Il possibile utilizzo anche per fini leciti dei mezzi utilizzati per commettere un reato non ne esclude la sequestrabilità, in quanto tale eventuale utilizzo non esclude quello volto alla ripetizione di condotte dello stesso genere di quelle contestate.
Provvedendo sulla richiesta di riesame, il Tribunale di Arezzo annullava il sequestro preventivo disposto dal GIP in relazione ad alcuni veicoli, tra i quali quello riconducibile all'istante, per via del reato di gestione e trasporto illecito di rifiuti speciali non pericolosi, annullando di conseguenza il sequestro nella parte relativa al...
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 30 marzo 2023 il Tribunale di Arezzo, provvedendo sulla richiesta di riesame presentata da A.C. nei confronti del decreto di sequestro preventivo del 25 febbraio 2023 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con il quale era stato disposto il sequestro preventivo sia di un'area di terreno in territorio del Comune di Subbiano, nella disponibilità dell'indagato S. B., sia di vari autoveicoli, tra cui quello targato (omissis) riconducibile ad A. C., entrambi in relazione al reato di cui all'art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 152 del 2006 (conseguente alla gestione e la trasporto illecito di rifiuti speciali non pericolosi, indebitamente qualificati come "cippato"), ha annullato tale sequestro nella parte relativa al vincolo apposto su detto autoveicolo, di cui ha disposto la restituzione all'avente diritto.
Il Tribunale, dopo aver sinteticamente ricostruito l'oggetto della indagine nell'ambito della quale era stato disposto il sequestro del veicolo di proprietà di A. C. (relativa alla illecita gestione di rifiuti costituiti da sfalci e potature provenienti dalla manutenzione di aree verdi pubbliche e private, per la cui gestione era stato realizzato da M. e S. B. un impianto nell'area sottoposta a sequestro, dal quale erano state realizzate emissioni in atmosfera ed erano stati smaltiti illecitamente rifiuti liquidi nel suolo, e verso il quale C. aveva eseguito undici trasporti di sfalci e potature utilizzando il veicolo sottoposto a sequestro), ha condiviso la qualificabilità come rifiuto di quanto trasportato da C. utilizzando il veicolo sottoposto a sequestro (ossia di materiale legnoso proveniente dal taglio di piante), e ha escluso, sulla base di quanto emergente dagli atti di indagine, l'applicabilità delle ipotesi di esclusione della applicazione della disciplina sui rifiuti contemplate dall'art. 185 d.lgs. n. 152 del 2006.
Tanto premesso, quanto alla sussistenza degli indizi del reato contestato a C., il Tribunale ha, però, escluso che vi siano ragioni per anticipare l'effetto ablatorio della confisca del mezzo utilizzato per il trasporto illecito dei rifiuti prevista dall'art. 279 d.lgs. n. 152 del 2006, ritenendo non esservi elementi per ritenere che l'indagato nelle more del giudizio possa disfarsi di tale bene, e affermando anche che il sequestro del mezzo è esorbitante rispetto alle finalità impeditive perseguite dalla apposizione del vincolo, costituendo tale veicolo il bene principale utilizzato per lo svolgimento dell'attività di impresa di C. e non essendovi elementi, nonostante gli undici trasporti di rifiuti eseguiti in un mese, per ritenere che questi non lo utilizzasse in prevalenza anche per lo svolgimento di attività di impresa lecite, anche in considerazione dell'avvenuto sequestro dell'area nella quale era stato realizzato l'impianto per la gestione illecita dei rifiuti e verso il quale C. aveva eseguito tutti i trasporti, ritenendo pertanto sufficiente tale sequestro a impedire la ripetizione di altri trasporti illeciti di rifiuti.
Il sequestro del mezzo è stato pertanto annullato, con la conseguente restituzione dello stesso, ritenendo sufficiente a evitare la reiterazione di condotte analoghe il sequestro dell'area e sproporzionato e sovrabbondante anche quello del mezzo, cui conseguirebbe una esasperata compressione dei diritti di proprietà e di libertà di iniziativa economica privata.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Arezzo, affidato a tre articolati motivi.
2.1. In primo luogo, ha lamentato il travisamento dei fatti con riferimento alla esclusione da parte del Tribunale del pericolo nel ritardo, in quanto, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale nel rilevare la sovrabbondanza del sequestro del mezzo rispetto alle finalità impeditive con lo stesso perseguite, i trasporti illeciti di rifiuti eseguiti da C. in un mese erano stati 22 e non 11, come erroneamente affermato nell'ordinanza impugnata, ossia circa un viaggio per ogni giorno lavorativo del periodo di osservazione, compreso tra il 2/9/2022 e il 3/10/2022, nel corso del quale erano stati svolti servizi di osservazione diretta, mediante un sistema di videosorveglianza attivo per 24 ore al giorno, e di monitoraggio, anch'esso per 24 ore al giorno, dei tracciati GPS del veicolo targato (omissis) oggetto del sequestro, in tal modo accertando con sicurezza la esecuzione dei trasporti illeciti di rifiuti contestati a C..
2.2. In secondo luogo, ha lamentato l'errata applicazione dell'art. 259 d.lgs. n. 152 del 2006 in relazione all'art. 321 cod. proc. pen., a causa della omessa considerazione della obbligatorietà della confisca del mezzo di trasporto utilizzato per i trasporti illeciti di rifiuti speciali prevista dall'art. 259, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006 e anche della pluralità dei trasporti illeciti eseguiti da C., non solo verso il luogo di destinazione dei rifiuti (ossia presso l'impianto di trattamento degli stessi illecitamente realizzato da M. e S. B.), ma anche verso i luoghi di produzione dei rifiuti, analiticamente indicati nelle annotazioni redatte dalla polizia giudiziaria, sottolineando la possibilità, contemplata dall'art. 259, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006, di disporre la confisca anche di cose non intrinsecamente pericolose, con la conseguente erroneità della valutazione compiuta dal Tribunale a proposito delle finalità impeditive del sequestro in questione e anche riguardo alla confisca del mezzo.
2.3. Infine, con una terza censura, ha denunciato l'errata applicazione dell'art. 185 d.lgs. n. 152 del 2006, a causa dell'erronea estensione compiuta dal Tribunale della esclusione contemplata da tale disposizione, che sarebbe stata ritenuta applicabile anche agli sfalci e alle potature provenienti da un circuito diverso da quello agricolo, in quanto sarebbe stato attribuito un significato improprio al concetto di pratica colturale, sarebbe stata inoltre trascurata la circostanza che l'art. 185 citato fa riferimento a "materiale agricolo o forestale naturale" e non sarebbe stato considerato il combinato disposto degli artt. 183, comma 1, lett. b sexies, e 184, comma 3, lett. a), d.lgs. n. 152 del 2006, secondo cui va attribuita la qualifica di rifiuto agli sfalci e alle potature provenienti dalla manutenzione del verde pubblico o privato.
L'interpretazione del Tribunale sarebbe, pertanto, errata, perché consentirebbe di sottrarre alla disciplina dei rifiuti tutti gli sfalci e le potature prodotti al di fuori di pratiche colturali, in quanto l'art. 184 del d.lgs. n. 152 del 2006 prevede espressamente che sono rifiuti urbani i rifiuti della manutenzione del verde pubblico (come foglie, sfalci d'erba e potature di alberi, nonché i rifiuti risultanti dalla pulizia dei mercati) e che sono rifiuti speciali quelli prodotti nell'ambito delle attività agricole, agroindustriali e della silvicoltura, mentre l'art. 185 citato esclude dal campo di applicazione della disciplina sui rifiuti la paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso, tra cui, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, gli sfalci e le potature derivanti dalle buone pratiche colturali, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggino l'ambiente e non mettano in pericolo la salute umana, cosicché sarebbe errato quanto affermato dal Tribunale circa la qualificazione degli sfalci e delle potature trasportati da C. verso l'impianto di trattamento realizzato da M. e S.B..
Ha pertanto concluso per l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
3. Il Procuratore Generale ha concluso sollecitando l'annullamento dell'ordinanza impugnata, sottolineando la mancata considerazione della strumentalità del sequestro alla confisca, prevista come obbligatoria dall'art. 259, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006, e il travisamento degli atti di indagine, da cui emerge l'esecuzione di 21 trasporti in un mese e dunque la preponderanza dell'attività di trasporto illecito svolta dall'indagato C. con l'automezzo di sua proprietà sottoposto a sequestro.
Motivi della decisione
1. Il ricorso del pubblico ministero è fondato.
2. Il primo e il secondo motivo, entrambi relativi alla errata applicazione sia delle disposizioni sulla confisca dei mezzi utilizzati per il trasporto illecito di rifiuti, prevista come obbligatoria dall'art. 259, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006, sia dell'art. 321 cod. proc. pen., con riferimento ai presupposti per poter disporre il sequestro impeditivo in relazione al reato di trasporto illecito di rifiuti, dunque esaminabili congiuntamente per l'intima connessione di tali censure, sono fondati.
Il Tribunale di Arezzo, dopo aver ribadito la sussistenza degli indizi del reato di trasporto illecito rifiuti, ritenendo non applicabile nel caso in esame la disciplina derogatoria di cui all'art. 185 d.lgs. n. 152 del 2006, ha escluso la sussistenza del pericolo di dispersione del veicolo sottoposto a sequestro, per non esservi elementi riguardo alla volontà del proprietario (ossia l'indagato C.) di disfarsene o trasferirlo, rendendo così più difficile l'esecuzione della confisca, e anche di ragioni per mantenerne il sequestro a fini impeditivi, ossia per scongiurare la reiterazione di condotte dello stesso genere, ritenendo non esservi elementi dimostrativi di tale pericolo di reiterazione, cioè dell'esecuzione di nuovi trasporti illeciti di rifiuti mediante il medesimo mezzo, sottolineando che erano stati accertati solamente trasporti di rifiuti verso l'area nella quale era stato realizzato l'impianto per la loro illecita trasformazione, ma non anche da questa verso altri luoghi, ritenendo pertanto sufficiente il sequestro di tale area a prevenire la reiterazione di condotte dello stesso genere di quelle contestate al ricorrente.
3. Va, dunque, anzitutto, osservato che il riferimento compiuto dal Tribunale alla sovrabbondanza del sequestro rispetto alle finalità impeditive con lo stesso perseguite non può essere inteso come applicazione del principio di proporzionalità che, ai sensi dell'art. 275, comma 2, cod. proc. pen., va applicato nella scelta delle misure cautelari personali, come parametro di commisurazione delle misure cautelari alle specifiche esigenze ravvisabili nel caso concreto, trattandosi, appunto, di criterio da seguire solamente nella applicazione delle misure cautelari personali, posto che esso non è richiamato dall'art. 321 cod. proc. pen., che fa riferimento solamente alla necessità di evitare, oltre all'aggravamento e alla protrazione delle conseguenze del reato già commesso, l'agevolazione della commissione di altri reati.
Nella materia delle misure cautelari reali, in particolare a proposito del sequestro preventivo impeditivo, il principio di proporzionalità va inteso nel senso che il giudice della cautela deve valutare e verificare la possibilità di fronteggiare il pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di altri reati mediante il ricorso a misure cautelari meno invasive, oppure limitando l'oggetto del sequestro o il vincolo posto dallo stesso in termini tali da ridurne l'incidenza sui diritti del destinatario della misura reale (così Sez. 5, n. 17586 del 22/03/2021, Onorati, Rv. 281104).
Nel caso in esame tale criterio è stato applicato in materia errata dal Tribunale che, con motivazione assertiva e priva di qualsiasi riscontro probatorio, ha affermato che "a fronte di undici trasporti effettuati nel periodo di un mese, non è dato affermare che l'imprenditore indagato, nel periodo in questione, abbia svolto in maniera preponderante i trasporti illeciti per cui si procede, e non abbia invece condotto in maniera preponderante l'ordinaria attività lecita dell'impresa. Non emerge che, nell'ambito dell'attività di impresa, il bene fosse utilizzato, in maniera preponderante, per la consumazione dei reati per cui si procede" (così l'ordinanza impugnata, a pag. 5).
Si tratta di motivazione errata, in quanto, oltre a essere apodittica e priva di qualsiasi riferimento concreto alle dimensioni dell'attività svolta dall'impresa individuale di A.C. e, soprattutto, al numero dei trasporti leciti dalla stessa usualmente eseguiti, tenendo conto del fatto che la contestazione mossagli sub 6) della rubrica provvisoria fa riferimento alla esecuzione di ben undici trasporti nel breve periodo compreso tra il 2/9/2022 e il 3/10/2022, dunque una motivazione sostanzialmente apparente, in quanto assertiva, la circostanza che mediante il mezzo utilizzato per eseguire i trasporti illeciti siano stati eseguiti anche trasporti leciti non ne esclude la strumentalità alla possibile realizzazione di altri trasporti illeciti, dunque l'utilizzo per la commissione e l'agevolazione di altri reati, cosicché il riferimento al possibile utilizzo "anche" lecito del medesimo bene risulta improprio e contrario alla ratio della disposizione che contempla la possibilità di disporre il sequestro preventivo impeditivo, posto che dal possibile utilizzo di un bene anche per finalità lecite non può, sul piano logico, escludersi che per ciò solo esso possa essere utilizzato anche per scopi illeciti.
4. Analogamente, il rilievo attribuito nell'ordinanza impugnata al sequestro dell'area nella quale si trova l'impianto abusivamente realizzato per il trattamento illecito dei rifiuti speciali costituiti da sfalci e potature, oltre che alla circostanza che al ricorrente è stata contestata solamente l'esecuzione di trasporti verso detta area, con la conseguente sufficienza del sequestro dell'area e dell'impianto a salvaguardare il pericolo di reiterazione o agevolazione di condotte dello stesso genere, è errato, sia perché non tiene conto del fatto che ad A. C. sono state contestate anche attività di raccolta di rifiuti, poi trasportati e conferiti nel suddetto impianto; sia perché l'accertamento del pericolo di reiterazione richiede solo una valutazione prognostica circa la possibilità di condotte reiterative, ma non anche l'accertamento dell'imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto (cfr. in tal senso, a proposito delle misure cautelari personali, ma con l'affermazione di un principio di carattere generali, applicabile anche alle misure cautelari reali, Sez. 3, n. 9041 del 15/02/202:2, Gizzi, Rv. 282891, secondo cui il requisito dell'attualità del pericolo previsto dall'art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non è equiparabile all'imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un'analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza; v. anche Sez. 1, n. 14840 del 22/01/2020, Oliverio, Rv. 279122, secondo cui il requisito dell'attualità del pericolo di reiterazione del reato non va equiparato all'imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma indica, invece, la continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza di fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell'indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare).
Ne consegue l'erroneità del criterio interpretativo applicato dal Tribunale nell'escludere la gravità del pericolo di reiterazione e nel giudicare sufficiente a salvaguardarlo il sequestro dell'area e dell'impianto di trattamento illecito dei rifiuti, dovendo tale indagine prognostica essere compiuta tenendo conto del quadro indiziario e valutando la possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un'analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto che le ha poste in essere e del contesto socio-ambientale, per cui il solo sequestro di detto impianto non esclude, di per sé, la possibile ripetizione di condotte dello stesso genere, evidentemente con altre modalità, direzioni e destinatari dei rifiuti, che non sono state escluse dal Tribunale.
5. Il terzo motivo, relativo all'ambito di applicazione dell'art. 185 d.lgs. n. 152 del 2006, che sarebbe stato indebitamente ed erroneamente esteso dal Tribunale, è inammissibile, in quanto tale, prospettata, errata applicazione di disposizioni di legge non ha avuto alcuna incidenza nella adozione del provvedimento impugnato e non ha costituito la ratio decidendi della decisione di annullamento impugnata dal pubblico ministero.
Il Tribunale di Arezzo, nell'esaminare la richiesta di riesame presentata dall'indagato C., ha disatteso le censure relative alla insussistenza degli indizi del reato di trasporto illecito di rifiuti in relazione al quale è stato disposto il sequestro oggetto della richiesta, affermando sia la qualificabilità come rifiuti del materiale oggetto dei trasporti contestati, sia l'inoperatività delle ipotesi di esclusione della disciplina sui rifiuti contemplate dall'art. 185 d.lgs. n. 152 del 2006.
La decisione di annullamento si è fondata, come già esposto al punto 2, sulla esclusione dei presupposti per poter disporre il sequestro, sia a fine di confisca sia per ragioni impeditive, ritenendo sufficiente a evitare la ripetizione di condotte analoghe il sequestro dell'area e dell'impianto di trattamento illecito dei rifiuti ivi realizzato.
Ne consegue l'irrilevanza, rispetto alla adozione della decisione censurata, di quanto affermato dal Tribunale a proposito dell'ambito di applicazione dell'art. 185 d.lgs. n. 152 del 2006 o alla interpretazione di tale disposizione, che non ha avuto alcuna incidenza, nella prospettiva del pubblico ministero ricorrente, nella adozione del provvedimento impugnato, con la conseguente inammissibilità per difetto di interesse e di pertinenza dei rilievi sollevati con tale motivo, volti, in sostanza, a conseguire l'affermazione astratta di un principio di diritto, in relazione a un punto della decisione che non ha determinato l'annullamento del provvedimento di sequestro censurato dal pubblico ministero, che quindi non appare portatore di un interesse concreto e attuale a dolersene.
6. L'ordinanza impugnata deve, dunque, essere annullata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Arezzo, che provvederà a riesaminare la inchiesta di riesame e a rivalutare la sussistenza dei presupposti per il mantenimento del sequestro del veicolo di proprietà di A. C. attenendosi al principio di diritto secondo cui:
"L'indagine prognostica in ordine alla sussistenza del pericolo della agevolazione della commissione di altri reati deve essere compiuta tenendo conto del quadro indiziario e valutando la possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un'analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto che le ha poste in essere e del contesto socio-ambientale, indipendentemente dall'accertamento di specifiche occasioni di ripetizione delle condotte.
Il possibile utilizzo anche per fini leciti dei mezzi utilizzati per commettere un reato non ne esclude la sequestrabilità, in quanto tale eventuale utilizzo non esclude l'utilizzo anche per la ripetizione di condotte dello stesso genere di quelle contestate".
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Arezzo competente ai sensi dell'art. 324, comma 5, cod. proc. pen.