Sì, purchè tale convenzione disciplini i termini fondamentali del rapporto, sia stata sottoscritta dal professionista incaricato e sia stata allegata in originale quale parte integrante della delibera con la quale la Giunta comunale, presieduta dal Sindaco, ha conferito l'incarico.
La controversia trae origine dalla richiesta di un geometra di ottenere dal Comune il pagamento di oltre 25mila euro in quanto «dovuto in regime di convenzione».
Il Giudice di primo grado accoglieva la domanda del professionista, conseguendone il gravame da parte dell'ente, il quale eccepiva la nullità del...
Svolgimento del processo
1. Nel 2006 il Geom. V.R. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Cassino il Comune di (omissis), chiedendo accertarsi che gli era stato conferito dall’ente incarico nei termini di cui alla convenzione recepita nella delibera n. 272 bis del 18 novembre 1992, e, quindi, chiedendo, in via principale, accertarsi che il Comune era inadempiente nei suoi confronti per non aver pagato quanto dovuto in regime di convenzione e, per l’effetto, condannarlo al pagamento in suo favore della somma di euro 25.610,84, oltre accessori; e, in via subordinata, accertarsi che il Comune aveva ricevuto una indubbia utilità dalla prestazione professionale da lui eseguita (e per l’effetto condannarlo al pagamento delle somme dovute a titolo di indebito arricchimento).
A fondamento della domanda deduceva che:
- la Giunta Regionale del Lazio, con delibera n. 6108 del 21.7.1992 aveva approvato (tra gli altri) il Programma Integrato di Recupero, presentato dal Comune di (omissis) per il recupero del centro storico, concedendo all’Ente un finanziamento di "edilizia sovvenzionata" e di "recupero urbano" per un importo di due miliardi e 200 milioni di vecchie lire;
- il Comune di (omissis), ottenuto il finanziamento di 2.200.000.000 di lire, nella qualità di "parte committente", aveva predisposto una "Convenzione" con la quale affidava alla "parte commissionaria" - espressamente identificata con lo Studio associato degli Architetti L.M., G.P. e F.R., con sede in Roma, col Geom. V.R., con studio in (omissis), e con l'Ing. A.C. con studio a Pontecorvo- l’incarico professionale, in essa indicato;
- detta convenzione, dopo essere stata completata con l'aggiunta -vergata a mano- dei numeri di partita IV A dei professionisti, era stata fatta firmare dal Segretario Comunale Dott. M.C. ai 5 Tecnici, i quali vi avevano anche apposto in calce i loro timbri;
- con successiva delibera n. 272 bis del 18.11.1992, avente per "oggetto" l'"Incarico agli Architetti M., P., R. all' Ing. A. C. e al Geom. V.R. per la redazione di un progetto esecutivo del programma integrato di recupero del centro storico del Comune di (omissis) ai sensi della L.R n. 40190", la Giunta del Comune di (omissis) aveva conferito ai suddetti 5 tecnici l'incarico di redigere la progettazione delle opere finanziate dalla Regione Lazio;
- i 5 professionisti avevano regolarmente adempiuto gli obblighi contrattuali e la Giunta Municipale, con delibere n. 41 del 27 .1.1993,
n. 52 del 17.2.1993 e n. 118 dell'11.5.1993, aveva approvato il progetto esecutivo redatto dai 5 Tecnici;
- esaurito l'incarico, con nota del 7.7.1993 lo Studio Associato degli Architetti M., P. e R. aveva inoltrato al Sindaco del Comune di (omissis) la parcella globale degli onorari, vidimata dall'Ordine professionale;
- con delibera di Giunta n. 96 del 21.3.1995 il Comune di (omissis) aveva provveduto a liquidare ai 5 "tecnici progettisti del P.I.R. del centro storico di (omissis)" l'intera parcella richiesta e vidimata dall'Ordine degli Architetti;
- l’Ing. C. era stato regolarmente pagato, mentre gli Architetti M., P. e R. - dopo aver vanamente richiesto il pagamento per il tramite del loro Legale – avevano chiesto ed ottenuto decreto con il quale il Tribunale di Roma aveva ingiunto al Comune il pagamento della somma ad essi spettante; il decreto ingiuntivo era stato opposto, ma la vertenza era stata successivamente definita mediante transazione;
- in definitiva, soltanto lui non era stato pagato.
Alla prima udienza del 22 novembre 2006 il Comune di (omissis) non si costituiva e veniva dichiarato contumace.
La causa veniva istruita mediante: acquisizione della documentazione prodotta dal R. (in particolare, la convenzione e la delibera n. 272 bis del 18.11.1992); interrogatorio formale del Sindaco (che non si presentava per l’incombente), nonché mediante escussione di prova testimoniale.
All’udienza del 14 marzo 2008 il Comune di (omissis) si costituiva, deducendo la “nullità dell'atto di citazione per indeterminatezza dell'oggetto della domanda", senza nulla eccepire in merito alla "nullità" del contratto di conferimento dell'incarico per difetto della prova scritta.
Il Tribunale di Cassino con sentenza n. 948/2012 - dopo aver respinto l'eccezione di nullità della domanda per indeterminatezza dell'oggetto (art. 164 e 163 n. 3 c.p.c.) - accoglieva la domanda, formulata dal R. in via principale.
2. Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva appello il Comune di (omissis), eccependo, quanto alla domanda formulata dal R. in via principale, la nullità del contratto per difetto della prova scritta (e, in particolare, perché la "convenzione" allegata alla delibera n. 272 bis del 18.11.1992 non risultava sottoscritta dal Sindaco, ma soltanto dai 5 professionisti) e, quanto alla domanda di arricchimento senza causa formulata dal R. in via subordinata, che l'attore non aveva né allegato né provato i fatti costitutivi di tale domanda.
Si costituiva il Geom. R., contestando l’impugnazione avversaria, della quale chiedeva il rigetto.
La Corte di Appello di Roma con sentenza n. 2897/2020, in accoglimento dell’appello, dichiarava la nullità del contratto per difetto di forma scritta e dichiarava il R. decaduto sulla domanda di indebito arricchimento, non avendola riproposta ex art. 346 c.p.c.
3. Avverso la domanda della corte territoriale ha proposto ricorso il Geom. R..
Ha resistito con controricorso il Comune di (omissis).
Per l’odierna udienza il difensore di parte resistente ha depositato nota con la quale si limita ad insistere nella declaratoria di inammissibilità e comunque nel rigetto del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il Geom. V.R. articola in ricorso due motivi.
1.1. Con il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. artt. 16 e 17 del R.D. 18/11/1923 n. 2440 e degli artt. 1418, 1325, 1326 e 1350 c.c. (360 n. 3 c.p.c.) nella parte in cui la corte territoriale - dopo aver correttamente richiamato la giurisprudenza di legittimità, secondo cui "i contratti stipulati dalla pubblica amministrazione debbono essere rivestiti della forma scritta ad substantiam'', e dopo aver correttamente rilevato che la "convenzione", da lui prodotta in giudizio, non reca la firma del Sindaco, ma soltanto la firma dei 5 Tecnici - ha affermato che: <<il geom R. non ha dato prova della sussistenza del contratto di conferimento dell'incarico professionale attraverso la produzione del relativo testo documentale, sottoscritta anche dal sindaco del Comune>>.
Sottolinea che la convenzione in questione - che disciplina puntualmente i termini del conferimento dell'incarico professionale ed indica i nominativi dei 5 professionisti incaricati - era stata fatta preventivamente sottoscrivere dai 5 Tecnici ed era stata successivamente allegata in originale alla delibera n. 272 bis del 18.11.1992.
Sottolinea altresì che con detta delibera la Giunta Comunale non si era limitata ad "autorizzare il conferimento dell'incarico", ma aveva “conferito” l'incarico ai 5 tecnici, approvando la convenzione già da loro sottoscritta ed allegandola poi, come parte "integrante" ed "essenziale" alla delibera stessa.
Sulla base delle suddette circostanze deduce che nel caso dì specie si sia realizzato un unico contestuale atto, formato dalla "proposta" sottoscritta dai 5 professionisti (cioè la convenzione) e dall'accettazione della proposta, sottoscritta dalla Giunta Comunale presieduta dal Sindaco (e cioè la delibera), che soddisfa pienamente i requisiti di forma prescritti dall'art. 17 del R.D. 18/11/1923 n. 2440 ed è conforme alla ratio legis perseguita da tale norma.
Osserva che il Comune di (omissis) non ha mai eccepito agli altri 4 tecnici incaricati (Architetti M., P. e R. , nonché Ing. C.) la "nullità" del contratto per carenza di firma del Sindaco, che tutti i predetti professionisti sono stati nelle more pagati per l’incarico svolto e che la questione della nullità è stata per la prima volta sollevata dal Comune in sede di atto di appello (e non all’atto della tardiva costituzione nel giudizio di primo grado)
1.2. Con il secondo motivo denuncia nullità della sentenza per violazione degli artt. 346 e 112 c.p.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.), nella parte in cui la corte territoriale ha omesso di pronunciarsi sulla domanda subordinata di arricchimento senza causa (2041 c.c.) sull’erroneo presupposto che lui non aveva riproposto detta domanda in appello.
Sostiene che dalla lettura dell'atto di appello proposto dal Comune, della comparsa di costituzione e risposta (da lui proposta nel giudizio di appello) e delle relative conclusioni delle parti risulta: da un lato, che il Comune di (omissis) non si era limitato ad impugnare la domanda principale relativa all'adempimento contrattuale, ma aveva esteso il gravame anche alla domanda subordinata di arricchimento senza giusta causa, deducendone la "nullità" e l'infondatezza nel merito per mancato adempimento (da parte dell’originario attore) degli oneri allegatori e probatori; e, dall’altro, che lui si era attivamente difeso su questo thema decidendum, introdotto dal Comune di (omissis), replicando punto per punto e chiedendo, nelle conclusioni, la "conferma della domanda attorea" di primo grado, in tale modo manifestando, in modo eclatante, la sua volontà di ottenere dal Giudice d'appello una decisione anche sulla domanda subordinata, sicché il Giudice d'appello non poteva sottrarsi all'obbligo di pronunciarsi sulla domanda di arricchimento, sussistendone esplicita richiesta sia da parte dell'appellante (in senso negativo), sia da parte dell'appellato (in senso positivo).
Deduce che la Corte territoriale, avendo omesso di pronunciarsi sulla domanda subordinata di arricchimento, è incorsa nel vizio denunciato.
1.3. In via subordinata e cautelativa, il ricorrente - per la denegata ipotesi in cui il ricorso fosse dichiarato infondato e questa Corte fosse in dubbio se condannarlo, in base al disposto del comma 1 quater dell'art. 13 del T.U. di cui al D.P.R. n. 115/2002, a pagare un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già versato per il ricorso per cassazione - solleva l'eccezione dì illegittimità costituzionale dell'art. 13, comma 1-quater, inserito dall' art. 1, comma 17, L. 24 dicembre 2012, n. 228, del T.U. in materia di spese di giustizia di cui al D.P.R. n. 115/2002, per violazione dell'art. 24, 111 della Costituzione, 6 della CEDU e 47 della Carta di Nizza in relazione all'art. 117 della Costituzione.
2. Il primo motivo di ricorso è fondato.
E’ consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. tra le tante Cass. n. 7478/2020, n. 25631/2017 e n. 12540/2016) il principio per cui <<I contratti conclusi dalla P.A. richiedono la forma scritta ad substantiam e devono essere consacrati in un unico documento, ciò che esclude il loro perfezionamento attraverso lo scambio di proposta ed accettazione tra assenti (salva l'ipotesi eccezionale prevista ex lege di contratti conclusi con ditte commerciali), mentre tale requisito di forma deve ritenersi soddisfatto nel caso di cd. elaborazione comune del testo contrattuale, e cioè mediante la sottoscrizione - sebbene non contemporanea, ma avvenuta in tempi e luoghi diversi - di un unico documento contrattuale il cui contenuto (nella specie, relativo ad un rapporto di locazione) sia stato concordato dalle parti>>.
D’altra parte, questa Corte ha anche avuto modo di affermare (cfr., tra le tante, Cass. n. 14570/2004; nonché Cass. n. 17695 e n. 7962/2003, n. 8023 e n. 2619/2000) che: <<Per il contratto d'opera professionale, quando ne sia parte una pubblica amministrazione e pur ove questa agisca iure privatorum, è richiesta, in ottemperanza al disposto degli artt. 16 e 17 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, come per ogni altro contratto stipulato dalla pubblica amministrazione stessa, la forma scritta ad substantiam, che è strumento di garanzia del regolare svolgimento dell'attività amministrativa nell'interesse sia del cittadino, costituendo remora ad arbitri, sia della collettività, agevolando l'espletamento della funzione di controllo, ed è, quindi, espressione dei principi d'imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione posti dall'art. 97 Cost.; pertanto il contratto deve tradursi, a pena di nullità, nella redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell'organo attributario del potere di rappresentare l'Ente interessato nei confronti dei terzi, dal quale possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alla prestazione da rendere ed al compenso da corrispondere. Di conseguenza, in mancanza di detto documento contrattuale, ai fini d'una valida conclusione del contratto rimane del tutto irrilevante l'esistenza di una deliberazione con la quale l'organo collegiale dell'Ente abbia conferito un incarico ad un professionista, o ne abbia autorizzato il conferimento, in quanto detta deliberazione non costituisce una proposta contrattuale nei confronti del professionista, ma un atto con efficacia interna all'Ente che, almeno ai fini che ne occupano, ha solo natura autorizzatoria e quale unico destinatario il diverso organo legittimato ad esprimere la volontà all'esterno>>.
Di tali principi di diritto non ha fatto corretta applicazione la corte territoriale nel caso di specie nel quale è incontroverso che la convenzione predisposta dal Comune e sottoscritta dai 5 professionisti è stata approvata dalla Giunta Comunale con la delibera
n. 272 bis del 18.11.1992, avente ad oggetto quanto sopra indicato, alla quale è stata allegata con l'espressa dichiarazione che si trattava di parte integrante ed essenziale della delibera stessa.
Nel caso di specie è indubbio che la procedura di conclusione del contratto scritto, scelta dal Comune ha garantito: sia il <<regolare svolgimento dell'attività amministrativa nell'interesse sia dei professionisti che della collettività>>, senza impedire <<l'espletamento della funzione di controllo>> ed, anzi, perseguendo <<i principi d'imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione>>; sia <<la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alla prestazione da rendere ed al compenso da corrispondere>>, tant’è che non vi è stata da parte dell’ente comunale la necessità di adottare altre delibere o di concludere altri contratti.
In definitiva, dando seguito alla giurisprudenza sopra richiamata, deve affermarsi che, in tema di contratti stipulati da un professionista con un Comune, il requisito della forma scritta ad substantiam è da intendersi rispettato nel caso in cui l’incarico da svolgere sia previsto in convenzione non sottoscritta dal Sindaco, sempre che detta convenzione disciplini i termini fondamentali del rapporto, sia stata sottoscritta dal professionista incaricato e sia stata allegata in originale quale parte integrante della delibera con la quale la giunta comunale, presieduta dal Sindaco, ha conferito l’incarico. In tal caso, infatti, si forma un unico contestuale atto, costituito dalla proposta sottoscritta dal professionista (la convenzione, per l’appunto) e dalla relativa accettazione (la delibera di giunta, di conferimento dell’incarico).
3. Per le ragioni che precedono, dell'impugnata sentenza, assorbita ogni altra e diversa questione, s'impone la cassazione, con rinvio alla Corte d'Appello di Roma, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo applicazione del principio di cui sopra.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione.