Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha confermato la condanna, emessa all'esito di giudizio abbreviato, di M.F. alla pena ritenuta di giustizia per i reati di cui agli artt. 572 e 612-bis cod. pen.
2. Propone ricorso per cassazione M.F. deducendo quattro motivi di ricorso, di seguito riassunti nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1 Con il primo motivo deduce vizi di violazione di legge e di motivazione in ordine al giudizio di responsabilità per il reato di cui all'art. 572 cod. pen. Nel corpo del motivo, oltre a censurarsi talune affermazioni della Corte territoriale in ordine alla incidenza della scelta del rito abbreviato sul diritto alla prova ed alla ritenuta irrilevanza della dichiarazione depositata dall'imputato sulla valutazione relativa all'uso del liquido infiammabile, si deduce la illogicità e contraddittorietà della motivazione relativa all'attendibilità della persona offesa, rispetto alla quale la Corte territoriale ha omesso di considerare adeguatamente non solo la costituzione di parte civile, ma, soprattutto, la carenza di certificazione medica attestante le lesioni e l'incidenza del giudizio civile promosso dal ricorrente nei confronti della ex convivente al fine di ottenere l'affidamento esclusivo del minore.
Si deduce, inoltre, la violazione di legge in cui è incorsa la sentenza nel ravvisare l'elemento costitutivo del reato di cui all'art. 572 cod. pen. nonostante l'assenza di convivenza tra il ricorrente e la persona offesa.
2.2 Con il secondo motivo deduce vizi di violazione di legge e di motivazione in ordine al giudizio di responsabilità per il reato di cui all'art. 612-bis cod. pen., confermato dalla Corte territoriale senza alcun confronto con le censure dedotte dal ricorrente nell'atto di appello in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato ed all'elemento psicologico.
2.3 Con il terzo motivo deduce il vizio di violazione di legge in relazione alla determinazione del trattamento sanzionatorio, avendo la Corte territoriale omesso di considerare l'attenuante del vizio parziale di mente, riconosciuta al ricorrente, anche ai fini dell'aumento di pena per la continuazione.
2.4 Con il quarto motivo deduce vizi di violazione di legge e di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche in quanto la Corte territoriale ha omesso di valutare tutti gli elementi positivi sussistenti, ovvero il percorso di cure psichiatriche/psicologiche, la giovane età dell'imputato, le sue difficili condizioni socio-familiari e personali, l'incensuratezza e la partecipazione al processo.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esposte. La censura in ordine al giudizio di attendibilità della persona offesa è, infatti, formulata in termini generici e senza alcun confronto critico con le argomentazioni dei Giudici di merito. La sentenza impugnata, infatti, rispondendo alle specifiche censure difensive, ha escluso l'incidenza negativa sulla credibilità ed attendibilità del racconto della persona offesa dell'assenza di certificazioni mediche delle lesioni, (considerandola, piuttosto, come un sintomo dell'assenza di malanimo o di desiderio di rivalsa), delle pregresse difficoltà personali della donna e della dichiarazione scritta dell'imputato in ordine ad uno degli episodi contestati (l'uso del liquido infiammabile). Ha, inoltre, reputato frutto di una mera illazione e, comunque, non rilevante, l'eventuale azione promossa per ottenere l'affidamento esclusivo del figlio minore. Tali argomentazioni, oltre a non apparire manifestamente illogiche né arbitrarie, si saldano con la motivazione della sentenza di primo grado che, conformandosi ai canoni valutativi dettati dalla costante ermeneusi di questa Corte in tema di valutazione della dichiarazione della persona offesa (cfr. Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte, Rv. 253214), ne ha evidenziato la precisione del racconto, l'assenza di contraddizioni ed i riscontri desumibili dalla denuncia per atti persecutori sporta dalla madre e dalla sorella della vittima, nonché dalle missive inviate dalla stessa vittima allorché ha tentato il suicidio.
Va, al riguardo, ribadito che le dichiarazioni della persona offesa costituita parte civile possono essere poste, anche da sole, a fondamento dell'affermazione di responsabilità penale dell'imputato, previa verifica, compiutamente svolta nel caso di specie dai Giudici di merito, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto e, qualora risulti opportuna l'acquisizione di riscontri estrinseci, questi possono consistere in qualsiasi elemento idoneo a escludere l'intento calunniatorio del dichiarante, non dovendo risolversi in autonome prove del fatto, né assistere ogni segmento della narrazione (cfr. da ultimo, Sez. 5, n. 21135 del 26/03/2019, Rv. 275312).
1.2 E' invece manifestamente infondata, oltre che generica, la censura relativa alla insussistenza nel caso di specie di un rapporto di convivenza.
La sentenza impugnata, in risposta alle deduzioni formulate con l'atto di appello, ha escluso che il carattere non continuativo della coabitazione tra il ricorrente e la persona offesa possa rilevare ai fini della configurabilità di un rapporto di convivenza. Ciò in ragione, da un lato, degli elementi emergenti dai brani delle dichiarazioni della persona offesa riportati alle pagine 7 e 8 dell'atto di appello - da cui risulta che la donna, pur conservando la propria residenza presso la madre, si recava nell'abitazione del ricorrente i fine settimana, ogni lunedì e mercoledì e tutta l'estate, ed aveva affittato per un breve periodo un'abitazione con il ricorrente - e, dall'altro lato, del vincolo derivato dalla filiazione.
A tali argomentazioni della Corte territoriale il motivo di ricorso oppone un acritico e frammentario richiamo di massime giurisprudenziali senza correlare i principi richiamati a specifici elementi della relazione tra le parti né confutare specificamente gli elementi valorizzati dalla sentenza impugnata.
Ritiene, invece, il Collegio che la motivazione in ordine alla sussistenza della convivenza tra le parti sia immune dai vizi denunciati, muovendosi nel solco della più recente giurisprudenza di questa Corte (cfr. da ultimo, Sez. 6, n. 31390 del 30/03/2023, Rv. 285087; Sez. 6, n. 15883 del 16/03/2022, Rv. 283436), dal Collegio pienamente condivisa, che, pur adottando una nozione restrittiva dei concetti di "famiglia" e di "convivenza" di cui all'art. 572 cod. pen., fa, comunque, riferimento, ai fini della loro configurabilità, ad una comunità connotata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale e da una duratura comunanza di affetti implicante reciproche aspettative di mutua solidarietà ed assistenza, fondata sul rapporto di coniugio o di parentela o, comunque, su una stabile condivisione dell'abitazione, ancorché non necessariamente continuativa (si pensi, ad esempio, al frequente caso di coloro che, per ragioni di lavoro, dimorino in luogo diverso dall'abitazione comune, per periodi più o meno lunghi ma comunque circoscritti). In applicazione di tale più ristretta accezione, è stata, pertanto, esclusa la configurabilità del reato di maltrattamenti in caso di cessazione della convivenza, potendosi in tal caso ravvisare l'ipotesi aggravata del delitto di atti persecutori di cui all'art. 612-bis, comma secondo, cod. pen.
Analoghe conclusioni valgono anche nel caso in cui sia mancata ab origine una convivenza tra le parti.
Diversamente, in presenza di una stabile e duratura relazione affettiva - nel caso in esame non contestata dal ricorrente - la non continuatività della coabitazione, correlata a specifiche esigenze, personali, professionali o familiari dei partner, non è ostativa alla configurabilità di una «convivenza» rilevante ai fini del reato di cui all'art. 572 cod. pen.
Va, peraltro, considerato che anche il carattere temporalmente limitato della convivenza è stato condivisibilmente ritenuto di valore neutro ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti, a condizione che, nell'arco del periodo, le condotte vessatorie siano state poste in essere in maniera continuativa o con cadenza ravvicinata (Sez. 6, n. 21087 del 10/05/2022, Rv. 283271 relativa a fattispecie in cui la Corte ha ritenuto integrato il reato in relazione a condotte prevaricatrici attuate, in circa un mese di convivenza, con cadenza quasi quotidiana).
Alla luce di quanto sopra esposto va, dunque, affermato il seguente principio di diritto: E' configurabile il delitto di maltrattamenti in famiglia nel caso in cui la convivenza more uxorio, sebbene connotata da una coabitazione non continuativa, risulti fondata su una stabile e duratura relazione affettiva tra le parti.
2.Il secondo motivo di ricorso è, invece, fondato in quanto la sentenza impugnata, pur dando atto della proposizione di un motivo di appello con il quale si censurava la configurabilità la configurabilità del delitto di atti persecutori, ha completamente omesso di esaminare le doglianze difensive.
3. L'accoglimento del secondo motivo di ricorso ha una valenza assorbente rispetto all'esame del terzo e quarto motivo di ricorso.
4. Tenuto conto di quanto sopra esposto, va disposto l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente al capo relativo al reato di cui all'art. 612-bis cod. pen. con rinvio per nuovo giudizio su detto capo ad altra Sezione della Corte di appello del rinvio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al delitto di cui all'art. 612-bis cod. pen (capo 2) e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Roma. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.