In questo caso si ritiene che sia già stato riconosciuto il ruolo endofamiliare della ex e compensato il sacrificio delle aspettative professionali, oltre che realizzata con tali attribuzioni l'esigenza perequativa.
Con ordinanza n. 32669 del 24 novembre 2023, la Cassazione accoglie il ricorso presentato da Tizio avverso la decisione con cui la Corte d'Appello aveva posto a suo carico l'obbligo di corrispondere alla ex moglie l'assegno divorzile di 750 euro mensili.
In sede di legittimità, il ricorrente contesta l'avvenuto riconoscimento del predetto...
Svolgimento del processo
1.- I.R. ha presentato ricorso per cassazione con uno mezzo, illustrato con memoria, avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna pubblicata il 17 maggio 2022 resa in giudizio divorzile che, in parziale riforma della decisione di primo grado - che aveva respinto la corrispondente domanda - ha posto a carico di R. l’obbligo di corrispondere alla ex moglie M.E. l’assegno divorzile nella misura di euro 750,00= mensili, oltre ISTAT, accogliendo la relativa domanda.
M.E. ha replicato con controricorso, corroborato da memoria.
Il ricorso è stato trattato con il rito camerale ex art.380 bis.1. cod.proc.civ.
Motivi della decisione
2.- Con un unico motivo svolto sotto il triplice profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art.5, comma 6, della legge n.898/1970 e dell’art.2697 cod.civ., della nullità della sentenza per error in procedendo e dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente contesta l’avvenuto riconoscimento dell’assegno divorzile in favore della ex moglie, nonostante fosse stata accertata la autosufficienza economica goduta dalla stessa.
Il ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia omesso di considerare che il patrimonio immobiliare ammontante a circa euro 450.000,00= ed il patrimonio finanziario di oltre euro 500.000, 00= appartenente alla ex moglie era frutto delle donazioni compiute dal marito in costanza di matrimonio e non avrebbe mai potuto essere realizzato con i redditi da ella prodotti autonomamente, prima come impiegata delle Poste e poi come dipendente della SPA F. di cui lo stesso marito era socio.
L’intimata contesta l’assunto, deducendo che il patrimonio realizzato dal coniuge era frutto della sua collaborazione e che lo ha fatto incrementare.
3.1.- Il motivo è fondato e va accolto.
3.2.- Le Sezioni Unite di questa Corte hanno puntualizzato che il riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6 richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione, sia sulla quantificazione dell'assegno; ed hanno soggiunto che il giudizio deve essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto (cfr. Cass. Sez. U. n. 18287/2018; Cass. n. 1882 /2019); in quest’ottica va effettuata una complessiva ponderazione dell'intera storia coniugale e della prognosi futura, tenendo conto anche delle eventuali attribuzioni o degli introiti che abbiano compensato il sacrificio delle aspettative professionali del richiedente e realizzato l'esigenza perequativa (Cass. n. 4215/2021).
La funzione compensativa e perequativa è stata rimarcata pure recentemente.
Si è ribadito, invero, che il riconoscimento dell'assegno divorzile richiede una valutazione comparativa delle condizioni economico- patrimoniali delle parti, che tenga conto del contributo fornito dalrichiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto (cfr. Cass. n. 1882/2019). Si è, quindi, precisato che il riconoscimento dell'assegno divorzile in funzione perequativo- compensativa non si fonda sul fatto, in sé, che uno degli ex coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure della casa e dei figli, né sull'esistenza in sé di uno squilibrio reddituale tra gli ex coniugi - che costituisce solo una precondizione fattuale per l'applicazione dei parametri di cui all'art. 5, comma 6, l. n. 898 del 1970 - essendo invece necessaria un'indagine sulle ragioni e sulle conseguenze della scelta, seppure condivisa, di colui che chiede l'assegno, di dedicarsi prevalentemente all'attività familiare, la quale assume rilievo nei limiti in cui comporti sacrifici di aspettative professionali e reddituali, la cui prova spetta al richiedente (Cass. n.29920/2022). Ciò presuppone un rigoroso accertamento del nesso causale, perché, in assenza della prova di questo nesso causale, l'assegno può essere solo eventualmente giustificato da una esigenza assistenziale, la quale tuttavia consente il riconoscimento dell'assegno solo se il coniuge più debole non ha i mezzi sufficienti per un'esistenza dignitosa e versi in situazione di oggettiva impossibilità di procurarseli (Cass. n. 9144/2023; Cass. n. 10614/2023).
É stato, inoltre, affermato che «Laddove, però, risulti che l'intero patrimonio dell'ex coniuge richiedente sia stato formato, durante il matrimonio, con il solo apporto dei beni dell'altro, si deve ritenere che sia stato già riconosciuto il ruolo endofamiliare dallo stesso svolto e - tenuto conto della composizione, dell'entità e dell'attitudine all'accrescimento di tale patrimonio – sia stato già compensato il sacrificio delle aspettative professionali oltre che realizzata con tali attribuzioni l'esigenza perequativa, per cui non è dovuto, in tali peculiari condizioni, l'assegno di divorzio.» (Cass. n. 21926/2019).
3.3.- Nel caso in esame, la Corte di merito, nell’espletare gli accertamenti propedeutici al riconoscimento dell’assegno divorzile ed al riscontro della sussistenza dei presupposti richiesti, non si è attenuta agli anzidetti principi tanto più che non ha illustrato sulla scorta di quali specifiche evenienze abbia ritenuto che: i) la ricorrente avesse rinunciato ad aspettative professionali e reddituali, posto che dopo avere lasciato l’impiego alle Poste aveva iniziato a lavorare come dipendente della società del marito ed aveva avuto modo di accumulare un notevole patrimonio, anche se inferiore a quello dell’ex marito; ii) la E. avesse contribuito in maniera significativa al successo imprenditoriale del marito, lavorando nell’impresa, posto che non viene specificato il tipo dalla stessa attività svolta; iii) il ruolo endofamiliare - svolto evidentemente senza pregiudizio per l’attività lavorativa proseguita presso la società di famiglia - fosse stato anch’esso decisivo al conseguimento della posizione reddituale del marito.
Infine, la Corte di merito non ha affatto considerato se il patrimonio della E. e il suo accrescimento fosse da ascrivere a dazioni dell’ex coniuge, oltre che la congruità del suo ammontare con l’attività lavorativa svolta dalla stessa, laddove, in tal caso, avrebbe dovuto prendere in esame – e non lo ha fatto – se, ove vi fosse stato un sacrificio delle aspettative professionali, con tali attribuzioni fosse stato già compensata l'esigenza perequativa, tanto da potersi giungere anche ad escludere, in tali peculiari condizioni, l'assegno di divorzio.
3.4.- Va aggiunto che, non risulta né pertinente, né decisiva, la diamina delle condizioni di separazione concordate consensualmente tra le parti, dalle quali la Corte retrae che il R., nell’ambito della sua autonomia negoziale, aveva in quella sede ritenuto equo assicurare alla E. un reddito, sol che si consideri: i) la differente natura dell’assegno di mantenimento previsto nel caso di separazione personale, da quello divorzile; ii) la autonomia dei presupposti previsti per quest’ultimo; iii) non ultimo, il carattere contenzioso del giudizio divorzile intrapreso, sintomatico della netta cesura con gli approdi convenzionali maturati in fase di separazione, inutilizzabili – ove questa fosse stata l’intenzione della Corte territoriale - quali criteri interpretativi della volontà delle parti espressa nel giudizio divorzile.
4.- In conclusione, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio della causa, anche per la statuizione sulle spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione, che si atterrà ai principi prima ricordati.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
P.Q.M.
- Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;
- Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. n. 196 del 2003, art. 52.