
La Cassazione afferma un nuovo principio di diritto in materia, evidenziando che si ravvisa una presunzione semplice del carattere simulato della cessazione del rapporto di lavoro ove essa sia seguita da immediata riassunzione del lavoratore, alle medesime condizioni, presso lo stesso datore di lavoro.
La Corte d'Appello di Venezia confermava la sentenza con cui il Tribunale aveva accolto la domanda del lavoratore volta all'accertamento del suo diritto a fruire la pensione che gli era stata revocata dall'INPS per il venir meno del requisito della cessazione del rapporto di lavoro. Nello specifico, i Giudici avevano ritenuto che detta revoca fosse illegittima poiché il ricorrente aveva cessato il proprio rapporto di lavoro prima del pensionamento e si era rioccupato pochi giorni dopo la presentazione della relativa domanda, quindi in coincidenza con la decorrenza del trattamento pensionistico, alle dipendenze dello stesso datore di lavoro, con le stesse mansioni ed alle stesse condizioni di prima. Così stando i fatti, secondo i Giudici si sarebbe realizzata la soluzione di continuità tra la formale cessazione del rapporto e l'instaurazione di quello nuovo, la quale è richiesta per conseguire il diritto alla pensione di anzianità ai sensi dell'
Contro tale decisione propone ricorso in Cassazione l'INPS che lamenta l'esclusione del necessario requisito dell'inoccupazionevigente al momento della domanda di pensione di anzianità, requisito che deve ritenersi indispensabile non solo ai sensi della disposizione citata, ma anche ex art. 22 L. n. 153/1969.
Con l'ordinanza n. 34527 dell'11 dicembre 2023, la Cassazione accoglie il ricorso.
Nella generalità dei casi, il diritto alla pensione matura in presenza di due requisiti:
- Il raggiungimento dell'anzianità contributiva;
- La cessazione dell'attività di lavoro subordinato alla presentazione della domanda.
Con la riforma introdotta dal
Ora, gli Ermellini affermano che in tal senso, la cessazione del rapporto di lavoro costituisce una “presunzione di bisogno” che giustifica l'erogazione della pensione ai sensi dell'
Ecco perché il diritto alla pensione è subordinato alla cessazione di qualsiasi rapporto di lavoro in essere, sottolineando che ciò comunque si diversifica rispetto al cumulo tra la pensione e i redditi da lavoro o da altra pensione, vista la non omogeneità.
Come afferma la giurisprudenza più recente
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«per conseguire il diritto al trattamento pensionistico è comunque necessaria, in caso di medesimo o diverso datore di lavoro, una soluzione di continuità fra i successivi rapporti di lavoro al momento al momento della richiesta della pensione di anzianità e della decorrenza della pensione stessa (…) e ciò al fine di evitare che la percezione della pensione di anzianità avvenga contemporaneamente alla prestazione dell'attività lavorativa subordinata». |
Ora, se l'attività di lavoro successiva al pensionamento intercorre con lo stesso datore e alle stesse condizioni di quelle relative al rapporto precedente, allora si configura una presunzione di simulazione dell'effettiva risoluzione del rapporto di lavoro al momento del pensionamento che può essere vinta ricorrendo a plurimi potenziali indici sintomatici ulteriori rispetto al dato temporale atti a dimostrare il carattere realmente novativo del rapporto di lavoro successivo al pensionamento.
In conclusione la Cassazione accoglie il ricorso proposto dall'INPS affermando il principio di diritto secondo cui:
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«Il regime di cumulabilità dei redditi da lavoro dipendente e della pensione di anzianità non esclude che quest'ultima possa essere erogata solo se al momento della presentazione della relativa domanda il rapporto di lavoro dipendente sia effettivamente cessato. A riguardo, deve ravvisarsi una presunzione semplice del carattere simulato della cessazione di tale rapporto ove essa sia seguita da immediata riassunzione del lavoratore, alle medesime condizioni, presso lo stesso datore di lavoro». |
Svolgimento del processo
la sentenza n. 418/2016 della Corte d'appello di Venezia, oggetto di impugnazione nel presente giudizio, ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede di accoglimento della domanda proposta da G. T., tesa all'accertamento del diritto a fruire della pensione di anzianità (revocata dall'Inps in ragione del venir meno del requisito della cessazione del rapporto di lavoro richiesto dall’art. 22 comma 1 lett. C. l. n. 153 del 1969) e della insussistenza dell’indebito preteso dall’INPS in ragione dell’avvenuta erogazione della medesima pensione sino alla sua revoca;
la Corte territoriale ha condiviso la decisione del Tribunale che aveva ritenuto che la revoca fosse illegittima in quanto il ricorrente aveva cessato il proprio rapporto di lavoro, come previsto dalla legge, prima del pensionamento, in data 20 gennaio 2008, il giorno successivo aveva presentato domanda di pensionamento e si era rioccupato il primo febbraio 2008 in coincidenza con la decorrenza del trattamento pensionistico, riprendendo a lavorare alle dipendenze dello stesso datore di lavoro con le stesse mansioni ed alle stesse condizioni;
ciò aveva realizzato la soluzione di continuità, tra la formale cessazione del rapporto e la instaurazione del nuovo rapporto, richiesta al fine di conseguire il diritto alla pensione di anzianità (ai sensi del d.lgs. n. 503 del 1992, art. 10, comma 6), in conformità con la circolare dell'INPS n. 89/2009 e con la nota del Ministero del Lavoro 19/2009 che non aveva ritenuto necessario subordinare la liquidazione della pensione alla sussistenza di un lasso temporale minimo tra la cessazione del rapporto di lavoro ed il successivo reimpiego;
avverso tale sentenza, ricorre l'Inps con un motivo; resiste con controricorso G. T.;
il Collegio ha disposto il termine di giorni sessanta per il deposito della motivazione;
Motivi della decisione
con l'unico motivo di ricorso, si denuncia la violazione e o falsa applicazione della L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 22, e del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 10, comma 6, per avere la Corte territoriale erroneamente escluso la necessità del requisito della inoccupazione vigente al momento della domanda di pensione di anzianità (presentata dall'intimato il 21 gennaio 2008), requisito - invece all'epoca previsto non solo dalla L. n. 153 del 1969, art. 22, ma anche dal d.lgs. n. 503 del 1992, art. 10, comma 6;
ritiene l'Istituto che la sentenza impugnata sia viziata da erronea interpretazione della normativa relativa all'accesso alla pensione di anzianità in ragione del fatto che la ratio delle norme indicate nella rubrica del motivo è nel senso di evitare che la percezione della pensione di anzianità avvenga contemporaneamente alla prestazione di attività di lavoro subordinato; analoga fattispecie è stata esaminata da Cass. n. 14417 del 2019 ed in tale occasione questa Corte di legittimità ha già avuto modo di precisare, accogliendo la tesi dell’Istituto ricorrente, (cfr. Cass. n. 16789/14; Cass. n. 4480/2013; Cass. n. 489812012; Cass. n. 11935/04; Cass. n. 6571/02; Cass. n. 6693/96; Cass. n. 5965/84) che il requisito della inoccupazione era ricavabile dalla perdurante vigenza del d.lgs. n. 503 del 1992, art. 10, comma 6, secondo il quale "Le pensioni di anzianità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti ed autonomi e delle forme di essa sostitutive, nonché i trattamenti anticipati di anzianità delle forme esclusive, con esclusione delle eccezioni di cui all'art. 10 del decreto L. 28 febbraio 1986, n. 49, convertito, con modificazioni, nella L. 18 aprile 1986, n. 120, in relazione alle quali trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 1, 3 e 4, non sono cumulabili con redditi da lavoro dipendente, nella loro interezza, e con quelli da lavoro autonomo nella misura per essi prevista dal comma 1, ed il loro conseguimento è subordinato alla risoluzione del rapporto di lavoro ovvero alla cessazione dal lavoro autonomo quale risulta dalla cancellazione dagli elenchi di categoria".
il fatto che la legge abbia poi consentito il cumulo tra pensione di anzianità e redditi da lavoro dipendente non toglie che la prestazione non poteva essere erogata se non dopo la cessazione del rapporto di lavoro, che è un requisito indefettibile, prescritto dalla norma che ha introdotto la pensione di anzianità (v. L. n. 153 del 1969, art. 22);
tale requisito è così rilevante che è stato esteso anche alla pensione di vecchiaia dal d.lgs. n. 503 del 1992, art. 1 commi 7 e 8; la stessa L. n. 388 del 2000, art. 72, ha vietato il cumulo anche tra pensione di anzianità e reddito da lavoro autonomo superiore ad un certo ammontare ed ha, quindi, confermato la totale incumulabilità tra detta pensione ed il reddito da lavoro dipendente;
il diritto alla pensione, nella generalità dei casi, ai sensi della L. n. 153 del 1969, art. 22, comma 1, lett. c), matura, in capo al lavoratore interessato, alla presenza di un duplice requisito, rappresentato dal raggiungimento dell'anzianità contributiva e dalla cessazione dell'attività lavorativa subordinata alla data di presentazione della relativa domanda;
con la riforma introdotta dal d.lgs. n. 503 del 1992, il legislatore ha confermato come s'è detto - che il diritto alla pensione di anzianità è subordinato alla cessazione dell'attività di lavoro dipendente (art. 10, comma 6), estendendo tale requisito anche alla pensione di vecchiaia (art. 1, comma 7);
come già rilevato da questa Corte (v. sentenza n. 4900/12), per entrambe le disposizioni citate il requisito della cessazione del rapporto di lavoro costituisce infatti, una "presunzione di bisogno" che giustifica ai sensi dell'art. 38 Cost., l'erogazione della prestazione sociale;
infatti, la prosecuzione del rapporto di lavoro subordinato e la produzione, che ne consegue, di reddito da lavoro - dopo il perfezionamento dei requisiti - esclude lo stato di bisogno del lavoratore e, quindi, anche l'esigenza di garantire al lavoratore medesimo (ai sensi dell'art. 38 Cost., comma 2) mezzi adeguati alle esigenze di vita;
per tali ragioni il conseguimento del diritto alla pensione è subordinato alla cessazione di qualsiasi rapporto di lavoro in essere, anche diverso da quello in riferimento al quale sono stati versati i contributi alla gestione deputata ad erogare la prestazione (cfr. Cass. n. 17530/2005);
peraltro, è stato anche chiarito che la cessazione del rapporto di lavoro - che condiziona il conseguimento della pensione di vecchiaia - risulta, all'evidenza, affatto diversa (ex d.lgs. n. 503 del 1992, ex art. 10, in tema di disciplina del cumulo tra pensioni e redditi da lavoro dipendente e autonomo) rispetto al cumulo tra la pensione medesima - una volta che questa sia stata conseguita - e i redditi da lavoro oppure da altra pensione, con la conseguenza che, dalla comparazione delle discipline rispettive, non può risultare, in nessun caso, la violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), attesa la non omogeneità; l'interpretazione giurisprudenziale in materia, oltre a considerare la cessazione dell'attività lavorativa, al pari dell'anzianità contributiva ed assicurativa, quale presupposto necessario per l'insorgenza del diritto alla pensione di anzianità (v. Cass. n. 6571/2002), ha ritenuto momento fondante quello di presentazione della domanda (Cass. n. 14132/2004);
la giurisprudenza più recente ha rimarcato che per conseguire il diritto al trattamento pensionistico è comunque necessaria, in caso di medesimo o diverso datore di lavoro, una soluzione di continuità fra i successivi rapporti di lavoro al momento della richiesta della pensione di anzianità e della decorrenza della pensione stessa (così Cass. n. 4898/2012 cit.) e ciò al fine di evitare che la percezione della pensione di anzianità avvenga contemporaneamente alla prestazione dell'attività lavorativa subordinata (in tal senso cfr. Cass. n. 4900/2012 cit.);
nell'individuazione di tale discontinuità tra la precedente attività lavorativa e quella successiva, non si dovrà, dunque ricercare un mero iato temporale più o meno significativo ma partire dalla considerazione che, laddove l'attività lavorativa successiva al pensionamento intercorra con il medesimo datore di lavoro ed alle medesime condizioni di quelle proprie del rapporto precedente a tale evento, si configura una presunzione di simulazione dell'effettiva risoluzione del rapporto di lavoro al momento del pensionamento. Tale presunzione, tuttavia, può essere vinta mediante il ricorso a plurimi potenziali indici sintomatici, ulteriori rispetto ad un mero dato temporale, idonei a provare il carattere realmente novativo del rapporto di lavoro successivo al pensionamento;
in sostanza, può affermarsi il principio secondo il quale: "Il regime di cumulabilità dei redditi da lavoro dipendente e della pensione di anzianità non esclude che quest'ultima possa essere erogata solo se al momento della presentazione della relativa domanda il rapporto di lavoro dipendente sia effettivamente cessato. A riguardo, deve ravvisarsi una presunzione semplice del carattere simulato della cessazione di tale rapporto ove essa sia seguita da immediata riassunzione del lavoratore, alle medesime condizioni, presso lo stesso datore di lavoro";
il ricorso va, quindi, accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte d'appello di Venezia, in diversa composizione, perché, in applicazione del principio sopra indicato, accerti il carattere realmente novativo o meno del rapporto di lavoro del controricorrente, instauratosi a decorrere dal primo febbraio 2008 dopo la cessazione del precedente rapporto verificatasi il 20 gennaio 2008; il giudice del rinvio provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Venezia in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.