Essa non è fonte autonoma di obbligazione e non può produrre la modificazione soggettiva dell'obbligazione, ma produce l'effetto confermativo soltanto nella sfera probatoria di un preesistente rapporto di debito.
Una srl conveniva in giudizio l'attuale ricorrente per sentire pronunciare la condanna di quest'ultimo al pagamento in favore dell'attrice di oltre 37mila euro a titolo di corrispettivo della fornitura di macchinari commissionata quale rappresentante della società Alfa.
Mentre il Tribunale rigettava tale...
Svolgimento del processo
1. – Con atto di citazione del 21 giugno 2013, la G.
S.r.l. conveniva, davanti al Tribunale di Gorizia, G.A., per sentire pronunciare la condanna del convenuto al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di euro 37.022,13, oltre interessi ex d.lgs. n. 231/2002, ovvero, in via subordinata, della minore somma accertata all’esito della trattazione della causa, in ragione dell’impegno al pagamento espressamente assunto con e- mail del 5 luglio 2012, in ordine al corrispettivo della fornitura di macchinari commissionata quale rappresentante fiduciario della H.T.P. SA con sede in Lussemburgo (HTP).
Si costituiva in giudizio G.A., il quale eccepiva l’incompetenza territoriale del Tribunale adito, la sua carenza di legittimazione passiva e, in ogni caso, la non riferibilità alla sua persona del debito azionato nonché, in estremo subordine, l’infondatezza della domanda spiegata. In via riconvenzionale condizionata, chiedeva che fosse pronunciata la risoluzione del contratto del 6 giugno 2012 per totale inadempienza della G. nella realizzazione delle macchine ad essa commissionate e, in via ulteriormente subordinata, che il prezzo per la realizzazione dei macchinari fosse ridotto al valore di rottame di ferro o al diverso valore ritenuto di giustizia.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 259/2015, depositata il 7 maggio 2015, rigettava la domanda spiegata dall’attrice, escludendo che, in forza della e-mail del 5 luglio 2012 e delle altre circostanze risultanti in atti, il G. avesse assunto l’obbligo di pagare il corrispettivo richiesto.
2. – Proponeva appello la G. S.r.l., la quale lamentava l’erronea ricostruzione dei fatti prospettata dalla decisione impugnata, in ordine alla negazione di valenza negoziale dell’assunzione di debito di cui alla dichiarazione del 5 luglio 2012.
Si costituiva nel giudizio d’impugnazione G.A., il quale resisteva all’appello e ne chiedeva il rigetto, escludendo che la richiamata dichiarazione avesse natura negoziale e prospettando, in ogni caso, l’illiceità e/o carenza di causa della dichiarazione nonché ribadendo, in via assolutamente subordinata, l’eccezione di inadempimento.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Trieste, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l’appello e, per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, condannava G.A. al pagamento, in favore della G. S.r.l., della somma di euro 37.022,13, oltre interessi ex d.lgs. n. 231/2002 dalla domanda al saldo.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava, per quanto interessa in questa sede: a) che la dichiarazione resa dal G. con la citata e-mail, quanto all’individuazione del soggetto tenuto al pagamento delle forniture, aveva certamente valenza negoziale, concretando una promessa di pagamento del debito altrui nell’ambito dell’esecuzione di un rapporto sostanziale ben noto alle parti; b) che tale rilevanza negoziale prescindeva dalla correttezza della fatturazione effettuata a nome del G. stesso, fatto, questo, del tutto irrilevante ai fini della validità della manifestazione di volontà in esame, attenendo piuttosto agli adempimenti di natura meramente fiscale; c) che l’espressione utilizzata “per semplicità di gestione” non escludeva affatto la volontà del G. di obbligarsi personalmente, in quanto avrebbe avuto, al più, il significato di mero riferimento ad uno più spedito svolgimento del rapporto, non incompatibile con la volontà di impegnarsi di persona al pagamento del dovuto nei confronti del creditore; d) che, quanto all’eccezione di inadempimento, essa era inammissibile, sia perché riferita ad previsti dall’art. 1668 c.c., ai quali invece il G. aveva rinunciato –, sia perché la facoltà di proporre domande o eccezioni spettava alla HTP, quale parte sostanziale del rapporto; e) che, pertanto, non si estendeva al terzo – che avesse spontaneamente promesso il pagamento di un debito altrui – la legittimazione a proporre l’eccezione di inadempimento.
3. – Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per
cassazione, affidato a cinque motivi, G.A.. Ha resistito con controricorso la G. S.r.l.
4. – Con ordinanza interlocutoria n. 3891/2023, depositata il 9 febbraio 2023, questa Sezione ha rimesso la causa alla pubblica udienza.
5. – Le parti hanno presentato memorie illustrative.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia: a) ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., il vizio di motivazione, in assenza del rispetto del minimo costituzionale, con violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto che la dichiarazione resa avesse valenza negoziale; b) ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., l’omesso esame dell’eccezione circa l’assenza o illegittimità di causa, con violazione dell’art. 112 c.p.c.; c) in via di ulteriore subordine, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., il vizio di motivazione, in assenza del rispetto del minimo costituzionale, con violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., per avere la Corte territoriale mancato di esaminare la rilevanza dell’obbligo di fatturazione in relazione al presunto impegno di pagare; d) in via di assoluto subordine, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in ordine all’interconnessione voluta tra fatturazione e presunta assunzione di debito.
Obietta il ricorrente che, in base al lessico adottato, la dichiarazione evocata avrebbe avuto il valore, più che di una proposta contrattuale, di una dichiarazione di intenti, atta ad invitare alla fatturazione direttamente verso il deducente solo nell’ipotesi in cui questi fosse divenuto cessionario della posizione di HTP, come si sarebbe desunto dall’individuazione della parte destinataria degli effetti e dal mancato riferimento ad alcuno impegno od obbligazione, oltre che dall’assenza di qualsiasi causa espressa.
Aggiunge l’istante che non sarebbe stata rintracciabile alcuna ragione economica dell’assunzione dell’obbligazione, tale da rendere causalmente giustificabile l’impegno sul piano negoziale. Né sarebbe stato dato conto del rapporto di subordinazione tra fatturazione e pagamento.
1.1. – Il motivo è, nel suo complesso, inammissibile.
Esso infatti – sotto la veste di vizio di omessa o apparente motivazione – mira ad ottenere, in realtà, la rivalutazione di circostanze che sono state già esaminate con esito sfavorevole per il ricorrente.
E segnatamente tende ad ottenere una diversa qualificazione della dichiarazione del 5 luglio 2012, di cui si contesta la riconduzione all’assunzione del debito della HTP, indipendentemente dagli effetti fiscali connessi alla fatturazione.
Sicché la doglianza ha una portata meramente meritale, il che esclude che essa possa essere esaminata nella presente sede, in adesione al principio secondo cui la prospettazione di una diversa e alternativa valutazione dei fatti storici determinanti non rientra nell’ambito del sindacato di legittimità (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. 6-3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017).
2. – Con il secondo motivo il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione dell’art. 1988 c.c., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto applicabile il principio di astrazione processuale alla promessa di pagamento, mentre in realtà la promessa non avrebbe avuto carattere negoziale, ma avrebbe determinato una mera relevatio ab onere probandi, il cui meccanismo avrebbe operato in stretta connessione con la suitas della posizione debitoria rispetto al dichiarante che, quale unico legittimato a disporne, avesse confessato lato sensu il proprio obbligo.
Osserva, ancora, l’istante che sul piano probatorio la medesima dichiarazione avrebbe presupposto l’esistenza preventiva di un rapporto da riconoscere, operante sul piano sostanziale e riferibile al dichiarante stesso, mentre invece il rapporto contrattuale sarebbe stato palesemente estraneo alla sfera personale del deducente e, quindi, ad un presunto rapporto debitorio, pacificamente riferibile alla sola HTP, sicché la dichiarazione sarebbe stata emessa con specifico riferimento al debito altrui.
2.1. – Il motivo è fondato.
Infatti, la Corte di merito ha espressamente sostenuto che, attraverso la e-mail del 5 luglio 2012, il G. ha promesso il pagamento del debito della HTP, con effetti vincolanti nei confronti del creditore G. S.r.l. Nessun riferimento è invece contenuto nella pronuncia alle forme di successione nel rapporto obbligatorio dal lato passivo, che presuppongono la stipulazione di un contratto.
Ora, giustappunto, l’espromissione si distingue dalla promessa di pagamento, disciplinata dall’art. 1988 c.c., in quanto mentre quest’ultima si colloca fra i negozi unilaterali, l’altra è considerata un contratto, caratterizzato dall’incontro delle volontà di chi si pone come nuovo debitore, al fianco, e talora al posto, del debitore originario, e chi lo accetta come tale (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 32787 del 08/11/2022; Sez. 1, Sentenza n. 6935 del 21/11/1983; Sez. 3, Sentenza n. 609 del 05/03/1973).
Pertanto, nell’espromissione, che si perfeziona verso il creditore, senza bisogno di un suo atto di accettazione, quando egli venga a conoscenza dell’impegno assunto dall’espromittente, la causa del contratto è costituita puramente e semplicemente dall’assunzione del debito altrui, essendo irrilevanti sia i rapporti interni intercorrenti tra il debitore e l’assuntore, sia le ragioni che hanno determinato l’intervento di quest’ultimo, essendo invece necessario che il terzo, presentandosi al creditore, non ponga a fondamento del proprio impegno un preesistente accordo con l’obbligato (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 21102 del 22/07/2021; Sez. 2, Sentenza n. 22166 del 07/12/2012; Sez. 1, Sentenza n. 24891 del 26/11/2009; Sez. 3, Sentenza n. 8622 del 12/04/2006; Sez. L, Sentenza n. 2932 del 16/02/2004; Sez. L, Sentenza n. 19118 del 13/12/2003).
Ebbene la promessa di pagamento, di cui all’art. 1988 c.c. – a cui in via esclusiva si riferisce la Corte territoriale –, ha un effetto meramente confermativo, nella sfera probatoria, di un preesistente rapporto fondamentale di debito e, pertanto, è inidonea a costituire nuove obbligazioni ed a porre in essere una successione a titolo particolare nel suddetto rapporto, di natura sia cumulativa (con l’aggiunzione di un nuovo debitore a quello originario), sia privativa (con l’eliminazione, cioè, del precedente debitore). Tale successione può, invero, avvenire soltanto nei casi previsti in modo espresso dalla legge, ossia generalmente con la forma contrattuale, attraverso la delegazione, l’espromissione, l’accollo o la cessione del contratto, ovvero nelle specifiche e determinate ipotesi di subentro nella posizione debitoria altrui fissate dalla legge medesima (quali, ad esempio, quelle previste dagli artt. 2160, 2177 e 2560 c.c. e dalle norme sui titoli di credito).
Ne discende che la sola promessa unilaterale fatta dal terzo di pagare un debito altrui è inidonea ad obbligare il promittente nei riguardi del creditore, nonostante la mancata stipula di un contratto di espromissione (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 13170 del 26/11/1999; Sez. 2, Sentenza n. 1568 del 22/04/1975).
E tanto perché la promessa di pagamento è un negozio causale (astratto solo processualmente), che presuppone l’esistenza di un rapporto obbligatorio tra promittente e promissario.
D’altronde, alla promessa di pagamento non può essere attribuita efficacia costitutiva di nuovi diritti ed obblighi. Le promesse unilaterali costituenti fonte di obbligazione sono tutte tipiche e nominate. Il legislatore ha stabilito che “la promessa unilaterale di una prestazione non produce effetti obbligatori fuori dei casi ammessi dalla legge” ex art. 1987 c.c. ed ha indicato, poi, all’art. 1988 c.c., quale unico effetto della promessa di pagamento (e della ricognizione del debito), l’inversione dell’onere della prova in deroga ai principi generali (“dispensa colui a favore del quale è fatta dall’onere di provare il rapporto fondamentale”).
Deve concludersi, conseguentemente, che la promessa di pagamento, per il carattere meramente confermativo di un rapporto obbligatorio preesistente, determina l’inversione dell’onere della prova tra le parti del rapporto obbligatorio, ma non è fonte autonoma di obbligazione e non può produrre la modificazione soggettiva dell’obbligazione.
Sul punto questa Corte ha rilevato che nessuna norma prevede la possibilità di subentrare, con promessa unilaterale, nel debito altrui, con la conseguenza che una tale promessa è da considerarsi assolutamente nulla, in quanto non rientra nello schema di cui all’art. 1988 c.c., che ha per oggetto il debito dello stesso promittente e non quello di altri soggetti.
3. – Con il terzo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1325 e 1343-1345 c.c., per avere la Corte distrettuale attribuito valenza negoziale alla dichiarazione richiamata, nonostante l’assenza o illiceità di causa, in ragione dell’evidente legame sinallagmatico tra fatturazione e pagamento e, subordinatamente, dell’assenza di giustificazione patrimoniale dell’impegno assunto.
E ciò in connessione con l’art. 21 del d.P.R. n. 633/1972, atteso che la previsione di fatturazione direttamente verso il deducente, anziché verso l’effettivo beneficiario della prestazione, avrebbe implicato un illegittimo stravolgimento dei principi regolatori del prelievo IVA, con la conseguente illegittimità della causa dell’eventuale negozio ipotizzabile.
4. – Con il quarto motivo il ricorrente censura, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 1272, terzo comma, c.c., per avere la Corte del gravame subordinato la facoltà di opporre l’eccezione di inadempimento, a carico dell’ipotetico assuntore del debito, alla puntuale proposizione di una domanda di risoluzione per inadempimento mentre, nell’ambito dell’espromissione, il terzo avrebbe potuto opporre al creditore le eccezioni che avrebbe potuto opporre il debitore originario HTP, sicché correttamente si sarebbe potuta esaminare l’eccezione di inadempimento.
Sostiene, ancora, l’istante che, in ogni caso, quale presunto successore nel debito, ma non nel contratto, l’assuntore sarebbe stato privo della legittimazione a richiedere la risoluzione, ma avrebbe potuto solo eccepire l’inadempimento.
5. – Con il quinto motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., dell’omesso esame della censura attinente alla rivendicata impossibilità di applicare gli interessi ex d.lgs. n. 231/2002, con violazione dell’art. 112 c.p.c.
E ciò perché la dichiarazione di asserita assunzione del debito avrebbe fatto riferimento al solo pagamento del prezzo, né essendo l’espromissione suscettibile di generare gli interessi di mora previsti in tale testo normativo.
6. – Il terzo, il quarto e il quinto motivo sono assorbiti dall’accoglimento del secondo motivo, in quanto dipendenti dall’attribuita efficacia riconosciuta dalla sentenza impugnata alla promessa di pagamento.
7. – In definitiva, il ricorso deve essere accolto limitatamente al secondo motivo, mentre il primo motivo è inammissibile e i rimanenti motivi sono assorbiti.
La sentenza impugnata va dunque cassata, in relazione al motivo accolto e nei sensi di cui in motivazione, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi al seguente principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione:
“La promessa di pagamento, per il carattere meramente confermativo di un rapporto obbligatorio preesistente, è idonea a determinare l’inversione dell’onere della prova tra le parti del rapporto obbligatorio, ma non è fonte autonoma di obbligazione e non può produrre la modificazione soggettiva dell’obbligazione, con la conseguenza che la promessa unilaterale di pagamento di un debito altrui è da considerarsi assolutamente nulla, in quanto non rientra nello schema di cui all’art. 1988 c.c., che ha per oggetto il debito dello stesso promittente e non quello di altri soggetti”.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il secondo motivo del ricorso, nei sensi di cui in motivazione, dichiara inammissibile il primo motivo e dichiara assorbiti i rimanenti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.