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21 novembre 2023
Scioglimento del consiglio comunale per condizionamenti mafiosi: per respingere il ricorso non bastano elementi indizianti

Qualora la sentenza con cui sia respinto il ricorso contro il decreto di scioglimento del consiglio comunale per condizionamenti mafiosi non esamini le circostanze fattuali anche alla luce delle allegazioni dei ricorrenti, essa va annullata con rinvio al giudice di primo grado.

La Redazione

La vicenda trae origine dal decreto con il quale il Presidente della Repubblica ha disposto lo scioglimento del Consiglio comunale in base alla relazione del Ministero dell’Interno che aveva evidenziato la sussistenza di un condizionamento della criminalità organizzata, con conseguente compromissione dell’attività comunale.
Proponevano ricorso al TAR Lazio il Sindaco e i consiglieri comunali, sostenendo la mancanza dei presupposti e il difetto di motivazione del provvedimento, ma i Giudici lo respingevano, sostenendo che in ogni caso esistesse un quadro di non occasionale contiguità tra gli organi comunali e la criminalità organizzata.
Gli stessi propongono appello dinanzi al Consiglio di Stato, il quale con la sentenza n. 9824 del 15 novembre 2023 lo accoglie.

Come affermano i Giudici amministrativi, lo scioglimento si qualifica come “strumento di tutela avanzata” contro la criminalità organizzata e come tale non rende meno necessario per il giudice prendere coscienza dell’esercizio di tale potere su diritti costituzionalmente tutelati. Ciò, prosegue il Consiglio di Stato, comporta il dovere di esaminare con supporto istruttorio consono la logica del collegamento attraverso la valutazione degli elementi sintomatici del condizionamento criminale, i quali devono essere caratterizzati da concretezza, cioè essere assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica per univocità e per rilevanza.
Con riferimento al caso in esame, nel provvedimento impugnato si evocano gli ampi margini di discrezionalità dell’Amministrazione in sede di apprezzamento degli elementi sui collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata e la valutazione di insieme ai sensi del criterio del “più probabile che non”; tuttavia, il Giudice di prima istanza avrebbe dovuto argomentare anche con riferimenti diretti ai rilievi emersi durante l’istruttoria e soprattutto avrebbe dovuto dar conto puntuale circa la loro univocità e rilevanza.
In altre parole, le circostanze fattuali dovevano essere esaminate anche in vista delle allegazioni dei ricorrenti e non solo con l’indicazione dell’elenco di taluni elementi indizianti relativi alla contiguità tra organi comunali e criminalità organizzata.
Di conseguenza, la decisione impugnata appare carente degli elementi minimi idonei a qualificarla, riportando una motivazione meramente apparente a sostegno del non accoglimento del ricorso di primo grado, impedendo di comprendere il percorso logico-giuridico sul quale il TAR abbia fondato le sue conclusioni.
Segue l’accoglimento del ricorso e l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Giudice di primo grado.