Il TAR Lombardia analizza il delicato bilanciamento tra il potere della stazione appaltante di sindacare l’offerta tecnica ed economica del concorrente e la libertà di auto-organizzazione imprenditoriale dell’impresa in gara.
L’attuale ricorrente è un consorzio che era stato escluso da un appalto poiché la sua offerta era stata reputata incongrua e inaffidabile per aver giustificato i costi della manodopera utilizzando un CCNL non coerente con l’oggetto dell’appalto.
Il consorzio si rivolge al TAR Lombardia, sostenendo che la sua esclusione fosse illegittima poiché il disciplinare di gara non obbligava i concorrenti ad applicare uno specifico CCNL, ma ne esprimeva solamente una preferenza. Inoltre, il medesimo conteneva una clausola sociale che imponeva l’assunzione in via prioritaria dei lavoratori che già operavano nell’ambito del servizio di riferimento, i quali risultavano tutti quanti assunti con il CCNL da esso indicato.
Con la sentenza n. 2830 del 28 novembre 2023, il TAR Lombardia respinge il ricorso, osservando come la giurisprudenza abbia chiarito, sotto il vigore del precedente Codice dei contratti pubblici, che è necessario
«sintetizzare i principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa sulla delicata dialettica tra il potere della stazione appaltante di sindacare l’offerta tecnica ed economica del concorrente e, dall’altro lato, la libertà di auto-organizzazione imprenditoriale dell’impresa in gara». |
Nello specifico, si tratta di tracciare i confini tra due polarità costituzionali potenzialmente contrapposte: i principi di buon andamento della P.A. e di tutela del lavoro, da una parte, e la libertà di iniziativa economica dell’imprenditore, dall’altra. In tale contesto, il TAR ricorda quali sono gli ambiti sui quali la staziona appaltante ha potere di sindacare, tra i quali rientrano l’applicazione della clausola sociale inserita nel bando di gara e la scelta dell’imprenditore di adottare un CCNL specifico, evidenziando che la stazione appaltante non può mai imporre al concorrente un particolare modello di organizzazione del lavoro.
Con riferimento al caso in esame, l’Amministrazione aveva escluso il ricorrente, oltre che per l’applicazione di un CCNL incompatibile con il contratto in questione, per via dell’inadeguatezza del trattamento complessivo e della retribuzione proposta come livello base. In tal senso, il TAR ricorda che prima dell’aggiudicazione, le stazioni appaltanti devono verificare che il costo del personale non sia inferiore ai minimi salariali retributivi, mentre nel caso di specie emergeva dall’atto di esclusione che la ricorrente aveva indicato un costo del personale significativamente inferiore rispetto a quello proposto dall’aggiudicataria.
Per questa ragione, non è irragionevole la scelta della stazione appaltante di ritenere che il CCNL indicato dalla ricorrente fornisca un assetto retributivo oggettivamente inconciliabile con la lex specialis, realizzando un pregiudizio all’interesse pubblico della stazione appaltante e una forma di dumping.
Segue il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. La ricorrente è stata esclusa dall’“Appalto 49/2022 – C.I.G. (omissis) – Affidamento del servizio di accoglienza e reception presso le sedi del Comune di Milano assegnate alla Direzione Cultura. Procedura SINTEL ID (omissis)” in quanto l’offerta di CNS, risultata seconda in graduatoria, sarebbe incongrua e inaffidabile per aver giustificato i costi della manodopera utilizzando un CCNL (Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari) non coerente con l’oggetto dell’appalto.
Contro il suddetto atto ha sollevato i seguenti motivi di ricorso.
I. Violazione e falsa applicazione degli artt. 30, 95 e 97 del d.lvo 50/2016, nonché dei contratti collettivi nazionali. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione e contraddittorietà manifesta.
Secondo la ricorrente l’esclusione per aver dichiarato l’applicazione del CNNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari sarebbe illegittima in quanto il disciplinare non obbligava i concorrenti ad applicare uno specifico contratto collettivo ma esprimeva solo una preferenza per il CCNL Federculture, attribuendo cinque punti tecnici ai concorrenti che si fossero impegnati all’utilizzo “per l’inquadramento del personale adibito al servizio del CCNL FEDERCULTURE”.
Inoltre il disciplinare conteneva inoltre una clausola sociale che imponeva l’assunzione, in via prioritaria, dei lavoratori già operanti che risultano tutti assunti con CCNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari.
Inoltre, secondo la ricorrente, l’appalto precedente, che è identico a quello di cui è causa, ha ammesso l’utilizzo del CCNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari.
A ciò si aggiunge che l’offerta della ricorrente è stata ritenuta degna di ottenere il massimo punteggio con riferimento al criterio tecnico n. 5 “formazione/aggiornamento del personale” nonostante avesse indicato l’applicazione del CCNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari. Ne risulterebbero quindi lesa l’autonomia dell’impresa e le previsioni del bando di gara.
II. Violazione e falsa applicazione degli artt. 30, 95 e 97 del d.lvo 50/2016. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione e contraddittorietà manifesta.
La ricorrente contesta quanto affermato nell’atto di esclusione, e cioè che l’appalto abbia ad oggetto servizi di accoglienza di musei, biblioteche e spazi espositivi e che tali attività “non sono previste nel mansionario del CCNL Vigilanza privata e servizi fiduciari”. Infatti nella declaratoria relativa al mansionario dell’operatore livello D di tale contratto vengono riportate, tra l’altro, una serie di attività riconducibili a quelle oggetto del presente affidamento.
A ciò si aggiunge che anche il Capitolato della precedente gara aveva ad oggetto ugualmente il servizio di accoglienza e reception delle sedi della Direzione Cultura (art. 1.3 – doc. 25) ed ammetteva l’utilizzo del CCNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari.
III. Violazione e falsa applicazione del principio della equivalenza delle tutele dei contratti collettivi nazionali. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, disparità di trattamento.
In merito all’asserito diverso e peggiore livello di retribuzione garantito, la ricorrente lamenta che il CCNL Multiservizi dell’aggiudicataria garantisce le stesse tutele del CCNL Vigilanza Privata in quanto la retribuzione oraria lorda risultante dall’offerta dell’ATI aggiudicataria ammonta ad € 7,24797 di poco superiore ai 7,00 € lordi orari dell’offerta di CNS e che la differenza di retribuzione lorda mensile tra i due contratti sarebbe di soli 42,90 €. La differenza di importo sarebbe peraltro ampiamente compensata dal riconoscimento da parte di CNS di benefits, quali quelli descritti nella relazione tecnica.
Da ultimo contesta la congruità dell’inquadramento come operai comuni di quegli stessi dipendenti nella declaratoria del II livello del CCNL Multiservizi.
La difesa del Comune ha chiesto la reiezione del ricorso in quanto il RUP, a seguito di un approfondito contraddittorio, ha correttamente ritenuto incoerente il CCNL “Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari”, applicato da C.S.N., rispetto all’oggetto del contratto. La valutazione di incoerenza del RUP, contenuta nel provvedimento di esclusione di CSN, oltre ad essere fondata su un attento confronto tra il CCNL citato e le prestazioni contrattuali, è perfettamente in linea con la lettera e la ratio dell’articolo 30, comma 4, del D.Lgs. n. 50/2016 (cfr. doc. n. 24). Tale norma, come correttamente rilevato dal RUP, è infatti volta a “garantire che il personale impiegato sia adeguatamente tutelato per la parte giuridica e percepisca una retribuzione proporzionata rispetto all'attività in concreto svolta; sotto diverso profilo, è così preservata la stessa corretta esecuzione delle prestazioni oggetto della commessa attraverso una vincolante connessione funzionale delle stesse con i profili professionali più appropriati”.
Secondo il controinteressato il CCNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari non è coerente con l’oggetto dell’appalto, dato che non contempla profili specifici attinenti al patrimonio museale, che è il fulcro della nuova procedura.
All’udienza del 8 novembre 2023 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
2. Il ricorso è fondato nel terzo motivo.
2.1 Come chiarito dalla giurisprudenza (TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 24.05.2022 n. 6688) sotto il vigore del precedente codice dei contratti pubblici, occorre “sintetizzare i principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa sulla delicata dialettica tra il potere della stazione appaltante di sindacare l’offerta tecnica ed economica del concorrente e, dall’altro lato, la libertà di auto-organizzazione imprenditoriale dell’impresa in gara.
Più in particolare, si tratta di individuare i confini generali (così come tracciati dalla giurisprudenza) fino ai quali può spingersi il potere della stazione appaltante di sindacare l’offerta del concorrente ogniqualvolta venga in rilievo un profilo attinente all’organizzazione del fattore produttivo “lavoro”. Il che sottintende un’operazione di complesso bilanciamento tra due polarità costituzionali potenzialmente contrapposte, da un lato i principi di buon andamento della pubblica amministrazione e tutela del lavoro (artt. 97, 4, 35 e 36 Cost.) e dall’altro lato la libertà di iniziativa economica dell’imprenditore (art. 41 Cost.).
In tale contesto devono essere inquadrati i consolidati orientamenti giurisprudenziali sviluppatisi sul potere della stazione appaltante di sindacare:
(a) l’applicazione della clausola sociale inserita nel bando di gara (cfr. ex multis Consiglio di Stato 10.06.2019 n. 3885);
(b) la scelta imprenditoriale di adottare uno specifico contratto collettivo piuttosto che un altro (cfr. ex multis Consiglio di Stato 13.10.2015 n. 4699);
(c) la scelta imprenditoriale di adottare contratti di lavoro a causa mista lavoro/formazione (cfr. ex multis Consiglio di Stato 18.01.2016 n. 143);
(d) la correttezza dell’inquadramento professionale della forza lavoro assunta con contratti di lavoro dipendente (cfr. ex multis Consiglio di Stato 15.11.2021 n. 7596);
(e) gli scostamenti del costo del lavoro rispetto ai parametri medi delle tabelle ministeriali;
(f) la correttezza della qualificazione autonoma o libero-professionale dei rapporti di lavoro dichiarati dal singolo concorrente (cfr. Consiglio di Stato 25.03.2019 n. 1979, TAR Puglia-Lecce 02.11.2021 n. 1584, TAR Sardegna 05.02.2019 n. 94, TAR Lazio, Sezione Terza, 25.02.2015 n. 3294).
Il fil rouge che unisce questi orientamenti può essere sinteticamente compendiato nell’assoluta centralità della libertà di iniziativa economica dell’imprenditore (intesa soprattutto nella sua accezione euro-unitaria di libertà di concorrenza), nel senso cioè che la stazione appaltante non può mai imporre al concorrente un particolare modello di organizzazione del lavoro, quale che sia il modo con cui tale imposizione viene esercitata (ad esempio attraverso la prescrizione di un particolare tipo di contratto di lavoro o di CCNL o del livello di inquadramento).
Come ogni diritto di rango costituzionale, tuttavia, anche quello sin qui tratteggiato incontra un limite estremo ed invalicabile, e cioè l’esigenza di evitare che esso sconfini abusivamente nella lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e nel pregiudizio dei diritti sociali costituzionalmente tutelati (artt. 4, 35 e 36 Cost.).
Tali opposti principi costituzionali prevalgono infatti sulla libertà di auto-organizzazione imprenditoriale (legittimando quindi un sindacato della stazione appaltante sull’organizzazione del lavoro del concorrente) ogniqualvolta le concrete modalità di svolgimento del servizio oggetto di affidamento pubblico, così come analiticamente declinate nella lex specialis di gara, appaiono ictu oculi inconciliabili con la specifica matrice organizzativa impressa dal singolo concorrente alla propria forza lavoro.
Ciò senza dimenticare che la scelta imprenditoriale di adottare un particolare tipo di contratto di lavoro (oggettivamente inconciliabile con la lex specialis) può talvolta consentire al singolo concorrente di eludere i maggiori costi retributivi, contributivi e fiscali che sono invece sottesi al diverso modello contrattuale reso necessario dalle specifiche tecniche di gara, così realizzando non soltanto un pregiudizio all’interesse pubblico della stazione appaltante, ma anche una forma di “dumping” ad un tempo lesiva del leale gioco concorrenziale e dei diritti sociali”.
2.2 Nel caso di specie l’amministrazione ha escluso la ricorrente per due motivi specifici e sufficientemente autonomi: l’incompatibilità dell’applicazione del CCNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari al contratto in questione per il mansionario previsto e l’inadeguatezza del trattamento complessivo e della retribuzione per il livello contrattuale D, proposto dalla ricorrente come livello base per il contratto in questione, con riferimento alla parte più qualificata del personale museale.
2.3 In conformità al criterio della “ragione più liquida”, espressione dei principi di economia processuale che governano il processo amministrativo (C.d.S., A.P., 27 aprile 2015, n. 5; Sez. VII, 15 luglio 2022, n. 6054; Sez. III, 6 maggio 2021, n. 3534), il Collegio ritiene che le motivazioni del provvedimento di esclusione che resistono più agevolmente alle censure della ricorrente siano quelle relative all’inadeguatezza del trattamento complessivo e della retribuzione per il livello contrattuale D contestate con il terzo motivo di ricorso ed aventi carattere assorbente.
2.4 In merito occorre rammentare che in forza del combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 97, comma 5, lett. d), del d.lgs. n. 50/2016, prima dell’aggiudicazione le stazioni appaltanti devono verificare che il costo del personale non sia inferiore ai minimi salariali retributivi.
Tale accertamento (che non dà luogo a un sub-procedimento di verifica di anomalia dell’intera offerta, ma mira esclusivamente a controllare il rispetto del salario minimo), è sempre obbligatorio, anche nei casi di gara al massimo ribasso. Diversamente, infatti, potrebbe essere compromesso il diritto dei lavoratori alla retribuzione minima, tutelato dall’art. 36 Cost. (ex multis, TAR Campania, Salerno, sez. II, 21.12.2020, n. 1994; TAR Lombardia, Milano, sez. II, 01.06.2020, n. 978; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 16.03.2020, n. 329; TAR Sicilia, Catania, sez. I, 26.03.2018, n. 608).
In linea generale occorre rilevare che la stazione appaltante ha indicato nell’atto di esclusione che la ricorrente ha proposto costi del personale per €. 8.653.132,38 (circa – 30% rispetto ai costi del personale stimati dalla Stazione Appaltante negli atti di gara in euro 12.340.235,85 applicando il costo medio orario del CCNL Federculture come indicato espressamente nel documento “Stima Economica del Servizio” pubblicato unitamente agli altri atti di gara).
Tale valore risulta significativamente inferiore rispetto a quello proposto dall’aggiudicataria, che ha indicato costi del personale euro 10.166.000,00 (circa – 18,00% rispetto ai costi del personale stimati dalla Stazione Appaltante negli atti di gara in euro 12.340.235,85 applicando il costo medio orario del CCNL Federculture come indicato espressamente nel documento “Stima Economica del Servizio” pubblicato con gli atti di gara. Si evidenzia che l’incidenza dei costi di personale nella stima della Stazione Appaltante sull’importo a base d’asta è pari al 95,23%).
La differenza nell’impegno economico a favore dei lavoratori in un appalto ad alta densità di manodopera come quello in questione risulta evidente.
Passando dai valori generali a quelli medi, tale differenza comporta per il Livello D CCNL Servizi Fiduciari una retribuzione netta mensile [Full Time 173 ore] pari ad euro 1.000,00, mentre nella busta paga per il Livello 2° Multiservizi – qualifica “Guardasala dip.” la retribuzione netta in busta paga è di 1.118,00 euro.
La stazione appaltante ha rilevato che il servizio oggetto di appalto richiede un servizio di accoglienza dei visitatori nelle sedi museali del Comune di Milano che richiede l’assunzione di personale particolarmente qualificato e dotato di diploma o laurea preferibilmente in ambito turistico, linguistico, economico e di comunicazione con conoscenza di livello C2 dell’inglese e conoscenza di base di altra lingua. Tali requisiti sono addirittura minimi in caso di nuove assunzioni.
Tale qualificazione risulta rafforzata dalle disposizioni normative in materia, quali la DGR 20.12.2022 n. 7/11643 avente ad oggetto Criteri e linee guida per il riconoscimento dei musei e delle raccolte museali in Lombardia, nonché linee guida sui profili professionali degli operatori dei musei e delle raccolte museali in Lombardia, ai sensi della l.r. 5 gennaio 2000, n. 1, comma 130-131.
Il livello di preparazione e formazione del personale in questione è stato riconosciuto ed esaltato dalla ricorrente, la quale ha proposto nell’offerta tecnica un piano di formazione del personale e requisiti minimi culturali di assunzione che sono stati valutati molto positivamente dalla stazione appaltante.
La stazione appaltante ha però valutato come non conformi alla elevata qualificazione tecnica del personale richiesto dall’appalto l’attribuzione di una retribuzione che al Livello D del CCNL Servizi Fiduciari viene equiparata (secondo l’indicazione tratta dalle memorie della ricorrente) a quella prevista per lavoratori con mansioni più generiche quali “Addetto all’attività per la custodia, la sorveglianza e la fruizione di siti ed immobili, Addetto all’attività di controllo degli accessi, regolazione del flusso di persone e merci, Addetto all’assistenza, al controllo ed alle attività di safety in occasione di manifestazione ed eventi, Addetto alle attività tecnico – organizzative per la custodia, la sorveglianza e la regolazione della fruizione dei siti ed immobili, Addetto all’attività di reception, attività di gestione centralini telefonici, di front desk, gestione della corrispondenza, immissione dati”, secondo il mansionario indicato dal CCNL Vigilanza e Servizi Fiduciari.
La stazione appaltante ha effettuato una comparazione tra il livello retributivo adeguato al livello culturale necessario per l’assistenza alla clientela dei Musei milanesi, che si pongono all’avanguardia di quelli italiani e quindi mondiali, rispetto al livello retributivo previsto per il personale destinato a più generiche mansioni di assistenza alla clientela, rilevando una chiara discrasia tra i due aspetti.
In merito la difesa di parte ricorrente si è trincerata nel confronto tra il mansionario del Livello D del CCNL Servizi Fiduciari rispetto a quello di alcuni profili del II livello del CCNL Multiservizi che non rispecchia la valorizzazione del personale alla quale la ricorrente stessa si era impegnata nell’offerta tecnica.
Tale profilo non risulta compensato dalla previsione di un superminimo assorbibile nell’offerta retributiva della ricorrente, la quale risulta comunque inferiore a quella dell’aggiudicataria, in quanto il superminimo è stato previsto in conseguenza della disapplicazione del CCNL Vigilanza e Servizi Fiduciari da parte dell’autorità giudiziaria (in tal senso Corte d’Appello di Milano, sezione Lavoro, sentenza 05/01/2023 n. 961 citata dalla stazione appaltante) e non in considerazione delle specificità del personale impiegato dal Settore Cultura e Musei del Comune di Milano.
In merito deve ritenersi che anche l’amministrazione abbia un potere di sindacato diretto del CCNL di lavoro proposto al fine di accertare, con atto motivato, che il livello stipendiale proposto sia conforme all’art. 36 Cost. in quanto norma costituzionale di applicazione immediata e diretta.
Deve quindi ritenersi non macroscopicamente irragionevole la scelta della stazione appaltante di ritenere che il CCNL di lavoro in questione, che si caratterizza per il fatto di essere ormai obsoleto e disapplicato in sede giudiziale, fornisca un assetto retributivo, per la parte più qualificata del personale impegnato nel servizio, che lo rende oggettivamente inconciliabile con la lex specialis, così realizzando non soltanto un pregiudizio all’interesse pubblico della stazione appaltante, ma anche una forma di “dumping” ad un tempo lesiva del leale gioco concorrenziale e dei diritti sociali.
3. In definitiva quindi il ricorso va respinto.
4. La novità della questione giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.