
La Cassazione precisa inoltre che quando l'atto sia consegnato nelle mani di persona di famiglia, l'invio della raccomandata informativa richiede solo la spedizione di una lettera raccomandata, senza avviso di ricevimento.
La vicenda in esame trae origine dal ricorso proposto dalla società contribuente contro la decisione con la quale la CTR aveva respinto il suo appello contro la cartella esattoriale avente ad oggetto il mancato pagamento dell'
Tra i vari motivi, la società lamenta che la CTR abbia...
Svolgimento del processo
A. Costruzioni S.r.L. propone ricorso, affidato a cinque motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 5077/07/2014 della Commissione Tributaria Provinciale di Palermo, in rigetto del ricorso avverso cartella esattoriale, avente ad oggetto iscrizione a ruolo per mancato pagamento di imposta di registro, oltre interessi e sanzioni, in conseguenza di avviso di rettifica e liquidazione emesso nell’anno 2006;
l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate riscossione resistono con controricorso
Motivi della decisione
1.1 con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione di norme di diritto (art. 139 cod. proc. civ., art. 52, comma 3, DPR n. 131/1986, art. 60, comma 1, lett. c), DPR n. 600/1973) e lamenta che la Commissione tributaria regionale abbia erroneamente ritenuto valida la notifica dell’avviso di liquidazione effettuata a mani di familiare convivente del destinatario (legale rappresentante della società ricorrente), pur in mancanza di prova circa la «riconducibilità del luogo di … consegna» con il domicilio fiscale della parte;
1.2. con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione di norme di diritto (art. 115 cod. proc. civ.) ed omesso esame di fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., lamentando che la Commissione tributaria regionale abbia omesso di rilevare che alla data della notifica il destinatario (legale rappresentante della società contribuente) era detenuto in carcere, circostanza non contestata dall’Agenzia delle entrate, con conseguente violazione anche del principio di non contestazione;
1.3. con il terzo motivo la ricorrente denuncia «omesso esame di fatto storico, principale o secondario in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. … (per)… violazione e falsa applicazione dell’art. 25 del D.P.R. 20 settembre 1973 n. 602, in relazione al termine per la notifica della cartella» impugnata, lamentando la carente motivazione da parte della Commissione tributaria regionale circa la violazione dei termini decadenziali di cui all’art. 25 cit.;
1.4. le doglianze, da esaminare congiuntamente, vanno disattese;
1.5. in primo luogo, risultano inammissibili le censure formulate ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., poiché si verte in ipotesi di doppia conforme ex art. 348-ter, comma 5, c.p.c., rispetto alla quale la ricorrente non ha indicato profili di divergenza tra le ragioni di fatto a base della decisione di primo grado e quelle a base del rigetto dell'appello, com'era invece necessario per dar ingresso alla censura ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ. (cfr. Cass. nn. 26774/2016, 5528/2014);
1.6. a seguire, posto che la Commissione tributaria regionale ha accertato in fatto che la notifica della cartella è avvenuta presso l’abitazione del legale rappresentante della società, nelle mani della moglie dichiaratasi capace e convivente, va osservato che ove la consegna del piego raccomandato sia avvenuta a mani di un familiare convivente con il destinatario, ai sensi dell'art. 7 della legge 20.11.1982, n. 890, deve presumersi che l'atto sia giunto a conoscenza dello stesso, restando irrilevante (anche) ogni indagine sulla riconducibilità del luogo di detta consegna fra quelli indicati dall'art. 139 c.p.c., in quanto il problema della identificazione del luogo ove è stata eseguita la notificazione rimane assorbito dalla dichiarazione di convivenza resa dal consegnatario dell'atto, con la conseguente irrilevanza esclusiva della prova della non convivenza, che il destinatario ha l'onere di fornire (cfr. Cass. nn. 583/2019 in motiv., 8472/2018, 6345/2013, 22607/2009,24852/2006);
1.7. in altri termini, nel caso in cui la notificazione venga eseguita a mezzo posta e l'agente postale l'esegua, secondo le forme indicate dall'art. 7, primo («L'agente postale consegna il piego nelle mani proprie del destinatario...») e secondo comma («Se la consegna non può essere fatta personalmente al destinatario, il piego è consegnato ... a persona di famiglia che conviva anche 5 temporaneamente con lui...») della legge n. 890 del 1982, «nel luogo indicato sulla busta che contiene l'atto da notificare», è da presumere che in quel luogo si trovino la residenza effettiva o la dimora o il domicilio del destinatario, laddove, qualora quest'ultimo intenda contestare in giudizio tale circostanza al fine di far dichiarare la nullità della notificazione stessa, ha l'onere di fornirne idonea prova contraria, la quale, però, non può essere costituita dalla produzione di risultanze anagrafiche che indichino una residenza difforme rispetto al luogo in cui è stata effettuata la notificazione (cfr. Cass. 9 maggio 2014 n. 10107; Cass. 19 luglio 2005, n.15200; Cass. 23 settembre 2004, n.19132; Cass. 26 luglio 2002, n.11077; Cass. 14 giugno 1999, n. 5884), dal momento che siffatte risultanze, di valore semplicemente dichiarativo, offrono, a loro volta, una mera presunzione, superabile alla stregua di altri elementi capaci di evidenziare, in concreto, la diversa ubicazione della residenza effettiva del destinatario dell'atto, presso la quale la notificazione, anche ai fini di cui all'art.3, secondo comma, della già citata legge n.890/1982, è validamente eseguita ed il cui accertamento, come compiuto dal giudice di merito, non è censurabile in sede di legittimità se non per vizi della relativa motivazione (cfr. Cass. 30 marzo 2012 n. 5201; Cass. 20 marzo 2006, n.6101; Cass. 5 agosto 2005, n.16525; Cass. 26 maggio 1999, n. 5076);
1.8. la Commissione tributaria regionale ha dunque ritenuto che, nel caso di specie, l’avviso di rettifica e liquidazione, sotteso alla cartella esattoriale impugnata, risultava validamente notificato al legale rappresentante della società contribuente a mani di familiare convivente, avendo la ricorrente omesso di dedurre e documentare che « - contrariamente a quanto certificato dal Messo Speciale dell’Agenzia delle Entrate di Palermo … nella relazione di notifica trascritta in calce all’avviso di rettifica e liquidazione prodotto in giudizio dall’Agenzia delle Entrate – l’atto impositivo in oggetto non sia stato consegnato il 03/04/2008 in Via (omissis), C., a F. P., moglie convivente del suo legale rappresentante, A.L.»;
1.9. a fronte della mancata prova, dunque, da parte del destinatario della notifica, circa il diverso luogo di residenza, dimora o domicilio, la Commissione tributaria regionale ha correttamente affermato la legittimità della notifica eseguita a persona diversa dal legale rappresentante presso la sua abitazione;
1.10. in merito, inoltre, a quanto dedotto dalla ricorrente circa la detenzione in carcere del legale rappresentante alla data della notifica dell’atto impositivo, è assorbente, rispetto ad ogni altra questione, evidenziare che in tema di notificazioni, l'art. 139 cod. proc. civ. pone obbligatoriamente un criterio di successione preferenziale in ordine ai luoghi nei quali la notificazione deve avvenire, al che consegue che, giacché la residenza non si perde per effetto di un allontanamento più o meno protratto nel tempo salvo che la persona non abbia fissato altrove una nuova dimora abituale e quindi una nuova residenza, risulta conforme a diritto la notifica a persona detenuta effettuata, nelle mani di persona di famiglia, nel luogo di residenza (cfr. Cass. n. 9279 del 17 settembre 1998) come nel caso in esame;
2.1. con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione di norme di diritto (art. 2700 cod. civ., art. 52, comma 3, DPR n. 131/1986, art. 60, comma 1, lett. b- bis, DPR n. 600/1973) e lamenta che la Commissione tributaria regionale abbia erroneamente respinto la doglianza relativa alla mancata prova, da parte del notificante, circa la ricezione della raccomandata informativa, inviata a seguito della consegna dell’atto a persona diversa dal destinatario;
2.2. la doglianza va parimenti disattesa;
2.3. la notificazione degli atti impositivi, ai sensi dell'art. 60, comma 1, lett. a, del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (in tema di imposte dirette, ma richiamato dalle norme attinenti alla notificazione degli atti impositivi relative agli altri tributi) è eseguita dai messi comunali o dai messi autorizzati dall'ufficio finanziario secondo le norme stabilite dagli artt. 137 ss. cod. proc. civ., ivi comprese, quindi, in mancanza di espressa esclusione, le modalità di cui all'art. 149 cod. proc. civ. per la notificazione a mezzo del servizio postale;
2.4. trovano applicazione, in questo caso, le norme specifiche dettate dagli artt. 7 e 8 della Legge 20 novembre 1982 n. 890, con piena equiparazione del messo comunale o del messo autorizzato dall'ufficio finanziario all'ufficiale giudiziario (per tale equivalenza, tra le tante: Cass. 13 luglio 2016, n. 14273; Cass. 26 settembre 2018, n. 22854; Cass. 16 marzo 2018, nn. 6497 e 6498; Cass. 11 marzo 2020, n. 6855; Cass. 17 giugno 2021, n. 17368);
2.5. la notificazione a cura dei messi comunali o dei messi speciali autorizzati dall'ufficio ex art. 60, comma 1, lett. a, del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 deve essere eseguita nel rispetto delle norme stabilite dagli artt. 137 ss. cod. proc. civ., ma secondo le modifiche indicate nel medesimo articolo 60 che, per quanto ci occupa, dispone, alla lett. b -bis, aggiunta dall'art. 37, comma 27, lett. a, del D.L. 4 luglio 2006 n. 223, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 agosto 2006 n. 248 quanto segue: «Se il consegnatario non è il destinatario dell'atto o dell'avviso, il messo consegna o deposita la copia dell'atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all'originale e alla copia dell'atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell'atto. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e il messo dà notizia dell'avvenuta notificazione dell'atto o dell'avviso, a mezzo di lettera raccomandata»;
2.6. l'art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, pur rinviando alla disciplina del codice di procedura civile, richiede, dunque, a differenza di quanto disposto dall'art. 139, comma 2, c.p.c., anche ove l'atto sia consegnato nelle mani di persona di famiglia, l'invio della raccomandata informativa quale adempimento essenziale della notifica che sia eseguita dai messi comunali o dai messi speciali autorizzati dall'ufficio delle imposte (cfr. Cass. n. 2868 del 03/02/2017);
2.7. tuttavia, come già affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 2377 del 27/1/2022), l'art. 60, comma 1, lett. b-bis, del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 prevede esclusivamente la spedizione di una «lettera raccomandata», non, quindi, di una lettera raccomandata con avviso di ricevimento (cfr. Cass. 6 settembre 2017, n. 20863; Cass. 3 aprile 2019, n. 9239; Cass. 15 dicembre 2019, n. 29768), che viene a costituire un adempimento superfluo ed ultroneo ai fini del perfezionamento del procedimento notificatorio, ed il Collegio condivide tale orientamento, rispetto al quale costituisce precedente del tutto isolato l’ordinanza di questa Corte n. 17235 del 2 luglio 2018, superato anche dal successivo pronunciamento delle Sezioni Unite di questa Corte, come di seguito illustrato);
2.8. invero, nel disciplinare la notifica al destinatario dell'avviso di avvenuta notificazione dell'atto a persona diversa, il legislatore ha fatto riferimento letterale alla sola raccomandata, senza ulteriori specificazioni, e ciò sia per la notifica mediante ufficiale giudiziario (art. 139, comma 4, cod. proc. civ.) che per la notifica a mezzo posta (art. 7, commi 3 e 6, della Legge 20 novembre 1982 n. 890, nel testo novellato dall'art. 36, comma 2-quater, del D.L. 31 dicembre 2007 n. 248, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 febbraio 2008, n. 31);
2.9. questa Corte ha ritenuto, quindi, che nel caso di consegna dell'atto a portiere o vicini (art. 139, comma 4, cod. proc. civ.) e di consegna dell'atto, con previsione più ampia, a persona diversa del destinatario (art. 7, commi 3 e 6, della Legge 20 novembre 1982 n. 890), la notizia al destinatario dell'avvenuta notificazione debba essere fornita con la sola raccomandata (cfr. Cass. 22 maggio 2015, n. 10554; Cass. 16 giugno 2016, n. 12438; Cass. 10 ottobre 2017, n. 23765; Cass 7 giugno 2018, n. 14722; Cass. 12 luglio 2018, n. 18504; Cass. 30 gennaio 2019, n. 2747; Cass. 20 luglio 2021, n. 20736);
2.10. con specifico riguardo alla notifica di atto impositivo (o processuale) tramite servizio postale secondo le previsioni della Legge 20 novembre 1982 n. 890, le Sezioni Unite di questa Corte hanno poi affermato la necessità di distinguere tra l'ipotesi regolata dagli artt. 8 della Legge 20 novembre 1982 n. 890 e 140 cod. proc. civ., connotata dal fatto che l'atto notificando non sia stato consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per sua temporanea assenza ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, e sia soltanto depositato presso l'ufficio postale (ovvero, nella notifica codicistica, presso la casa comunale), e quella eseguita ai sensi degli artt. 139, comma 4, cod. proc. civ., e 7, comma 6, della Legge 20 novembre 1982 n. 890, in cui la consegna dell'atto notificando sia avvenuta a persona diversa, stabilendo che la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio debba essere fornita dal notificante attraverso la produzione giudiziale dell'avviso di ricevimento della raccomandata che comunica l'avvenuto deposito dell'atto notificando presso l'ufficio postale (C.A.D.), soltanto nel primo caso, stante l'insufficienza dell'avvenuta spedizione della raccomandata medesima (cfr. Cass., Sez. Un, 15 aprile 2021, n. 10012), e non anche nel secondo;
2.11. la scelta di maggior rigore dettata dal legislatore in proposito, allorché impone l'affissione dell'avviso di deposito nel luogo della notifica (immissione in cassetta postale) e la spedizione di lettera raccomandata con l’avviso di ricevimento (C.A.D.), trova giustificazione, ad avviso della Corte, nella comparazione di tale procedura notificatoria con quella prevista, tra le modalità di notifica curate dall'ufficiale giudiziario, dall'art. 140 cod. proc. civ. e basata sull'identico presupposto fattuale della c.d. «irreperibilità relativa» del destinatario (e fattispecie assimilate), mentre la procedura semplificata stabilita per i casi di consegna a soggetto diverso dal destinatario dell'atto, consistente nell'invio al destinatario di una raccomandata «semplice» che gli dia notizia dell'avvenuta notificazione dell'atto notificando (C.A.N.), è dovuta alla ragionevole aspettativa che l'atto notificato venga effettivamente conosciuto dal destinatario, in quanto consegnato a persone (familiari, addetti alla casa, personale di servizio, portiere, dipendente, addetto alla ricezione) aventi con esso un rapporto riconosciuto dal legislatore come astrattamente idoneo a questo fine (cfr. Cass., Sez. Un, 15 aprile 2021, n. 10012 - nello stesso senso, tra le tante: Cass. 20 luglio 2021, n. 20736; Cass. 30 novembre 2021, nn. 37391 e 37392; Cass. 5 gennaio 2022, n. 201);
2.12. è opportuno evidenziare, peraltro, anche che è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 della Legge 20 novembre 1982 n. 890, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non richiede, per il perfezionamento della notifica a mezzo posta effettuata mediante consegna dell'atto a persona diversa dal destinatario, la «ricezione» della raccomandata c.d. informativa, come, invece, previsto nel caso di notifica a persone irreperibili ex artt. 140 cod. proc. civ. e 8, comma 2, della Legge 20 novembre 1982 n. 890, atteso che la mancata estensione alla notifica, eseguita ai sensi del citato art. 7, degli 14 interventi additivi richiesti dalla Corte Costituzionale (cfr. Corte Cost., 14 gennaio 2010, n. 3), al fine di equiparare i procedimenti notificatori di cui agli artt. 140 cod. proc. civ. e 8, comma 2, della Legge 20 novembre 1982 n. 890, trova ragione nella evidente diversità fenomenica contemplata dalle norme in comparazione - nell'un caso essendo stata eseguita la consegna dell'atto a persona abilitata e riceverlo, nell'altro difettando del tutto la materiale consegna dell'atto notificando - cui consegue la diversità degli adempimenti necessari al perfezionamento delle rispettive fattispecie notificatorie, nella prima ipotesi costituiti dalla sola «spedizione» della raccomandata, nell'altra occorrendo un quid pluris inteso a compensare il maggior deficit di conoscibilità, costituito dalla effettiva ricezione della raccomandata, ovvero, in assenza di ricezione, dal decorso di dieci giorni dalla data di spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento (cfr. Cass. 7 giugno 2018, n. 14722; Cass. 20 luglio 2021, n. 20736);
2.13. ciò comporta che, essendo stata eseguita, nella specie, la consegna del plico a mani di persone di famiglia, nessun obbligo aveva il notificante di inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno a titolo informativo, essendo a tal fine sufficiente l'invio di una raccomandata «semplice», come nei fatti accaduto, ed attestato nella sentenza impugnata, laddove si dà atto dell’invio, al destinatario della notifica, in data 7/4/2008, della suddetta raccomandata;
2.14. nel caso in esame, la previsione normativa è stata, invero, rispettata dall'agente notificatore e l'omessa produzione dell'avviso di ricevimento non ha pregiudicato in alcun modo il diritto del contribuente all'effettività della tutela giurisdizionale;
3.1. con il quarto motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione di norme di diritto (art. 2697 cod. civ., artt. 16, comma 2, e 17, comma 3, D.Lgs. n. 472/1997) per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente respinto le censure della contribuente circa l’illegittima applicazione delle sanzioni amministrative mediante iscrizione a ruolo ex art. 17 cit. e in mancanza di motivazione «dei fatti attribuiti al trasgressore, degli elementi probatori, delle norme applicate, dei criteri … per la determinazione delle sanzioni e della loro entità»;
3.2. con il quinto motivo la contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza in quanto emessa ultra petita, avendo la Commissione tributaria regionale respinto l’impugnazione dell’appellante, rilevando, sulla scorta delle deduzioni effettuate in appello dall’Agenzia delle entrate, che le sanzioni non erano state irrogate mediante la diretta iscrizione a ruolo, ma erano state applicate con l’originario avviso di rettifica e liquidazione, pur avendo l’Agenzia delle entrate del tutto genericamente contestato, in primo grado, la relativa eccezione della contribuente;
3.3. i motivi, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connessi, vanno disattesi;
3.4. in via preliminare va evidenziato che la Commissione tributaria regionale ha disatteso l’eccezione della contribuente rilevando che la cartella di pagamento, «nella descrizione degli addebiti afferenti al presupposto avviso di accertamento», individuava, tra le varie «voci di credito», anche quella relativa alle sanzioni;
3.5. la censura della ricorrente non coglie, quindi, nel segno la ratio decidendi della sentenza impugnata, che non ha in alcun modo affermato la legittimità dell’applicazione delle sanzioni mediante iscrizione a ruolo;
3.6. le ulteriori doglianze, relative al preteso omesso esame di circostanze riportate nella documentazione prodotta in giudizio relativamente alla questione in oggetto, risultano inammissibili, in quanto prospettano un vizio di motivazione o l'omessa valutazione di un punto decisivo della controversia, secondo il disposto dell'articolo 360, n. 5 c.p.c., che non può essere invocato nell'ipotesi, ricorrente nel caso di specie, di cd doppia conforme, fondata sui medesimi elementi fattuali, atteso il divieto previsto dal quinto comma dell'articolo 348 ter cod. proc. civ., come dianzi illustrato;
3.7. non si configura, inoltre, nel caso in esame alcuna pronuncia ultra petita, posto che la materia del contendere era l’impugnazione della cartella esattoriale anche sulla base della dedotta illegittima applicazione delle sanzioni mediante iscrizione a ruolo, al che consegue che il contenuto dell'atto di appello consente comunque di escludere il denunciato vizio di ultrapetizione o extrapetizione, che ricorre quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell'azione (petitum e causa petendi) e, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (petitum immediato), ovvero attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (petitum mediato) (cfr. Cass., 11 aprile 2018, n. 9002; Cass., Sez. II, 21 marzo 2019, n. 8048);
3.8. occorre inoltre rilevare, quanto alla dedotta violazione del «principio di non contestazione», che è pienamente ammissibile che l'ente impositore si limiti alla generica difesa dell'atto impositivo del quale chiede la conferma, spettando al contribuente di dimostrarne gli eventuali vizi (a conferma vedi ad es. Cass. n. 12651 del 2018 la quale afferma che «nel processo tributario, la parte resistente la quale, in primo grado, si sia limitata ad una contestazione generica del ricorso può rendere specifica la stessa in sede di gravame poiché il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, posto dall'art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, riguarda solo le eccezioni in senso stretto e non anche le mere difese, che non introducono nuovi temi di indagine»);
4. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso deve essere respinto;
5. le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in misura pari ad Euro 4.800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.