Con la pronuncia in commento, la Cassazione precisa quali sono i diversi termini procedurali da rispettare quando viene contestata la violazione dell’art. 142 c.d.s..
Svolgimento del processo
1. Con sentenza resa il 3/12/2019, il Giudice di pace di Ferrara rigettò l'opposizione promossa da L. B. avverso l'ordinanza prefettizia con la quale, contestatagli la violazione dell’art. 142, comma 8, C.d.S., gli era stato ingiunto il pagamento della somma di € 351,92.
Impugnata la sentenza di primo grado dal medesimo opponente, il Tribunale di Ferrara respinse l'appello.
2. Contro quest’ultima sentenza, L. B. propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, illustrati anche con memoria. La Prefettura di (omissis) è rimasta, invece, intimata.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 203 e 204 del C.d.S., con riferimento al calcolo dei termini per la notifica, da parte del prefetto, dell'ordinanza ingiunzione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere il giudice d’appello affermato apoditticamente che il ricorso era stato presentato direttamente al Prefetto e che lo stesso sarebbe stato notificato soltanto per conoscenza all’organo accertatore, con conseguente estensione dei termini di adozione del provvedimento fino a 210 giorni, senza specificare i motivi di tale affermazione, posto che il ricorso ex art. 203 C.d.S. era stato notificato via PEC sia al Prefetto di (omissis), sia alla Polizia municipale di Comacchio, come anche evidenziato nell’intestazione dell’atto. Ad avviso del ricorrente, non sussisteva, pertanto, l’utilità e la necessità della trasmissione degli atti dal Prefetto all’organo accertatore, nel termine di trenta giorni previsto dall’art. 203, comma 1-bis, C.d.S., con conseguente annullabilità dell’ordinanza ingiunzione, siccome emessa tardivamente, oltre il termine di 180 giorni.
2. Con il secondo motivo, si lamenta la motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile nella parte relativa alla valutazione della notifica del ricorso ex art. 203 C.d.S. al prefetto e non all'organo accertatore, con conseguente violazione degli artt. 203 e 204 C.d.S. in merito al calcolo dei termini per la notifica, da parte del prefetto, dell'ordinanza ingiunzione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per avere il giudice di merito omesso di spiegare i motivi per i quali aveva ritenuto che la notifica del ricorso all’ente accertatore, ex art. 203 C.d.S., fosse avvenuta per mera conoscenza, benché fosse stata effettuata contestualmente a quella nei confronti del Prefetto, limitandosi ad affermare che il ricorso, in quanto amministrativo gerarchico improprio, doveva intendersi effettuato nei soli confronti del Prefetto.
3. Con il terzo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 4 d.l. 20 giugno 2002, n. 121, e degli artt.
2, comma 2, lett. c) e 3, punto 4), C.d.S., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere il giudice di merito affermato che le banchine delle strade extraurbane secondarie non dovessero avere determinate caratteristiche, essendo sufficiente il rispetto dell’art. 3, n. 4), C.d.S., e che la giurisprudenza citata riguardasse la sola strada urbana di scorrimento, dimenticando che la banchina, per essere conforme al dettato legislativo al fine della installazione di impianti automatici di rilevamento della velocità, senza obbligo immediato di firma, non solo deve essere al di là della linea continua destra ed essere compresa tra il margine della carreggiata e il più vicino di alcuni elementi longitudinali (marciapiede, spartitraffico, arginello, ciglio interno della cunetta, ciglio superiore della scarpata nei rilevati), ma deve avere anche una larghezza tale da consentire l’assolvimento effettivo della funzione di transito dei pedoni come zona di sicurezza o di sosta di emergenza dei veicoli.
4. Con il quarto motivo, si lamenta la mancanza di motivazione e/o motivazione apparente, perplessa ed obiettivamente incomprensibile in merito alla valutazione dell'esistenza di banchine nel tratto di strada ove era avvenuto l'accertamento, con conseguente violazione degli artt. 4, d.l. 20 giugno 2002, n. 121 e 2, comma 3, lett. c), C.d.S., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., perché il giudice del gravame, dopo avere erroneamente interpretato la normativa sulle caratteristiche delle banchine delle strade extraurbane secondarie, non aveva svolto alcun accertamento in merito, affermando apoditticamente che la strada sulla quale era stata accertata la condotta aveva le caratteristiche richieste dall'art. 2 C.d.S., senza considerare che era stata contestata l'idoneità della banchina in quanto era larga qualche centimetro e in quanto era sormontata da manto erboso su cui era stato installato in entrambi i lati un guardrail, sì da non consentire né il passaggio di pedoni, né la sosta di veicoli. Peraltro, era stato erroneamente applicato l’art. 2967 cod. civ., in quanto la prova della fondatezza della pretesa, costituita, nella specie, dai requisiti minimi della strada extraurbana secondaria, avrebbe dovuto essere fornita dall'amministrazione, onere questo rimasto inadempiuto.
5. I primi due motivi, da trattare congiuntamente in ragione della stretta connessione, sono infondati.
Risulta dalla sentenza impugnata che il ricorrente aveva proposto ricorso al Prefetto mediante invio di PEC in data 26/7/2018 sia alla Prefettura, che al Comando di Polizia municipale di Comacchio, e che l’ordinanza ingiunzione era stata adottata il 7/2/2019, oltre il termine di 120 giorni previsto dall’art. 204 C.d.S..
Orbene, ai fini della valutazione della tempestività del provvedimento occorre prendere le mosse dal comma 1-bis dell'art. 204, C.d.S., il quale non si limita a stabilire la perentorietà del termine di centoventi giorni, concesso al prefetto dal primo comma della medesima disposizione, per l’adozione dell’ordinanza ingiunzione e del termine di sessanta giorni previsto dall'art. 203, comma 2, C.d.S., per la trasmissione degli atti dal comando al prefetto (così come di quello di trenta giorni di cui al comma 1 del medesimo art. 203, previsto per il caso di presentazione del ricorso direttamente al prefetto), ma precisa altresì che detti termini, ai fini della considerazione della tempestività dell'adozione dell'ordinanza ingiunzione, devono essere cumulati tra loro, dovendosi il ricorso intendere accolto solo dopo il decorso degli stessi senza che sia stata adottata l'ordinanza del prefetto.
Il disposto di cui al comma 1-bis dell'art. 204, C.d.S., finalizzato a consentire all'amministrazione di usufruire - per il complessivo svolgimento della sua attività di accertamento e decisione - del tempo massimo previsto dalla somma (cumulo) delle due scansioni operative, ossia 90 giorni quando la domanda sia stata proposta direttamente al prefetto (30 per la trasmissione degli atti da quest’ultimo al comando e 60 per la trasmissione dal comando al primo) oppure 60 quando la domanda sia stata proposta direttamente al comando (ossia per la trasmissione da quest’ultimo al prefetto), e 120 per la decisione prefettizia (in tal senso Cass., Sez. 2, 9/6/2009, n. 13303), non può allora che essere letto nel senso che il prefetto ha a disposizione tutto il tempo massimo previsto dalla somma delle sue scansioni operative, ovvero rispettivamente 90 e 60 giorni per la raccolta dei dati e le deduzioni degli accertatori e 120 giorni per l’emissione del provvedimento irrogativo della sanzione amministrativa, per un totale rispettivamente di 210 e 180 giorni, senza che, a tal fine, abbia alcuna incidenza sul computo totale l’eventuale trasmissione anticipata degli atti di competenza da parte dell’organo accertatore (Cass., Sez. 2, 11/11/2009, n. 25690; Cass., Sez. 2, 9/6/2009, n. 13303).
Peraltro, detti termini, non decorrono dalla trasmissione dell’atto (in tal senso Cass., Sez. 6-2, 15/12/2016, n. 25868), ma dalla presentazione del ricorso.
Può dirsi, allora, che, nella specie, essendo stato il ricorso depositato il 26/7/2018, il primo termine di 180 giorni ha avuto scadenza al 22/1/2019 e il secondo di 210 giorni al 21 febbraio 2019.
È a quest’ultimo termine che occorre far riferimento al fine d’accertare la tempestività dell’ordinanza ingiunzione adottata nella specie, atteso che, una volta avviato il procedimento direttamente davanti al prefetto, si applica la disciplina afferente al procedimento suo proprio, ivi comprese le due scansioni operative di 90 e 120 giorni, per il quale vige l’unico termine, cumulato e perentorio, di 210 giorni, senza che rilevi la contestuale trasmissione del ricorso anche al comando, la quale rimane assorbita da quella avviata direttamente davanti all’autorità competente a decidere l’impugnazione.
Ne consegue che il Giudice di merito ha ben deciso allorché ha applicato quest’ultimo termine e individuato la scadenza per l’adozione dell’ordinanza-ingiunzione al 21/2/2019, ritenendo che l’Amministrazione non fosse incorsa nella dedotta decadenza.
Né può dirsi che il Giudice abbia reso una motivazione incomprensibile, avendo chiaramente spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto di privilegiare il termine concesso al Prefetto, reputando la notifica all’ente accertatore avvenuta per finalità di mera conoscenza.
Alla stregua di quanto detto, i primi due motivi devono pertanto essere rigettati.
6. Il terzo e quarto motivo, da trattare congiuntamente, in quanto strettamente connessi, sono inammissibili.
Si premette, innanzitutto, come l’art. 4, primo comma, del d.l. n. 121 del 2002, conv., con modif., dalla legge n. 168 del 2002 (secondo la versione vigente ratione temporis), abbia previsto la possibilità di utilizzo dei dispositivi di rilevazione del superamento dei limiti di velocità non solo sulle autostrade e strade extraurbane principali di cui all’art. 2, secondo comma, lett. a) e b), del C.d.S., ma anche sulle strade extraurbane secondarie e sulle strade urbane di scorrimento o singoli tratti di esse di cui all’art. 2, secondo comma, lett. c) e d), del C.d.S., quand’anche ricadenti nel territorio comunale, purché individuate con apposito decreto prefettizio ai sensi del secondo comma e, dunque, tenendo conto del tasso di incidentalità, delle condizioni strutturali, plano-altimetriche e di traffico per le quali non è possibile il fermo di un veicolo senza recare pregiudizio alla sicurezza della circolazione, alla fluidità del traffico o all’incolumità degli agenti operanti e dei soggetti controllati.
Il terzo comma del ridetto art. 4, ha, altresì, chiarito che, nei casi indicati dal primo comma, la violazione deve essere documentata con sistemi fotografici, di ripresa video o con analoghi dispositivi che, nel rispetto delle esigenze correlate alla tutela della riservatezza personale, consentano di accertare, anche in tempi successivi, le modalità di svolgimento dei fatti costituenti illecito amministrativo, nonché i dati di immatricolazione del veicolo ovvero il responsabile della circolazione, mentre il quarto comma ha disposto che, in caso di utilizzo di tali dispositivi, non vi è l’obbligo di contestazione immediata di cui all’art. 200 del C.d.S.
Orbene, il sistema delineato dal C.d.S. del 1992 è improntato alla regola della contestazione immediata delle infrazioni e ammette la contestazione differita esclusivamente quando la strada abbia determinate caratteristiche tecniche che rendono pericoloso ordinare l'arresto del mezzo per effettuare la contestazione immediata (con riferimento alla valutazione di molteplici fattori, tra i quali il tasso di incidentalità, le condizioni strutturali del piano viabile, del traffico e quelle afferenti alla salvaguardia della sicurezza nell'effettuazione dell'accertamento) - in questi termini Cass., Sez. 2, 22/4/2022, n. 12864 -.
Pertanto, se l’installazione di apparecchiature automatiche per il rilevamento della velocità senza obbligo di fermo immediato del conducente è sempre consentita per le autostrade e le strade extraurbane principali, non così accade per quelle extraurbane secondarie e urbane di scorrimento di cui all'art. 2, secondo comma, lett. c) e d), C.d.S., per le quali il sistema “autovelox” è liberamente apponibile quando mobile, valendo in tal caso la regola della contestazione immediata, salve le eccezioni previste dall'art. 201, comma 1-bis, codice della strada, ma non anche quando fisso, essendo in questo caso necessario il preventivo decreto autorizzativo del prefetto (Cass., Sez. 2, 26/7/2023, n. 22627).
Tale provvedimento, reso allo scopo di consentire la possibilità di usare apparecchiature automatiche senza presidio per il rilevamento delle infrazioni relative al superamento dei limiti di velocità, deve essere adottato in presenza dei requisiti dettati dalla legge, non potendo il prefetto fare riferimento, mediante un'interpretazione estensiva, a criteri diversi da quelli previsti dal codice della strada, sicché esso deve includere le sole strade del tipo imposto dalla legge mediante rinvio alla classificazione di cui all'art. 2, commi 2 e 3, C.d.S. del 1992, e non altre (Cass., Sez. 2, 20/6/2019, n. 16622), essendo altrimenti illegittimo e disapplicabile nel giudizio di opposizione, allorché autorizzi l'installazione delle suddette apparecchiature in una strada priva
delle caratteristiche minime in base alla definizione recata dal comma 2 del citato art. 2 del suddetto codice (Cass., Sez. 2, 6/3/2017, n. 5532).
Nella specie, il ricorrente, pur essendovi tenuto in ragione della mancanza di indicazioni sul punto nella sentenza impugnata, non ha però allegato di avere contestato, davanti al giudice di merito, il provvedimento prefettizio che aveva stabilito le caratteristiche della strada, né indicato, in ossequio al principio di specificità, sotto il profilo dell’autosufficienza, del ricorso per cassazione, in quale atto del giudizio precedente lo avesse fatto, onde consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa, limitandosi, invece, a sollecitare un riesame delle valutazioni fattuali operate dal Tribunale, precluso alla Corte di legittimità.
Ne consegue l’inammissibilità delle due correlate censure.
7. In conclusione, dichiarata l’infondatezza dei primi due motivi e l’inammissibilità del terzo e del quarto, il ricorso deve essere rigettato. Nulla deve disporsi sulle spese, non avendo l’intimato spiegato difesa.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.