
La Cassazione evidenzia che il giudice penale non può sindacare in maniera retrospettiva l’ammissibilità della formula di giuramento ammessa in sede civile, ma può solo accertare la falsità della dichiarazione giurata.
La Corte d’Appello di Milano riformava la pronuncia assolutoria di primo grado con la formula perché il fatto non costituisce reato, affermando invece la responsabilità penale in capo all’imputato per il delitto di falso giuramento.
Contro tale decisione propone ricorso in Cassazione l’imputato contestando, tra i diversi motivi, la ritenuta sussistenza del dolo...
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano, in accoglimento dei gravami interposti dal Pubblico Ministero e dalla parte civile S..F..M. S.p.A., ha riformato la pronuncia assolutoria di primo grado con la formula perché il fatto non costituisce reato, affermando la responsabilità di R. P. per il delitto di falso giuramento (art. 371 cod. pen.) con la condanna alla pena di un anno di reclusione e alla rifusione del risarcimento del danno in favore della parte civile costituita S..F..M. S.p.A., oltre ad ulteriori statuizioni accessorie.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato che deduce i seguenti motivi di censura.
2.1. Nullità della sentenza per violazione di legge in relazione all'art. 603, comma 3-bis cod. proc. pen. e vizio di motivazione per avere il giudice di appello ribaltato la sentenza assolutoria di primo grado senza disporre la rinnovazione delle prove dichiarative diverse dall'esame dell'imputato assunte in primo grado, sebbene i motivi di appello fossero attinenti alla valutazione di dette prove, ritenute decisive dal Tribunale.
2.2. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza del dolo commisurata alla formulazione del giuramento decisorio, il cui quesito constava dell'elencazione numerica di 455 incomprensibili voci distribuite in undici pagine; il riferimento del giudice di primo grado alla inammissibilità del giuramento decisorio, lungi dal sindacare le scelte di quello civile, aveva, infatti, lo scopo di evidenziare la riconducibilità del giuramento prestato all'ipotesi penale contestata in ordine alla valutazione dell'elemento psicologico.
La Corte di appello, nel ribaltare la sentenza assolutoria, non ha fatto alcun riferimento alla formula del giuramento, sebbene la stessa avesse costituito elemento fondamentale nell'economia della sentenza assolutoria in primo grado.
Del resto la stessa controparte ing. M., che aveva deferito il giuramento, sentito in dibattimento, non è stato in grado non solo di specificare l'oggetto della fornitura, ma addirittura di precisare la riconducibilità di quelle diciture a fatture, note di credito o note di debito (pag. 12-14 del verbale del 20 luglio 2021).
2.3. Vizio di motivazione sotto forma di travisamento delle risultanze processuali, dal momento che il convincimento della Corte di appello si è basato su risultati probatori diversi da quelli emersi in dibattimento, con particolare riferimento alle prove documentali, alle dichiarazioni del teste / persona offesa A. M. e alle dichiarazioni rese dall'imputato in sede di esame.
In relazione a tale ultimo incombente probatorio, infatti, sono stati riportati stralci di trascrizioni assolutamente avulse dal complesso delle dichiarazioni rese, al solo fine di avvalorare la tesi di una sostanziale ammissione dell'esistenza del credito azionato.
Il dato costituisce, pertanto, grave travisamento del fatto, essendosi l'imputato limitato a confermare l'esistenza di un rapporto di fornitura tra la S..F.. M. S.p.A. e la Farmacia S. M. dott. R. P. & C. snc, precisando di non ricoprire alcun ruolo amministrativo in detta società e di non essere, pertanto, stato posto in condizione dli verificare l'esistenza del credito.
A tanto si aggiunge che il ribaltamento della sentenza assolutoria non risulta sorretto da motivazione rafforzata, essendosi la Corte di merito sottratta sia al dovere di una compiuta disamina dell'intero compendio probatorio, ivi compreso quello documentale, sia ad una necessaria verifica della credibilità dei testimoni alle cui dichiarazioni è stata assegnata valenza probatoria, sottraendosi alle regole generali di cui all'art. 192 cod. proc. pen.
2.4. Vizi congiunti di motivazione in relazione al mancato accoglimento dello appello incidentale dell'imputato circa l'insussistenza del fatto ascrittogli.
La Corte di appello non ha adeguatamente motivato in ordine ai profili dedotti con l'atto di gravame, tra cui la circostanza che la formula del giuramento riguardava una fornitura di merce riguardante società, la F. S. M. del dott. R. P. & C snc, diversa dalla Farmacia S.M. del dott. R. P. & C. sas che all'epoca neanche esisteva, risultando, perciò, il quesito falso in sé.
Il giuramento, inoltre, non era stato formulato in riferimento all'esistenza del credito, chiedendosi unicamente se la F. S. M. del dott. R. P. & C. sas avesse ricevuto le forniture asseritamente elencate, ma non avendo detta ultima società ricevuto alcuna fornitura dalla S..F..M. S.p.A., i fatti dedotti nel quesito risultavano pacificamente inveritieri.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato e deve essere, pertanto, rigettato.
2. Il primo motivo di doglianza, di carattere processuale, risulta destituito di fondamento.
Nel ribaltare l'esito decisorio del giudizio di primo grado, la Corte di appello ha precisato di condividere "pienamente la valutazione delle prove dichiarative effettuata dal Tribunale, il cui giudizio assolutorio non si fonda affatto sulle dichiarazioni rese dai testimoni sentiti" (pag.. 4 sent.).
Dal suo canto il Tribunale aveva, infatti, solo parzialmente accolto la tesi sostenuta dall'imputato, statuendo che "può, quindi, fondatamente affermarsi che P., nell'atto di pronunciare il giuramento decisorio del 22 gennaio 2019 abbia reso una dichiarazione obiettivamente falsa" (pag. 4 sent. Trib. Milano del 30 settembre 2021).
L'assoluzione era stata, infatti, pronunciata con la formula perché il fatto non costituisce reato per difetto dell'elemento psicologico, avendo il giudicante ritenuto che l'imputato si trovasse al momento del giuramento "in condizioni tali da non poterlo lealmente prestare, avendo ad oggetto circostanze dedotte in termini generici e a lui non direttamente riferibili" (pag. 5 sent. Trib. Milano cit.).
Un giudizio, quindi, orientato in senso decisivo dalla natura ritenuta confusa e dalla conseguente scarsa comprensibilità del quesito oggetto del giuramento deferito all'imputato, come tali direttamente incidenti, tanto da escluderlo, sull'elemento soggettivo dell’illecito penale.
Ciò premesso, risulta infondato l'assunto difensivo secondo cui ai fini della affermazione di responsabilità sarebbero risultate decisive le dichiarazioni rese dai due testimoni escussi in primo grado, A. di G. e S. R.: è sufficiente leggere il passo della pronuncia impugnata per avvedersi che la Corte di appello ha dato atto di quelle dichiarazioni unicamente per sottolineare che lo stesso Tribunale aveva ritenuto accertato il debito della farmacia di cui il ricorrente era amministratore nei confronti della parte civile (v. pag. 4, penult. cpv. sent. appello).
Proprio al fine di prevenire eccezioni fondate sul mancato rispetto dell'art. 603, comma 3-bis1 cod. proc. pen., la Corte territoriale ha, invece, disposto la citazione dell'imputato al fine di consentirgli di rendere esame nel corso della rinnovata istruttoria dibattimentale in appello, ma questi - come è dato leggere nella decisione impugnata - non ha inteso sottoporvisi.
Conclusivamente, dunque, non v'è stata alcuna difforme valutazione da parte della Corte di appello delle dichiarazioni testimoniali acquisite nel giudizio di primo grado (art. 603-bis cod. proc. pen. e Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Rv. 267486) e v'è stata comunque rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale ancorché limitata alla citazione dell'imputato a rendere esame, rimasta senza esito.
3. Il sovvertimento della pronuncia liberatoria di primo grado è, piuttosto, avvenuto in forza di un percorso argomentativo svolto dal la Corte territoriale radicalmente diverso, alla cui base si trova la correzione di un errore di diritto in cui è incorso il Tribunale, che al fine di assolvere l'imputato per difetto dell'elemento psicologico del reato si è determinato a sindacare in maniera approfondita il contenuto del quesito sulla cui base era stato deferito il giuramento decisorio, da cui l'infondatezza della doglianza sull'assenza di una motivazione rafforzata.
La Corte di appello ha., infatti, correttamente evidenziate (v. infra) come il Tribunale abbia eluso l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la verifica dell'ammissibilità della formula del giuramento decisorio è riservata al giudice civile (ex plurimis Cass. civ. Sez. 1, n. 9831 del 2014), essendo precluso al giudice penale un sindacato retrospettivo dell'ammissibilità della formula ammessa nella distinta sede giurisdizionale, secondo un principio affermato anche dalla giurisprudenza penale di questa Corte cli legittimità.
È stato, infatti, stabilito che ai fini della configurabilità del reato di falso giuramento di cui all'art. 371 cod. pen., non assume alcuna rilevanza l'ammissibilità del giuramento secondo i parametri della legge civile, occorrendo invece in sede penale accertare se la dichiarazione giurata sia falsa o meno. Ciò comporta che la condotta dolosa della parte non può essere mai giustificata sul piano penale invocando le eventuali lacune o improprietà della formula di deferimento, fermo restando che spetta sempre al giurante la facoltà di apportare, ove occorra, precisazioni o chiarimenti ad esse, anche al fine di evitare che dalla formula deferita possa conseguire la falsità parziale della risposta; senza, dunque, che mai possa profilarsi per il delato la "necessità" di dire il falso (Sez. 6, n. 5599 del 11/02/1999., Gaspari, Rv. 213890)
E ancora, che ai fini della configurazione del delitto di falso giuramento non assume alcuna rilevanza l'ammissibilità o la decisorietà del giuramento, da verificare in conformità alla legge civile, essendo sufficiente accertare la falsità della dichiarazione giurata. (Sez. 6, n. 1039 del 19/12/201:2, dep.2013, PC in proc. Ceconi, Rv. 254034).
La Corte di appello ha anche correttamente osservato che tale giurisprudenza lascia al giurante la possibilità di apportare precisazioni e chia1·imenti alla formula del giuramento, possibilità di cui l'imputato non si è, tuttavia, avvalso nel caso concreto e che l'art. 234 cod. proc. civ. consente al deferito l'ulteriore facoltà di non dichiararsi pronto a prestare il giuramento, riferendolo alla controparte.
Ha osservato, infine, la Corte di merito che il giuramento era stato deferito nell'ambito di una controversa iniziata sei anni prima e che in detto periodo l'imputato aveva avuto il tempo e l'interesse per valutare, unitamente ai propri legali, l'effettività e la consistenza del debito, mai peraltro costituente oggetto di contestazione in sede civile.
Le precedenti considerazioni valgono ad evidenziare l'infondatezza delle ulteriori doglianze formulate dal ricorrente (secondo, terzo e quarto motivo di ricorso).
Esse, infatti, oltre che essere declinate prevalentemente in punto di fatto e di merito, muovono dal medesimo, indefettibile quanto erroneo., presupposto che il giudice penale possa sindacare in maniera retrospettiva l'ammissibilità della formula di giuramento ammessa in sede civile, assunto che deve, invece, ritenersi infondato in forza dei suddetti principi nitidamente espressi dalla giurisprudenza di questa Corte di cassazione, che il Collegio non ha alcun motivo di non condividere.
4. Al rigetto del ricorso consegue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e nel caso in esame anche alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado di giudizio dalla parte civile costituita S..F..M. S.p.A. nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile S..F..M. S.p.A., che liquida in complessivi euro 3.686,00 oltre accessori di legge.