
Il nuovo istituto può trovare applicazione rispetto ad un numero più ampio di reati e, in virtù della sua natura sostanziale, anche con riguardo a fatti di reato commessi prima dell'entrata in vigore della riforma.
La controversia trae origine dal ricorso proposto dall'imputato avverso la decisione della Corte d'Appello che lo aveva dichiarato responsabile del reato di falsa testimonianza
Svolgimento del processo
1. La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 30 novembre 2022, ha confermato quella pronunziata dal Tribunale di Monza che ha dichiarato A.M. responsabile del reato di falsa testimonianza ex artt. 372 cod. pen., per avere deposto il falso quale testimone davanti al Tribunale di Monza, negando che la propria madre avesse insultato gli operanti della Polizia locale di Biassono e che avesse poi scagliato un vaso di fiori danneggiando il computer posto all'interno degli uffici del Comando, condannandolo, con le attenuanti generiche, alla pena di anni uno di reclusione.
La Corte dava preliminarmente atto dell'acquisizione della prova certa e incontroversa della responsabilità, emergente dalla ricostruzione documentale (trascrizioni del procedimento in cui la madre era imputata di oltraggio a pubblico ufficiale) e dalle testimonianze di C.G. (uno dei pubblici ufficiali presenti al fatto), oltre che della stessa madre. Quindi, in ordine alla invocata causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 384 cod. pen., disattendeva la tesi difensiva ritenendone la inoperatività, atteso che il teste non si era avvalso della facoltà di astenersi dal deporre, della quale era stato debitamente avvisato.
Riteneva altresì inapplicabile il disposto di cui all'art. 131-bis cod. pen. in ragione della cornice edittale del reato contestato. Riduceva la pena inflitta, parametrandola al minimo edittale, e rigettava la richiesta di applicazione della sospensione condizionale della pena, in ragione di una precedente concessione e dello sfavorevole giudizio prognostico, essendo lo stesso imputato ristretto in relazione a una condanna ad anni sei di reclusione.
2. Il difensore di M. ha presentato ricorso per cassazione avverso la citata sentenza e ne ha chiesto l'annullamento, denunziando la violazione di legge con riferimento:
- ali' erroneo diniego della causa di non punibilità di cui all'art. 384, primo comma, cod. pen., dal momento che il pericolo del nocumento si realizza solo allorché il soggetto sia comunque tenuto a deporre;
- all'erroneo rifiuto della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen., dal momento che secondo la recente riforma legislativa (c.d. Cartabia) essa è applicabile ai reati la cui pena detentiva minima non supera i due anni;
- all'erroneo diniego della sospensione condizionale della pena, dal momento che il reato ostativo era stato oggetto di sentenza di patteggiamento ed era stato dichiarato estinto ai sensi dell'art. 167 cod. pen.
3. Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è parzialmente fondato, per le ragioni e nei limiti di seguito indicati.
2. Il primo motivo di ricorso è per un verso ripetitivo delle doglianze già esposte e motivatamente disattese dalla Corte di appello e per altro verso infondato. La Difesa insiste circa l'applicabilità della causa cli non punibilità ex art. 384, primo comma, cod. pen. anche nel caso del prossimo congiunto che, ricevuti gli avvisi a norma dell'art. 199 cod. proc. pen. sulla facoltà di astenersi dal rendere testimonianza, deponga il falso. Correttamente la sentenza impugnata ha richiamato il consolidato indirizzo di legittimità, secondo cui la causa soggettiva di non punibilità prevista dall'art. 384, primo comma, cod. pen. per chi abbia dichiarato il falso, essendovi costretto per salvare sé o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore, non può trovare applicazione nelle ipotesi in cui il testimone abbia dichiarato il falso, pur essendo stato avvertito della facoltà di astenersi dal testimoniare ed abbia rinunciato ad esercitare tale facoltà (Sez. U, 29/11/2007 n. 7208, dep. 2008, Genovese, Rv. 238383; Sez. 6, n. 42818 del 14/05/2013, Tortorici, Rv. 257147). Va ribadito che il soggetto in stato di potenziale incompatibilit a testimoniare ex art. 199 cod. proc. pen., in quanto prossimo congiunto dell'imputato, che abbia scelto di non astenersi dalla testimonianza, assume la qualità di testimone al pari di ogni altro soggetto chiamato a testimoniare. E dunque con tutti gli obblighi connessi alla qualità di testimone dettati dall'art. 198 cod. prnc. pen., di tal che egli è tenuto a dichiarare il vero, essendo venute meno - in conseguenza della scelta di deporre effettuata dallo stesso interessato - le ragioni giustificanti la tutela della sua peculiare posizione di prossimo congiunto (esigenza di rispettare l'istinto difensivo, diretto o mediato, indotto dai vincoli di solidarietà familiare).
3. Del tutto generica è la richiesta di concessione della sospensione condizionale della pena di cui al terzo motivo, denegata dalla Corte territoriale non solo in ragione di una precedente condanna (che la difesa sostiene essere estinta ex art. 167 c.p.), ma di una prognosi negativa di non recidivanza, trovandosi il ricorrente allo stato detenuto per un altro fatto di reato, in relazione al quale è intervenuta, pur non definitiva, una condanna ad anni sei di reclusione. Peraltro, secondo consolidato indirizzo giurisprudenziale l'estinzione di un precedente reato non ne esclude la valutazione ai fini del giudizio prognostico da svolgere, alla luce dei criteri cli cui all'art. 133 cod. pen., in base all'art. 164, primo comma, cod. pen., ai sensi del quale "la sospensione condizionale della pena è ammessa soltanto se ... il giudice presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati". Infatti, l'art. 133, secondo comma, n. 2, cod. pen., prevede la rilevanza non solo dei precedenti penali e giudiziari, ma anche più in generale della condotta di vita del reo, antecedente al fatto (Sez. 4, n. 41291 del 11/09/2019, Pagani, Rv. 277355).
4. Viceversa, il secondo motivo, volto a lamentare il diniego di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, è fondato.
Nel provvedimento impugnato il rigetto della richiesta è giustificato dalla indicazione di una cornice edittale ostativa a tale beneficio, 09gi non più vigente, facendo riferimento a un reato che supera il limite massimo di pena di anni cinque (la falsa testimonianza, per cui è prevista una pena da due a sei anni), laddove la riforma cd. Cartabia ha modificato tale limite (stabilendo che la causa di non punibilità possa trovare spazio applicativo in relazione ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore al minimo di due anni).
Il nuovo art. 131-bis, cod. pen., come modificato dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), d. lgs. n. 150/2022, prevede infatti l'applicabilità generalizzata dell'istituto a tutti i reati puniti con pena minima pari o inferiore a due anni. È quindi stato eliminato ogni riferimento al limite massimo della pena edittale. Cosicché, ferme restando le eccezioni previste dalla norma, il nuovo istituto potrà trovare applicazione rispetto a un numero più ampio di reati, e, tra le novità, con specifico riferimento ai parametri di valutazione, va segnalata anche quella che consente al giudice di considerare la condotta susseguente al reato.
La norma è entrata in vigore il 30 dicembre 2022, giusta il disposto dell'art. 6 del d.l. n. 162/2022 e, sulla sua natura, soccorre il diritto vivente: l'istituto ha natura sostanziale (Sez. U, n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj), con la conseguenza che la stessa, come novellata, deve trovare applicazione anche rispetto ai fatti di reato commessi prima dell'entrata in vigore della riforma, in ossequio alla regola generale rinvenibile nell'art. 2, quarto comma, cod. pen., siccome legge più favorevole rispetto a quella previgente (Sez. 4, n. 17190 ciel 16/03/2023, Di Mento, Rv. 284606).
La richiesta formulata dalla parte nel giudizio di merito è stata esaminata solo sotto il profilo dei limiti di pena, profilo, per l'appunto, profondamente inciso dalla riforma nei termini di cui sopra, rendendo necessario un approfondimento al riguardo.
5. Ne consegue l'annullamento della sentenza limitatamente a tale punto, affinché la Corte di merito proceda a nuovo giudizio sulla offensività del fatto, alla luce dei nuovi parametri legali di cui all'art. 131-bis, cod. pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata relativamente alla causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131-bis, cod. pen., rinviando per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d'appello di Milano. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.