La legge sul punto è chiara: la duplicazione dell'indennità giornaliera si giustifica quando il giudice onorario abbia tenuto due udienze distinte nello stesso giorno.
Ma cosa deve intendersi per “udienza”? la Cassazione si sofferma proprio sull'analisi del termine.
Un giudice onorario citava a comparire dinanzi al
Svolgimento del processo
1. Con atto notificato in data 27.2.2013 A. P., giudice onorario presso il Tribunale di Firenze, citava a comparire dinanzi al Giudice di Pace di Firenze il Ministero della Giustizia ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Esponeva che aveva invano domandato il pagamento di talune “doppie indennità” ad ella dovute per l’attività di g.o.t. espletata nel periodo compreso tra l’11 gennaio 2005 ed il 18 settembre 2008 (cfr. sentenza d’appello, pag. 4).
Chiedeva condannarsi i Ministeri convenuti al pagamento del complessivo importo di euro 3.827,07.
2. Si costituivano il Ministero della Giustizia ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Eccepivano pregiudizialmente il difetto di legittimazione a resistere del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Instavano nel merito per il rigetto dell’avversa domanda.
3. Con sentenza n. 3459/2014 il giudice di pace accoglieva la domanda e condannava le Amministrazioni convenute al pagamento della somma richiesta con interessi e spese di lite.
4. Il Ministero della Giustizia ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze proponevano appello.
Resisteva A. P..
5. Con sentenza n. 799/2017 il Tribunale di Firenze rigettava il gravame e condannava gli appellanti in solido alle spese del grado.
Evidenziava il tribunale che il ruolo attivo - in fase di accertamento dei presupposti e di modifica degli importi - e non meramente contabile già ascrivibile al Ministero del Tesoro in materia di liquidazione e pagamento dei compensi spettanti ai giudici onorari di tribunale, quale desumibile dalle disposizioni normative di riferimento, in particolare dagli artt. 4, 3° co., e 20, 2° co., del d.lgs. n. 273/1989, induceva a riconoscere la legittimazione a resistere pur in capo al Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Evidenziava il tribunale, in ordine all’art. 4 del d.lgs. n. 273/1989, nella formulazione, come modificata dall’art. 52 della legge n. 448/2001, applicabile nella specie ratione temporis, ed ai fini dell’esatta determinazione della nozione di udienza, che l’anzidetta disposizione induceva a reputare legittima la corresponsione di una seconda indennità, qualora il g.o.t. avesse trattato “in udienza più procedimenti distinti, diversi per numero di iscrizione a ruolo, omogenei o meno che [fossero] per tipologia” (così sentenza d’appello, pag. 7); al contempo, che non vi era motivo per disconoscere il diritto alla doppia indennità, qualora, pur nell’ambito del medesimo procedimento, fossero state tenute udienze con rito processuale sostanzialmente diverso (cfr. sentenza d’appello, pag. 7).
Evidenziava in ogni caso che la nozione di udienza non era da intendere in guisa di “giorno in cui si tiene udienza” (così sentenza d’appello, pag. 7).
Evidenziava quindi che le doppie indennità erano state liquidate correttamente ed illegittimo era il provvedimento del Tribunale di Firenze che ne aveva disposto il recupero (cfr. sentenza d’appello, pag. 6).
6. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso il Ministero della Giustizia ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze; ne hanno chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
A. P. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
7. Con ordinanza interlocutoria dei 9.2/18.4.2023 è stata disposta la trattazione in pubblica udienza.
8. Il Pubblico Ministero ha rassegnato per iscritto in data 2.1.2023 ed in data 19.7.2023 le sue conclusioni ed ha chiesto accogliersi il ricorso.
I Ministeri ricorrenti hanno depositato memoria.
La controricorrente ha depositato memoria datata 27.1.2023 e memoria datata 14.9.2023.
Motivi della decisione
9. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 4, 3° co., e 20, 2° co., d.lgs. 273/1989.
Deducono che ha errato il Tribunale di Firenze ad opinare per la legittimazione passiva pur del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Deducono che il Ministero dell’Economia e delle Finanze provvede in via esclusiva al versamento delle indennità nell’interesse dell’Amministrazione in favore della quale il g.o.t. presta servizio (cfr. ricorso, pag. 4).
10. Il primo motivo di ricorso è fondato e va accolto.
11. Si premette che non viene propriamente in evidenza il profilo della “legitimatio ad causam”.
Invero, non attiene alla “legitimatio ad causam” ma al “merito” della lite la questione relativa alla titolarità, attiva o passiva, del rapporto sostanziale dedotto in giudizio (cfr. Cass. 23.5.2012, n. 8175; Cass. sez. un. 16.2.2016, n. 2951 (Rv. 638371 - 01)).
12. In questi termini va condiviso e recepito il rilievo dei Ministeri ricorrenti secondo cui il Ministero dell’Economia e delle Finanze provvede unicamente nell’interesse del Ministero della Giustizia alla “provvista finanziaria per far fronte alle esigenze di spesa” (così ricorso, pag. 3).
D’altra parte, e pur al di là del rilievo dei Ministeri ricorrenti, ancorato alla pronuncia delle sezioni unite di questa Corte n. 8516/2012 - secondo cui gli esborsi da operarsi ai sensi del d.P.R. n. 115/2002 gravano sul bilancio del Ministero della Giustizia - concorre significativamente, in chiave sistematica, a dar conto dell’esclusiva “legittimazione passiva” del Ministero della Giustizia l’art. 3, 2° co., della legge n. 89 del 24.3.2001.
Quivi è disposto che “il ricorso [per equa riparazione] è proposto nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del Ministro della difesa quando si tratta di procedimento del giudice militare. Negli altri casi è proposto nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze”.
Ebbene, è innegabile, nella specie, che si versa nell’alveo della giurisdizione ordinaria, sicché la titolarità passiva del rapporto sostanziale dedotto in giudizio va ascritta unicamente al Ministero della Giustizia.
13. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 d.lgs. 273/1989, degli artt. 470 – 483 cod. proc. pen., degli artt. 20 e 21 del regolamento di esecuzione cod. proc. pen. e degli artt. 132, 132 bis e 160 disp. att. cod. proc. pen.
Deducono che in seno al procedimento penale l’indennità spetta per ogni udienza che risulti riconoscibile autonomamente come un unicum, benché articolantesi in plurime attività (cfr. ricorso, pag. 7).
Deducono segnatamente che non va corrisposta la doppia indennità in ipotesi di partecipazione nella stessa giornata ad un’udienza dibattimentale nel corso della quale il g.o.t. sia chiamato a provvedere con riti speciali (cfr. ricorso, pag. 8) ovvero in ipotesi in cui si provveda alla convalida dell’arresto e al successivo giudizio direttissimo (cfr. ricorso, pag. 8).
14. Il secondo motivo di ricorso parimenti è fondato e va accolto.
15. Viene in rilievo (cfr. ricorso, pag. 10; controricorso, pagg. 16 - 17) nella specie, ratione temporis, il seguente disposto del 1° co. dell’art. 4 del d.lgs. n. 273/1989: “ai giudici onorari di tribunale spetta un’indennità di euro 98,13 per ogni udienza, anche se tenuta in camera di consiglio. Non possono essere corrisposte più di due indennità al giorno” (l’art. 4 cit., a decorrere dall’1.1.2022, è stato abrogato dall’art. 33, 2° co., d.lgs. 13.7.2017, n. 116, come modificato dall’art. 17 ter, 1° co., lett. d), dec. leg. n. 80/2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 113/2021).
Evidentemente la duplicazione dell’indennità giornaliera si giustifica qualora il giudice onorario abbia tenuto nello stesso giorno due udienze distinte.
Si impone dunque la puntuale determinazione della nozione di udienza, sì da definirne l’esatto perimetro e da riscontrare i margini della sua diversificazione.
16. Non soccorre la nozione di udienza in guisa di “unità quotidiana di lavoro” recepita dall’elaborazione di questa Corte (cfr. Cass. pen., sez. 6, n. 17170 dell’11.10.2017; Cass. pen., sez. 5, n. 16159 del 24.2.2016).
Tanto giacché nella specie si prospetta la necessità di individuare gli estremi della duplicazione dell’udienza nell’arco della medesima giornata.
Più esattamente, si condivide il rilievo della controricorrente secondo cui “<l’udienza> non potrà coincidere con il <giorno in cui si tiene udienza>” (così controricorso, pag. 10).
E nondimeno l’interpretazione “restrittiva” – che si recepisce – non implica affatto, contrariamente all’assunto della controricorrente, che “l’udienza sarà sempre una al giorno” (così controricorso, pag. 10).
17. Ebbene, è da escludere il diritto alla duplicazione dell’indennità in correlazione tout court con la diversità, per la diversità dei numeri d’iscrizione a ruolo (cfr. analogamente in tal senso conclusioni del P.M. in data 19.7.2023, pag. 1), per la diversa identità degli imputati, per la diversità dei riti osservati, dei procedimenti trattati nell’arco della stessa giornata.
Non si condivide perciò l’opposto rilievo espresso dal giudice a quo (così sentenza d’appello, pagg. 7 e 8).
E parimenti è da escludere il diritto alla duplicazione dell’indennità in connessione tout court con la diversificazione delle fasi processuali, quali la convalida dell’arresto ed il giudizio direttissimo, costituenti meri sviluppi in progressione nell’ambito - nell’arco della stessa giornata - del medesimo iter procedimentale.
Non si condivide perciò, similmente, l’opposto rilievo espresso dal giudice a quo (così sentenza d’appello, pag. 7).
18. Il diritto alla duplicazione dell’indennità è da riconoscere viceversa a fronte della diversificazione, nell’arco del medesimo impegno quotidiano, della composizione – monocratica o collegiale - dell’organo giudicante che coinvolge il giudice onorario (cfr. analogamente in tal senso conclusioni del P.M. in data 19.7.2023, pag. 2) ovvero a fronte della diversificazione, nell’arco del medesimo impegno quotidiano, della generale finalità – di cognizione, di esecuzione o cautelare – della funzione giurisdizionale cui attende il giudice onorario ovvero a fronte della diversificazione, nell’arco del medesimo impegno quotidiano, delle prioritarie connotazioni – pubbliche o camerali (art. 127 cod. proc. pen., rubricato “procedimento in camera di consiglio”, il cui 6° co. dispone: “l’udienza si svolge senza la presenza del pubblico”) – non correlate tout court alla diversità di rito, del modello processuale che il giudice onorario ha da seguire.
In questi termini si condivide senz’altro la deduzione dei Ministeri ricorrenti, ben vero, al di là del suo ancoraggio alla circolare del 4.9.2008 ed al di là della valenza delle circolari ministeriali, secondo cui “si deve corrispondere la doppia indennità giornaliera nei casi di partecipazione ad un’udienza monocratica e ad una collegiale, ad un’udienza di cognizione o dibattimentale e ad una dinanzi al giudice dell’esecuzione, ad un’udienza pubblica e ad un’udienza fissata per provvedimenti camerali” (così ricorso, pag. 8).
19. Alla luce delle surriferite puntualizzazioni andrà dunque vagliata, in sede di rinvio, la pretesa azionata da A. P. e l’assunto dei ricorrenti secondo cui l’iniziale attrice ha trattato nella stessa giornata “procedimenti in fase dibattimentale e riti speciali (in particolare, monocratico più abbreviato)” (cfr. ricorso, pag. 10).
20. In accoglimento di ambedue i motivi di ricorso la sentenza n. 799/2017 del Tribunale di Firenze va cassata con rinvio allo stesso tribunale in persona di diverso magistrato anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie entrambi i motivi di ricorso, cassa la sentenza n. 799/2017 del Tribunale di Firenze e rinvia allo stesso tribunale in persona di diverso magistrato anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.