Il ricorso ex art. 35-bis D.Lgs. n. 25/2008 è tempestivo se presentato entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento di diniego della commissione territoriale.
Svolgimento del processo
1. K. A., cittadino del Gambia, presentava ricorso al Giudice di pace di Sondrio avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal locale Prefetto in data 11 ottobre 2022.
Il giudice di pace, con ordinanza depositata in data 16 gennaio 2023, rigettava il ricorso, rilevando – fra l’altro e per quanto qui di interesse – che il rigetto della domanda di protezione internazionale fatta dall’A. era stato correttamente notificato in data 10 agosto 2019, mentre il ricorso avverso la decisione della commissione territoriale era stato presentato soltanto in data 20 settembre 2022, ovvero oltre i termini di legge, per cui il ricorrente non poteva invocare la sospensiva dell’efficacia esecutiva del provvedimento.
2. K. A. ha proposto ricorso per la cassazione di tale ordinanza prospettando un unico motivo di doglianza.
La Prefettura di Sondrio e il Ministero dell’Interno si sono costituiti solo al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
Motivi della decisione
3. Il motivo di ricorso proposto denuncia, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 7 e 35-bis, comma 3, d. lgs. 25/2008, 13, comma 7, e 2, commi 6 e 7, T.U.I: il Giudice di pace di Sondrio, in tesi di parte ricorrente, ha erroneamente ritenuto che la domanda giudiziale per il riconoscimento della protezione internazionale non incidesse sulla legittimità del decreto di espulsione, quale condizione ostativa alla sua emissione.
Infatti, la proposizione del ricorso avverso la decisione della commissione territoriale sospendeva, ai sensi dell’art. 35-bis, comma 3, d. lgs. 25/2008, l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, cosicché il giudice di merito, dopo aver preso atto della pendenza del ricorso dinanzi al competente tribunale, non poteva affermarne l’inidoneità a produrre l’effetto sospensivo del decreto di espulsione, posto che la sospensione viene meno, ai sensi del comma 13 del medesimo articolo, solo se con decreto, anche non definitivo, il ricorso giurisdizionale è rigettato.
4. Il motivo non è fondato.
Lo stesso ricorrente ha ricordato che la direttiva 2008/115/CE, riguardante il rimpatrio di cittadini di Paesi terzi irregolari (a cui ha dato attuazione il d.l. 89/2011, apportando, fra l’altro, una serie di modifiche al disposto dell’art. 13 T.U.I. in tema di espulsione amministrativa) è finalizzata a garantire la sicurezza pubblica e tale proposito non può essere aggirato con condotte elusive (cfr. Corte di giustizia, Grande Sezione, 15 febbraio 2016, J.N., in causa C- 601/15).
Il diritto del richiedente di rimanere nello Stato membro durante l’esame della domanda, ai fini esclusivi della procedura, fintantoché l’autorità accertante non abbia preso una decisione secondo le procedure di primo grado (costituite, nel nostro Paese, dalla procedura amministrativa davanti alle commissioni territoriali di cui all’art. 27 d. lgs. 25/2008), previsto dall’art. 9 della direttiva 2013/32/UE e riconosciuto dall’art. 7, comma 1, d. lgs. 25/2008, deve così essere inteso come volto ad assicurare la possibilità per il migrante di essere presente sul territorio nel corso della valutazione della sua domanda di protezione internazionale, ma nel rispetto delle procedure di legge e senza finalità elusive o abusive.
In questa prospettiva interpretativa il disposto dell’art. 35-bis d. lgs. 25/2008, laddove prevede che la proposizione del ricorso, fatto salvo per le eccezioni espressamente indicate, sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato (comma 3) e che tale sospensione viene meno se con decreto, anche non definitivo, il ricorso è rigettato (comma 13), non può essere disgiunto, nella sua lettura, dal fatto che il ricorso deve essere presentato, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento della commissione territoriale (comma 2).
Il diritto del migrante a rimanere anche oltre l’esaurimento del procedimento amministrativo e fino alla decisione giudiziale presuppone, perciò, che non vi sia soluzione di continuità nella procedura funzionale all’esame della sua domanda di asilo (o, se si
referisce, che la domanda giudiziale non sia stata presentata quando oramai l’esito era già irrimediabilmente segnato dalla sua tardività, in quanto la permanenza nel territorio dello Stato, in questo caso, non sarebbe assistita dalla giustificazione che gli è propria e avverrebbe non ai fini della procedura ma avvalendosi strumentalmente della stessa).
Il presupposto della sospensione prevista dall’art. 35-bis, comma 3, lgs. 25/2008 è costituito, dunque, dall’ammissibilità del ricorso in ragione della sua tempestività.
Pertanto, il giudice di pace, in sede di opposizione all’espulsione, può e deve compiere un accertamento incidentale al fine di verificare la tempestività del ricorso proposto ai sensi dell’art. 35-bis d. lgs. 25/2008 avverso la decisione della commissione territoriale, per poi stabilire se il decreto di espulsione sia stato emesso a dispetto o meno dell’effetto sospensivo previsto dal terzo comma di tale norma. Accertamento che, nel caso di specie, è stato legittimamente effettuato dal Giudice di pace di Sondrio, laddove ha constatato (con statuizione non impugnata) che il provvedimento di diniego della commissione territoriale era stato ritualmente notificato tre anni prima del ricorso presentato in sede giurisdizionale e ne ha tratto, correttamente, la conclusione che una simile iniziativa, assunta (ben) oltre i termini di legge, non consentiva al migrante di invocare la sospensiva dell’efficacia esecutiva della decisione amministrativa per sostenere l’illegittimità dell’espulsione adottata nei suoi confronti.
5. In virtù delle ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere respinto.
La costituzione delle amministrazioni intimate al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.
Trattandosi di procedimento esente da ogni tassa o imposta (cfr. art. 18, comma 8, d. lgs. 150/2011), non è dovuto il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.