Nel procedimento avente ad oggetto un caso di insider trading, la Cassazione specifica che il giudice, dopo la disamina dei singoli elementi indiziari, deve procedere con una valutazione globale degli stessi.
Svolgimento del processo
1. – Con delibera sanzionatoria Consob n. 20.263 del 10 gennaio 2018, adottata all’esito dell’indagine svolta dalla Divisione Mercati - Ufficio Abusi di Mercato, avente ad oggetto numerose ipotesi di abuso di informazioni privilegiate relative ad una pluralità di titoli negoziati su mercati regolamentati, veniva contestato, nei confronti di U. A., di avere acquistato, per conto proprio, 5.000 azioni B., utilizzando le informazioni di cui era in possesso, delle quali conosceva o poteva conoscere, in base ad un criterio di ordinaria diligenza, il carattere privilegiato, e inerenti alla promozione di un’OPA volontaria sulla totalità delle azioni B..
Per l’effetto, era applicata all’U., ai sensi dell’art. 187- bis, quarto comma, T.U.F., la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 130.000,00, della quale era ingiunto il pagamento, con l’accessoria sanzione interdittiva, ai sensi dell’art. 187-quater, primo comma, T.U.F., della perdita temporanea dei requisiti di onorabilità e dell’incapacità temporanea ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo, per un periodo di otto mesi, con la confisca dei beni di sua appartenenza, fino alla concorrenza del valore del prodotto dell’illecito contestato, corrispondente alla somma dei valori utilizzati per commetterlo e del profitto conseguito, pari ad euro 9.850,00, già oggetto di sequestro con delibera n. 20.123 del 28 settembre 2017.
2. – Quindi, con ricorso proposto ai sensi dell’art. 187-septies T.U.F., notificato alla Consob il 13 marzo 2018, U. A. proponeva opposizione, davanti alla Corte d’appello di Cagliari, avverso la citata delibera sanzionatoria Consob n. 20.263 del 10 gennaio 2018, chiedendone l’annullamento, previa sospensione della sua efficacia.
Si costituiva la Consob, la quale chiedeva che l’opposizione fosse respinta, perché infondata in fatto e in diritto.
Con la sentenza di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Cagliari accoglieva l’opposizione proposta da U. A., annullando la delibera opposta e compensando interamente tra le parti le spese di lite.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a) che il primo elemento presuntivo utilizzato dalla Consob era rappresentato dal fatto che l’U. fosse un investitore finanziario, indizio di per sé ambiguo in relazione alla contestazione effettuata, non essendo, anzi, del tutto inverosimile la difesa dell’opponente, secondo la quale, proprio perché abituato ad investire in borsa, egli avesse seguito l’andamento dei titoli B. ed avesse ritenuto conveniente investire negli stessi in virtù della propria esperienza nel campo in questione; b) che gli altri elementi indiziari – e, in particolare, il rapporto di parentela con U. G., la tempistica degli investimenti, i frequenti contatti telefonici con il fratello (accertati nel 2014, a distanza di due anni dai fatti contestati) ed, infine, il fatto che U. G. non fosse un operatore finanziario, il che avrebbe reso inverosimile che l’opponente si fosse fidato dei suoi semplici consigli – non integravano, neppure se collegati al primo elemento richiamato, gli estremi della gravità, precisione e concordanza, al fine di ritenere accertato l’illecito contestato; c) che non assumevano particolare significato i contatti telefonici accertati tra i due fratelli, sia perché spiegabili con il loro rapporto di parentela, ignorandosi comunque il contenuto di tali contatti, sia perché accertati in relazione ad un periodo successivo di circa due anni rispetto alla presunta commissione dell’illecito; d) che anche la tempistica degli investimenti e la loro entità non apparivano di univoco significato, in quanto U. G. aveva effettuato gli acquisti delle azioni a fine marzo e il 9 maggio 2012, a pochi giorni di distanza dall’OPA, mentre il fratello aveva acquistato 5.000 azioni l’11 aprile 2012 per il limitato importo di circa euro 8.000,00; e) che non poteva ritenersi con certezza priva di fondamento la difesa dell’opponente, secondo la quale, nell’ipotesi in cui egli fosse stato in possesso dell’informazione privilegiata, avrebbe probabilmente effettuato un acquisto ulteriore in prossimità dell’OPA e comunque investito una somma superiore, considerato che il suo guadagno era stato inferiore ad euro 2.000,00; e, d’altronde, la considerazione del limitato reddito dell’opponente non appariva decisiva, in quanto questi, qualora fosse stato in possesso di un’informazione certa e precisa, avrebbe potuto procurarsi i mezzi finanziari necessari ad effettuare un più ingente investimento, anche attraverso il ricorso a prestiti; f) che, in ogni caso, non vi era alcuna prova di un contatto o di un incontro tra i due fratelli in prossimità dell’acquisto delle azioni.
3. – Avverso la suddetta sentenza della Corte d’appello sarda ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa – Consob.
Ha resistito con controricorso l’intimato U. A., proponendo – a sua volta – ricorso incidentale, articolato in un unico motivo.
Ha resistito con controricorso al ricorso incidentale la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa – Consob.
4. – La ricorrente principale ha depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione
1. – Con l’unico motivo proposto la ricorrente principale denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la falsa applicazione degli artt. 187-bis del d.lgs. n. 58/1998 e 6 del d.lgs. n. 150/2011 nonché degli artt. 2727 e 2729 c.c. e 192, secondo comma, c.p.p., per avere la Corte di merito erroneamente annullato la delibera Consob n. 20.263 del 10 gennaio 2018, ritenendo – in violazione dei principi che regolano la formazione della prova “indiziaria” nella materia sanzionatoria amministrativa – che gli elementi sulla cui base era stata ricostruita l’ipotesi accusatoria della Consob non fossero idonei a fondare un ragionamento presuntivo volto al riscontro del fatto ignoto da dimostrare.
La ricorrente principale deduce l’errore di metodo commesso dalla Corte di appello nell’articolazione del ragionamento presuntivo, per essersi la stessa limitata ad una valutazione parcellizzata solo di alcuni elementi indiziari, omettendo successivamente di procedere alla valutazione globale dei medesimi, attività necessaria, come costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini di poter inferire dai fatti secondari noti i fatti primari ignoti.
Obietta la ricorrente che gli elementi indiziari da sottoporre, oltre che ad esame separato, anche a valutazione globale unitaria, avrebbero dovuto riguardare: a) la anomala tempistica degli investimenti (e successivi disinvestimenti) in azioni B. Group e B., da parte di U. A. e degli altri appartenenti al gruppo di investitori, investimenti posti in essere negli stessi intervalli temporali, con l’ulteriore particolarità che gli investimenti effettuati da U. A. avevano seguito quelli realizzati dal fratello G., con la reiterazione di tali condotte di acquisto e la successiva rivendita anche con riferimento ad altri titoli azionari oggetto di indagine;
b) il legame di parentela tra U. G. e A., in relazione al fatto che U. G. sapesse che il fratello A. investiva in strumenti finanziari e alla circostanza che tra i due fratelli erano intercorse numerose telefonate nel periodo 1° gennaio – 10 febbraio 2014, in concomitanza temporale con le operazioni di investimento/disinvestimento; c) la circostanza che U. G. fosse in possesso delle informazioni privilegiate concernenti le promozioni di OPA volontarie sulla totalità delle azioni B. Group e B., rispettivamente da parte di E. e D., e che aveva comunicato tali informazioni ad altre persone; d) il fatto che U. G. non svolgeva in modo professionale servizi e attività di investimento e, in particolare, non prestava il servizio di consulenza in materia di investimenti, sicché era inverosimile che il fratello A. ritenesse affidabili semplici consigli e raccomandazioni ipoteticamente forniti da U. G., che peraltro non aveva presentato alla Consob motivazioni sufficienti a spiegare la sua operatività in azioni B. Group e B..
1.1. – Il motivo è fondato.
Ciò perché la sentenza impugnata ha proceduto all’operazione di sussunzione, propria della prova indiretta, in spregio alla necessità di tenere conto – ai fini di trarne un giudizio di plausibilità o di probabilità e non già di certezza – di tutti gli elementi indiziari evidenziati e, all’esito, di procedere ad una valutazione non già atomistica, ma unitaria di detti elementi, ossia in un quadro d’insieme.
E tanto sebbene la pronuncia abbia fatto generico riferimento alla non decisività degli elementi analizzati, anche per effetto di un ipotetico collegamento, di cui però non è stata esternata alcuna argomentazione atta a suffragarne l’effettivo – e non già assertivo – compimento, a fronte della cristallizzata disamina separata dei singoli (e parziali) aspetti valorizzati.
1.2. – Questa impostazione ha implicato una carenza strutturale del ragionamento inferenziale, sia nel momento analitico, sia nel momento sintetico.
Sotto il primo profilo, la ricognizione dei fatti emersi dall’indagine Consob è avvenuta in via parziale e incompleta, essendo stati completamente ignorati gli aspetti essenziali della fattispecie rilevati in sede di indagine e relativi: 1) all’operatività del ricorrente in azioni B. in data 11 aprile 2012, coincidente con quella in cui il fratello G. e gli altri soggetti indicati, appartenenti allo stesso gruppo, avevano effettuato medesime operazioni di investimento; 2) all’esistenza di una precedente operatività concomitante tra i due fratelli in azioni B., anch’essa sincronica con quella degli altri investitori del gruppo; 3) all’esistenza di ulteriori investimenti dei fratelli U. in titoli H., P. F., M., parimenti oggetto di acquisto da parte del menzionato gruppo di investitori; 4) al possesso – da parte di U. G. – di informazioni privilegiate concernenti le promozioni di OPA volontarie sulla totalità delle azioni B. Group e B., di cui è stata accertata la comunicazione ad altri soggetti investitori.
Sotto il secondo profilo, la ponderazione statica, e non già dinamica, dei parziali elementi esaminati è avvenuta all’esito di un procedimento di scomposizione disgregata dei fatti, essendosi la Corte di merito limitata a dubitare della capacità di alcuni di essi a concorrere alla prova dell’illecito, senza il compimento di alcun contro-ragionamento di sintesi, sfociante in una ricostruzione globale alternativa a quella operata dalla Consob, ossia mancando di procedere ad una elaborazione dei dati secondo una concatenazione logica.
La Corte distrettuale si è limitata, infatti, a confutare la rilevanza in sé dei fatti separatamente considerati, inerenti alla qualità di investitore finanziario del ricorrente, al rapporto di parentela con il fratello G., ai contatti telefonici con quest’ultimo, alla tempistica degli investimenti.
In conseguenza, la capacità persuasiva delle singole circostanze esaminate è avvenuta uti singuli, in modo avulso dal contesto complessivo nel quale essi erano stati sinteticamente e sinergicamente posti a base dell’impostazione “accusatoria” da parte della Consob, sicché la critica frammentata del giudice di merito è avvenuta in modo disomogeneo rispetto alla ricostruzione evolutiva operata dalla stessa Consob e tale da giustificare una complessiva, sintetica e armonica valutazione.
In altri termini se i singoli elementi – ponderati, peraltro parzialmente, in sé e in modo asettico – possono apparire separatamente non determinanti, la loro valutazione globale – che nella specie è mancata – può consentire “un salto di qualità”, ossia una diversa conclusione sul loro rango di prova critica, ove convergenti verso un unitario risultato.
1.3. – Sul punto la giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare che, in materia di prova presuntiva, compete alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione nomofilattica, il controllo che i principi contenuti nell’art. 2729 c.c. siano applicati alla fattispecie concreta al fine della ascrivibilità di questa a quella astratta.
Se, per un verso, è devoluta al giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c. per valorizzare gli elementi di fatto quale fonte di presunzione, tuttavia, per altro verso, tale giudizio non può sottrarsi al controllo in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., se risulti che, violando i criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice si sia limitato a negare valore indiziario a singoli elementi acquisiti in giudizio, senza accertarne l’effettiva rilevanza in una valutazione di sintesi (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8391 del 23/03/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 7647 del 16/03/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 7645 del 16/03/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 7459 del 15/03/2023; Sez. 3, Ordinanza n. 9059 del 12/04/2018; Sez. 6-5, Ordinanza n. 10973 del 05/05/2017).
In questa stessa prospettiva, sempre in tema di prova per presunzioni, è stato affermato che il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità, nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti, in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi.
Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione con la quale il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio, senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro, in un rapporto di vicendevole completamento (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9054 del 21/03/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 27410 del 25/10/2019; Sez. 6-5, Ordinanza n. 5374 del 02/03/2017; Sez. 5, Sentenza n. 9108 del 06/06/2012; Sez. 1, Sentenza n. 19894 del 13/10/2005; Sez. 5, Sentenza n. 13819 del 18/09/2003).
Nel caso in esame, la Corte di merito, come accennato innanzi, ha limitato la sua indagine ad una disamina parziale e comunque parcellizzata degli elementi indiziari posti a base della delibera, avendoli esaminati uno ad uno, per poi scartarli singolarmente, omettendo di compiere la seconda operazione necessaria ai fini di un corretto ragionamento presuntivo: la doverosa valutazione complessiva di tutti gli elementi isolati, al fine di accertare se essi fossero concordanti e se la loro combinazione fosse in grado di fornire una valida prova indiretta, che magari non si sarebbe potuta dire raggiunta con certezza, considerando asetticamente uno o alcuni di essi.
La violazione di legge è, dunque, integrata e la censura coglie nel segno, perché ha attinto, non già l’apprezzamento degli elementi istruttori o la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c. (prerogative, queste, che competono al giudice di merito), ma proprio i fondamentali criteri giuridici che regolano la formazione della prova critica, a fronte di un ampio panorama indiziario offerto dalla Consob.
2. – Con l’unico motivo del ricorso incidentale il controricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 (recte n. 4), c.p.c., della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., per avere la Corte territoriale disposto l’integrale compensazione delle spese del giudizio, alla stregua della complessità delle questioni trattate e dell’ambiguità degli elementi esaminati dalla Consob, motivazione ritenuta meramente apparente, in quanto del tutto inidonea a consentire l’individuazione delle questioni, la cui complessità e ambiguità avrebbe giustificato l’esercizio del potere di compensazione delle spese di lite.
2.1. – Per effetto dell’accoglimento dell’unico motivo del ricorso principale sul disposto annullamento della delibera Consob, cade la statuizione dispendente sulla compensazione delle spese (alla stregua dell’effetto espansivo interno ex art. 336, primo comma, c.p.c.).
Sicché l’unico motivo del ricorso incidentale è assorbito.
3. – In conseguenza delle considerazioni esposte, il ricorso principale deve essere accolto mentre il ricorso incidentale è assorbito.
La sentenza impugnata va dunque cassata, limitatamente al ricorso principale accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi al seguente principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione:
“Il ragionamento inferenziale di sussunzione, proprio della prova indiretta o per presunzioni semplici o hominis o iudicis, deve tenere conto in chiave critica – ai fini di trarne un giudizio di plausibilità o di probabilità e non già di certezza – di tutti gli elementi indiziari evidenziati, e non solo di alcuni di essi, e – all’esito – esige che si proceda ad una valutazione non già atomistica o parcellizzata o frammentaria di ciascuno di essi, ma unitaria e sintetica di tutti gli elementi utili prospettati”.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.