Questo il risultato del bilanciamento tra l'interesse religioso e il diritto alla salute. Il Consiglio di Stato ha infatti affermato che non emerge con evidenza la prova scientifica dell'assenza dei presupposti per l'iscrizione della sostanza nella tabella che indica le sostanze stupefacenti e psicotrope (tabella I D.P.R. n. 309/1990).
Iceflu Italia (associazione civile di carattere religioso e filantropico senza scopo di lucro che professa la fede e la carità cristiana basata sulla dottrina del “Santo Daime”) propone appello contro la sentenza del TAR Lazio che aveva respinto il suo ricorso contro il decreto del 23 febbraio 2022 con cui il Ministero della Salute aveva inserito nella tabella I del
La ricorrente sostiene infatti che tale bevanda è fondamentale all'interno delle funzioni religiose dell'Iceflu poiché utilizzata perl'esercizio del culto, consistendo nella decozione in acqua di due piante della foresta amazzonica.
Al riguardo, il TAR Lazio aveva evidenziato come dai pareri dell'Istituto superiore della sanità e del Consiglio superiore della sanità era emersa la natura allucinogena del composto, essendo l'ayahuasca ritenuta una sostanza psicoattiva.
La decisione del TAR Lazio viene confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 9897 del 20 novembre 2023, con la quale si evidenzia, in sostanza, che la ricorrente avrebbe dovuto contestare non tanto l'intero disposto del D.M. 23 febbraio 2023 ove prevede l'inserimento nella tabella I del
Da ciò il Consiglio di Stato ha evinto che le argomentazioni a supporto della tesi della ricorrente non portano a provare l'insussistenza dei presupposti per il contestato aggiornamento della tabella ministeriale con riferimento all'inserimento dell'ayahuasca, ma può eventualmente condurre a tale prova solo con riferimento al preparato “Santo Daime”, ove la sostanza risulterebbe molto diluita. Ciò si traduce nella pretesa dell'associazione di ottenere un'eccezione per il preparato, ma non nella contestazione delle proprietà allucinogene dell'ayahuasca.
In relazione al sindacato del Giudice amministrativo circa la discrezionalità tecnico-scientifica dell'Amministrazione, i Giudici sottolineano che esso è pieno e legittimo, specialmente come in casi come quello in esame dove i campi del sapere cui fa rinvio la norma incompleta e ai quali deve attingere l'Amministrazione ai fini del provvedere appartengono all'area delle “scienze esatte”, suscettibili di prova sperimentale ripetibile, e non nell'area delle “scienze sociali” o “scienze umane”, che hanno margini molto più ampi di opinabilità.
Tuttavia, anche a voler applicare tale più ampio metodo di indagine e di sindacato sulla discrezionalità tecnica esercitata dall'Amministrazione, il Collegio afferma che le deduzioni e le produzioni di parte nel caso di specie non presentano quella “maggiore attendibilità” idonea a far dubitare dell'attendibilità tecnico-scientifica dell'istruttoria compiuta dall'Amministrazione e delle conclusioni cui essa è giunta, avendo riguardo anche al fatto che il contestato inserimento dell'ayahuasca si fonda sull'asserita sussistenza di “nuove acquisizioni scientifiche”, e non sull'inclusione o menzione della sostanza o del preparato “nelle convenzioni e negli accordi internazionali”.
In conclusione, il Collegio condivide la tesi del primo Giudice secondo cui dalle perizie versate in atti non emerge con evidenzala prova scientifica degli effetti onirici in luogo di quelli allucinogeni, o comunque l'assenza dei presupposti per l'iscrizione della sostanza in questione nella tabella I del Decreto citato, dovendosi quindi ritenere fondate e legittime le determinazioni desunte dai pareri dell'ISS e del CSS.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza (ud. 9 novembre 2023) 20 novembre 2023, n. 9897
Svolgimento del processo
1. Con il ricorso in esame, notificato il 12 giugno 2023, la Chiesa Italiana del Culto Eclettico della Fluente Luce Universale – Iceflu Italia, associazione civile di carattere religioso e filantropico senza scopo di lucro, che professa la fede e la carità cristiana basata sulla dottrina del “Santo Daime”, ha proposto appello avverso la sentenza n. 6031/2023 del 7 aprile 2023 con la quale il Tar del Lazio, sez. III-quater, ha respinto il ricorso (RG n. 13589/22) diretto avverso il decreto del Ministero della salute 23 febbraio 2022, nella parte in cui (art. 1) ha inserito “nella tabella I del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309 e successive modificazioni” (tabella contenente l’indicazione delle sostanze stupefacenti e psicotrope) le seguenti “piante ed loro componenti attivi: Ayahuasca, estratto, macinato, polvere (denominazione comune)”.
2. Ha esposto in fatto la ricorrente che la “bevanda sacramentale Santo Daime” - considerata dai fedeli aderenti all’ente ricorrente “una manifestazione del sangue di Nostro Signore Gesù Cristo la cui assunzione rituale (equivalente al sacramento della comunione nella Chiesa cattolica)”, imprescindibile all’interno delle funzioni religiose dell’Iceflu, in quanto necessaria per l’esercizio del culto - è preparata attraverso la decozione in acqua di due piante della foresta amazzonica: i fusti della liana Banisteriopsis caapi e le foglie dell’arbusto Psychotria viridis, e deriva dalla tradizione indigena pluri-secolare di alcune tribù del bacino della foresta amazzonica, dove è conosciuta con diversi nomi indigeni, tra cui il più diffuso è “ayahuasca”.
2.1. Sempre in fatto ha aggiunto l’Ente esponente che il “Santo Daime”, consumato esclusivamente nelle cerimonie dell’Iceflu Italia secondo uno specifico protocollo, proviene dall’Iceflu Brasile e rispetta tutte le norme della disciplinare del Governo brasiliano, e che da circa cinquant’anni l’ayahuasca è studiata a livello scientifico e nei decenni si sono intensificati gli studi a livello multidisciplinare: botanica, antropologia, farmacologia, medicina, psicologia, sociologia e diritto, in base ai quali risulta come nelle oltre cinquantamila assunzioni registrate in trentadue anni di attività in Italia, non si sia mai registrato un singolo caso di problema di salute o di ordine pubblico, sicché l’uso controllato, anche in un contesto religioso come nel caso del “Santo Daime”, non solo non sembra presentare rischi per la salute e l’ordine pubblico, ma addirittura può favorire miglioramenti nel benessere generale delle persone che frequentano queste cerimonie.
3. Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso (compensando le spese) sul rilievo che l’art. 14, comma 2, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 prevede che, oltre a tutte le sostanze e i preparati indicati nelle convenzioni e negli accordi internazionali, le tabelle devono contenere anche le sostanze e i prodotti che sono indicati in base a nuove acquisizioni scientifiche. Ha poi respinto le censure di difetto di istruttoria sulla constatazione che il decreto impugnato è stato emesso previa acquisizione dei pareri dell’Istituto superiore di sanità (ISS) e del Consiglio superiore di sanità (CSS), ossia le due più importanti e prestigiose istituzioni tecnico-sanitarie dell’ordinamento nazionale in materia sanitaria, che, al riguardo, hanno evidenziato la natura allucinogena e di sostanze psicoattive dell’ayahuasca e dell’armina e dell’armalina nonché, entro gli indicati limiti, la loro tossicità e la ricorrenza del loro uso sul territorio nazionale.
4. Con il ricorso in appello in trattazione l’Iceflu ha in sostanza riproposto, in chiave di critica alla sentenza appellata, le tesi già proposte e sviluppate in primo grado, deducendo più nel dettaglio i seguenti motivi di censura:
4.1. “Error in iudicando. Violazione e/o falsa applicazione degli artt.13 e 14 del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309. Eccesso di potere sotto le figure sintomatiche del difetto di istruttoria, carenza dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità e contraddittorietà. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 primo comma e 19 della Costituzione. Illegittimità costituzionale”: non sussisterebbe nella fattispecie nessuno dei due parametri ai quali l’art. 13, comma 2, del testo unico sugli stupefacenti vincolerebbe l’attività ministeriale di aggiornamento delle tabelle contenenti le sostanze vietate, poiché l’ayahuasca non è inserita nelle “convenzioni ed accordi internazionali” né le sue proprietà emergono da “nuove acquisizioni scientifiche”, mentre il riferimento, nelle motivazioni del decreto, alle “informazioni estrapolate dalla letteratura internazionale” non integrerebbe le “nuove acquisizioni scientifiche” di cui all’art. 13 del T.U., e richiamerebbe, oltre ai pareri dell’ISS e del CSS, testi vecchi e superati o testi favorevoli all’ayahuasca (desunti dai riferimenti bibliografici contenuti all’interno dei pareri dell’ISS e del CSS); nessuna nuova molecola sarebbe stata scoperta e nessuna nuova acquisizione scientifica sarebbe rinvenibile, a fronte di un uso ormai pluridecennale dell’ayahuasca, sostanza studiata da 40-50 anni con ampio numero di pubblicazioni scientifiche sulle riviste internazionali.
4.2. Difetterebbero nel caso dell’ayahuasca i presupposti stabiliti dall’art. 14 del d.P.R. n. 309 del 1990, ossia la capacità della sostanza di produrre “effetti sul sistema nervoso centrale” e “di determinare dipendenza fisica o psichica”, non avendo la predetta sostanza “potere tossicomanigeno” e non essendo mai stata “oggetto di abuso” (come sarebbe dimostrato dalle perizie scientifiche depositate nel fascicolo di primo grado, che comprovano l’assenza di dipendenza e tolleranza per chi utilizza l’ayahuasca, una buona tollerabilità ed un basso rischio di abuso).
4.3. Il provvedimento impugnato presenterebbe un ulteriore profilo di difetto di istruttoria e carenza dei presupposti lì dove fa riferimento, a giustificazione dell’inserimento delle sostanze sopra indicate nella tabella I del testo unico, a presunte “informazioni estrapolate dalla letteratura internazionale”, letteratura internazionale che in realtà affermerebbe esattamente il contrario di quanto sostenuto dall’Amministrazione, così come evidenziato nelle perizie allegate in atti; molti degli autori dei 12 testi di bibliografia citati dall’ISS sarebbero tra i pionieri dello studio dell’ayahuasca e sarebbero dichiaratamente a favore del suo uso, sia rituale sia terapeutico; solo la Francia avrebbe inserito l’ayahuasca fra le sostanze psicoattive sottoposte a controllo, mentre non è stata finora messa sotto controllo nella maggior parte dei paesi dell’Unione Europea, così come nella stragrande maggioranza delle nazioni del mondo; esisterebbe una significativa regolamentazione internazionale dell’ayahuasca negli Stati Uniti, dove la Corte Suprema ha dichiarato nel 2004 che il Governo statunitense non può ledere il diritto di culto con restrizioni dell’uso rituale di ayahuasca, dal momento che non vi è prova di rischi per la salute e l’ordine pubblico nell’uso controllato in contesto religioso.
4.4. Le note del Sistema Nazionale di Allerta Precoce (S.N.A.P.) e i due casi di intossicazione da armina richiamati in motivazione non sarebbero direttamente riconducibili all’assunzione di ayahuasca in quanto “il CAV di Pavia ha segnalato due casi di intossicazione legati all’assunzione di armina”.
4.5. Il Tar avrebbe erratamente escluso la possibilità di riconoscere tutela all’uso religioso dell’ayahuasca, così come ha escluso la possibilità che vi sia un controllo pubblico di tali cerimonie.
4.6. La parte appellante ha infine prospettato taluni profili di incostituzionalità del divieto di utilizzo dell’ayahuasca nell’ambito religioso del “Santo Daime” (per violazione degli artt. 3, 8 e 19 della Costituzione, che ridonderebbe anche nella lesione dei diritti inviolabili della persona di cui all’art. 2) e ha criticato la statuizione resa in proposito dal Tar, che ha ritenuto non fondata tale questione affermando che la libertà di culto può trovare limitazioni in presenza della necessità di tutelare diritti fondamentali, quale quello alla salute (richiamando al riguardo la pronuncia della CEDU n. 28167/2007, che ha respinto, in ragione della tutela della salute pubblica, la pretesa violazione dell’art. 9 della Convenzione in presenza proprio di divieto all’uso dell’ayahuasca nelle cerimonie religiose); secondo la parte appellante la decisione della CEDU richiamata dal Tar sarebbe superata a livello scientifico dalle pubblicazioni successive e sarebbe comunque non condivisibile perché riferita al rischio per la salute derivante dalla DMT (dimetiltriptammina), con richiamo all’ayahuasca solo in quanto contenente DMT.
5. Si sono costituiti a resistere in giudizio la Presidenza del consiglio dei ministri, il Ministero della salute e l’Istituto superiore di sanità, che hanno concluso per l’inammissibilità e comunque per l’infondatezza del ricorso in appello.
6. Con atto notificato il 5 luglio 2023 ha spiegato intervento ad adiuvandum il Centro Espírita Beneficente União Do Vegetal in Italia, o UDV-Italia.
7. Le parti hanno quindi depositato memorie e documenti.
8. In particolare in data 29 settembre 2023 sia l’Iceflu che il Centro Espírita Beneficente União Do Vegetal in Italia hanno depositato numerose pubblicazioni scientifiche.
9. Alla pubblica udienza del 9 novembre 2023 la causa è stata chiamata, discussa e assegnata in decisione.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato e deve come tale essere respinto.
2. Ritiene il Collegio che l’impugnativa, così come proposta dalla Chiesa appellante, intesa a conseguire l’annullamento del decreto del Ministero della salute del 23 febbraio 2023 nella parte in cui dispone l’inserimento nella tabella I di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 della “Ayahuasca, estratto, macinato, polvere (denominazione comune), ecceda l’esigenza di tutela rappresentata dalla parte ricorrente, chiaramente intesa a conseguire, come espressamente affermato nella pag. 3 del ricorso in appello, un’autorizzazione all’uso controllato non già delle sostanze previste dal punto 1 del dispositivo del decreto impugnato, in quanto tali, ma esclusivamente il preparato, a base di ayahuasca, denominato “Santo Daime”, consumato esclusivamente nelle cerimonie dell’Iceflu Italia secondo uno specifico protocollo, proveniente dall’Iceflu Brasile e rispettosa di tutte le norme della disciplinare del governo brasiliano. Ed invero, come si legge alla menzionata pag. 3 dell’appello, “ICEFLU ha immediatamente avviato un confronto con il Ministero chiedendo una deroga, anche solo temporanea in via sperimentale, sotto controllo dell’autorità di Pubblica Sicurezza e Sanitaria, per l’uso controllato in contesto religioso e sacramentale del decotto”.
3. Nel sistema del d.P.R. n. 309 del 1990 l’inserimento delle sostanze nelle tabelle di cui agli artt. 13 e 14 non implica di per sé un divieto assoluto di uso controllato delle predette sostanze, ma esclusivamente la sottoposizione di tali sostanze alla vigilanza e al controllo del Ministero della salute. Ed infatti il Titolo II (Delle autorizzazioni), nell’art. 17 (Obbligo di autorizzazione), ammette, alle condizioni indicate dalla legge, l’autorizzazione, da parte del Ministero della salute, della coltivazione, produzione, fabbricazione, impiego, importazione, etc. delle sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle di cui all’articolo 14.
3.1. Parallelamente, come è noto, a seguito del referendum popolare abrogativo del 1993, il d.P.R. 5 giugno 1993, n. 171 ha disposto l’abrogazione del comma 1 dell’art. 72 del d.P.R. n. 309 del 1990 che vietava “l’uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I, II, III e IV, previste dall'art. 14”.
4. Significativamente la parte appellante ha molto insistito, sia nel ricorso in appello che nelle memorie difensive, nonché in sede di discussione della causa nell’udienza pubblica del 9 novembre 2023, sul fatto che il “Santo Daime” contiene una quantità minima di ayahuasca, fortemente diluita, di gran lunga inferiore al limite indicato come tossico – 4ml/kg – dall’Istituto superiore di sanità.
4.1. Nella pag. 11 del ricorso in appello (sub §1.4.1) si evidenzia, ad esempio, che “Sebbene l'ayahuasca sia psicoattiva, ciò non significa che le dosi che di solito vengono ingerite durante le sessioni producano tossicità organica o cerebrale. Secondo la scienza della tossicologia, la dose minima psicoattiva non dovrebbe essere equivalente alla dose tossica, se per tossicità si intende la capacità di una sostanza di indurre un danno ad un organismo attraverso le sue proprietà chimiche dopo essere stata a contatto con l’organismo”.
4.1.1. Alla stessa stregua, nella pag. 17 del ricorso in appello si riferisce che “nella consulenza P.-B. (All. n. 13 del fascicolo di primo grado) a proposito della differenza di effetti tra assunzione di alcaloidi puri (DMT, Armina) e assunzione di ayahuasca, si legge testualmente che “non è possibile identificare l’azione farmacologica e psicoattiva dell’Ayahuasca con quella della DMT pura assunta per altre vie rispetto a quella orale (Callaway et al., 1999; Grob et al., 1996): la farmacocinetica della DMT contenuta nell’Ayahuasca risulta completamente diversa dall’assunzione di una dose allucinogena (50 mg) della stessa per via nasale o iniettata”.
4.1.2. Nella successiva pag. 19 ci si duole del fatto che il Tar avrebbe sminuito “il dato relativo alle quantità assunte nel rito del Santo Daime” e si afferma che “che nell’assunzione orale gli effetti dipendono in modo sostanziale e decisivo dalla quantità congiunta di DMT e beta carboline e non solo, in quanto diluiti nell’arco della digestione (sia come stomaco sia come intestino) sono effetti estremamente più blandi della DMT. Se si prende il caso del Santo Daime, tutte le analisi chimiche effettuate dalla polizia in Italia negli ultimi 23 anni, mostrano una presenza media dello 0,05% di DMT e dello 0,15% di betacarboline (si veda consulenza Politi-Baiocchi). Quindi gli effetti allucinogeni della DMT pura al 100% iniettata in vena o sniffata, non hanno nulla a che fare con quelli della DMT naturale assunta per via orale con concentrazioni dello 0,05% e diluita nell’arco di 3-4 ore di digestione”.
4.1.3. Si aggiunge, inoltre, significativamente, che “Se durante le cerimonie se ne beve una tazzina da caffè con presenza dello 0,05% di DMT non si può sostenere che la Bevanda abbia lo stesso effetto della DMT pura (100%), appunto allucinogenico”, per poi concludere che “In altre parole, l’effetto allucinogenico dipende da: i) modalità di assunzione e tempo di assorbimento (nasale/endovenosa vs orale + digestione); ii) percentuale di presenza degli alcaloidi (100% vs 0,05% nel caso del Santo Daime usato nei rituali dell’ICEFLU Italiana); iii) dosaggio (come già detto le dosi nelle cerimonie sono di gran lunga inferiori come quantità di armalina e armina rispetto al limite indicato come tossico – 4ml/kg - da ISS)”.
4.1.4. Sempre nelle pagg. 19 e 20, alla fine del paragrafo 1.4.4, la parte appellante significativamente afferma che “Il Giudice di primo grado, in sostanza, erra nel giustificare il decreto ministeriale dal momento che questo proibisce anche quello che, per quantità e dosaggio, non è allucinogeno; basti considerare, ad esempio, che l’alcol non è vietato ma, in alcune occasioni, ove abusato o in particolari soggetti, può essere allucinogeno (mentre l’ayahuasca non lo è). In ogni caso, anche ammessa (e non concessa) la tesi dei possibili effetti allucinogeni, il decreto impugnato in primo grado è illegittimo laddove vieta l’ayahuasca in maniera totale e indiscriminata, senza prevedere che, al di sotto di una specifica quantità e dosaggio, la sua assunzione non provoca certamente effetti tossici o allucinogeni così come implicitamente ammesso nei pareri dell’ISS e del Consiglio Superiore di Sanità”.
4.1.5. Nel paragrafo 1.8 del ricorso in appello (pag. 27), la parte appellante si riferisce poi più specificamente “all’utilizzo dell’ayahuasca nel rito religioso” e lamenta che il Tar abbia “del tutto escluso la possibilità di riconoscere tutela all’uso religioso dell’ayahuasca così come ha escluso la possibilità che vi sia un controllo pubblico di tali cerimonie. L’ISS, ad esempio, indica come dose tossica per uso orale di armina la quantità di 4 mg/kg. Ebbene, nell’uso rituale del Santo Daime, le quantità sono di gran lunga inferiori. Può, dunque, sostenersi con certezza che nell’uso controllato religioso del Santo Daime (o in altri usi come quello terapeutico) le dosi servite sono molto al di sotto della dose di tossicità per l’ayahuasca nel suo complesso (ed anche per DMT e armina singolarmente)”.
4.2. Questo punto, centrale, per cui, nella prospettazione di parte appellante, la concentrazione di sostanze allucinogene – armina, armalina, DMT, etc. – nella bevanda “Santo Daime” sarebbe di gran lunga inferiore ai dosaggi ritenuti capaci di effetti allucinogeni, viene ripreso e sottolineato in più punti nelle memorie difensive (così nella memoria in data 9 ottobre 2023 si afferma, pag. 9, circa i sequestri di ayahuasca, di armina e di armalina segnalati al Sistema Nazionale di Allerta Precoce - S.N.A.P., che “in ogni caso non si tratta di Santo Daime. In altre parole, non viene segnalato nessun caso di intossicazione ed effetti avversi registrati nella letteratura scientifica a livello mondiale da assunzione di ayahuasca nel contesto religioso dell’ICEFLU (Santo Daime) e UDV, a fronte di decine di migliaia di frequentatori e centinaia di migliaia di assunzioni ogni anno a livello mondiale”. Allo stesso modo, nel § 4 di pag. 12 della predetta memoria si ribadisce che il Tar avrebbe “sminuito il dato relativo alle quantità assunte nel rito del Santo Daime, mentre va tenuto conto che nell’assunzione orale gli effetti dipendono in modo sostanziale e decisivo dalla quantità congiunta di DMT e beta carboline e non solo, in quanto diluiti nell’arco della digestione (sia come stomaco sia come intestino) sono effetti estremamente più blandi della DMT. Se si prende il caso del Santo Daime, tutte le analisi chimiche effettuate dalla polizia in Italia negli ultimi 23 anni, mostrano una presenza media dello 0,05% di DMT e dello 0,15% di betacarboline (si veda consulenza P.-B.)”.
5. Ma allora ciò che l’Iceflu avrebbe dovuto contestare non è tanto l’intero disposto del d.m. del 23 febbraio 2023, nella parte in cui prevede l’inserimento nella tabella I del d.P.R. n. 309 del 1990 della “Ayahuasca, estratto, macinato, polvere (denominazione comune), ma solo l’eventuale diniego di autorizzazione o di deroga da parte del Ministero in relazione all’uso controllato in un contesto religioso della bevanda denominata “Santo Daime” (o l’eventuale silenzio serbato dal Ministero sulla relativa domanda). È rivelatore sul punto quanto affermato in appello, nel già richiamato passo di pagg. 19-20, dove si dice chiaramente che “il decreto impugnato in primo grado è illegittimo laddove vieta l’ayahuasca in maniera totale e indiscriminata, senza prevedere che, al di sotto di una specifica quantità e dosaggio, la sua assunzione non provoca certamente effetti tossici o allucinogeni così come implicitamente ammesso nei pareri dell’ISS e del Consiglio Superiore di Sanità”.
6. Emerge, dunque, che la tesi e le argomentazioni di parte ricorrente non conducono alla prova dell’insussistenza dei presupposti per il contestato aggiornamento della tabella ministeriale in relazione all’ayahuasca in sé considerata, ma potrebbero eventualmente condurre a una siffatta prova solo relativamente al preparato “Santo Daime”, nel quale l’ayahuasca risulterebbe molto diluita. La pretesa di parte ricorrente mira dunque a ottenere un’eccezione per il “Santo Daime”, ma non contesta adeguatamente le proprietà allucinogene dell’ayahuasca. Parte ricorrente, in altri termini, avrebbe dovuto chiedere un’eccezione per l’uso controllato del “Santo Daime” anziché contestare l’inserimento nella tabella ministeriale dell’ayahuasca in sé considerata.
7. Se, infatti, stando alla ora riferita prospettazione della Chiesa appellante, il “Santo Daime” potrebbe in astratto essere valutabile sul piano autorizzativo, risulta invece difficile negare, come ha preteso di fare la Chiesa ricorrente, che le sostanze suddette, inserite nella I tabella del d.P.R. n. 309 del 1990, in sé considerate e se assunte in quantità maggiori rispetto a quella del preparato “Santo Daime”, siano prive di quelle caratteristiche che ne giustificano e ne consentono l’inserimento (ossia che possano produrre “effetti sul sistema nervoso centrale” e “determinare dipendenza fisica o psichica dello stesso ordine o di ordine superiore a quelle precedentemente indicate” (nella tabella I, lettera a), numeri da 1) a 3) o possano “provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali”). In ogni caso la pretesa di pervenire a una siffatta dimostrazione eccede l’interesse tutelabile, per come dischiarato dalla stessa parte ricorrente.
8. Ritiene quindi il Collegio che l’appello – e l’intervento ad adiuvandum proposto dal Centro Espírita Beneficente União Do Vegetal in Italia, o UDV-Italia - non abbiano consentito, nonostante la copiosa produzione scientifica depositata in atti, di superare la tenuta scientifica dei pareri dell’Istituto superiore di sanità del 19 novembre 2021 e del 22 dicembre 2021 e il parere del Consiglio superiore di sanità, espresso nella seduta dell’11 gennaio 2022, sicché, in conclusione, la determinazione amministrativa impugnata, ad avviso del Collegio, regge al vaglio di legittimità proprio della presente sede giurisdizionale, esclusa ogni valutazione del merito tecnico-scientifico e ogni sindacato sulla convenienza e opportunità della decisione amministrativa contestata.
9. A tal proposito il Collegio ritiene di dover precisare che le conclusioni ora enunciate, circa l’inidoneità delle prospettazioni e delle produzioni scientifiche di parte appellante e interventrice a invalidare la legittimità dell’apprezzamento tecnico-discrezionale compiuto dall’Amministrazione, restano valide anche a voler aderire alla tesi più larga circa lo spazio consentito al sindacato del Giudice amministrativo sulla discrezionalità tecnico-scientifica dell’amministrazione, tesi evidentemente sottesa alle deduzioni di parte appellante. Recente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. VI, 23 settembre 2022, n. 8167) ha infatti affermato la pienezza del sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica esercitata dall’Amministrazione, in specie quando, come nel caso in esame, i campi del sapere ai quali fa rinvio la norma incompleta e ai quali deve attingere l’Amministrazione ai fini del provvedere, appartengano all’area delle così dette “scienze esatte”, suscettibili di prova sperimentale ripetibile, e non all’area delle così dette “scienze sociali” o “scienze umane”, che presentano, invece, margini molto ampi di opinabilità (Cons. Stato, sez. IV, 21 marzo 2023, n. 2836; Id., 18 aprile 2023, n. 3892; sez. VI, 9 maggio 2023, n. 4686). In questa prospettiva, dunque, in special modo nel caso, quale quello qui in trattazione, nel quale vengono in rilievo scienze e conoscenze propriamente tecniche, della chimica, della medicina, della biologia, della tecnologia farmaceutica, della psichiatria, dell’etnobotanica, sarebbe possibile pervenire a una piena sindacabilità dei fatti opinabili, anche sulla base di un criterio di “maggiore attendibilità” della tesi emergente in giudizio, alla luce delle deduzioni e delle produzioni di parte, rispetto a quella fatta propria dall’Amministrazione nell’atto impugnato.
9.1. Tuttavia, anche a voler applicare tale più ampio metodo di indagine e di sindacato sulla discrezionalità tecnica esercitata dall’Amministrazione, è convincimento del Collegio che le deduzioni e produzioni di parte, peraltro focalizzate soprattutto sugli effetti dell’assunzione della bevanda “Santo Daime”, non assumono e non presentano quella “maggiore attendibilità” idonea a far dubitare dell’attendibilità tecnico-scientifica dell’istruttoria compiuta dall’Amministrazione e dalle conseguenti conclusioni cui essa è giunta.
10. Occorre a questo punto procedere più analiticamente al vaglio delle plurime critiche portate dall’atto di appello alla sentenza qui gravata. È utile a tal fine ricordare brevemente il quadro normativo di riferimento e focalizzate il tema della decisione.
11. L’art. 13 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, prevede e disciplina le Tabelle delle sostanze soggette a controllo, stabilendo che le sostanze stupefacenti o psicotrope sottoposte alla vigilanza e al controllo del Ministero della salute sono raggruppate, in conformità ai criteri di cui all’articolo 14, in cinque tabelle, allegate al testo unico. Il medesimo art. 13 demanda al Ministero della salute, sentiti il Consiglio superiore di sanità e l’Istituto superiore di sanità, il completamento e l’aggiornamento, con proprio decreto, delle predette tabelle e prevede, inoltre, nel comma 2, che “Le tabelle di cui al comma 1 devono contenere l’elenco di tutte le sostanze e dei preparati indicati nelle convenzioni e negli accordi internazionali e sono aggiornate tempestivamente anche in base a quanto previsto dalle convenzioni e accordi medesimi ovvero a nuove acquisizioni scientifiche”. L’art. 14 del testo unico detta poi i Criteri per la formazione delle tabelle, distribuendo nelle 5 tabelle le diverse tipologie di sostanze stupefacenti o psicotrope sottoposte a vigilanza.
11.1. La norma prevede quindi che l’aggiornamento delle tabelle, con l’inclusione di una nuova sostanza o di un nuovo preparato, debba avvenire al ricorrere, anche alternativamente, di una delle due seguenti condizioni: l’indicazione della nuova sostanza o del nuovo preparato “nelle convenzioni e negli accordi internazionali” o la sussistenza di “nuove acquisizioni scientifiche” che rivelino, per la nuova sostanza o per il nuovo preparato, la capacità di produrre “effetti sul sistema nervoso centrale” e “di determinare dipendenza fisica o psichica dello stesso ordine o di ordine superiore a quelle precedentemente indicate” [nella tabella I, lettera a), numeri da 1) a 3)] o “che possa provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali” [come si argomenta dal testo dei numeri 4) e 7) della lettera a) del comma 1 dell’art. 14 del testo unico, che indica i contenuti della tabella I]. Correlativamente si legge nel decreto impugnato che “nelle predette tabelle I, II, III e IV trovano collocazione le sostanze con potere tossicomanigeno e oggetto di abuso in ordine decrescente di potenziale di abuso e capacità di indurre dipendenza”.
12. Ciò premesso, rileva il Collegio che è incontroverso in atti e tra le parti che il qui contestato inserimento, disposto dal decreto ministeriale del 23 febbraio 2022, nella tabella I di cui al testo unico, delle “piante ed loro componenti attivi: Ayahuasca, estratto, macinato, polvere (denominazione comune)”, si fonda non già sull’inclusione o la menzione della sostanza o del preparato “nelle convenzioni e negli accordi internazionali”, ma esclusivamente sulla asserita sussistenza di “nuove acquisizioni scientifiche” (e in tal senso, invero, il Tar ha dato atto nella sentenza appellata del fatto che l’ayahuasca e le piante in essa contenute non sono internazionalmente proibite dalla convenzione sulle sostanze psicotrope del 1971, ma ha ritenuto legittimo il provvedimento impugnato sul rilievo che le tabelle devono essere aggiornate non solo avuto riguardo ai predetti accordi e convenzioni ma anche “indipendentemente da questi ultimi” alla luce delle “nuove acquisizioni scientifiche”).
13. Se ne deduce, pertanto, che il punto decisivo della causa si condensa intorno alla questione della consistenza di tali “nuove acquisizioni scientifiche” e della loro idoneità a dimostrare che la sostanza e i preparati denominati piante ed i loro componenti attivi: Ayahuasca, estratto, macinato, polvere (denominazione comune) possano produrre “effetti sul sistema nervoso centrale” e “determinare dipendenza fisica o psichica dello stesso ordine o di ordine superiore a quelle precedentemente indicate” [nella tabella I, lettera a), numeri da 1) a 3)] o possano “provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali”.
14. L’Amministrazione afferma e ribadisce l’esistenza di tali “nuove acquisizioni scientifiche” e la loro idoneità a comprovare il ricorrere dei presupposti per l’inserimento dell’ayahuasca nella tabella I di cui al d.P.R. n. 309 del 1990. La parte appellante afferma il contrario e, con abbondante documentazione, nega che sussistano siffatte “nuove acquisizioni scientifiche” capaci di dimostrare la sussistenza dei presupposti per il contestato inserimento dell’ayahuasca tra le sostanze sottoposte alla vigilanza ed al controllo del Ministero della salute.
15. Orbene, così richiamati in estrema sintesi i termini essenziali della controversia, deve ribadirsi, come già anticipato sopra, che risulta condivisibile la tesi del primo giudice, secondo il quale dalle perizie versate in atti non emergerebbe con evidenza la dimostrazione scientifica degli effetti onirici in luogo di quelli allucinogeni, o, comunque, l’assenza dei presupposti per l’iscrizione nella tabella I della sostanza e dei preparati denominati piante ed i loro componenti attivi: Ayahuasca, estratto, macinato, polvere (denominazione comune), dovendosi dunque ritenere senz’altro fondate e legittime le determinazioni desunte dai pareri dell’ISS e del Consiglio Superiore di Sanità, che hanno correttamente “evidenziato la natura allucinogena e di sostanze psicoattive dell’ayahuasca e dell’armina e armalina nonché, entro gli indicati limiti, la loro tossicità e la ricorrenza del loro uso sul territorio nazionale”.
16. Parimenti condivisibile e non meritevole delle censure dedotte in appello deve giudicarsi quanto sostenuto dal Tar a proposito della nozione di “nuove acquisizioni scientifiche”, nella quale ben possono rientrare anche “studi riportati nella letteratura in materia che comprovino la ricorrenza dei relativi presupposti come declinati nell’art.14 del d.P.R, pure con riferimento a sostanze già note e/o delle quali eventualmente si sia modificata nel tempo la modalità di consumo e/o in relazione alle quali, comunque, si sia profilato un potenziale rischio per la salute”, mentre non è condivisibile la tesi restrittiva perorata dalla parte appellante, a detta della quale con il concetto di “nuove acquisizioni scientifiche” ci si dovrebbe riferire esclusivamente all’eventuale comparsa sul mercato di nuove molecole ad azione psicotropa non ancora incluse nelle tabelle ministeriali delle sostanze stupefacenti, ovvero a nuovi studi scientifici relativi ad una sostanza il cui utilizzo è ormai consolidato sul territorio da molti anni, come è il caso dell’ayahuasca, che siano in grado di superare un precedente orientamento scientifico, non bastando a tal fine generici “studi riportati nella letteratura in materia” o presunte “informazioni estrapolate dalla letteratura internazionale”.
16.1. La rilevanza e l’utilità, ai fini di cui alla norma della cui si applicazione si tratta, di “studi riportati nella letteratura in materia” o delle “informazioni estrapolate dalla letteratura internazionale” non può certo essere a priori esclusa, a nulla rilevando in contrario il fatto che a tali studi se ne possano contrapporre altri, come avverrebbe nel caso in esame. Il giudizio tecnico-scientifico svolto dall’Amministrazione, sulla base dei pareri dell’ISS e del Consiglio superiore di sanità, riferito alla sostanza e ai preparati denominati piante ed i loro componenti attivi: Ayahuasca, estratto, macinato, polvere (denominazione comune), desunto dai predetti studi riportati nella letteratura in materia, circa la capacità delle suddette sostanze di produrre “effetti sul sistema nervoso centrale” e “determinare dipendenza fisica o psichica dello stesso ordine o di ordine superiore a quelle precedentemente indicate” [nella tabella I, lettera a), numeri da 1) a 3)] o di “provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali”, non è infirmato dalle deduzioni e produzioni di parte appellante, riferite, come già detto, essenzialmente all’assenza di tali effetti non già nelle predette sostanze in quanto tali, bensì nella bevanda denominata “Santo Daime”, che presenterebbe una forte diluzione e una scarsa concentrazione di quelle medesime sostanze.
16.2. Le produzioni di segno contrario depositate in giudizio dalle parti appellante e interveniente, infatti, come si chiarisce nel paragrafo 1.5.1 dell’appello, pag. 21, consistono in “una letteratura scientifica internazionale (si tratta di oltre 350 studi scientifici pubblicati solo negli ultimi 10 anni sulle maggiori riviste internazionali) di cui viene dato conto ampiamente nelle relazioni scientifiche allegate al presente ricorso, che studia da più di quarant’anni gli effetti del decotto e che dimostra come i rischi per la salute e l’ordine pubblico sono praticamente inesistenti, a maggior ragione nell’uso controllato che avviene all’interno del contesto religioso. Come già rammentato, al riguardo, il Santo Daime viene usato esclusivamente all’interno delle cerimonie e secondo un rigido protocollo socio-sanitario”.
17. Non colgono nel segno, dunque, da questo punto di vista, le reiterate considerazioni svolte negli atti di parte appellante dirette a far rilevare che le sostanze in questione sono studiate da 40-50 anni con ampio numero di pubblicazioni scientifiche sulle riviste internazionali ed in tutti questi anni non è mutata la modalità di consumo, né si è profilato un potenziale rischio per la salute, poiché “la religione del Santo Daime assume ritualmente il proprio sacramento dagli anni Trenta del Novecento, il sacramento è stato da allora regolarmente assunto da decine di migliaia di fedeli nel mondo, in Europa e in Italia, dove viene regolarmente assunto dal 1990 da alcune migliaia di fedeli (almeno 50mila assunzioni in 32 anni) senza problemi per la salute e l’ordine pubblico”.
18. Non persuade, inoltre, la critica svolta nel § 1.4.3 dell’appello, secondo la quale sarebbe generica l’affermazione del Giudice di primo grado secondo la quale dalle perizie di parte ricorrente non emergerebbe con evidenza la dimostrazione scientifica degli effetti onirici in luogo di quelli allucinogeni, risultando, invece, dagli atti, come correttamente evidenziato dal Tar, che i pareri dell’ISS e del Consiglio Superiore di Sanità hanno “evidenziato la natura allucinogena e di sostanze psicoattive dell’ayahuasca e dell’armina e armalina nonché, entro gli indicati limiti, la loro tossicità e la ricorrenza del loro uso sul territorio nazionale”. La critica di parte appellante, anche in questo caso, sovrappone la valutazione riferibile ai prodotti DMT, armina e armalina, contenuti nell’ayahuasca, a quella riferibile alla bevanda denominata “Santo Daime”, caratterizzata dal fatto di presentare una minima concentrazione di quelle sostanze (afferma, ad esempio, a tal proposito l’appellante: “l’effetto varia molto in funzione del dosaggio. Se durante le cerimonie se ne beve una tazzina da caffè con presenza dello 0,05% di DMT non si può sostenere che la Bevanda abbia lo stesso effetto della DMT pura (100%), appunto allucinogenico”).
19. Sono ultronee, a questo punto, le ulteriori contestazioni dedotte dall’appellante (§ 1.6 del ricorso in appello) avverso le cinque note S.N.A.P. (Sistema Nazionale di Allerta Precoce) pervenute nel periodo novembre 2019-novembre 2021 da parte dell’Unità di coordinamento del sistema nazionale di allerta precoce del Dipartimento politica antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri e avverso i due casi di intossicazione da armina richiamati nel decreto impugnato, poiché si tratta di aspetti comunque non essenziali, né determinanti per la complessiva tenuta logico-giuridica del provvedimento qui contestato.
20. La motivazione sopra sviluppata dimostra, infine, la non conferenza e l’irrilevanza dei profili di incostituzionalità del divieto di utilizzo dell’ayahuasca nell’ambito religioso del “Santo Daime”, prospettati nel § 1.9 del ricorso in appello. Come sopra ampiamente chiarito, non è attraverso la (sovradimensionata) domanda di annullamento del d.m. 23 febbraio 2023 nella sua interezza che può ricevere tutela il preteso uso religioso della bevanda denominata “Santo Daime”, ma è, se del caso e ove ne ricorrano i presupposti, attraverso il conseguimento di un’apposita deroga autorizzativa all’uso controllato, in un contesto rituale, di minime quantità di ayahuasca diluita nella suddetta bevanda, che il predetto interesse religioso potrebbe ricevere riconoscimento e tutela.
20.1. Il profilo dedotto risulta comunque manifestamente infondato, dovendosi il diritto di professare la propria religione (egualmente libera davanti alla legge, ai sensi del primo comma dell’art. 8 della Costituzione) confrontare e bilanciare con le prioritarie esigenze di tutela dell’ordine pubblico (poiché il secondo comma del citato art. 8 ammette il diritto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica di organizzarsi secondo i propri statuti, ma solo “in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”) e con il diritto alla salute (riconosciuto dall’art. 32 Cost. quale “fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività”).
21. Per tutti gli esposti motivi l’appello deve giudicarsi infondato e va di conseguenza respinto.
22. Sussistono, in considerazione della novità e della peculiarità dei temi trattati, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del grado d’appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe indicato, lo respinge.
Compensa per intero tra le parti le spese del grado di appello.