
Per il Consiglio di Stato, è irragionevole, illogico e sproporzionato il criterio di priorità che antepone i pazienti gravi che godono dell'assistenza domiciliare integrata a quelli gravissimi che non ne hanno bisogno, in considerazione delle caratteristiche specifiche della loro disabilità.
La controversia trae origine dal rigetto della richiesta di assegno di cura ad un minore affetto da disturbo della relazione e della comunicazione per disturbo dello spettro autistico (classificato al livello 3 di gravità), sul rilievo che lo stesso non risultava in cure domiciliari.
Secondo il TAR, i minori autistici necessitano di interventi e prestazioni specialistiche di tipo medico-sanitario. L'assegno di cura ha invece il diverso carattere di «misura di sostegno alternativa alle prestazioni domiciliari degli operatori sociosanitari e ciò spiega la ragione per la quale il suo presupposto è un piano di assistenza individualizzato di cure domiciliari integrate».
In sede di gravame, si lamenta l'illegittimità dell'esclusione del minore dal beneficio dell'assegno di cura, nonostante la gravissima patologia da cui è affetto, laddove altri pazienti potenzialmente meno gravi (non “gravissimi”) sono stati ammessi a fruire della provvidenza in questione.
Il Consiglio di Stato accoglie l'appello con sentenza n. 10570 del 6 dicembre 2023.
Tenuto conto che le risorse finanziarie di cui dispongono le Regioni non sono tali da poter soddisfare tutte le richieste, la previsione del criterio di priorità nei confronti dei
I pazienti gravissimi, per effetto dei provvedimenti regionali richiamati nella sentenza in commento, sono posti in condizione deteriore rispetto a quelli gravi: il riferimento all'ammissione all'ADI non può costituire, infatti, un idoneo presupposto per giustificare la priorità assegnata a
Inoltre, in base al D.M. 26 settembre 2006 gli autistici gravissimi sono contemplati tra le categorie che possono beneficiare dell'assegno di cura.
Pertanto, afferma il Collegio, «in base alla normativa nazionale, il criterio cardine per l'assegnazione del beneficio economico è correlato alla maggiore gravità dello stato di disabilità, con la conseguenza che si appalesa irragionevole, illogico e sproporzionato il criterio di priorità che antepone i pazienti gravi che godono dell'assistenza domiciliare integrata a quelli gravissimi che non ne hanno bisogno, in considerazione delle caratteristiche specifiche della loro disabilità».
Se sono evidenti le necessità dei
Dunque, la scelta di favorire i
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza (ud. 26 ottobre 2023) 6 dicembre 2023, n. 10570
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con la sentenza indicata in epigrafe il T.A.R. della Campania, sede di Napoli, ha respinto il ricorso proposto dagli odierni appellanti per l’annullamento dei provvedimenti n. -OMISSIS-del 2 febbraio 2023 e n. -OMISSIS-del 6 febbraio 2023 con cui si è concluso in senso negativo il procedimento avviato dall’istanza di assegnazione dell'assegno di cura del 20 aprile 2021 prot. n. 4333 (e degli atti da questi presupposti, rappresentati dalle circolari della Regione Campania n. 497638 dell’1111/10/2022; n. 434162 del 1°/9/2021; n. 630214 del 22/12/2021; dalla G.R.C. n. 325 del 30/6/2020; dalla nota ASL del 4/10/2022 prot. n 200072; dalla Delibera della Giunta Regionale n. -OMISSIS-del 19.10.21); nonché per la condanna ex art. 30 cod. proc. amm. al risarcimento del danno ingiusto cagionato dalla mancata erogazione dell'assegno di cura a causa dell'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa e del mancato esercizio di quella obbligatoria.
L’indicata sentenza è stata impugnata con ricorso in appello dai ricorrenti in primo grado.
Si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso, la Regione Campania e l’Azienda Sanitaria Locale di Caserta.
Il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 26 ottobre 2023.
2. Il giudizio di primo grado ha avuto ad oggetto la legittimità dei provvedimenti con cui si è negato l’assegno di cura al minore affetto da disturbo della relazione e della comunicazione per disturbo dello spettro autistico (classificato al livello 3 di gravità), in quanto lo stesso non risultava in cure domiciliari: secondo i criteri stabiliti dai richiamati atti regionali presupposti.
Il T.A.R. ha, tra l’altro, ritenuto che “L’assegno di cura si inserisce in un complesso sistema di interventi a favore dei disabili che prevede misure di tipo diverso correlate alle caratteristiche dei singoli casi; come evidenziato dalla regione – che non manca comunque di evidenziare che anche le famiglie di minori autistici in condizione di disabilità gravissima possono nei limiti delle risorse disponibili e in via residuale beneficiare dell’assegno di cura – i minori autistici necessitano di interventi e prestazioni specialistiche di tipo medico-sanitario; di queste necessità (prevalentemente sanitarie) la regione si è fatta carico attraverso la previsione a mezzo della delibera G.R. n. 131 del 31 marzo 2021 della “presa in carico globale e integrata dei soggetti con disturbi dello spettro autistico” e degli interventi terapeutici occorrenti alla cura di tali disturbi. L’assegno di cura ha invece il diverso carattere di misura di sostegno alternativa alle prestazioni domiciliari degli operatori sociosanitari e ciò spiega la ragione per la quale il suo presupposto è un piano di assistenza individualizzato di cure domiciliari integrate”.
3. Il ricorso in appello è affidato ad un unico motivo, con cui si deduce “Error in iudicando sul rigetto del motivo inerente l’illegittimità della poziorità costituita dalla mancata presa in carico alle cure domiciliari”.
Il gravame è fondato sulla base delle considerazioni - e nei sensi e nei limiti - di seguito indicati.
Ritiene il Collegio che la postergazione, nell’ordine delle priorità per il riconoscimento dell’assegno di cura per cui è causa, di pazienti, quale il minore ricorrente, qualificati “gravissimi”, rispetto a pazienti qualificati invece “gravi”, si ponga in contrasto con i dettami del decreto ministeriale 26 settembre 2016, non potendo, peraltro, tale scelta, essere adeguatamente sorretta dalla considerazione di una tendenziale preferenza per i pazienti, ancorché “gravi” e non “gravissimi”, allettati e richiedenti cure e interventi terapeutici domiciliari (medicalizzati).
Sul piano delle conseguenze applicative la disciplina regionale presenta inoltre, come si chiarirà più avanti, anche taluni profili di intrinseca contraddittorietà con le finalità socio-assistenziali dalla stessa enunciate.
Deve ritenersi fondata la tesi di fondo su cui fa leva l’appello, con la quale si lamenta l’illegittimità dell’esclusione del minore dal beneficio dell’assegno di cura, nonostante la gravissima patologia da cui è affetto, laddove altri pazienti potenzialmente meno gravi (non “gravissimi”) sono stati ammessi a fruire della provvidenza in questione.
4. Secondo i provvedimenti impugnati in primo grado quali atti amministrativi generali che hanno determinato il contenuto degli atti applicativi lesivi (in particolare, la delibera di giunta n. 325 del 2020 e le circolari di questa esplicative nn. 63214 e 434162 del 2021, nonché n. 497638 del 2022), la disciplina di settore prevede che l’Ambito territoriale competente liquidi gli assegni di cura, rendicontando alla Regione i benefici per annualità, in ragione dei fondi disponibili e sulla base dell’istruttoria di natura sociosanitaria compiuta dalla Commissione Unità di Valutazione Integrata – UVI.
I criteri fissati dagli atti impugnati prevedono che “in via prioritaria gli assegni di cura sono attribuiti in base ai PAI di Cure Domiciliari in regime di compartecipazione alla spesa tra ASL e Comuni e sostituiscono la quota di prestazioni tutelari degli O.S.S. dovuta dai Comuni” (articolo 5, secondo periodo, dell’allegato B alla delibera n. 325 del 2020).
In caso di disponibilità finanziaria, “gli assegni possono anche essere attribuiti per PAI domiciliari che non prevedano la compartecipazione alla spesa ma solo prestazioni infermieristico - sanitarie; in tal caso si tratta di interventi sociali che arricchiscono e completano gli interventi domiciliari sanitari” (terzo periodo), fatta salva la possibilità, prevista esclusivamente in via residuale, che, sempre che sussistano i relativo fondi, gli assegni di cura possano “essere intesi come intervento esclusivamente socioassistenziale finalizzato a sostenere il carico di cura delle famiglie per le persone non autosufficienti che non ricevono assistenza domiciliare dalla ASL ma che pur in assenza di disabilità motoria necessitano di assistenza continua nelle 24 ore. Condizione esclusiva per la erogazione degli assegni di cura è che sia stata in ogni caso effettuata una valutazione sanitaria in base alle scale ex D.M.26/9/2016 e sia stata rilevata o meno la connotazione di disabilità gravissima o grave.” (quarto periodo).
Il sistema si chiude con la previsione di cui al quinto periodo dell’articolo 5 dell’allegato B, secondo cui “l'attribuzione degli assegni di cura o la prosecuzione dell'intervento per coloro che ne hanno già beneficiato nelle precedenti programmazioni avviene fino ad esaurimento delle risorse disponibili nel rispetto delle seguenti priorità:
a) connotazione di disabilità gravissima e punteggio più elevato a partire dai punteggi/ parametri fissati all'art. 3 del D.M. 26/9/2016;
a.1) a parità di punteggio si valutano le condizioni sociali ed economiche della persona interessata attraverso la Scheda di Valutazione Sociale (all. C SVAMA e SVAMDI) e l'ISEE sociosanitario
b) connotazione di disabilità grave accertata ai sensi dell'art. 3 comma 3 L.104/92, e punteggio più elevato della scala Barthel a partire da 55;
b.1) a parità di punteggio si valutano le condizioni sociali ed economiche e della persona interessata attraverso la Scheda di Valutazione Sociale (all. C SVAMA e SVAMDI) e l'ISEE sociosanitario”.
5. - Con la nota n. prot. 43162/2021, la Regione Campania ha precisato che “gli assegni di cura sono destinati alle persone in carico alle cure domiciliari integrate di ogni livello di complessità (fatte salve le prestazioni che non sono integrate) di cui al DGR n. 41/2011 con un Progetto Assistenziale Individuale, elaborato dalle Unità di Valutazione Integrate territoriali. L’assegno di cura infatti costituisce parte integrante del PAI di Cura domiciliari, in sostituzione delle prestazioni di assistenza tutelare, normalmente garantite dagli Operatori Sociosanitari e di competenza del sistema di assistenza sociale degli Enti locali”.
Ne discende che – nel sistema così regolato dalla Regione Campania - l’erogazione dell’assegno di cura è il frutto della predisposizione di un PAI - Piano di Assistenza Individualizzato elaborato dai servizi sanitari con il contributo dei servizi sociali dell’ente locale di riferimento, a seguito di valutazione multidimensionale compiuta dall’UVI, necessaria per accertare l’effettivo bisogno assistenziale, la tipologia e la gravità della disabilità e/o non autosufficienza, nonché l’eleggibilità alle cure domiciliari.
Tale impostazione è stata ribadita dalla Regione con la circolare n. prot. 43162/2021, che, richiamando il d.P.C.M. 21 novembre 2019, recepito con la più volte citata delibera di giunta n. 325 del 2020, ha stabilito che “gli assegni di cura quale intervento integrativo e di rafforzamento alla cura domiciliare, sono destinati in via prioritaria alle persone con disabilità gravissima. Si ricorda che per disabilità gravissima si intende, ai sensi dell’art. 3 del DPCM 26/09/2016 la condizione di persone beneficiarie di indennità di accompagnamento di cui alle legge 112/80 o comunque definite non autosufficienti ai sensi dell’allegato 3 del DPCM n. 159/2013 e valutazione UVI, oltre che con strumenti in uso (SVAMA o SVAMDI) per l’accesso e la redazione del PAI di Cure Domiciliari, anche per una delle condizioni di cui al medesimo art. 3 del DPCM 26/09/2016 con punteggio ivi indicato”.
Con la successiva circolare n. 640214/2021, la Regione non ha escluso dal beneficio i soggetti non in carico alle cure domiciliari integrate, ma ne ha subordinato la fruizione, stabilendo che “l’accesso è prioritariamente destinato a persone con disabilità gravissime in carico alle cure domiciliari integrate, in secondo luogo alle persone con disabilità gravi pure in carico alle cure domiciliari integrate, quindi (all)le persone con bisogni significativi (più elevati per i gravissimi, meno elevati per i gravi, come dovrebbe essere evidente dai livelli di intensità assistenziali ex DGR n. 41/2012 e DCA n. 1/2013) di assistenza medico – infermieristica a domicilio in quanto fortemente limitati nell’autonomia personali e con un notevole carico di cura per le famiglie; e infine a persone con disabilità gravissime o gravi non in carico alle cure domiciliari integrate, per le quali l’assegno di cura si configura quale intervento sociale che l’ambito deve disciplinare”.
Dunque, l’ordine di priorità per la fruizione della provvidenza, disciplinato anche dal regolamento approvato dalla delibera di Ambito n. 6 del 19 luglio 2022, è così definito:
1) pazienti gravissimi in carico alle cure domiciliari integrate;
2) pazienti gravi in carico alle cure domiciliari integrate;
3) pazienti gravissimi;
4) pazienti gravi.
6. Orbene, ritiene il Collegio che, fermo restando il limite della disponibilità finanziaria (in merito al quale si vedano, in vicenda analoga, le sentenze della Corte costituzionale n. 80 del 2010 e n. 275 del 2016), il quadro complessivo che si ricava dalla ricostruita disciplina regionale non sia ragionevole, né proporzionato e coerente con la normativa primaria in materia di assistenza ai disabili, secondo quanto dedotto con il ricorso di primo grado e con il ricorso in appello.
6.1 - In via generale e preliminare, osserva il Collegio che la Sezione, con argomentazioni condivisibili e dalle quali non vi è ragione di discostarsi, ha stabilito che “la concessione dell’assegno di cura ai disabili gravissimi è da ricondursi alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ex art. 117, comma 2, lett. m) Cost.”, che, con l’articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha istituito il Fondo per le non autosufficienze (Consiglio di Stato, Sezione III, 12 aprile 2022, n. 2728).
L’unico limite apposto alla possibile declinazione rimessa alla disciplina regionale delle norme di principio contenute nella legge statale è costituito dalla adeguatezza, ragionevolezza e proporzionalità dei criteri applicativi adottati, secondo cui può ammettersi di “ancorare il beneficio dell’assegno di cura anche a indici di disagio economico sociale del nucleo famigliare” (Consiglio di Stato, sent. n. 2728/2022), proprio perché “il potere discrezionale dell’Amministrazione regionale, nel definire le modalità operative finalizzate alla effettiva erogazione delle prestazioni assistenziali di tipo sanitario come l’“assegno di cura”, trova un limite indefettibile nella previsione costituzionale – attuata dalla descritta norma di legge - secondo la quale “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili del singolo ” a partire dal “fondamentale diritto dell'individuo” alla salute, che deve essere tutelato (anche) garantendo la necessaria attività di “cura” in via diretta ovvero mediante l’erogazione di un “assegno” adeguato, e quindi necessariamente proporzionato alle condizioni di salute ed alle conseguenti necessità di cura domiciliare”.
6.2 - La Corte Costituzionale, con sentenza n. 72 del 10 aprile 2020, nel pronunciarsi sulla legittimità costituzionale della legge regionale Puglia n. 6/2019, ha chiarito che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502), nell’aggiornare i livelli essenziali di assistenza, ha ricompreso in essi l’assistenza sociosanitaria, tra l’altro, alle persone con disturbi mentali e disabilità.
Analogamente, il menzionato d.P.C.M., agli artt. 25, 26, 27 e 32, ricomprende, in particolare, tra i LEA, rispettivamente, l’assistenza sociosanitaria ai minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico e del neurosviluppo, l’assistenza sociosanitaria alle persone con disturbi mentali, l’assistenza sociosanitaria alle persone con disabilità, l’assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale ai minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico e del neurosviluppo.
6.3 - È opportuno ricordare che il D.M. 26 settembre 2016 relativo al “Riparto delle risorse finanziarie del Fondo nazionale per le non autosufficienze, per l’anno 2016”, contempla, tra i soggetti affetti di disabilità gravissima “le persone con gravissima disabilità comportamentale dello spettro autistico ascritta al livello 3 della classificazione del DSM-5” (art. 3, lett. g) del suddetto decreto ministeriale, condizione nella quale versa l’odierno ricorrente.
6.4 - Tenuto conto che le risorse finanziarie di cui dispongono le Regioni non sono tali da poter soddisfare tutte le richieste, la previsione del criterio di priorità nei confronti dei disabili in carico alle cure domiciliate integrate, comporta per i minori “gravissimi”, affetti da disturbo dello spettro autistico, l’impossibilità – dal punto di vista fattuale – di accedere all’assegno di cura; ciò ha indotto i ricorrenti a chiedere l’ammissione del figlio minore all’ADI al fine di poter conseguire l’aiuto economico.
Come già affermato nella citata decisione nel 2728/2022, sebbene la Regione possa introdurre una graduazione (purché ragionevole, logica e non preclusiva dell’effettività della misura) tra i criteri di selezione dei possibili beneficiari dell’assegno di cura, tenuto conto dell’insufficienza delle provvidenze assegnate a soddisfare tutte le richieste, nondimeno la scelta operata deve essere ragionevole, logica e proporzionata, nonché rispettosa dei principi espressi dal D.M. 26 settembre 2006.
7. - I pazienti gravissimi, per effetto dei provvedimenti regionali sopra richiamati, sono posti in condizione deteriore rispetto a quelli gravi: il riferimento all’ammissione all’ADI non può costituire, infatti, un idoneo presupposto per giustificare la priorità assegnata a disabili gravi anche se sottoposti al regime di assistenza domiciliare integrata, rispetto a quelli gravissimi (come i minori autistici) che non ne hanno necessità.
In base al D.M. 26 settembre 2006 gli autistici gravissimi sono contemplati tra le categorie che possono beneficiare dell’assegno di cura; l’art. 3, comma 1 dello stesso decreto precisa che “Le regioni utilizzano le risorse ripartite in base al presente decreto prioritariamente, e comunque in maniera esclusiva per una quota non inferiore al 40%, per gli interventi di cui all’art. 2 a favore di persone in condizione di disabilità gravissima, ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica”.
Da tale disposizione si evince che, in base alla normativa nazionale, il criterio cardine per l’assegnazione del beneficio economico è correlato alla maggiore gravità dello stato di disabilità, con la conseguenza che si appalesa irragionevole, illogico e sproporzionato il criterio di priorità stabilito dalla Regione Campania, che antepone i pazienti gravi che godono dell’ADI a quelli gravissimi che non ne hanno bisogno, in considerazione delle caratteristiche specifiche della loro disabilità.
Se sono evidenti le necessità dei disabili allettati, sono pure meritevoli delle provvidenze economiche i minori autistici gravissimi (livello 3 della classificazione DSM-5): tali disabili, infatti, necessitano di una vigilanza continua da parte del nucleo familiare, così da scongiurare il pericolo che possano assumere comportamenti tali da mettere in pericolo la loro e la altrui incolumità.
Si tratta di due diverse forme di disabilità, meritevoli entrambe, secondo il DM del 26 settembre 2006, dell’attribuzione di misure economiche per sostenere i gravosi oneri che incombono sulle famiglie che si occupano della loro assistenza, funzionali all’adempimento di oneri di carattere sociale e solidaristico di rango costituzionale.
In definitiva, ritiene il Collegio che la circostanza che i disabili gravissimi affetti da autismo, come il minore per cui è causa, non siano destinatari di Piani di assistenza individuale comprensivi di cure domiciliari, non consente, per ciò solo, di escluderli (di fatto, tenuto conto della insufficienza delle risorse e della graduazione stabilita per ripartirle) dal beneficio.
8. - Deve ritenersi, dunque, fondata la censura della parte appellante, che ha peraltro segnalato che la Campania risulterebbe essere l’unica Regione ad aver introdotto un simile sistema, che colloca la concessione del beneficio ai portatori di disturbi dello spettro autistico in posizione deteriore rispetto ai pazienti “gravi”, che siano in carico alle cure domiciliari integrate, introducendo un criterio che appare per certi aspetti anche in contraddizione con la stessa nozione funzionale degli “assegni di cura” enunciata nella medesima delibera di giunta n. 325 del 2020, secondo cui “gli assegni di cura sono contributi economici onnicomprensivi erogati dall’Ambito Territoriale in favore di persone non autosufficienti in condizioni di disabilità gravissima e grave assistite a domicilio e costituiscono un titolo di riconoscimento delle prestazioni di assistenza tutelare svolte dai familiari, e/o dagli assistenti familiari a contratto, in sostituzione delle prestazioni professionali erogate dagli Operatori Socio Sanitari” (nozione ribadita in una delle circolari regionali impugnate, dove si afferma che il beneficio in parola assume la funzione di “intervento integrativo e di rafforzamento alla cura domiciliare”, così da fornire un contributo economico alle famiglie per l’attività continua di assistenza nei confronti dei pazienti a loro affidati e rispetto ai quali il servizio sanitario regionale non potrebbe approntare alcun supporto ulteriore di rilievo, atteso che si tratta di ammalati non bisognosi di cure domiciliari, ma di assistenza di tipo tutelare, demandata esclusivamente e per sua natura ai familiari conviventi).
Pertanto, pur trattandosi di scelta ampiamente discrezionale e soggetta entro precisi limiti al sindacato del giudice amministrativo, la graduazione dei beneficiari dell’assegno così come individuata fin dalla delibera n. 325 del 2020 appare in relazione di contraddizione, oltre che con le disposizioni statali sopra richiamate, anche - sul piano delle regole di predeterminazione dell’attività amministrativa - con gli stessi obiettivi che la stessa Regione si è nominalmente posta, nel senso di garantire un “intervento socioassistenziale finalizzato a sostenere il carico di cura delle famiglie per le persone non autosufficienti che non ricevono assistenza domiciliare dalla ASL”: proprio perché realizza una divaricazione, sul piano dell’effettività, fra tutela astrattamente prevista e misure realmente praticate.
La scelta di favorire i disabili, anche se (soltanto) gravi, con Piano di Assistenza Individuale di cure domiciliari, comporta infatti una inammissibile discriminazione rispetto ai minori autistici in condizione di disabilità gravissima (sulla natura mista sanitaria e socioassistenziale delle prestazioni in questione, cfr. Consiglio di Stato, Sezione III, 23 marzo 2022, n. 2129; conclusioni analoghe, in contrasto con la sentenza impugnata, si rinvengono nella sentenza del Tar Campania –Salerno, 15 maggio 2023, n. 1122, ad oggi non impugnata).
Quanto alle altre tipologie di interventi di tipo medico-sanitario in favore dei minori autistici, di cui la Regione si fa carico, non rilevano in questa sede, nella quale si controverte di una misura di carattere socio-assistenziale, e non di tipo sanitario, come nel caso del trattamento ABA.
9. In conclusione, alla luce di tutte le considerazioni che precedono, l’appello è fondato nei sensi e nei limiti indicati e, conseguentemente, in riforma della sentenza appellata, deve disporsi l’annullamento dei provvedimenti impugnati in prime cure, nei limiti indicati in motivazione, fatti salvi gli ulteriori atti da parte dell’Amministrazione in sede di riedizione del potere in conformità alla presente decisione.
Deve essere invece respinta la domanda risarcitoria, non sussistendone– in assenza della riedizione del potere - i presupposti oggettivi e soggettivi, sicché allo stato difetta il requisito della c.d. spettanza dell’utilità rivendicata e non attribuita (costituente presupposto perché possa qualificarsi come non iure e contra jus la condotta delle amministrazioni indicata come lesiva).
10. - Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate ai sensi degli articoli 26 del codice del processo amministrativo e 92 del codice di procedura civile, come risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale, 19 aprile 2018, n. 77 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di quest'ultima disposizione nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni), da individuarsi nel caso di specie nella novità e peculiarità della questione dedotta.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla, per le parti di interesse, gli atti ivi impugnati, salvo il riesercizio della funzione da parte delle competenti amministrazioni.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui agli articoli 6, paragrafo 1, lettera f), e 9, paragrafi 2 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, all’articolo 52, commi 1, 2 e 5, e all’articolo 2-septies, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.