
Qualora la sentenza con cui sia respinto il ricorso contro il decreto di scioglimento del consiglio comunale per condizionamenti mafiosi non esamini le circostanze fattuali anche alla luce delle allegazioni dei ricorrenti, essa va annullata con rinvio al giudice di primo grado.
La vicenda trae origine dal decreto con il quale il Presidente della Repubblica ha disposto lo scioglimento del Consiglio comunale in base alla relazione del Ministero dell’Interno che aveva evidenziato la sussistenza di un condizionamento della criminalità organizzata, con conseguente compromissione dell’attività comunale.
Proponevano ricorso al TAR Lazio il Sindaco e i consiglieri comunali, sostenendo la mancanza dei presupposti e il difetto di motivazione del provvedimento, ma i Giudici lo respingevano, sostenendo che in ogni caso esistesse un quadro di non occasionale contiguità tra gli organi comunali e la criminalità organizzata.
Gli stessi propongono appello dinanzi al Consiglio di Stato, il quale con la sentenza n. 9824 del 15 novembre 2023 lo accoglie.
Come affermano i Giudici amministrativi, lo scioglimento si qualifica come “strumento di tutela avanzata” contro la criminalità organizzata e come tale non rende meno necessario per il giudice prendere coscienza dell’esercizio di tale potere su diritti costituzionalmente tutelati. Ciò, prosegue il Consiglio di Stato, comporta il dovere di esaminare con supporto istruttorio consono la logica del collegamento attraverso la valutazione degli elementi sintomatici del condizionamento criminale, i quali devono essere caratterizzati da concretezza, cioè essere assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica per univocità e per rilevanza.
Con riferimento al caso in esame, nel provvedimento impugnato si evocano gli ampi margini di discrezionalità dell’Amministrazione in sede di apprezzamento degli elementi sui collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata e la valutazione di insieme ai sensi del criterio del “più probabile che non”; tuttavia, il Giudice di prima istanza avrebbe dovuto argomentare anche con riferimenti diretti ai rilievi emersi durante l’istruttoria e soprattutto avrebbe dovuto dar conto puntuale circa la loro univocità e rilevanza.
In altre parole, le circostanze fattuali dovevano essere esaminate anche in vista delle allegazioni dei ricorrenti e non solo con l’indicazione dell’elenco di taluni elementi indizianti relativi alla contiguità tra organi comunali e criminalità organizzata.
Di conseguenza, la decisione impugnata appare carente degli elementi minimi idonei a qualificarla, riportando una motivazione meramente apparente a sostegno del non accoglimento del ricorso di primo grado, impedendo di comprendere il percorso logico-giuridico sul quale il TAR abbia fondato le sue conclusioni.
Segue l’accoglimento del ricorso e l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Giudice di primo grado.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza (ud. 19 ottobre 2023) 15 novembre 2023, n. 9824
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con decreto del Presidente della Repubblica del 28 febbraio 2023 è stato disposto, ai sensi dell’art. 143 del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 (testo unico degli enti locali – di seguito indicato come TUEL), lo scioglimento del Consiglio comunale di -OMISSIS-. Il decreto è stato assunto sulla base della relazione del Ministero dell’Interno in ordine all’esistenza di un condizionamento della criminalità organizzata con conseguente compromissione dell’attività comunale ed a seguito della delibera del Consiglio dei Ministri adottata il 24 febbraio 2022.
2. Contro il provvedimento di scioglimento hanno quindi proposto ricorso al Tar Lazio il Sindaco, signor -OMISSIS-, e i consiglieri comunali signori -OMISSIS- (nel ricorso hanno, nella sostanza, sostenuto la mancanza di presupposti e il difetto di motivazione del provvedimento impugnato).
2.1. Con lo stesso mezzo giurisdizionale, poi corredato da motivi aggiunti, i ricorrenti hanno anche impugnato il diniego alla loro istanza di accesso agli atti del procedimento, rigetto motivato in ragione della riservatezza degli accertamenti istruttori compiuti.
3. Il Tar Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe (n. -OMISSIS-), ha respinto il ricorso ed i connessi motivi aggiunti, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio.
3.1. Secondo lo stesso Tribunale, fermo l’ampio margine di discrezionalità dell’Amministrazione nella valutazione degli elementi a sostegno dell’adozione del provvedimento dissolutorio, sarebbe sussistito comunque un quadro di non occasionale contiguità tra gli organi comunali e la criminalità organizzata.
3.2. Il Tar ha anche rilevato, in esito ad una sua ordinanza istruttoria (n. -OMISSIS-), l’improcedibilità delle pretese sull’accesso agli atti in quanto l’Amministrazione, seppure nelle forme degli atti classificati, avrebbe proceduto al deposito della documentazione richiesta.
4. Contro la suddetta sentenza hanno proposto due distinti appelli il Sindaco, signor -OMISSIS- (n. 4925 del 2023) e gli altri consiglieri comunali ricorrenti in primo grado (n. 6020 del 2023). Negli stessi gravami sono stati sostanzialmente dedotti i medesimi motivi di censura riconducibili in sintesi a due prevalenti profili:
i) l’erroneità della sentenza con riferimento alla improcedibilità della domanda relativa all’accesso agli atti del procedimento (l’Amministrazione ha solo parzialmente ottemperato all’ordine istruttorio del Tar avendo versato in giudizio solo la relazione della Prefettura e la relazione del Ministero dell’Interno, omettendo invece di depositare i documenti relativi all’istruttoria. Peraltro, il supporto informatico anch’esso depositato è poi risultato privo di contenuto);
ii) la sentenza sarebbe del tutto immotivata in relazione alle contestazioni svolte con il ricorso introduttivo del giudizio (secondo le parti appellanti, il giudice di primo grado, salvo un generico riferimento ai principi generali ed un richiamo agli esiti dell’istruttoria, non avrebbe compiuto una valutazione complessiva sulla sussistenza dei presupposti previsti per l’adozione del provvedimento di scioglimento in relazione alle articolate confutazioni prospettate anche con riferimento agli interventi operati dal Comune e dal Sindaco per il contrasto alla criminalità organizzata).
5. Il Ministero dell’Interno e la Prefettura si sono costituiti in giudizio solo nel ricorso n. 4925 del 2023 il 3 luglio 2023, chiedendo il rigetto dello stesso.
6. Nella camera di consiglio del 6 luglio 2023 l’istanza di sospensione degli effetti della sentenza appellata, presentata contestualmente ai ricorsi, è stata abbinata al merito.
7. Le parti appellanti hanno poi depositato in entrambi i ricorsi documenti il 26 settembre 2023 e una ulteriore memoria il 3 ottobre 2023. Hanno anche depositato una replica alla difesa erariale il 6 ottobre 2023.
8. Le cause sono state congiuntamente introitate per la decisione nell’udienza pubblica del 19 ottobre 2023 senza che le parti abbiano insistito per la trattazione della istanza cautelare.
9. Preliminarmente, il Collegio dispone, ai sensi dell’art. 96 del c.p.a., la riunione dei ricorsi n. 4925 del 2023 e n. 6020 del 2023 in quanto proposti avverso la medesima sentenza.
9.1. Sempre in via preliminare, ritiene inammissibile la replica depositata dagli appellanti in entrambi i ricorsi il 6 ottobre 2023. Per il ricorso n. 4925 del 2023, nel quale vi è stata la costituzione dell’Amministrazione il 3 luglio 2023, non sono stati infatti depositati ulteriori nuovi documenti o memorie in vista dell’udienza. Nell’altro ricorso (n. 6020 del 2023) il Ministero dell’Interno non si è costituito.
9.2. Nel processo amministrativo la memoria di replica può essere proposta in funzione di nuovi documenti e di nuove memorie depositate in vista dell'udienza (art. 73, comma 1, c.p.a.). La replica dunque non può che essere rivolta contro l’attività difensiva di controparte (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 21 novembre 2022, n. 10224).
10. I riuniti appelli sono fondati in relazione ai profili di seguito indicati.
11. Innanzitutto, va condivisa la critica alla sentenza laddove, nel dichiarare improcedibile la censura svolta dai ricorrenti, ha fatto riferimento agli esiti istruttori richiesti con ordinanza n. 4925 del 2023. Come rilevato dagli appellanti (affermazione non smentita ex adverso dall’intimata Amministrazione) presso la Segreteria del Tar Lazio sono stati depositati la relazione prefettizia e della Commissione d’accesso priva di omissis ed un compact disc che avrebbe dovuto contenere tutti gli atti istruttori indicati nell’indice della medesima relazione (supporto informatico privo però di contenuto, così come risulta anche dal verbale di acceso del 13 luglio 2023).
11.1. Sul punto, non si può aderire alla tesi dell’Amministrazione e della stessa sentenza appellata secondo cui l’articolazione delle difese avrebbe dimostrato come i ricorrenti avessero potuto svolgere “compiutamente” il proprio diritto di difesa. Non può infatti essere escluso che il difetto istruttorio si sia riverberato sull’adeguatezza delle contestazioni degli appellanti che hanno formulato le proprie doglianze, anche con il mezzo dei motivi aggiunti, solo sulla base delle motivazioni contenute nelle relazioni prefettizie senza prendere visione degli atti dell’istruttoria. D’altra parte, forse neppure il Tar, in relazione alla insufficiente riposta ad una esigenza probatoria dallo stesso manifestata, si è potuto trovare nella condizione di esercitare il suo sindacato in una misura completa.
11.2. Relativamente proprio all’asserita “compiutezza” (cfr. pag. 5 della sentenza appellata), deve infatti essere sottolineato come una materia così sensibile sul piano costituzionale quale quella dello scioglimento di un organo politico-rappresentativo necessiti di apprestare in sede giurisdizionale (fatti salvi i limiti della riservatezza degli atti di indagine) tutte le garanzie anche sul piano istruttorio per il più ampio svolgimento delle prerogative processuali.
11.3. La qualificazione dello scioglimento come “strumento di tutela avanzata” contro la criminalità organizzata non rende meno necessario per il giudice amministrativo prendere coscienza della incidenza dell’esercizio di tale potere su diritti costituzionalmente tutelati. E ciò si traduce nel dovere di esaminare con adeguato supporto istruttorio la logica del collegamento mediante la valutazione degli elementi sintomatici del condizionamento criminale che devono caratterizzarsi per concretezza, essere cioè assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica, per univocità, che sta a significare la loro chiara direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire, e per rilevanza, che si caratterizza per l’idoneità all’effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell’ente locale (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 30 giugno 2022, n. 5460).
12. Passando alla dedotta censura sull’assenza complessiva della motivazione nella sentenza gravata, la stessa non sembra priva di fondamento. La decisione in esame, valutata con riferimento all’ambito particolare in cui si collocano i provvedimenti di scioglimento dei Comuni, risulta infatti articolata, in via generale, su una motivazione che richiama più i principi in materia che le confutazioni dei ricorrenti (svolte, seppure in presenza di un materiale istruttorio incompleto, sia nel ricorso introduttivo che con un atto per motivi aggiunti).
12.1. In concreto, nella stessa sentenza sono evocati gli ampi margini di discrezionalità dell’Amministrazione nell’apprezzamento degli elementi sui collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata, la valutazione d’insieme operata dal provvedimento impugnato alla luce della applicazione del criterio del “più probabile che non”, ed in definitiva la compresenza di quegli elementi sintomatici previsti per lo scioglimento dell’art. 143 del TUEL. Tuttavia, pur non potendosi escludere che tali presupposti siano presenti, nello svolgimento della vicenda giurisdizionale il giudice di primo grado avrebbe dovuto argomentare anche con diretti riferimenti ai rilievi emersi nel corso dell’istruttoria soprattutto per dare conto puntuale della loro univocità e rilevanza.
12.2. In sostanza, le circostanze fattuali avrebbero dovuto essere esaminate (dopo il compimento della fase istruttoria) anche alla luce delle allegazioni dei ricorrenti e non solo con l’indicazione dell’elenco di taluni elementi indizianti sulla contiguità tra gli organi comunali e la criminalità organizzata (ad esempio, sono indicate genericamente alcune operazioni di polizia giudiziaria senza collegarle all’incidenza sui presupposti di legge per l’adozione del provvedimento impugnato o la “riscontrata rete di rapporti parentali e di frequentazioni che esisteva da taluni amministratori e esponenti delle locali consorterie”, senza un giudizio sulla loro univocità e rilevanza).
12.3. Ne consegue che la decisione in esame, a prescindere dalle ulteriori censure svolte dagli appellanti sui fatti specifici, appare carente degli elementi minimi idonei a qualificarla, riportando il suo contenuto una motivazione meramente apparente a sostegno del non accoglimento del ricorso di primo grado (la decisione non ha individuato le ragioni ulteriori rispetto alla generica affermazione della sua infondatezza, di cui, però, non viene dato puntualmente conto e spiegazione, se non attraverso l’utilizzo di astratti principi).
12.4. L’estrema genericità delle motivazioni su cui si regge la sentenza impugnata, nella quale non è rinvenibile alcun riferimento argomentato ai vari elementi indiziari sui quali si è basato il censurato
decreto di scioglimento (pur contestati, uno per uno, nel ricorso introduttivo e nei motivi aggiunti), non consente in alcun modo di comprendere il percorso logico-giuridico su cui il Tar ha fondato le proprie conclusioni (del pari articolate in modo generico mediante l’apodittico richiamo a principi e regole giurisprudenziali in subiecta materia, non declinati in relazione al caso concreto esaminato). Il che risulta peraltro confermato dal riemergere in grado di appello dell’intero thema decidendum di primo grado, essendo stati gli appellanti costretti a riprodurre in toto le doglianze articolate in primo grado, a riprova della mancanza di alcun “filtro” alle stesse operato dal primo giudice attraverso una loro valutazione critica.
12.5. Dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione non consente dunque di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato, non assolvendo in tal modo alla finalità di esternare un ragionamento che, partendo da determinate premesse (nel caso di specie collegate anche ad un completo substrato istruttorio) pervenga con un certo procedimento enunciativo, logico e consequenziale, a spiegare il risultato cui si perviene sulla es decidendi.
12.6. Come sopra evidenziato, il provvedimento di scioglimento deve essere esaminato alla luce di una valutazione di indici concordanti e concreti, con una ponderazione comparativa dei vari valori costituzionali che vengono in considerazione (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 22 settembre 2020, n. 5548).
13. In generale, la motivazione della sentenza, in quanto strumento di comprensione delle modalità di esercizio del potere giurisdizionale e presupposto fondamentale per il suo controllo, costituisce il fondamento di legittimità di tale potere. In caso di motivazione meramente apparente, risultando impossibile ricostruire l’iter concettuale attraverso cui si è formato il convincimento del giudice, la sentenza deve pertanto ritenersi nulla per il combinato disposto degli artt. 88, comma 2, lett. d), e 105, comma 1, c.p.a..
13.1. Come chiarito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (nn. 10 e 11 del 30 luglio 2018), la motivazione deve poi ritenersi apparente quando sussistono anomalie argomentative di gravità tale da porre la motivazione al di sotto del minimo costituzionale che si ricava dall’art. 111, comma 5, Cost. Ciò a maggior ragione nell’ipotesi in cui l’anomalia motivazionale riguardi una materia così sensibile sul piano dei principi contenuti nella stessa Costituzione.
14. In conclusione, nel caso in esame, non può riscontrarsi la presenza di requisiti minimi e nemmeno la struttura decisionale essenziale per consentire l’intervento “ortopedico” del giudice di appello, ritenendo il Collegio che si verta proprio nell’ipotesi evidenziata dall’Adunanza Plenaria di motivazione “meramente assertiva”.
14.1. Può pertanto osservarsi che sulle censure formulate nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, la motivazione della sentenza non interviene, non facendovi riferimento né prendendo posizione, dando luogo ad uno dei casi tassativi di annullamento con remissione al primo giudice (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., nn. 10, 11, 14 e 15 del 2018).
15. Alla luce delle argomentazioni che precedono i riuniti appelli vanno quindi accolti e, per l’effetto, va disposto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al primo giudice ai sensi dell’art. 105 c.p.a..
16. Tenuto conto della singolarità della questione decisa, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sui riuniti appelli nn. 4925 e 6020 del 2023, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l’effetto, annulla con rinvio al primo giudice la sentenza appellata.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità delle persone ivi indicate.