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I clienti della banca avevano proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui il Tribunale li aveva condannati al pagamento della complessiva somma del procedimento monitorio, a titolo di saldi debitori maturati sul contratto di c/c. Gli opponenti contestavano che l'istituto di credito aveva illegittimamente applicato nel corso del rapporto interessi ultralegali in assenza di valida pattuizione per iscritto ed in misura superiore alla soglia antiusura; infine, la genericità della commissione di massimo scoperto. |
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Il costo denominato commissione di massimo scoperto è un onere usualmente imposto ai clienti che stipulano un contratto di apertura di credito in conto corrente, calcolata normalmente applicando un determinato tasso alla massima somma utilizzata dal cliente durante il periodo di riferimento in relazione a tutta la durata dello stesso, e la cui funzione o causa è incerta. L'art. 2-bis, I, secondo periodo, D.L. n. 185/2008, conv. con modif. dalla L. n. 2/2009, disciplina le condizioni di validità della pattuizione della commissione di massimo scoperto in relazione ai soli contratti di conto corrente bancario affidati, tanto se la si configuri come semplice remunerazione legata al solo affidamento, quanto se sia commisurata anche all'effettiva utilizzazione del fondo. La commissione di massimo scoperto (CMS), applicata fino all'entrata in vigore dell'art. 2 bis del d.l. n. 185 del 2008, introdotto con la legge di conversione n. 2 del 2009, è "in tesi" legittima, almeno fino al termine del periodo transitorio, fissato al 31 dicembre 2009, posto che i decreti ministeriali che hanno rilevato il tasso effettivo globale medio (TEGM) - dal 1997 al dicembre del 2009 - sulla base delle istruzioni diramate dalla Banca d'Italia (Cass. civ., sez. I, 22 giugno 2016, n. 12965). Al suo posto, nel 2012, la Legge 62/2012 introdotta dal Governo Monti e la successiva modifica del TUB hanno introdotto altre commissioni. |
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Nel contratto di apertura di credito in conto corrente, l'onere di determinatezza della commissione di massimo scoperto, in quanto espressione non riconducibile ad una unica fattispecie giuridica, deve essere valutato esigendosi la specifica indicazione di tutti gli elementi che concorrono a determinarla, quali percentuale, base di calcolo, criteri e periodicità di addebito, in assenza dei quali non può nemmeno ravvisarsi un vero e proprio accordo delle parti su detta pattuizione accessoria. In tal caso, l'addebito della commissione di massimo scoperto si traduce in una imposizione unilaterale della banca, che non trova legittimazione in una valida pattuizione consensuale (Trib. Latina 14 marzo 2023, n. 609). Al di là dell'evidente necessità della pattuizione scritta, qualora nel contratto non si specifichi nulla in ordine ai criteri di concreta applicazione della commissione di massimo scoperto, limitandosi ad indicare un valore percentuale nella lettera contratto di apertura del conto corrente, la relativa clausola è del tutto indeterminata e non determinabile e, ai sensi dell'art. 1346 c.c., deve intendersi affetta da radicale nullità, rilevabile anche d'ufficio (Trib. Messina 3 aprile 2023, n. 657). Dunque, in tema di conto corrente bancario, è nulla per indeterminatezza dell'oggetto la clausola negoziale che prevede la commissione di massimo scoperto indicandone semplicemente la misura percentuale, senza contenere alcun riferimento al valore sul quale tale percentuale deve essere calcolata (Cass. civ., sez. I, 20 giugno 2022, n. 19825). |
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A seguito dell'istruttoria di causa, l'istituto di credito aveva provveduto all'adempimento dell'onere della prova depositando i contratti dei rapporti, le condizioni contrattuali, gli estratti conto dalla data di apertura del conto. Entrambi i contratti risultavano stipulati in un periodo successivo all'entrata in vigore della delibera CICR. È ormai nota la portata della delibera del 9/2/2000, con la quale il CICR ha rimesso alla volontà delle parti la determinazione della periodicità degli interessi, ammettendo per le banche la possibilità di pretendere interessi sugli interessi scaduti, purché l'addebito e l'accredito avvengano con la stessa periodicità. Tuttavia, quanto alla commissione di massimo scoperto, il giudice ha ritenuto che questa era stata specificamente determinata solo in ordine al tasso applicato (1%) ma non nella modalità di calcolo e, in particolare, la medesima non risultava sottoscritta dal correntista. Pertanto, il consulente nominato ha provveduto alla rielaborazione del conto corrente e, quindi, delle somme richieste dalla banca provvedendo ad eliminare la commissione di massimo scoperto in quanto non validamente pattuita per iscritto. In conclusione, il giudice ha accolto la domanda e, per l'effetto, ha annullato il decreto ingiuntivo e rideterminato la somma oggetto del credito. |
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con atto di citazione notificato in data 19-1-2015, P.I. e D.B.L.I. proponevano opposizione avverso il Decreto Ingiuntivo n. 3959/2014 reso dal Tribunale di Salerno in data 6/12/2014, con cui il Tribunale li condannava, senza dilazione ed in solido tra loro, al pagamento della complessiva somma di € 165.192,53 oltre interessi e spese del procedimento monitorio, a titolo di saldi debitori maturati sul contratto di c/c n. (omissis) e n. (omissis).
Gli opponenti eccepivano: la nullità del decreto ingiuntivo in quanto emesso sulla base del solo saldaconto ex art 50 TUB; la nullità del contratto per difetto di forma scritta ad substantiam art. 117 TUB; l’assenza dei requisiti di certezza, esigibilità e liquidità del credito ingiunto. Secondo la loro prospettazione, l’istituto di credito aveva illegittimamente applicato nel corso del rapporto: interessi ultralegali in assenza di valida pattuizione per iscritto ed in misura superiore alla soglia antiusura; la commissione di massimo scoperto, indefinita nelle sue modalità di calcolo; lo ius variandi, in violazione delle cautele previste dall’art. 118 TUB; spese, giorni valute ed ulteriori accessori di legge in via illegittima.
Concludevano per l’accoglimento dell’opposizione e del decreto ingiuntivo; in via istruttoria, domandavano la nomina di CTU contabile al fine di accertare l’esatto dare/avere tra le parti.
Con comparsa depositata in data 3/07/2015, la Unicredit s.p. si costituiva in giudizio, contestando l’opposizione perché infondata in fatto ed in diritto; chiedeva dichiararsene il rigetto, con conferma del decreto opposto.
In via preliminare, eccepiva la nullità dell’atto di citazione per vizi di notifica, per indeterminatezza dell’oggetto e della causa petendi.
Nel merito, rilevava: che l’estratto ex art. 50 TUB costituisce prova idonea per l’emissione del decreto ingiuntivo; che i contratti rispettano la forma scritta ad substantiam ex art. 117 TUB anche se sottoscritti unicamente dal cliente; che le contestazioni inerenti l’applicazione illegittima di tassi ultralegali, tassi usurari e della commissione di massimo scoperto sono generiche; che, quanto allo ius variandi, le variazioni contrattuali sono stati sempre comunicati nel rispetto dell’art. 118 TUB; l’inammissibilità dell’opposizione proposta da D.B.L.I., in quanto garante autonoma e non mero fideiussore del P.I..
Instaurato il contraddittorio, esperito il tentativo di mediazione obbligatoria con esito negativo, concessi i termini ex art. 183 co. 6 c.p.c., espletata CTU contabile, la causa era rinviata all’udienza di precisazione delle conclusioni del 07/06/2023, sostituita dal termine per il deposito di note scritte in sostituzione di udienza ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c.
Nelle more con atto di intervento ex art. 111 c.p.c., si costituiva la (omissis) s.r.l., deducendo di essere divenuta titolare pro soluto del credito oggetto di causa a seguito di operazione di cartolarizzazione e cessione dei crediti in blocco con la Unicredit s.p.a. Riportandosi alle conclusioni già rassegnate dalla cedente, chiedeva rigettarsi l’opposizione e confermarsi il Decreto Ingiuntivo, previa estromissione della cedente dal giudizio.
Scaduto il termine per il deposito di note scritte ex art. 127 ter c.p.c., la causa era trattenuta in decisione con provvedimento del 5/07/2023, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.
Sulla legittimazione attiva di (omissis) s.r.l.
In via preliminare, deve essere dichiarata l’estromissione dal giudizio della Unicredit s.p.a. in favore della (omissis) s.r.l., regolarmente legittimata ad agire in giudizio.
Con comparsa ex art 111 c.p.c., si costituiva in giudizio la (omissis) s.r.l. deducendo di essere divenuta cessionaria pro soluto di un pacchetto di crediti in sofferenza originato da Unicredit s.p.a. a seguito di operazione di cartolarizzazione; operazione in forza della quale la stessa, subentrata nei rapporti di credito vantati nei confronti dei debitori, con ogni accessorio e garanzia connessi, sarebbe stata, pertanto, titolata a sostituirsi alla cedente Unicredit nel presente procedimento.
La giurisprudenza di legittimità, in tema di successione a titolo particolare ex art 111 c.p.c., impone alla parte intervenuta o chiamata in giudizio l’onere di provare la propria legittimazione attiva; onere, che nella peculiare ipotesi delle cessione di crediti in blocco ai sensi dell’art. 58 TUB risulta adempiuto non dal deposito dell’estratto della Gazzetta Ufficiale, bensì dalla prova dell’esistenza del credito, fornita unicamente attraverso il deposito del contratto di cessione tra dante ed avente causa.
La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, come ribadito dalle più recenti pronunce di legittimità (cfr. Cassazione Civile, Sez. III, n. 2780/2019, Cassazione Civile, Sez. III, n. 22268/2018) assolve a mera funzione pubblicitaria, dispensando il cessionario dal copioso onere della notifica dell’intervenuta cessione nei confronti di ogni singolo debitore, in conformità alla disciplina generale ex art. 1264 c.c., garantendo l’efficacia erga omnes dell’operazione di cartolarizzazione, ma non altresì l’esistenza dell’operazione di cessione compiuta ed il contenuto effettivo del contratto; prova quest’ultima, che in assenza di indicazioni chiare e precise all’interno dell’estratto della Gazzetta Ufficiale può essere resa dalla cessionaria solo mediante la produzione del contratto di cessione ex art 58 TUB. Nel caso di specie, la (omissis) s.r.l. ha regolarmente fornito prova della propria legittimazione ad agire. Nonostante al momento del suo intervento questa si è limitata al solo deposito dell’estratto della Gazzetta Ufficiale Part II n. 93 del 8/08/2017, con successivo atto di deposito del 9/12/2022, la cessione ha integrato la documentazione originariamente allegata depositando sia l’estratto notarile autentico del contratto di cessione intervenuto con la Unicredit s.p.a., sia dichiarazione sottoscritta della cedente in ordine all’intervenuta operazione di cartolarizzazione.
In tal senso, visto l’art. 111 c.p.c., deve essere accolta la richiesta di estromissione della Unicredit s.p.a.
Il merito
Venendo al merito dell’opposizione per ormai consolidata giurisprudenza il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo trasforma il procedimento per ingiunzione in un giudizio a cognizione ordinaria, nel quale il creditore opposto riveste la qualità di attore in senso sostanziale ed il debitore opponente quella di convenuto rispetto alla pretesa azionata, con la conseguenza che spetta al creditore provare la sussistenza del suo credito ( cfr. Cassazione civile sez. lav. 13/7/2009 n. 16340). Trattandosi di ordinario giudizio di cognizione il giudice non è chiamato a valutare soltanto la sussistenza delle condizioni e della prova documentale necessarie per l'emanazione della ingiunzione, ma la fondatezza (e le prove relative) della pretesa creditoria nel suo complesso, con la conseguenza che l'accertamento dell'esistenza del credito travolge e supera le eventuali insufficienze probatorie riscontrabili nella fase monitoria (Cassazione civile, sez. II, 24 maggio 2004, n. 9927 in Giust. civ. Mass. 2004, f. 5), mentre, sotto altro aspetto, in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento.
Nel caso in esame parte opposta ha chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo opposto per il pagamento della somma di euro 165.192,53 a titolo di saldo debitore dei c/c (omissis) e (omissis). Ha prodotto entrambi i regolamenti contrattuali con le relative condizioni, l’estratto conto certificato, nonché gli estratti conto dall’inizio del rapporto e sino alla estinzione.
Gli opponenti contestano il saldo riportato agli estratti conto eccependo come detti importi siano frutto di una scorretta gestione del rapporto da parte dell’Istituto di credito che, violando i principi di buona fede e correttezza, ha provveduto all’applicazione illegittima ed indebita di interessi ultralegali, anatocismo per capitalizzazione trimestrale di interessi passivi , interessi usura, nonché spese, oneri, commissione di massimo scoperto, giorni valuta non regolarmente pattuiti, la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi.
In tal senso, l'onere allegatorio e probatorio grava esclusivamente sul correntista in relazione all'intero periodo dedotto in giudizio (arg. ex Cass. 20693/2016, in tema di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c. in caso di pattuizioni in ipotesi invalide, ma il principio è valido in generale anche per le azioni di accertamento: "Nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, la rideterminazione del saldo del conto deve avvenire attraverso i relativi estratti a partire dalla data della sua apertura, così effettuandosi l'integrale ricostruzione del dare e dell'avere, con applicazione del tasso legale, sulla base di dati contabili certi in ordine alle operazioni ivi registrate, inutilizzabili, invece, rivelandosi, a tal fine, criteri presuntivi od approssimativi (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto non provato l'intero andamento di un rapporto ultraventennale, avendone il correntista, gravato del corrispondente onere per aver agito ex art. 2033 c.c., prodotto, tardivamente, solo alcuni estratti conto in aggiunta a quelli relativi all'ultimo decennio depositati dalla banca, non risultando nemmeno incontroverso il saldo ad una determinata data)”.
Dall’esame della documentazione allegata e delle difese svolte, si osserva che parte opposta attore in senso sostanziale ha provveduto all’adempimento dell’onere della prova depositando i contratti dei rapporti n. (omissis) (conto Ordinario) e n. 642/(omissis) (conto Anticipi), le condizioni contrattuali, gli estratti conto dalla data di apertura del conto al 31.3.2012.
Il contratto n. (omissis) Ordinario è stato sottoscritto in data 23.11.2004, mentre il contratto n. 642/(omissis) Anticipi fatture è stato sottoscritto in data 10.10.2007.
Entrambi i contratti risultano stipulati in un periodo successivo all'entrata in vigore della delibera CICR. È ormai nota la portata della delibera del 9/2/2000, con la quale il CICR ha rimesso alla volontà delle parti la determinazione della periodicità degli interessi, ammettendo per le banche la possibilità di pretendere interessi sugli interessi scaduti, purché l'addebito e l'accredito avvengano con la stessa periodicità. Nel dettaglio, devono considerarsi valide le convenzioni anatocistiche, purché esse siano oggetto di espressa previsione contrattuale, di approvazione scritta del cliente e vi sia una pari periodicità di capitalizzazione degli interessi debitori e creditori; condizioni, queste, che risultano correttamente rispettate dal contratto di conto corrente su cui si controverte nel presente giudizio e allegato alla produzione monitoria.
Per quanto riguarda la dedotta violazione dell’art. 118 TUB, deve rilevarsi che dalla consulenza espletata non è emersa alcuna violazione. Infatti dai contratti di apertura dei conti corrente in esame emerge che il correntista ha espressamente approvato la clausola che dà la facoltà all’Istituto di Credito di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo; inoltre la banca ha comunicato fino a gennaio 2012 le variazioni contrattuali; i conti sono stati chiusi al 31.3.2012.
Il consulente ha verificato con una indagine immune da vizi che nel corso del rapporto di entrambi i conti correnti in esame “i tassi di interessi applicati corrispondono a quelli validamente sottoscritti dal correntista e successivamente modificati dalla Banca e comunicati con i documenti di sintesi; le spese addebitate sul conto corrente di corrispondenza e sul conto anticipi fatture sono state validamente pattuite in tutti i contratti sottoscritti dal correntista lo scrivente ha riconosciuto le stesse senza effettuare un ulteriore ricalcolo.” Per quanto riguarda la Commissione di massimo scoperto il consulente ha verificato che “nel contratto di apertura del conto corrente anticipi fatture, così come nel relativo contratto di affidamento del 10.10.2007, la CMS è stata specificamente determinata solo in ordine al tasso applicato (1%) ma non nella modalità di calcolo. Per quanto riguarda la Commissione utilizzi oltre la disponibilità dei fondi la stessa non risulta sottoscritta dal correntista, pertanto si è proceduto ad epurare le stesse dal ricalcolo per tutto il periodo in esame. Dall’esamina del contratto di apertura del conto corrente ordinario n. (omissis) del 23.11.2004 risulta, invece, che la CMS è stata specificamente determinata sia in ordine al tasso applicato (1,50%) sia nella modalità di calcolo.
Infine è emerso dall’accertamento peritale che le valute sono state analiticamente indicate cosi come nei successivi documenti di sintesi inviati dalla Banca, quindi validamente pattuite
Il consulente nominato ha, pertanto, provveduto alla rielaborazione del conto corrente. Non si ritiene di far luogo alla applicazione del tasso BOT così come richiesto da parte opponente ( previsto nella seconda ipotesi di ricalcolo) in quanto nel corso del rapporto le nuovi condizioni contrattuali non hanno comportato un peggioramento rispetto a quelle applicate e sono state comunicate al correntista entro la data del 31.12.2000 ( pag. 14 ctu).
Quindi in aderenza al mandato peritale, il consulente ha ricalcolato il saldo dei due conti provvedendo a: eliminare la commissione di massimo scoperto in quanto non validamente pattuita per iscritto nel conto anticipi nonché la commissione utilizzi oltre la disponibilità dei fidi; provveduto ad applicare le condizioni contrattuali allegate ai contratti depositati dall’istituto di credito.
All’esito della ricostruzione contabile, il Ctu ha accertato che alla data del 31-3- 2012 il saldo del conto anticipi fatture n. 642/(omissis) era pari a € - 67.291,41 (in luogo di euro -82.305,32 quale saldo banca) e il saldo finale del conto ordinario n. (omissis) è quello indicato negli estratti conto alla data del 31.03.2012 pari ad €. 63.199,99 . Ne consegue che il credito della banca deve essere rideterminato in euro 130.491,40 alla data del 31-3-2012, oltre interessi legali fino al soddisfo.
Sulle spese di lite
Quanto alle spese di lite, vanno poste a carico di parte opponente e liquidate secondo i valori medi dello scaglione di riferimento di cui al DM 55/2014 e successive modifiche
Pone le spese di CTU a carico di entrambe le parti con vincolo solidale, attesa l’utilità comune della consulenza.
Spese integralmente compensate nei rapporti con parte interventrice.
P.Q.M.
Il Tribunale di Salerno, definitivamente pronunciandosi sull’opposizione proposta da P.I. e D.B.L.I. avverso il decreto ingiuntivo n. 3959/2014, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, così provvede:
1) Dichiara la estromissione dal presente giudizio della Unicredit s.p.a.
2) Accoglie l’opposizione e revoca il decreto ingiuntivo.
3) Condanna parte opponente P.I. e D.B.L.I. al pagamento in favore di (omissis) s.r.l. della somma di euro 130.491,40 a titolo di saldo negativo dei c/c n. (omissis) e n. (omissis) alla data del 31-3-2012, oltre interessi legali fino al soddisfo.
4) Condanna P.I. e D.B.L.I. al pagamento delle spese processuali in favore di (omissis) s.r.l. liquidate in euro 4.031 (euro 1.126 per la fase di studio, euro 601 per la fase introduttiva, euro 1.418 per la fase istruttoria, euro 886.00 per la fase decisionale), oltre IVA e CPA come per legge.
5) Spese integralmente compensate nei rapporti con Unicredit spa.
6) Pone le spese di CTU a carico di entrambe le parti (parte opponente e parte interventrice), con vincolo solidale.