Il termine assegnato dal giudice dell'esecuzione ai creditori per il versamento di un qualunque fondo spese (incluso il contributo per la pubblicazione sul PVP previsto dall'art. 18-bis D.P.R. n. 115/2002) ha carattere ordinatorio. Pertanto la sua inosservanza non determina l'estinzione (cd. tipica) del processo ma la sua eventuale improseguibilità.
In un procedimento esecutivo per espropriazione immobiliare, la debitrice esecutata chiedeva al giudice dell'esecuzione di dichiarare estinto il processo ex
Il giudice dell'esecuzione rigettava detta istanza conseguendone il reclamo della debitrice. Quest'ultimo veniva rigettato dai Giudici di merito.
La debitrice ricorre per cassazione sostenendo il carattere perentorio del termine fissato dal giudice per il versamento dell'importo necessario per la tempestiva pubblicazione dell'ordinanza di vendita dei beni pignorati sul PVP (nel caso di specie 145 giorni dalla data dell'udienza di autorizzazione della vendita). Per questo motivo, il mancato rispetto di tale termine per cause imputabili alla creditrice avrebbe dovuto comportare l'estinzione del processo esecutivo.
Per la Cassazione il motivo è infondato. Secondo la Corte, infatti, i Giudici di merito hanno correttamente rigettato il reclamo della debitrice alla luce del principio secondo cui:
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«il mancato rispetto del termine perentorio per la pubblicazione dell'avviso di vendita sul portale delle vendite pubbliche determina l'estinzione (cd. tipica) dell'esecuzione forzata |
Ne deriva che il termine eventualmente assegnato dal giudice dell'esecuzione ai creditori per il versamento di un qualunque fondo spese e, tra l'altro, per l'anticipazione delle spese di pubblicità (incluso il contributo per la pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche previsto dall'
Per questi motivi, la Cassazione rigetta il ricorso con ordinanza n. 33037 del 28 novembre 2023.
Svolgimento del processo
Nel corso di un procedimento esecutivo per espropriazione immobiliare promosso nei suoi confronti dalla B. S.p.A. e proseguito dalla cessionaria del credito S. S.r.l. (rappresentata da I. S.p.A.), la debitrice esecutata R.G. ha chiesto al giudice dell’esecuzione di dichiarare estinto il processo ai sensi degli artt. 630 e 630 bis c.p.c., per il mancato versamento, da parte della creditrice procedente, dell’importo necessario per la tempestiva pubblicazione dell’ordinanza di vendita dei beni pignorati sul Portale delle Vendite Pubbliche. Il giudice dell’esecuzione ha disatteso la sua istanza e la G. ha proposto reclamo ai sensi dell’art. 630 c.p.c..
Il reclamo è stato rigettato dal Tribunale di Latina.
La Corte d’appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorre la G., sulla base di un unico motivo.
Resiste con controricorso S. S.r.l., rappresentata da D. S.p.A. (nuova denominazione assunta da I. S.p.A.).
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni dalla data della decisione.
Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia «Violazione e falsa applicazione degli artt. 630 e 631 bis c.p.c. – Violazione dell’art. 153 c.p.c. in tema di improrogabilità dei termini perentori». Secondo la ricorrente, avrebbe dovuto essere dichiarata l’estinzione del processo esecutivo, ai sensi dell’art. 631 bis c.p.c., per il mancato versamento, da parte della società creditrice, dell’importo necessario per la tempestiva pubblicazione dell’ordinanza di vendita dei beni pignorati sul Portale delle Vendite Pubbliche, dovendo ritenersi il relativo termine fissato dal giudice dell’esecuzione di carattere perentorio e non essendo lo stesso stato rispettato, per cause imputabili alla creditrice stessa.
Il ricorso è manifestamente infondato.
1.1 Secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso, il giudice dell’esecuzione, nel delegare la vendita dei beni pignorati ad un professionista, aveva fissato al creditore un termine (di quarantacinque giorni dalla data dell’udienza di autorizzazione della vendita) per l’anticipazione di un fondo spese in favore del delegato e aveva altresì disposto la pubblicazione dell’avviso di vendita (da effettuarsi entro centocinquanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza di vendita delegata), sul portale delle vendite pubbliche, almeno quarantacinque giorni prima del termine di presentazione delle offerte, disciplinando in dettaglio i termini e le modalità per il pagamento, da parte dei creditori, del contributo dovuto per ogni lotto ai sensi dell’art. 18 bis del D.P.R. 20 maggio 2002 n. 115. A causa del mancato tempestivo versamento del fondo spese, il professionista delegato non aveva, peraltro, fissato alcun esperimento di vendita: il giudice aveva quindi convocato le parti ai fini dell’eventuale dichiarazione di improcedibilità dell’esecuzione.
Il versamento del fondo spese era poi stato effettuato, sia pure tardivamente.
Il giudice dell’esecuzione, in tale situazione, aveva confermato la delega al professionista ai fini della vendita, escludendo (quanto meno implicitamente) la possibilità di dichiarare l’estinzione del processo ai sensi dell’art. 631 bis c.p.c. ed evidentemente ritenendo, al tempo stesso, che il ritardo nel versamento del fondo spese non fosse tale da impedire la regolare prosecuzione del processo.
1.2 La debitrice ha impugnato il provvedimento del giudice dell’esecuzione con il reclamo al tribunale in composizione collegiale previsto dall’art. 630 c.p.c., sostenendo che avrebbe dovuto essere dichiarata l’estinzione del processo esecutivo ai sensi dell’art. 631 bis c.p.c..
Secondo il suo assunto, infatti, il termine di centocinquanta giorni dall’ordinanza di vendita delegata, assegnato dal giudice dell’esecuzione per la prima pubblicazione dell’avviso di vendita, dovrebbe ritenersi di carattere perentorio ed il suo mancato rispetto, da ritenersi nella specie imputabile alla creditrice (e in concreto non giustificabile), avrebbe integrato la fattispecie estintiva di cui alla disposizione richiamata.
1.3 Il tribunale, prima, e la corte d’appello, poi, hanno rigettato il reclamo, osservando che il giudice dell’esecuzione aveva correttamente escluso che si fosse verificata la specifica ipotesi di estinzione (cd. tipica) del processo prevista dall’art. 631 bis c.p.c., cioè il mancato rispetto del termine perentorio di cui all’art. 490 c.p.c. (di quarantacinque giorni prima di quello per la presentazione delle offerte o della data dell’incanto) per la pubblicazione dell’avviso di vendita sul portale delle vendite pubbliche, non essendo stata in realtà mai fissata la data della vendita dal professionista delegato e non essendovi, quindi, alcun avviso di vendita da pubblicare, ipotesi da tenersi distinta rispetto a quella relativa al mancato o tardivo deposito del fondo spese, la quale non può comportare in nessun caso l’estinzione (cd. tipica) di cui alla norma invocata dalla reclamante.
I giudici del merito hanno, in sostanza, considerato tale rilievo assorbente, in quanto sufficiente ad escludere la fondatezza del reclamo al collegio ai sensi dell’art. 630 c.p.c., cioè dell’azione in concreto avanzata dalla debitrice e volta ad ottenere la dichiarazione di estinzione (cd. tipica) del processo ai sensi dell’art. 631 bis c.p.c.. Non hanno quindi neanche preso in esame e valutato l’imputabilità e la gravità del ritardo nel versamento del fondo spese, peraltro rilevanti esclusivamente nell’ottica della possibilità di ritenere sussistente una eventuale causa di improcedibilità dell’esecuzione, questione estranea all’oggetto del giudizio.
1.4 La decisione impugnata risulta conforme ai principi di diritto enunciati da questa Corte (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 8113 del 14/03/2022; conf. Sez. 3, Ordinanza n. 1991 del 23/01/2023), che il ricorso non offre ragioni idonee a rimeditare, secondo i quali «il mancato rispetto del termine perentorio per la pubblicazione dell’avviso di vendita sul portale delle vendite pubbliche determina l’estinzione (cd. tipica) dell’esecuzione forzata ex art. 631 bis c.p.c., mentre il mancato rispetto di quello ordinatorio per l’anticipazione delle spese di pubblicità (incluso il contributo per la pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche prescritto dall’art. 18 bis del D.P.R. n. 115 del 2002) comporta l’impossibilità per la parte di compiere l’atto indispensabile per la prosecuzione del processo esecutivo, e la conseguente pronuncia di improseguibilità dello stesso», in quanto «l’estinzione ex art. 631 bis c.p.c. per omessa pubblicazione dell’avviso di vendita sul portale delle vendite pubbliche presuppone che il termine per la relativa pubblicazione – fissato dal giudice dell’esecuzione o dal professionista delegato, o implicitamente desunto dal riferimento dell’art. 490, comma 3, c.p.c., al periodo di “almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte” – sia spirato invano in conseguenza dell’inerzia (o dell’inadempimento) del creditore».
In base ai suddetti principi di diritto, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, il termine eventualmente assegnato dal giudice dell’esecuzione ai creditori per il versamento di un qualunque fondo spese e, tra l’altro, per l’anticipazione delle spese di pubblicità (incluso il contributo per la pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche previsto dall’art. 18 bis del D.P.R. n. 115 del 2002), ha carattere ordinatorio e non perentorio ed il suo mancato rispetto, anche laddove ad esso consegua l’impossibilità di fissare la vendita, cioè di porre in essere l’atto indispensabile per la prosecuzione del processo esecutivo, non determina – e tanto meno automaticamente – l’estinzione (cd. tipica) di quest’ultimo ai sensi dell’art. 631 bis c.p.c. (da accertarsi e dichiararsi con provvedimento eventualmente impugnabile ai sensi dell’art. 630 c.p.c., sia in caso di sua emissione che in caso di mancata emissione), ma, al più, l’improseguibilità dello stesso (da accertarsi e dichiararsi con provvedimento di chiusura anticipata della procedura, spesso non del tutto appropriatamente definita anche come cd. “estinzione atipica”, contestabile esclusivamente con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c.): l’estinzione (cd. tipica) ai sensi dell’art. 631 bis c.p.c. si verifica, invece, esclusivamente nel caso (che, nella specie, non ricorre) in cui, una volta fissato l’esperimento di vendita, la pubblicazione del relativo avviso sul portale delle vendite pubbliche (ai sensi dell’art. 490, comma 1, c.p.c.) sia omessa o avvenga tardivamente rispetto al termine a tal fine fissato dallo stesso giudice dell’esecuzione o dal professionista delegato (o anche implicitamente desunto dal riferimento dell’art. 490, comma 3, c.p.c., al periodo di “almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte”), in conseguenza dell’inerzia (o dell’inadempimento) del creditore quanto a tale specifico adempimento.
1.5 L’assunto della ricorrente secondo il quale, nella specie, avrebbe dovuto essere dichiarata l’estinzione (cd. tipica) del processo esecutivo è, quindi, certamente infondato ed il suo reclamo è stato correttamente rigettato.
D’altra parte, le questioni relative alla eventuale sussistenza di una causa di impossibilità di prosecuzione del processo esecutivo, altrettanto correttamente, non sono state neanche prese in esame dalla corte territoriale, in quanto estranee all’oggetto del presente giudizio di reclamo ai sensi dell’art. 630 c.p.c., necessariamente limitato alla sussistenza o meno di una causa di estinzione (cd. tipica) del processo.
L’eventuale sussistenza di una causa di improcedibilità dell’esecuzione non avrebbe, comunque, in nessun caso, potuta essere fatta valere con il reclamo al tribunale in composizione collegiale di cui all’art. 630 c.p.c., dovendo essere a tal fine proposta, se del caso, l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. (nella quale il proposto reclamo neppure avrebbe potuto convertirsi o riqualificarsi).
1.6 È appena il caso di rilevare, a soli fini di completezza espositiva, che nel ricorso non risulta avanzata alcuna specifica censura in ordine alla questione della corretta individuazione dell’oggetto e, quindi, dei limiti del presente giudizio.
La ricorrente neanche allega, infatti, nel ricorso (unico a rilevare, non potendosi le sue lacune colmare con alcun atto successivo), di avere impugnato il provvedimento del giudice dell’esecuzione, con il quale era stata sostanzialmente esclusa sia l’estinzione del processo esecutivo ai sensi dell’art. 631 bis c.p.c., sia la sussistenza di una causa di improcedibilità dello stesso, anche sotto tale ultimo profilo, né contesta la qualificazione del suo originario ricorso in termini di mero reclamo ai sensi dell’art. 630 c.p.c.; tanto meno, sostiene che il suo reclamo, che del resto essa stessa dichiara essere stato rivolto al tribunale in composizione collegiale ai sensi dell’art. 630 c.p.c., e non al giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., avrebbe dovuto o potuto essere convertito in opposizione agli atti esecutivi, sussistendone i necessari i requisiti di forma e di sostanza.
Tanto impedisce di affrontare nella presente sede le questioni relative all’eventuale sussistenza, nel caso di specie, di una causa di improcedibilità dell’esecuzione.
2. Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi € 5.200,00, oltre € 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.