In questo caso il professionista non è tenuto a pagare l'IRAP perché non si configura l'autonoma organizzazione.
La CTP respingeva il ricorso presentato da una contribuente avverso il provvedimento di silenzio-rifiuto opposto dall'Agenzia delle Entrate alla sua istanza di rimborso IRAP per difetto del requisito dell'autonoma organizzazione, svolgendo la ricorrente attività di libero professionista (dentista) con alle proprie dipendenze due assistenti part time.
Proposto appello, la CTR lo accoglieva conseguendone il ricorso per cassazione da parte dell'Agenzia delle Entrate.
Quest'ultima censura la sentenza impugnata per aver i Giudici d'appello affermato la marginalità del lavoro di due dipendenti part time della contribuente, sostenendo così l'insussistenza di un'autonoma collaborazione in capo allo stesso.
La Cassazione rigetta il ricorso con ordinanza n. 32110 del 20 novembre 2023.
A fondamento della sua decisione, la Corte ribadisce che, secondo l'interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156/2001, in tema di IRAP l'esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusivo, di attività di lavoro autonomo diversa dall'impresa commerciale costituisce presupposto dell'imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata.
Il requisito dell'autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo sia il responsabile dell'organizzazione e «impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che costituiscono nell'attività il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui, ed in particolare di collaboratori non occasionali che non superino il numero di uno che esplichi mansioni di segreteria o meramente esecutive».
Posto che nel caso di specie la CTR ha osservato che i dipendenti erano due ed erano stati assunti part time, la Corte ha più volta affermato la tendenziale equivalenza di due unità lavorative part time a una sola unità lavorativa a tempo pieno.
Ciò detto, la CTR non ha violato i principi espressi dalla Cassazione, equiparando i due lavoratori part time a uno a tempo pieno e ritenendo non decisivi di fini di un'autonoma organizzazione diversi fattori non idonei a sostituire la prestazione professionale della contribuente.
Svolgimento del processo
1. La contribuente impugnava il provvedimento di silenzio-rifiuto opposto dall'Agenzia alla propria istanza di rimborso IRAP per difetto del requisito dell'autonoma organizzazione, svolgendo essa attività di libero professionista (dentista) con alle proprie dipendenze due assistenti part-time. La CTP respingeva il ricorso, e la CTR, adìta in sede di gravame, accoglieva invece l'appello.
2. Ricorre in cassazione l'Ente impositore affidandosi a due motivi. La contribuente si difende a mezzo di controricorso.
Motivi della decisione
1. L'Agenzia denuncia col primo mezzo violazione degli artt. 2, d.lgs. n. 446/1997, 115 e 116, cod. proc. civ. e 2697, cod. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., assumendo l'errore dei giudici d'appello nell'aver affermato la marginalità del lavoro di due dipendenti part time del professionista (dentista) contribuente, affermando così l'insussistenza di un'autonoma collaborazione in capo allo stesso, anche in ragione della modestia dei beni strumentali (€ 57 mila di cui 30 mila per un autoveicolo), e spese per. materiale odontotecnico per€ 11.821,00.
2. Con il secondo mezzo si denuncia violazione degli artt. 111, Cast., 132, cod. proc. c,iv., e 118, disp. att. cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., assumendosi l'irriducibile contraddittorietà della motivazione.
3. Anzitutto non appare fondata l'eccezione di inammissibilità per "difetto di autosufficienza" del ricorso, dal momento che nello stesso sono ricostruiti i fatti processuali e ancor prima la pretesa della contribuente, indicate le questioni in diritto devolute alla Corte, sviluppate nei singoli motivi, così come sono riportati i passi salienti della decisione impugnata, nelle parti criticate specificamente appunto nel corpo dei due motivi.
4. Nel merito, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in tema di IRAP l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusivo, di attività di lavoro autonomo diversa dall'impresa commerciale costituisce presupposto dell’imposta secondo l'interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata.
Il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse· b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l'id quod plerumque accidit, costituiscono nell'attualità il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui, ed in particolare di collaboratori non occasionali che non superino il numero di uno che esplichi mansioni di segreteria o meramente esecutive (Cass. Sez. U. n.9451/2016).
Costituisce onere del contribuente che chiede il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell'assenza delle predette condizioni (v. Cass., 16/2/2007, n. 3678). Orbene, nel caso il giudice dell'appello ha accertato, tra l'altro, che gli assistenti di poltrona erano due, ed ha altresì accertato che trattasi di soggetti assolutamente non in grado di surrogarsi al professionista (segretaria e assistente alla poltrona).
Nello specifico va sottolineato come sia insegnamento di questa Corte che in materia di IRAP del medico convenzionato, il requisito della autonoma organizzazione non ricorre quando il contribuente responsabile dell'organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all'esercizio dell'attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l'impiego di un dipendente con mansioni esecutive (Cass. sez. un. n. 9451 del 2016). Nella specie, la CTR ha osservato che pur se i dipendenti erano due, essi erano stati assunti part time, e va subito chiarito come questa Corte abbia già affermato in diverse pronunce la tendenziale equivalenza di due unità lavorative part time a una sola unità lavorativa a tempo pieno (Cass. orci. n. 383/17, 11060/17, 23466/2017), procedendo poi alla qualificazione dell'attività come non autonomamente organizzata anche alla luce degli altri fattori (spese solo per fornitura di apparecchi e materiale ortodontico per € 11 mila circa, beni strumentali per € 57 mila, di cui 30 mila per autoveicolo).
Alla luce di quanto precede, e ritenendo che l'accertamento di fatto non è più rivedibile in sede di legittimità, mentre i principi espressi da questa Corte non risultano violati dalla CTR come emerge in particolare dall'equiparazione di due lavoratori part time a uno a tempo pieno e dalla non decisività ai fini di un'autonoma organizzazione di diversi fattori certamente non atti a sostituire la prestazione professionale della contribuente, il motivo dev'essere respinto.
5. Risulta altresì infondato il secondo motivo, dal momento che il controllo del vizio motivazionale è ormai limitato all'assenza od apparenza di motivazione, rilevabili a mente dell'art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. Orbene nella specie la CTR non si è affatto sottratta all'obbligo di motivazione, e tantomeno si individuano contraddizioni irriducibili, essendo gli elementi raccolti e fondanti !''accertamento di fatto che ha portato i secondi giudici a ritenere l'assenza di un'autonoma organizzazione, aldilà della loro condivisibilità - peraltro ritenuta in base a quanto precede - del tutto coerenti fra loro, fermo restando che solo un'irriducibile contraddittorietà con le conclusioni avrebbe giustificato un sindacato della motivazione.
3. Il ricorso merita dunque rigetto, e le spese gravano sulla ricorrente.
Nei confronti dell'Agenzia delle Entrate non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l'obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (Cass.n.1778 del 29/01/2016).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio che determina per il giudizio di legittimità in € 1.200,00 oltre rimborso forfettario nel 15 % dell'onorario, i.v.a. e c.p.a., se dovute, ed oltre esborsi per € 200,00.