Svolgimento del processo
1. La Legnago Servizi s.p.a. gestisce in Torretta di Legnago (VR) un polo impiantistico costituito da una discarica e da impianti di trattamento collegati afferenti al bacino territoriale di Verona sud. Il territorio del veronese è infatti suddiviso in tre ambiti territoriali ottimali (“Verona Nord”, “Verona Sud” e “Verona Città”) ciascuno dei quali produce rifiuti solidi urbani che, per ragioni di prossimità, vengono smaltiti o recuperati nello stesso territorio di produzione. Senonché a causa della indisponibilità dell’impianto di Povegliano Veronese servente l’A.T.O. di Verona Nord il Consiglio di Bacino “Verona Nord” ha chiesto ed ottenuto dalla Legnago Servizi la disponibilità a ricevere (tra l’altro) un dato quantitativo di rifiuti urbani ingombranti generati dalla raccolta differenziata (codice E.E.R. 20.03.07). La Provincia di Verona, dietro specifici provvedimenti regionali di regolazione dei flussi di rifiuti urbani prodotti nei territori dei Consigli di Bacino “Verona Nord” e “Verona sud”, ha autorizzato il detto conferimento presso l’impianto di Torretta di Legnago, cercando tuttavia di contemperare le esigenze dei tre Consigli di Bacino fatte tutte confluire nell’impianto della Legnago Servizi. Per l’effetto, dagli anni 2018 al 2022 è stata prevista la possibilità per i Consigli di Bacino di “Verona Nord” e “Verona città” di conferire presso il polo impiantistico servente Verona Sud un quantitativo massimo di rifiuti anche provenienti dalla triturazione dei rifiuti urbani ingombranti, sottoposti a questo specifico trattamento di riduzione volumetrica all’espresso fine di preservare la capacità residua dell’impianto della Legnago Servizi.
Quest’ultima, con nota del 30.12.2021, ha però investito la Regione di una richiesta di chiarimenti sulla corretta interpretazione delle modalità di gestione dei rifiuti urbani ingombrati esitati dal detto trattamento di triturazione, ritenendo di doverli considerare a tutti gli effetti alla stregua di rifiuti “speciali” (aventi codice E.E.R. 19.12.12). E la Regione Veneto, con il provvedimento in epigrafe, ha diversamente ritenuto che tali rifiuti, a dispetto della loro riconduzione al capitolo 19 dell’elenco europeo dei rifiuti (acronimo E.E.R.), rimangano dei rifiuti “urbani”, non mutando né l’origine né le caratteristiche del rifiuto all’esito dell’operazione preliminare di semplice triturazione cui sono sottoposti per la migliore allocazione in discarica del rifiuto non soggetto ad operazioni di successivo recupero.
Da qui la proposizione del ricorso straordinario innanzi al Presidente della Repubblica che ha originato la presente controversia ed è stato tempestivamente trasposto in questa sede, a mezzo del quale la Legnago Servizi ha contestato la classificazione impostale dalla Regione deducendo che essa muterebbe in senso peggiorativo le modalità di gestione del rifiuto, già soggette a rigidi vincoli di accesso all’impianto, implicando conseguenze pregiudizievoli soprattutto a livello tariffario, in quanto verrebbe impedita l’applicazione delle condizioni economiche liberamente previste per i rifiuti speciali a beneficio della tariffazione “regolata” stabilita ai sensi della L.R. n. 3/2000.
2. L’impugnativa è affidata ai motivi così rubricati: “(1) Violazione e/o falsa applicazione della direttiva 2008/98/CE, in particolare del considerando 33; dell’art. 117 Cost.; degli artt. 183, comma 1°, lett. b-ter) e 184, comma 3°, del D.Lgs. n. 152/2006; della d.G.R. Veneto n. 445/2017; incompetenza; eccesso di potere nelle forme del difetto istruttorio e motivazionale, illogicità ed ingiustizia manifesta: la qualifica come rifiuto urbano del rifiuto EER 19.12.12 derivante dal trattamento dei rifiuti ingombranti da raccolta differenziata (EER 20.03.07) contrasta con la disciplina di riferimento e con il riparto di competenze previsto in Costituzione; (2) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost.; violazione del principio del legittimo affidamento del privato; eccesso di potere nelle forme della illogicità, della irragionevolezza, della contraddittorietà e dell’ingiustizia manifesta: violazione del principio del legittimo affidamento del privato e contraddittorietà; (3) Violazione e/o falsa applicazione degli art. 41 Cost; violazione del principio di proporzionalità; disparità di trattamento; eccesso di potere nelle forme del difetto di istruttoria, difetto di motivazione, irragionevolezza, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta: violazione della libertà di iniziativa economica e di impresa e la disparità di trattamento; (4) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost.; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 della L. 241/1990; violazione del principio del contraddittorio e del diritto di partecipazione: violazione dei principi alla base del corretto operato della pubblica Amministrazione; (5) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 97 Cost.; dell’art. 1 della L. 241/1990; della L.R. n. 3/2000; incompetenza relativa; eccesso di potere nelle forme del difetto di presupposto, dell’atipicità, dello sviamento di potere e dell’ingiustizia manifesta: l’atipicità del provvedimento e i vizi correlati”.
In estrema sintesi la ricorrente lamenta che il rifiuto con codice E.E.R. 19.12.12, oggetto di conferimento da parte dei Consigli di Bacino “Verona Nord” e “Verona Città”, non farebbe più parte della filiera dei rifiuti solidi urbani essendo divenuto a tutti gli effetti, a seguito del trattamento subìto a monte, un rifiuto speciale, come attesterebbe non solo la sua riconduzione al capitolo n. 19 del catalogo europeo dei rifiuti ma, finanche, il comportamento della stessa Amministrazione regionale, che in precedenti atti l’avrebbe classificato proprio come rifiuto speciale. Con il provvedimento oggetto di impugnativa la Regione avrebbe quindi qualificato il rifiuto in ingresso all’impianto della ricorrente nella categoria dei rifiuti urbani omettendo di condurre una istruttoria in tal senso, non essendo comunque dimostrato che il trattamento di triturazione del rifiuto ingombrante lascerebbe intatte le proprietà essenziali e dunque la natura del rifiuto: tali conclusioni non potrebbero discendere dalla sola finalità del trattamento volto ad ottimizzare il conferimento in discarica e non a preparare il rifiuto al recupero. Dalla erronea riconduzione del rifiuto tra quelli urbani discenderebbero molteplici conseguenze pregiudizievoli per la ricorrente, che non solo vedrebbe leso il proprio affidamento nel corretto operare dell’Amministrazione ma, soprattutto, sarebbe costretta a subire la tariffa “regolata” applicabile allo smaltimento del rifiuto urbano, con delle gravi limitazioni alla propria libertà economica d’impresa.
3. La Regione Veneto, l’Azienda Multiservizi di Igiene Ambientale s.p.a. (A.M.I.A. Verona s.p.a.) e il Consiglio di Bacino “Verona-Nord” si sono costituiti in giudizio in vista dell’udienza pubblica di trattazione del 5.10.2023, deducendo l’infondatezza del ricorso in rito e nel merito.
3.1. In particolare la Regione, ribadito che alla totalità dei flussi di rifiuti di origine urbana va applicata la tariffa di accesso all’impianto approvata ai sensi dell’art. 36 della L.R.V. n. 3/2000, ha ritenuto imprescindibile che la classificazione dei rifiuti avvenga tenendo conto della tipologia di trattamento da essi subita a monte. E qualora a seguito delle operazioni di trattamento il rifiuto ottenuto mantenga le stesse caratteristiche chimico-fisiche di quello di provenienza, non vi sarebbero ragioni per considerarlo alla stregua di un rifiuto speciale, conservando, invece, la classificazione del rifiuto in ingresso. Ciò accadrebbe proprio nel caso in esame, ove i rifiuti urbani ingombranti provenienti dal territorio dei Consigli di Bacino veronesi (codice E.E.R. 20.03.07) conferiti nell’impianto gestito dalla Legnago Servizi sarebbero unicamente sottoposti ad un trattamento di riduzione volumetrica mediante triturazione, peraltro nell’interesse della stessa ricorrente di preservare la capacità di conferimento residua dell’impianto. Sicché il rifiuto esitato dal detto trattamento, che peraltro verrebbe avviato a smaltimento e non a recupero, pur assumendo il codice E.E.R. 19.12.12 non subirebbe sostanziali modificazioni nella sua originaria natura urbana, che dunque non potrebbe essere qui disconosciuta. La Regione Veneto ha quindi concluso nel senso della legittimità del provvedimento impugnato e vieppiù della correttezza dell’assoggettamento del rifiuto E.E.R. 19.12.12 al pagamento della tariffa approvata ai sensi dell’art. 36 della L.R.V. n. 3/2000.
3.2. Anche l’A.M.I.A. Verona, che conferisce i rifiuti urbani ingombranti prodotti nel territorio del Consiglio di Bacino “Verona Città” corrispondendo alla ricorrente la tariffa approvata ai sensi della Legge Regionale n. 3/2000, ha evidenziato che la triturazione del rifiuto avviene al solo fine di ottimizzarne il conferimento nella discarica della Legnago Servizi, mettendo parimenti in luce che quest’ultima, attraverso la qualificazione del rifiuto come speciale, si prefiggerebbe l’obiettivo di fissare liberamente la tariffa dovuta dall’A.M.I.A. in fase di conferimento dei rifiuti, i cui flussi sono determinati da precisi provvedimenti amministrativi che l’A.M.I.A. è tenuta a rispettare anche per quanto concerne il quantitativo di materiale conferibile. Da qui l’interesse al mantenimento del provvedimento impugnato onde evitare l’incertezza nella programmazione dei costi di smaltimento dei rifiuti ingombranti, e in definitiva per non veder lievitare gli oneri economici che dovrebbero necessariamente essere sostenuti dagli abitanti serviti. Fatta tale premessa l’A.M.I.A. ha anch’essa rilevato che si discute di rifiuti di origine domestica (urbani) sottoposti ad un processo di triturazione finalizzato alla sola migliore allocazione del rifiuto in discarica, e come tale inidoneo ad incidere sull’origine del rifiuto che rimarrebbe domestica. La triturazione non muterebbe, in altri termini, né la natura del rifiuto né le sue caratteristiche, incidendo unicamente sulla volumetria del rifiuto stesso. Da questi presupposti l’A.M.I.A. ha pertanto dedotto l’infondatezza del ricorso contestando uno ad uno i singoli motivi di gravame.
3.3. Il Consiglio di Bacino “Verona Nord” ha ugualmente rimarcato il fatto che il trattamento di triturazione del rifiuto ingombrante effettuato prima del conferimento nella discarica della Legnago Servizi non ne altera la natura e/o le caratteristiche chimico-fisiche, che rimarrebbero quelle di un rifiuto domestico (urbano). In rito l’Amministrazione ha però rilevato, in via preliminare, che il ricorso sarebbe inammissibile per carenza di lesività del provvedimento gravato, con il quale la Regione si è limitata a riscontrare una semplice richiesta di chiarimenti della Legnago Servizi, mettendo parimenti in evidenza l’improcedibilità dell’impugnativa a seguito della mancata contestazione degli atti e provvedimenti (le dd.GG.RR. n. 988/2022, n. 1691/2022 e n. 120/2023) che avrebbero da ultimo superato quello oggetto di impugnativa. A questo proposito la Regione avrebbe infatti aggiornato il piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e speciali introducendo un’unica tariffa di smaltimento dei rifiuti urbani e prevedendo espressamente che tra i rifiuti urbani residui (c.d. R.U.R.) rientri anche l’ingombrante avviato a smaltimento sia tal quale che dopo la triturazione. Nel merito il Consiglio di Bacino ha poi controdedotto alle tesi della ricorrente soprattutto evidenziando il valore di principio generale contenuto nelle pronunce della Corte di Giustizia dell’U.E. e del Giudice Amministrativo che hanno ribadito la qualificazione come rifiuto urbano di quello sottoposto a trattamento meccanico che non abbia sostanzialmente alterato le proprietà iniziali del rifiuto. E da altra angolatura il Consiglio non ha mancato di evidenziare come dal 2018 la Legnago Servizi abbia sempre comunque ricevuto la frazione derivante dalla riduzione volumetrica dei rifiuti urbani ingombranti applicando la tariffa per i rifiuti urbani.
4. Di contro la ricorrente, nelle memorie conclusive, ha replicato a tali deduzioni essenzialmente precisando che:
-i provvedimenti di determinazione dei flussi di rifiuti per l’anno 2023 non sarebbero lesivi della sua posizione ma confermativi della configurabilità dei rifiuti in esame quali scarti da raccolta differenziata, assoggettabili ad una disciplina di mercato senza vincoli di conferimento e di tariffazione con il gestore;
-la tariffazione più bassa per i conferimenti dei Bacini veronesi sarebbe stata applicata solo ad esito del provvedimento impugnato, e per il tempo di definizione del giudizio;
-gli orientamenti applicati dalla Regione con la nota impugnata riguarderebbero i soli rifiuti urbani indifferenziati e non quelli provenienti dalla raccolta differenziata qui in esame;
-i rifiuti ingombranti non sarebbero soggetti ad operazioni di mera triturazione bensì a più complesse attività di triturazione, selezione e recupero normalmente codificate come attività “R12”, svolte da impianti intermedi;
-tale trattamento non sarebbe finalizzato alla mera riduzione volumetrica;
-la società ricorrente subirebbe un severo pregiudizio dagli atti contestati.
5. Indi all’udienza pubblica del 5.10.2023 le parti hanno puntualmente e diffusamente illustrato le proprie posizioni insistendo per l’accoglimento delle rispettive conclusioni, e la causa è stata infine trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
6. Si può prescindere dallo scrutinio delle questioni di inammissibilità ed improcedibilità del ricorso, sollevate dalle Amministrazioni intimate, stante l’infondatezza nel merito dell’impugnativa.
7. Il Tribunale ritiene di esaminare i motivi di ricorso congiuntamente, essendo essi incentrati sulla comune questione della riconducibilità del rifiuto “urbano” ingombrante, sottoposto a trattamento di riduzione volumetrica, nella categoria del rifiuto “speciale” identificabile con il codice E.E.R. 19.12.12.
8. La ricorrente lamenta in proposito che la Regione Veneto, senza condurre un’apposita istruttoria sulla tipologia del trattamento che il rifiuto ingombrante subirebbe prima di essere conferito nella discarica della ricorrente, avrebbe negato la qualifica di rifiuto speciale a quello esitato dal detto trattamento nonostante esso sia pacificamente riconducibile tra i rifiuti appartenenti al capitolo 19 dell’elenco europeo dei rifiuti, e dunque sia da considerarsi sotto tale aspetto quale rifiuto speciale. A nulla varrebbero i molteplici richiami normativi, anche di fonte euro-unitaria, e giurisprudenziali, sia della Corte di Giustizia dell’U.E. che del Consiglio di Stato, al lume dei quali l’Amministrazione regionale ha dedotto che la corretta qualificazione (urbana o speciale) del rifiuto ingombrante sottoposto a trattamento non può prescindere dall’esame del rifiuto stesso in base alle caratteristiche che esso presenta all’esito del processo di trattamento cui è sottoposto. Tali orientamenti, seguiti dalla stessa prassi regionale, riguarderebbero infatti la sola fattispecie dei rifiuti indifferenziati, mentre nell’odierno giudizio si discuterebbe del diverso caso del rifiuto ingombrante con codice (pre-trattamento) 20.03.07, derivante dalla raccolta differenziata operata dai Comuni veronesi. Ad ogni modo gli approdi valorizzati dalla Regione con il provvedimento impugnato sarebbero stati elaborati nei soli limiti di applicazione dei principi di autosufficienza e prossimità della gestione del ciclo dei rifiuti, con esclusione dunque degli aspetti più marcatamente tariffari e di codifica del rifiuto che vengono invece in discussione nel presente giudizio.
Dall’erronea sussunzione tra i rifiuti urbani di quelli ingombranti da raccolta differenziata la ricorrente ha dunque fatto discendere plurimi aspetti di illegittimità per violazione di legge (in particolare degli artt. 183 e 184 del c.d. Codice dell’Ambiente), anche costituzionale (art. 117), e per eccesso di potere, quest’ultimo da cogliersi sia sotto l’aspetto dell’illogicità e del difetto istruttorio/motivazionale dell’azione amministrativa e sia sotto i profili della violazione del legittimo affidamento del privato e della libertà di iniziativa economica e di impresa della Legnago Servizi, oltreché del principio di nominatività e tassatività degli atti amministrativi.
Le censure non colgono nel segno.
8.1. Giova sin da sùbito inquadrare la presente controversia nell’ambito della normativa ambientale di riferimento.
Va quindi anzitutto osservato che ai fini dell’attuazione della parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 (c.d. Testo Unico Ambiente), contenente le “norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati”, i rifiuti vengono classificati, secondo la loro origine, in rifiuti “urbani” e rifiuti “speciali”, e, avuto riguardo alle caratteristiche di pericolosità, in rifiuti “pericolosi” e rifiuti “non pericolosi”.
Nello specifico della classificazione dei rifiuti in base alla loro origine, l’art. 184, comma 2°, del T.U.A. afferma che “sono rifiuti urbani i rifiuti di cui all'articolo 183, comma 1°, lettera b-ter”.
La lettera b-ter appena citata prevede che rientrino tra i rifiuti urbani (tra l’altro):
“1. i rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili;
2. i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell'allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell'allegato L-quinquies;
[…]”.
L’art. 35 del D.L. n. 77/2021, conv. nella L. n. 108/2021, ha da ultimo sostituito l'allegato ‘D’ alla parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, contenente l’elenco dei rifiuti già istituito con la decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000. E l’allegato III al citato D.L. n. 77/2001, contenente l’elenco dei rifiuti aggiornato, specifica che rientrano nella tipologia di rifiuti avente codice ‘20’ i “rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalle istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata”.
Nell’elenco dei rifiuti aventi codice 20 si rinviene in particolare il rifiuto ingombrante, proveniente da origine domestica o assimilata (art. 183, comma 1°, lettera b-ter, punti 1° e 2°), al quale è attribuito il codice 20.03.07 (il medesimo codice compare nell’allegato L-quater alla parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, contenente l’elenco dei rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono appunto simili per natura e composizione ai rifiuti domestici).
Di contro l’art. 184, comma 3° del T.U.A. comprende nei rifiuti speciali:
“a) i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività agricole, agro-industriali e della silvicoltura, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2135 del codice civile, e della pesca;
b) i rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis;
c) i rifiuti prodotti nell'ambito delle lavorazioni industriali se diversi da quelli di cui al comma 2;
d) i rifiuti prodotti nell'ambito delle lavorazioni artigianali se diversi da quelli di cui al comma 2;
e) i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività commerciali se diversi da quelli di cui al comma 2;
f) i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività di servizio se diversi da quelli di cui al comma 2;
g) i rifiuti derivanti dall’attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie;
h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie se diversi da quelli all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter);
i) i veicoli fuori uso”.
A sua volta l’allegato III al D.L. n. 77/2001 individua nella tipologia di rifiuti avente codice ‘19’ i “rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti, impianti di trattamento delle acque reflue fuori sito, nonché dalla potabilizzazione dell'acqua e dalla sua preparazione per uso industriale”, esplicitando tra gli altri i rifiuti aventi i seguenti codici:
“19 12 11 * altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, contenenti sostanze pericolose;
19 12 12 altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19 12 11”.
I rifiuti con codice 19.12.12 sono pertanto quelli non pericolosi che siano sottoposti ad un trattamento, in specie di tipo meccanico.
La definizione di trattamento meccanico del rifiuto è rinvenibile in primis nell’art. 183, comma 1°, lett. s), del T.U.A., che riconduce al “trattamento” tutte le “operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento”, e poi soprattutto nell’art. 2, comma 1°, lett. h), del D.Lgs. n. 36/2003, di attuazione della Direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, in base al quale per “trattamento” devono intendersi “i processi fisici, termici, chimici o biologici, incluse le operazioni di cernita, che modificano le caratteristiche dei rifiuti, allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa, di facilitarne il trasporto, di agevolare il recupero o di favorirne lo smaltimento in condizioni di sicurezza”.
8.2. Ciò posto, il Tribunale ritiene che sia del tutto irrilevante per il caso in esame la qualificazione del rifiuto ingombrante quale rifiuto esitato (o meno) dalla raccolta differenziata operata dai Comuni del veronese.
8.2a. Ed infatti, sotto un primo profilo, come detto in precedenza il Testo Unico dell’Ambiente classifica i rifiuti in base alla loro origine distinguendo tra rifiuti urbani e rifiuti speciali, e comprendendo nelle due (sotto)categorie del rifiuto urbano “domestico” ed “assimilato” al domestico, tanto i rifiuti indifferenziati quanto quelli da raccolta differenziata, ivi compresi i rifiuti ingombranti.
Conseguentemente, la peculiarità ravvisata dalla ricorrente nel mero dato di fatto che l’ingombrante di cui si discute si assume provenire dalla raccolta differenziata, così come non influisce a monte sulla natura “urbana” del rifiuto (con codice 20.03.07), non basta di certo, a valle, a qualificarlo come rifiuto speciale.
8.2b. Difatti, indipendentemente dalla circostanza che il rifiuto urbano derivi dalla raccolta differenziata, esso può divenire un rifiuto speciale se (e solo se) viene prodotto da un impianto di trattamento (in tal senso vedasi la citata descrizione del codice “19”), e, con particolare riferimento ai rifiuti con codice 19.12.12 conferiti nell’impianto della ricorrente, se tale “trattamento” del rifiuto non pericoloso sia consistito in un processo svolto meccanicamente che abbia modificato le originarie caratteristiche del rifiuto (cfr. l’art. 183, comma 1°, lett. s), del T.U.A., e l’art. 2, comma 1°, lett. h), del D.Lgs. n. 36/2003).
La normativa appena citata non pone dunque l’accento sul carattere differenziato della provenienza del rifiuto ma sulla novità del prodotto esitato dalle operazioni di trattamento meccanico, rendendo così necessario accertare l’oggettiva trasformazione del rifiuto a valle.
Questa conclusione si impone a maggior ragione all’indomani dell’abrogazione -ad opera dell'art. 2, comma 21°-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4-, della lettera n), del terzo comma dell’articolo 184 del T.U.A., secondo la quale erano da ricondursi automaticamente alla categoria dei rifiuti speciali anche i “rifiuti derivanti dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani”. La giurisprudenza amministrativa alla quale il Collegio aderisce ha infatti precisato, in proposito, che tale abrogazione non ha comportato la diretta riconducibilità dei rifiuti derivanti dalla selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani nella categoria dei rifiuti speciali di cui alla lett. g) dello stesso articolo 184, comprendente i “rifiuti derivanti dall’attività di recupero e smaltimento di rifiuti” (vd. in tal senso C.d.S. n. 5242/2014). E tale ultima norma è stata interpretata conformemente al diritto euro-unitario ritenendo che “al rifiuto derivante da un’operazione di trattamento può essere legittimamente attribuito un codice CER nuovo rispetto a quello che il rifiuto aveva in origine solo se i due rifiuti sono diversi e cioè se l’operazione di recupero o di smaltimento ha prodotto un nuovo rifiuto” (cit. sent. del C.d.S. n. 5242/2014; per un caso di rifiuto secco non riciclabile originato dalla raccolta differenziata effettuata nella provincia di Treviso e sottoposto ad un procedimento industriale che lo aveva trasformato in combustibile da rifiuto, ossia in un prodotto del tutto nuovo e diverso da quello originario, si veda C.d.S. n. 2812/2016).
Anche in tempi più recenti il Consiglio di Stato ha avuto modo di ribadire che la possibilità di attribuire a un rifiuto il codice 19.12.12 dipende dall’accertamento della coesistenza di due elementi, vale a dire che non siano presenti componenti pericolose e che il materiale in questione sia assoggettato ad una procedura preliminare qualificabile come “trattamento meccanico”, aggiungendo che “ciò che conta è la natura effettiva del rifiuto alla luce delle caratteristiche che il medesimo presenta in esito al processo di trattamento cui è sottoposto” (cfr. C.d.S. n. 849/2023).
Da ultimo, le Linee Guida sulla classificazione dei rifiuti del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (S.N.P.A.), approvate con decreto direttoriale del Ministero della Transizione Ecologica assunto al prot. n. 47 del 9 agosto 2021, hanno chiaramente stabilito che “una condizione essenziale affinché i rifiuti derivanti dal trattamento siano classificabili con codici dell’elenco europeo differenti rispetto a quello del rifiuto d’origine è che il processo abbia portato alla formazione di un rifiuto differente dal punto di vista chimico-fisico (tra cui, composizione, natura, potere calorifico, caratteristiche merceologiche, ecc.)”.
8.3. Ebbene, nel caso di specie, dalle determine provinciali n. 65623 del 28.12.2020 e n. 65703 del 28.12.2021 si desume unicamente che i Consigli di Bacino “Verona Nord” e “Verona Città” sono stati autorizzati a conferire nella discarica della Legnago Servizi un tonnellaggio (tra l’altro) di rifiuti derivanti “dalla triturazione dei rifiuti urbani ingombranti (EER 19 12 12) […] sottoposti a trattamento di riduzione volumetrica, al fine di preservare la volumetria residua dell’impianto”.
L’Amministrazione regionale, con il provvedimento oggetto di impugnativa, ha pertanto rimarcato che l’operazione di mera triturazione del rifiuto, avuto riguardo anche al fatto che il destino del medesimo rifiuto non è il recupero e la finalità della procedura è quella di salvaguardare la volumetria residua della discarica della ricorrente, non vale di per sé a dimostrare che il prodotto ridotto volumetricamente e poi conferito in discarica abbia caratteristiche diverse da quelle originarie. Conseguentemente, per la Regione il rifiuto urbano ingombrante, ancorché triturato, non è suscettibile, per ciò solo, di fuoriuscire dalla filiera dei rifiuti urbani, e ciò determina il mantenimento della tariffazione “regolata” nei confronti dei soggetti conferitari sin qui applicata.
A fronte di tanto alla ricorrente, che qui fa valere la sua pretesa ad ottenere una diversa qualificazione sostanziale del rifiuto pacificamente di origine urbana, spettava l’onere di dare la prova dei propri assunti (ex art. 2697 del cod. civ. ed art. 64 del cod. proc. amm.) dimettendo documentazione utile a dimostrare che il rifiuto ha perduto le caratteristiche originarie di rifiuto urbano, per l’effetto individuando la tipologia di trattamento cui il rifiuto ingombrante viene sottoposto prima del conferimento in discarica, e, soprattutto, dando prova della sussistenza in concreto di un aliquid novi in termini di:
-composizione del rifiuto da conferire, discutendosi del trattamento effettuato sul medesimo ingombrante non pericoloso in ingresso all’impianto di trattamento;
-sue caratteristiche fisiche, non essendo noto in che termini sia esitato il rifiuto prodotto dal trattamento di triturazione;
-sue caratteristiche chimiche, non conoscendosi se e quali proprietà il rifiuto abbia perduto (e/o conservato) in seguito all’operazione risultante dalla triturazione ed eventuale compattazione;
-suo (eventualmente diverso) potere calorifico.
Di tutto ciò non vi è dimostrazione alcuna e dunque il Collegio non può avallare sic et simpliciter le tesi della ricorrente, che rimangono all’atto concreto sfornite di prova.
A nulla rileva, da un lato, la documentazione solo da ultimo dimessa dalla Legnago Servizi in data 13.9.2023, per l’estrema genericità della descrizione del tipo di trattamento effettuato (id est “selezione, cernita e riduzione volumetrica (triturazione) di rifiuti ingombranti EER 200307”), e atteso il fatto che nulla si dice sulla natura e composizione del rifiuto che, esitato dal detto trattamento, viene specificamente conferito nella discarica della ricorrente.
Né, dall’altro lato, può soccorrere all’onere della prova incombente sulla ricorrente la mera qualificazione del rifiuto entro quelli con codice ‘19’.
E infatti la Corte di Giustizia dell’U.E. ha chiarito (vd. la sentenza dell’11 novembre 2021, in causa C-315/20) che non è dirimente l’attribuzione di un dato codice al fine di sussumere il rifiuto tra quelli speciali, tanto da precisare che “i rifiuti urbani non differenziati che siano stati classificati alla voce 19 12 12 del CER a seguito di un trattamento meccanico ai fini del loro recupero energetico, trattamento che non ha tuttavia sostanzialmente alterato le proprietà iniziali di tali rifiuti, devono essere considerati come rientranti tra i rifiuti urbani non differenziati provenienti dalla raccolta domestica, previsti da tali disposizioni, nonostante il fatto che queste ultime menzionino il codice 20 03 01 del CER” (§ 29).
La stessa nota prot. n. 32592 del 15.03.2022 invocata dalla ricorrente, redatta dal Ministero della Transizione Ecologica in risposta ad un interpello teso (tra l’altro) ad ottenere delucidazioni sulla corretta classificazione dei rifiuti decadenti dal trattamento dei rifiuti urbani per il loro successivo smaltimento in discarica, ha valorizzato l’approccio sostanziale nell’attribuzione del codice E.E.R., richiamando le già citate “Linee guida sulla classificazione dei rifiuti” del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente che, come chiarito in precedenza, impongono di verificare l’eterogeneità del prodotto, dal punto di vista chimico-fisico, esitato dal trattamento.
Da quanto precede discende pertanto l’infondatezza delle censure di violazione di legge sollevate con il primo motivo di ricorso, non essendo emersa alcuna illegittima intromissione della Regione Veneto nella disciplina delle categorie di rifiuto urbano e rifiuto speciale previste dalla normativa di fonte statale, entro le quali, come detto, appare viceversa correttamente sussunto il caso in esame alla luce della emergenze documentali fornite dalla ricorrente e nel doveroso ossequio dei principi in materia di gestione dei rifiuti urbani.
8.4. Il Collegio deve a questo punto rilevare che il provvedimento gravato, ritenuto dalla ricorrente come un’atipica manifestazione di attività provvedimentale che impedirebbe di comprendere quale sia il potere esercitato, rientra invero a pieno titolo tra i provvedimenti costituenti esercizio di attività amministrativa attiva, posta in essere dalla Regione a riscontro di una specifica richiesta proveniente dalla Legnago Servizi e diretta all’Ufficio che ha poi emesso il provvedimento impugnato.
Il fatto che gli uffici regionali, nell’esercizio delle competenze previste dalla L.R.V. n. 3/2000, abbiano ribadito i principi enunciati dalla normativa statale e regionale (vd. in particolare la d.G.R. n. 445/1997), come interpretati dalla giurisprudenza anche di fonte euro-unitaria, senza introdurre nuovi obblighi a carico della ricorrente e senza mutare il quadro giuridico vigente, rende ragione della competenza esercitata nel caso di specie dalla Direzione regionale Ambiente e Transizione Ecologica della Regione Veneto.
8.5. Con riferimento alle censure di eccesso di potere per difetto istruttorio/motivazionale e per illogicità del provvedimento impugnato il Tribunale deve precisare quanto segue.
8.5a. Quanto alla prima, il provvedimento oggetto di contestazione ha chiaramente esplicitato l’iter logico seguito dalla Regione nel confermare l’assoggettamento del rifiuto alla tariffa approvata ai sensi dell’art. 36 della L.R.V. n. 3/2020. In tal senso l’Amministrazione regionale non ha fatto altro che applicare la stessa definizione del rifiuto avente codice 19.12.12 (“altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19 12 11”), e preso atto della tipologia di trattamento preliminare di riduzione volumetrica praticato sul rifiuto urbano ingombrante, ha concluso nel senso della inidoneità di tale processo, di per sé solo, a dimostrare una modifica sostanziale delle caratteristiche del rifiuto urbano.
8.5b. Con riferimento invece alle presunte illogicità provvedimentali la ricorrente ha dedotto che la nota regionale n. 181254 del 6.5.2020, citata nel corpo del provvedimento impugnato, confermerebbe la qualificazione dell’ingombrante pretrattato come rifiuto speciale, in questo senso essendosi espressa pure la Provincia di Verona che, con nota prot. n. 1350 del 13.01.2022, avrebbe preso atto della gestione del rifiuto in esame alla stregua di un rifiuto speciale.
In realtà dalla lettura delle due note emerge (rispettivamente) che la Regione ha affrontato alcuni aspetti specifici della vicenda, vale a dire: la questione della necessità di sottoporre i rifiuti derivanti dal trattamento del rifiuto urbano “ingombrante” alle analisi di caratterizzazione; la periodicità di tali verifiche; la possibilità di accettare la caratterizzazione di base rilasciata dal produttore quale documento attestante l’ammissibilità del rifiuto nella discarica di Torretta di Legnago (vd. la nota regionale prot. n. 181254). E la Provincia di Verona, dal canto suo, ha preso atto del fatto che la società ricorrente avrebbe gestito i detti conferimenti coerentemente alle disposizioni contenute nella d.G.R. n. 445 del 6 aprile 2017, che ha negato alle operazioni di semplice cernita, triturazione, compattazione e separazione, l’idoneità a modificare le proprietà essenziali, e quindi la natura, del rifiuto sottoposto a trattamento (vd. la nota provinciale prot. n. 1350 e la d.G.R. n. 445/2017).
Non emergono pertanto le illogicità prefigurate dalla ricorrente.
8.6. Quanto alla presunta violazione dell’affidamento riposto dalla ricorrente sia nel mantenimento delle situazioni consolidate che, più in generale, nel rispetto da parte dell’Amministrazione dei canoni di buon andamento dell’azione amministrativa, il Collegio non può mancare di rilevare, in primis, che la stessa ricorrente non ha dimostrato la sussistenza di una pregressa situazione consolidata, dal mancato rispetto della quale discenda la lesione del suo affidamento.
E invero, come chiarito in precedenza, la normativa statale vigente prevede che ai fini della riqualificazione dei rifiuti sub specie E.E.R. 19.12.12 serve che l’operazione di trattamento meccanico abbia modificato le caratteristiche del rifiuto in ingresso all’impianto di trattamento, e il Consiglio di Stato già dal 2014 aveva compiuto una rilevante statuizione di principio statuendo che “al rifiuto derivante da un’operazione di trattamento possa essere legittimamente attributo un codice CER nuovo rispetto a quello che il rifiuto aveva in origine solo se i due rifiuti sono diversi e cioè se l’operazione di recupero o smaltimento ha prodotto un nuovo rifiuto” (cit. C.d.S., n. 5242/2014).
Viceversa la ricorrente non ha dato prova del fatto che il rifiuto in uscita dal trattamento costituisca un “novum”, e la mera circostanza che la Regione Veneto, con la d.G.R. n. 445/2017, abbia affermato dei principi riferendoli al rifiuto non differenziato non autorizzava di certo la ricorrente a ritenere che l’ingombrante pretrattato fosse automaticamente riconducibile entro la categoria dei rifiuti speciali solo perché ipoteticamente discendente dalla raccolta differenziata.
Quanto precede chiarisce che nel caso di specie non sussiste nemmeno il “cambio di rotta” dell’Amministrazione regionale, teorizzato dalla Legnago Servizi anche al fine di dedurre la violazione dei criteri di buona amministrazione.
Da qui l’infondatezza delle relative doglianze.
8.7. Da ultimo non meritano sèguito nemmeno le censure di violazione della libertà di iniziativa economica e di impresa e quella di disparità di trattamento.
Sotto un primo angolo prospettico il Tribunale deve rilevare che, in difetto di prova della modifica subita dal rifiuto in uscita dall’impianto di trattamento, sarebbe invero disparitario trattare in maniera diversificata lo stesso rifiuto, che pur sottoposto a trattamento di riduzione volumetrica venga conferito nella discarica della ricorrente senza aver perduto le caratteristiche di rifiuto “urbano”.
Quanto invece alla libertà di iniziativa economica della ricorrente, in tesi messa a repentaglio dall’inopinata qualificazione come rifiuto urbano di quello asseritamente speciale -il quale, a questa stregua, non potrebbe liberamente circolare nel mercato dei rifiuti speciali-, si tratta di una deduzione indimostrata, così come non v’è prova del presupposto sul quale essa si fonda, ossia il fatto che si discuta di un rifiuto che abbia effettivamente perduto la sua natura di rifiuto urbano.
In ogni caso la Legnago Servizi svolge un’attività di primario interesse pubblico fornendo al territorio di riferimento un servizio fondamentale per il corretto ciclo di gestione dei rifiuti -conformato ai principi di prossimità ed autosufficienza quali primari valori ambientali-, il cui assetto programmatico e gestorio non è stabilito dall’atto impugnato ma dalle diverse delibere e determine regionali e provinciali che si sono succedute nel tempo e che non vengono in discussione nella presente controversia.
L’atto gravato non può dunque aver inciso sulle libertà fondamentali invocate dalla ricorrente.
Infine, sull’impatto tariffario del provvedimento impugnato, che in tesi penalizzerebbe la ricorrente minando la sostenibilità economica della sua impresa, va osservato che l’ingombrante ridotto volumetricamente non è il solo rifiuto smaltito nella discarica della Legnago Servizi e non è nota l’incidenza economica che si determinerebbe a seguito dell’imposizione della tariffazione “regolata” sulla frazione derivante dalla riduzione volumetrica del rifiuto ingombrante.
La censura è in questi termini generica ed indimostrata, e come tale si rivela infondata.
9. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni l’impugnativa deve essere complessivamente respinta.
10. La complessità anche fattuale della controversia, unitamente alla presenza di alcuni riferimenti nelle note regionali citate dalla ricorrente che possono averla indotta in errore nell’interpretazione dei provvedimenti impugnati, giustificano in via eccezionale la misura della compensazione tra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.