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13 dicembre 2023
Il patronato che sbaglia la domanda proposta all’INPS paga gli anni di pensione perduti all’assistito

Si configura infatti una responsabilità di tipo contrattuale che fa scattare il risarcimento dei danni con la prova del danno patito.

La Redazione

La vicenda ha inizio con la richiesta dell'odierno ricorrente di accertare l'inadempimento contrattuale del Patronato al quale egli si era rivolto per gestire la sua domanda di pensione di anzianità con conseguente condanna al risarcimento dei danni per una somma pari alle 27 mensilità che egli avrebbe percepito se solo il Patronato avesse gestito in modo diligente il mandato affidato.
Il Tribunale di Pordenone rigettava la domanda, sostenendo innanzitutto che il rapporto intercorrente tra le parti si inquadrasse nel mandato gratuito, e che dunque la colpa dovesse essere valutata con minor rigore, e poi che il Patronato avesse svolto tutte le attività necessarie per portare a compimento l'incarico ricevuto e con la diligenza prescritta.
A seguito di gravame, la Corte d'Appello confermava la pronuncia di primo grado.
La questione viene allora prospettata dinanzi alla Corte di Cassazione.

Con l'ordinanza n. 34475 dell'11 dicembre 2023, la Cassazione dichiara il ricorso fondato, rilevando come sulla base della consolidata giurisprudenza di legittimità, gli Istituti di Patronato assumano verso i propri assistiti una responsabilità di tipo contrattuale che si traduce nel mandato loro conferito con il quale vengono abilitati al compimento di tutti gli atti necessari per conseguire le prestazioni, accompagnato da un pieno potere di rappresentanza.
Proprio in virtù della natura dell'attività svolta, la diligenza ad essi richiesta deve essere valutata ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c., principio che non è stato applicato dal Giudice del gravame che ha invece ritenuto che il Patronato avesse agito con diligenza nonostante:

  • Non avesse verificato e sistemato la posizione contributiva del ricorrente prima di proporre la sua domanda di pensione;
  • Non avesse specificato nella domanda di pensione che essa avveniva in regime di “totalizzazione”;
  • Fosse rimasto inerte per 2 anni circa in seguito al rigetto della prima domanda di pensione;
  • Avesse lasciato che la posizione contributiva del ricorrente fosse controllata e sistemata da altro Patronato cui l'interessato si era appositamente rivolto.

Quanto all'onere probatorio, poi, gli Ermellini hanno evidenziato che, a fronte dell'inadempimento lamentato dall'attore, è il convenuto ad essere chiamato a dimostrare di avere esattamente dato corso alla prestazione lui affidata ovvero la non imputabilità a sé dell'inidoneità della stessa.
Anche in tal senso, la Corte territoriale non ha fatto applicazione corretta del suddetto orientamento giurisprudenziale, dunque gli Ermellini cassano la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'Appello.

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