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt.1, 8, 10 e 15 della legge n.184/1983, con riferimento alla dichiarazione di inidoneità genitoriale del padre, basata sulla di lui “cultura di origine”.
Il ricorrente si duole che la Corte di appello, nel confermare la sentenza di primo grado, abbia fondato la valutazione di “inidoneità genitoriale” sul cd. “fattore culturale” e lamenta che sia stato dichiarato lo stato di abbandono e di adottabilità della minore in totale assenza dei presupposti di cui all’art.15, lett. a), b) e c) della legge n.184/1983.
2.2.- Con il secondo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1, 8, 10 e 15 della legge n.184/1983 in relazione all’art.30 Cost., con riferimento alla mancata predisposizione di qualsivoglia progetto di intervento volto a sostenere il ricorrente nelle funzioni genitoriali, anche con l’ausilio del cognato K.A., dichiaratosi disponibile, sul rilievo che questi era gravato da impegni lavorativi, anche se ben integrato in Italia,
2.3.- Con il terzo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1, 8, 10 e 15 della legge n.183/1984, con riferimento alla mancata valutazione della possibilità di evitare la recisione del legame filiale mediante la c.d. adozione mite ex art.44 lett. d) della legge n.184/1983. In proposito il ricorrente deduce di avere formulato tale istanza nelle note di trattazione scritta, depositate nel giudizio di appello il 9 dicembre 2022.
3.1.- I motivi, da trattare congiuntamente per connessione, sono fondati e vanno accolti.
3.2.- É opportuno rammentare che «La dichiarazione di adottabilità di un minore, costituisce una "extrema ratio" che si fonda sull'accertamento dell'irreversibile non recuperabilità della capacità genitoriale, in presenza di fatti gravi, indicativi in modo certo dello stato di abbandono, morale e materiale, a norma dell'art. 8 della l. n. 183 del 1984, che devono essere dimostrati in concreto, senza dare ingresso a giudizi sommari di incapacità genitoriale non basati su precisi elementi di fatto.» (Cass. Sez. U. n. 35110/2021).
Invero, l'accertamento dell'irreversibile non recuperabilità della capacità genitoriale, deve compiersi «tenendo conto che il legislatore, all'art. 1 l. n. 184 del 1983, ha stabilito il prioritario diritto del minore di rimanere nel nucleo familiare anche allargato di origine, quale tessuto connettivo della sua identità. La natura non assoluta, ma bilanciabile, di tale diritto impone un esame approfondito, completo e attuale delle condizioni di criticità dei genitori e dei familiari entro il quarto grado disponibili a prendersi cura del minore e delle loro capacità di recupero e cambiamento, ove sostenute da interventi di supporto adeguati anche al contesto socioculturale di riferimento.» (Cass. n. 24717/2021).
Come è stato già in passato esplicitato, il giudice di merito, nell'accertare lo stato di adottabilità di un minore, deve: a) verificare l'effettiva ed attuale possibilità di recupero dei genitori, sia con riferimento alle condizioni economico-abitative, senza però che l'attività lavorativa svolta e il reddito percepito assumano valenza discriminatoria, sia con riferimento alle condizioni psichiche, queste ultime da valutare, se del caso, con una indagine peritale; b) estendere tale verifica anche al nucleo familiare, di cui occorre accertare la concreta possibilità di supportare i genitori e di sviluppare rapporti con il minore, anche se, allo stato, mancanti (come nel caso in cui il minore sia collocato in casa famiglia o presso una famiglia affidataria); c) ove necessario, avvalersi di un mediatore culturale, non al fine di colmare deficit linguistici, ma di elidere la distanza tra modelli culturali familiari molto differenti, che, se non superata, osta ad un'adeguata valutazione della capacità genitoriale (cfr. Cass. n. 7559/2018; Cass. n. 6552/2017, che ha avuto riguardo al raffronto tra il modello culturale italiano e quello filippino).
Va, altresì, rammentato che la situazione di abbandono è configurabile «…non solo nei casi di materiale abbandono del minore, ma ogniqualvolta si accerti l'inadeguatezza dei genitori naturali a garantirgli il normale sviluppo psico-fisico, così da far considerare la rescissione del legame familiare come strumento adatto ad evitare al minore un più grave pregiudizio ed assicurargli assistenza e stabilità affettiva, dovendosi considerare “situazione di abbandono”, oltre al rifiuto intenzionale e irrevocabile dell'adempimento dei doveri genitoriali, anche una situazione di fatto obiettiva del minore, che, a prescindere dagli intendimenti dei genitori, impedisca o ponga in pericolo il suo sano sviluppo psico-fisico, per il non transitorio difetto di quell'assistenza materiale e morale necessaria a tal fine» (Cass. n. 1838/2011; v. anche Cass. n. 5580/2000).
Per tali complessive ragioni, il giudice di merito deve, prioritariamente, verificare in concreto se possa essere utilmente fornito un intervento di sostegno diretto a rimuovere situazioni di difficoltà o disagio familiare e se ciò incontri la collaborativa sinergia dei genitori, e, solo ove risulti impossibile, quand'anche in base ad un criterio di grande probabilità, prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di vivere in uno stabile contesto familiare, è legittimo e corretto l'accertamento dello stato di abbandono (Cass. n. 6137/2015).
Erroneo risulta, dunque, il riferimento alle carenze cognitive e culturali del genitore come base per ritenerlo inidoneo come genitore: tali fattori non dovevano vedersi riconoscere un rilievo decisivo ai fini dell’esclusione della capacità genitoriale e dell’accertamento dello stato di abbandono morale e materiale della minore, perché ciò dà ingresso a una tipologia di intervento statuale che, pur diretto alla protezione dei minori, finisce con il ledere la dignità della persona e mirare alla selezione del miglior genitore possibile in sostituzione di quello biologico, culturalmente e intellettivamente arretrato (Cass. n. 42142/2021).
Infine, quanto al possibile apporto delle figure vicarie interfamiliari, va considerato che «Lo stato di abbandono dei minori non può essere escluso in conseguenza della disponibilità a prendersi cura di loro, manifestata da parenti entro il quarto grado, quando non sussistano rapporti significativi pregressi tra loro ed i bambini, e neppure possano individuarsi potenzialità di recupero dei rapporti, non traumatiche per i minori, in tempi compatibili con lo sviluppo equilibrato della loro personalità.» (Cass. n. 9021/2018).
A ciò va aggiunto che, ove si ravvisi l'interesse del minore a conservare il legame con i suoi genitori biologici, pur se deficitari nelle loro capacità genitoriali, è il modello di adozione in casi particolari di cui all'art. 44, lett. d), della l. n. 184 del 1983 che può, ricorrendone i presupposti, costituire una forma di cd. “adozione mite”, idonea a non recidere del tutto nell'interesse del minore il rapporto tra quest'ultimo e la famiglia di origine (Cass. n. 3643/2020; Cass. 1476/2021; in termini, Cass. n. 31057/2023)
3.3.- Nel caso in esame, la decisione non risulta essere stata emessa in conformità con i principi enunciati.
3.4.- Invero, come si evince dal sintetico riepilogo contenuto nella sentenza impugnata, la prima decisione era stata fondata sul rilievo che il ricorrente godeva di una condizione di vita precaria ed instabile ed aveva uno stile di vita deviante, che era presente in Italia dal 2005 senza avere conseguito il permesso di soggiorno ed era gravato da pregiudizi penali e di polizia, senza avere mai dimostrato un serio interesse per la figlia, né tantomeno la volontà di esercitare consapevolmente e responsabilmente il suo ruolo paterno, e che, dopo la morte della madre, il padre non aveva più avuto contatti con il servizio sociale e non si era più interessato alla figlia, che era ben collocata ed integrata nella famiglia affidataria.
A fronte di ciò, nel proporre l’appello, l’odierno ricorrente aveva contesto la sommarietà del giudizio espresso dal Tribunale, lamentando che non erano state considerate le concrete possibilità di recuperare il rapporto padre/figlia e di individuare figure vicariali di sostegno, ed aveva chiesto disporsi CTU per verificare le sue capacità genitoriali e l’idoneità del cognato a coadiuvarlo nell’accudimento della bambina.
Orbene, è significativo rimarcare che la Corte di appello, a fronte delle critiche svolte, ha ritenuto necessario un approfondimento dei temi in discussione e degli elementi di giudizio ed ha disposto CTU. La Corte di appello, all’esito, ha concluso in termini analoghi al Tribunale, ma ciò ha fatto affermando – in maniera sintetica e priva di riferimenti a concrete evenienze fattuali - che la bambina era ben inserita in un contesto familiare, senza tuttavia precisare da quanto tempo ciò fosse avvenuto e se fossero state consentite o promosse occasioni di incontro con il genitore biologico e con quale specifico esito, e si è limitata a rimarcare che il padre non aveva più avuto contatti con il servizio sociale e non si era più interessato alla figlia dalla morte della madre della bambina (avvenuta il 13 ottobre 2021), senza illustrare se e che tipo di interventi a sostegno era stati previsti o tentati con l’aiuto di strutture pubbliche.
Inoltre, e su tale aspetto – erroneamente- la decisione si è focalizzata, la Corte di appello ha affermato che il padre, «ancora legato alla sua cultura di origine e ad una rappresentazione della famiglia che non corrisponde alla nostra… non è consapevole del proprio ruolo genitoriale, immaginando di poter delegare a terzi la crescita della bambina, secondo una visione della famiglia e dei rapporti familiari diversa da quella applicabile in Italia»; ha aggiunto che non era possibile nemmeno affidarsi allo zio K. A., pur essendo ben integrato in Italia ed avendo dato sincera disponibilità, perché per i suoi impegni di lavoro non era in grado di occuparsi della crescita della minore che avrebbe a sua volta delegato a sua figlia, poco più che maggiorenne.
Ha, quindi, concluso affermando che «Non essendo possibile, pertanto, anche in considerazione dei pregiudizi mentali del reclamante attuare un intervento di sostegno atto a recuperare la sua capacità genitoriale, nemmeno con il ricorso a figure vicariali, deve confermarsi la sentenza del tribunale» (fol.3 della sent. imp.). 3.5.- Risulta evidente che l’accertamento così espresso non fa buon uso degli elementi e dei criteri di valutazione prima ricordati, è privo di concreti riferimenti fattuali e non è corroborato dall’illustrazione di alcuno specifico elemento personologico del genitore, acquisito all’esito della CTU, da cui sia stata tratta la convinzione dell'irreversibile non recuperabilità della capacità genitoriale del ricorrente, tali non potendosi ritenere i non meglio esplicitati “pregiudizi mentali” e la “cultura di origine”, soprattutto ove non ci si sia avvalsi di un mediatore culturale.
Anche l’accertamento circa l’inadeguatezza del cognato – del quale, alla stregua della sentenza, non risulta l’inidoneità sul piano parentale, diversamente da quanto sostenuto nel controricorso – non risulta svolto secondo i criteri indicati nei principi enunciati.
Infine, sotto nessun profilo è stata considerata la possibilità di accedere alla cd. adozione mite, nonostante vi sia stata un’espressa richiesta.
4.- In conclusione, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa, per l’applicazione degli anzidetti principi e per la statuizione sulle spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Genova in diversa composizione.
Oscuramento dei dati personali in caso di pubblicazione della presente.
P.Q.M.
- Accoglie il ricorso;
- Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;
- Dispone che, ai sensi del d.lgs. n. 198/2003, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.