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20 dicembre 2023
La priorità di destinare l’assegno di cura ai disabili in carico all’assistenza domiciliare discrimina i pazienti con disabilità gravissime?

Per il Consiglio di Stato, è irragionevole, illogico e sproporzionato il criterio di priorità che antepone i pazienti gravi che godono dell'assistenza domiciliare integrata a quelli gravissimi che non ne hanno bisogno, in considerazione delle caratteristiche specifiche della loro disabilità.

La Redazione

La controversia trae origine dal rigetto della richiesta di assegno di cura ad un minore affetto da disturbo della relazione e della comunicazione per disturbo dello spettro autistico (classificato al livello 3 di gravità), sul rilievo che lo stesso non risultava in cure domiciliari.
Secondo il TAR, i minori autistici necessitano di interventi e prestazioni specialistiche di tipo medico-sanitario. L'assegno di cura ha invece il diverso carattere di «misura di sostegno alternativa alle prestazioni domiciliari degli operatori sociosanitari e ciò spiega la ragione per la quale il suo presupposto è un piano di assistenza individualizzato di cure domiciliari integrate».
In sede di gravame, si lamenta l'illegittimità dell'esclusione del minore dal beneficio dell'assegno di cura, nonostante la gravissima patologia da cui è affetto, laddove altri pazienti potenzialmente meno gravi (non “gravissimi”) sono stati ammessi a fruire della provvidenza in questione.

Il Consiglio di Stato accoglie l'appello con sentenza n. 10570 del 6 dicembre 2023.
Tenuto conto che le risorse finanziarie di cui dispongono le Regioni non sono tali da poter soddisfare tutte le richieste, la previsione del criterio di priorità nei confronti dei disabili in carico alle cure domiciliate integrate, comporta per i minori “gravissimi”, affetti da disturbo dello spettro autistico, l'impossibilità di accedere all'assegno di cura; ciò ha indotto i ricorrenti a chiedere l'ammissione del figlio minore all'ADI al fine di poter conseguire l'aiuto economico.
I pazienti gravissimi, per effetto dei provvedimenti regionali richiamati nella sentenza in commento, sono posti in condizione deteriore rispetto a quelli gravi: il riferimento all'ammissione all'ADI non può costituire, infatti, un idoneo presupposto per giustificare la priorità assegnata a disabili gravi anche se sottoposti al regime di assistenza domiciliare integrata, rispetto a quelli gravissimi (come i minori autistici) che non ne hanno necessità.
Inoltre, in base al D.M. 26 settembre 2006 gli autistici gravissimi sono contemplati tra le categorie che possono beneficiare dell'assegno di cura.

Pertanto, afferma il Collegio, «in base alla normativa nazionale, il criterio cardine per l'assegnazione del beneficio economico è correlato alla maggiore gravità dello stato di disabilità, con la conseguenza che si appalesa irragionevole, illogico e sproporzionato il criterio di priorità che antepone i pazienti gravi che godono dell'assistenza domiciliare integrata a quelli gravissimi che non ne hanno bisogno, in considerazione delle caratteristiche specifiche della loro disabilità».
Se sono evidenti le necessità dei disabili allettati, sono pure meritevoli delle provvidenze economiche i minori autistici gravissimi (livello 3 della classificazione DSM-5): tali disabili, infatti, necessitano di una vigilanza continua da parte del nucleo familiare, così da scongiurare il pericolo che possano assumere comportamenti tali da mettere in pericolo la loro e la altrui incolumità.

Dunque, la scelta di favorire i disabili, anche se (soltanto) gravi, con piano di assistenza individuale di cure domiciliari, comporta una inammissibile discriminazione rispetto ai minori autistici in condizione di disabilità gravissima.