Costituzionalmente illegittima, d’altra parte, la mancata previsione nella L. n. 197/2022 dell’acquisizione del parere delle Regioni sull’adozione del decreto statale che ripartisce il fondo ivi previsto.
Con la sentenza n. 223/2023, la Corte costituzionale ha depositato le motivazioni della decisione con la quale ha dichiarato non fondati i ricorsi delle Regioni Toscana, Emilia-Romagna e Puglia contro diverse disposizioni di cui alla
Nonostante le norme censurate interferiscano con la competenza regionale concorrente in materia di istruzione con riferimento al profilo del dimensionamento scolastico, esse si fondano infatti, in via prevalente, su diversi titoli della competenza esclusiva statale, come le norme generali sull'istruzione e l'ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato.
La Consulta ha invece accolto i ricorsi con riguardo all'art. 1, comma 558, terzo periodo, della Legge menzionata, dichiarando costituzionalmente illegittima la mancata previsione dell'acquisizione del parere delle Regioni circa l'adozione del decreto statale che ripartisce il fondo ivi previsto. Come affermano i Giudici, infatti, nessuna delle disposizioni impugnate comporta l'effetto di imporre la soppressione delle scuole, poiché non incidono in nessun modo sulla concreta possibilità per le Regioni di localizzare gli edifici scolastici ove collocare le istituzioni autonome o i relativi plessi, andando a ridefinire la consistenza del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei DSGA.
La nuova normativa, dunque, non determina, almeno per il primo anno di applicazione, una riduzione del numero dei dirigenti complessivo assegnato a ciascuna Regione, il quale, al contrario, aumenta di qualche unità. Precludendo, invece, il ricorso all'istituto della reggenza, si riduce il numero delle istituzioni scolastiche autonome, il che conduce alla necessità di accorpare i plessi con le stesse, dunque i primi andranno a configurarsi quali sedi distaccate delle seconde.
La Consulta precisa altresì che la normativa statale ha la finalità di attuare la riorganizzazione del sistema scolastico prevista dal PNRR, rendendo maggiormente efficiente ed efficace il sistema. Adottando il criterio della popolazione scolastica regionale si evitano gli effetti negativi dell'eccessiva parcellizzazione delle istituzioni scolastiche, si supera l'istituto della reggenza e le sue esternalità non positive e si mantengono i risparmi realizzati grazie all'evoluzione del sistema dell'istruzione.
Tuttavia, la piena realizzazione della riforma richiede la leale collaborazione intesa nel suo significato sostanziale, cioè di responsabilità diffusa in vista della doverosa cooperazione atta a garantire il migliore servizio alla collettività.
Corte costituzionale, sentenza (ud. 22 novembre 2023) 22 dicembre 2023, n. 223
Svolgimento del processo
1.– Con ricorso notificato e depositato il 24 febbraio 2023 (reg. ric. n. 4 del 2023), la Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore, ha impugnato l’art. 1, commi 557 e 558, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), in riferimento complessivamente agli artt. 5, 34, 117, terzo e sesto comma, 118, primo e secondo comma, 119 e 120 della Costituzione.
1.1.– Le suddette disposizioni, rispettivamente, modificano la disciplina per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (DSGA) e la sua distribuzione tra le regioni nonché stabiliscono la destinazione e l’utilizzo dei risparmi derivanti dall’applicazione della disciplina medesima.
In particolare, il comma 557 inserisce nell’art. 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, dopo il comma 5-ter, le seguenti norme: «5-quater. Al fine di dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, a decorrere dall’anno scolastico 2024/2025, i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni, tenendo conto del parametro della popolazione scolastica regionale indicato per la riforma 1.3 prevista dalla missione 4, componente 1, del citato Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché della necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, anche prevedendo forme di compensazione interregionale, sono definiti, su base triennale con eventuali aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro il 31 maggio dell’anno solare precedente all’anno scolastico di riferimento. Ai fini del raggiungimento dell’accordo, lo schema del decreto è trasmesso dal Ministero dell’istruzione e del merito alla Conferenza unificata entro il 15 aprile. Le regioni, sulla base dei parametri individuati dal decreto di cui al primo periodo, provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto. Con deliberazione motivata della regione può essere determinato un differimento temporale di durata non superiore a trenta giorni. Gli uffici scolastici regionali, sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato.
5-quinquies. Decorso inutilmente il termine del 31 maggio di cui al primo periodo del comma 5-quater, il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni sono definiti con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno, sulla base di un coefficiente indicato dal decreto medesimo, non inferiore a 900 e non superiore a 1000, e tenuto conto dei parametri, su base regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e dell’organico di diritto dell’anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densità degli abitanti per chilometro quadrato, ferma restando la necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, nonché da un parametro perequativo, determinato in maniera da garantire a tutte le regioni, nell’anno scolastico 2024/2025, almeno il medesimo numero di istituzioni scolastiche calcolato sulla base del parametro di cui al comma 5 e comunque entro i limiti del contingente complessivo a livello nazionale individuato ai sensi del secondo periodo. Al fine di garantire una riduzione graduale del numero delle istituzioni scolastiche per ciascuno degli anni scolastici considerati si applica, per i primi sette anni scolastici, un correttivo non superiore al 2 per cento anche prevedendo forme di compensazione interregionale. Gli uffici scolastici regionali, sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato.
5-sexies. In sede di prima applicazione, per l’anno scolastico 2023/2024, restano ferme le disposizioni dei commi 5, 5-bis e 5-ter del presente articolo, con i parametri indicati all’articolo 1, comma 978, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e, per l’anno scolastico 2024/2025, il decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5-quinquies del presente articolo definisce un contingente organico comunque non superiore a quello determinato mediante l’applicazione dei commi 5 e 5-bis. A decorrere dall’anno scolastico 2025/2026, il decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5-quinquies definisce un contingente organico comunque non superiore a quello determinato sulla base dei criteri definiti nell’anno scolastico precedente. Eventuali situazioni di esubero trovano compensazione nell’ambito della definizione del contingente».
Il successivo comma 558 stabilisce che «[i] risparmi conseguiti mediante l’applicazione della disciplina di cui al comma 557 confluiscono, previo accertamento degli stessi, in un fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione e del merito e possono essere destinati ad incrementare il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, di cui all’articolo 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il fondo unico nazionale per la dirigenza scolastica, il fondo integrativo di istituto, anche con riferimento alle indennità destinate ai direttori dei servizi generali e amministrativi, il fondo di cui all’articolo 1, comma 202, della legge 13 luglio 2015, n. 107, nonché al pagamento delle supplenze brevi e saltuarie del personale scolastico. Nel fondo istituito ai sensi del primo periodo confluiscono le eventuali economie derivanti dall’applicazione dell’articolo 1, comma 978, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, previo accertamento operato con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Le risorse del fondo istituito ai sensi del primo periodo sono ripartite annualmente con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. I risparmi accertati sono iscritti nel medesimo fondo con uno o più decreti di variazione compensativa adottati dal Ministro dell’economia e delle finanze».
2.– Con il primo motivo di ricorso, la Regione Toscana impugna il comma 557 dell’art. 1 della legge 197 del 2022 che, inserendo il comma 5-quater nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, individuerebbe direttamente i parametri per la determinazione e ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici, senza consentire alle regioni di introdurne di ulteriori relativi, ad esempio, alle specificità delle aree interne, delle aree urbane o al contesto socio-economico svantaggiato.
2.1.– La norma impugnata violerebbe anzitutto l’art. 117, terzo comma, Cost. dal momento che inciderebbe, con un intervento di dettaglio, nell’ambito della materia della istruzione, di competenza legislativa concorrente, alla quale questa Corte avrebbe ricondotto le norme sul dimensionamento scolastico e sulla programmazione della rete scolastica (sono citate le sentenze n. 147 del 2012 e n. 200 del 2009).
La denunciata omissione di criteri che tengano conto delle peculiarità territoriali indicate dalle regioni, in accordo con gli enti locali, determinerebbe anche la violazione dell’art. 34 Cost., sotto il profilo della garanzia del diritto all’istruzione, ridondando nella lesione delle sfere di competenza regionale.
Il richiamato comma 5-quater violerebbe altresì l’art. 118, primo e secondo comma, Cost., allocando in capo allo Stato, in particolare all’ufficio scolastico regionale, la funzione di ripartizione del contingente organico dei dirigenti e dei DSGA, in assenza di esigenze di carattere unitario e non assicurando l’effettiva partecipazione delle regioni, soltanto «sentite». Sarebbero così violati i principi applicabili in caso di chiamata in sussidiarietà (è citata la sentenza di questa Corte n. 6 del 2023).
2.2.– Lo stesso comma 557 è impugnato anche nella parte in cui, inserendo il comma 5-quinquies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, farebbe «scatt[are] il potere sostitutivo dello Stato» se non sia raggiunto l’accordo in Conferenza unificata, consentendo di «procede[re] unilateralmente» alla determinazione del contingente organico e alla sua distribuzione tra le regioni.
Le disposizioni impugnate avrebbero l’effetto di ridurre il contingente dei dirigenti scolastici rispetto al numero delle istituzioni autonome previste nel piano di dimensionamento regionale e, di conseguenza, obbligherebbero le regioni ad accorpare gli istituti «per rapportarli al numero dei dirigenti assegnati alla Regione, dato che non è più prevista la possibilità di nominare il reggente».
Inoltre, ai fini del riparto del contingente dei direttori scolastici assegnati le regioni verrebbero soltanto «sentite» dall’ufficio scolastico regionale, risultando pertanto esautorate dalle determinazioni relative al dimensionamento scolastico nel loro territorio.
Ad avviso della ricorrente, la norma in esame violerebbe le competenze regionali in materia di istruzione, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., sia perché «incidere[bbe] in modo significativo sulla condizione della rete scolastica regionale», non prevedendo un diverso modo di copertura dei posti dirigenziali soppressi; sia perché, stabilendo criteri di dettaglio e autoapplicativi, la regione dovrebbe limitarsi ad adeguare a questi la propria rete scolastica.
Il ricorso lamenta anche una violazione dei principi della leale collaborazione e del corretto esercizio del potere sostitutivo, ai sensi degli artt. 5, 117, 118 e 120 Cost. Il richiamato comma 5-quinquies prevederebbe infatti l’intervento unilaterale dello Stato non come «l’ipotesi estrema» dopo l’esperimento di ulteriori procedure bilaterali volte a superare il dissenso, ma «come conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell’accordo», in relazione al quale, per di più, sarebbe stabilito un termine molto ristretto.
Infine, per le stesse ragioni già illustrate con riguardo al comma precedente, anche l’ultimo periodo del comma 5-quinquies violerebbe l’art. 118, primo e secondo comma, Cost., allocando in capo all’ufficio scolastico regionale la funzione di ripartizione del contingente scolastico.
2.3.– Con un distinto motivo, il ricorso impugna l’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022 nella parte in cui introduce il comma 5-sexies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, prevedendo, «senza alcun coinvolgimento regionale nel relativo procedimento, la determinazione in progressiva riduzione degli organici scolastici». Sarebbero così violati sia l’art. 117, terzo comma, Cost., perché le regioni dovrebbero necessariamente rivedere la propria programmazione della rete scolastica e il dimensionamento degli istituti, sia l’art. 34 Cost., perché la riduzione «a regime» determinerebbe «una contrazione della rete scolastica», idonea a compromettere il diritto all’istruzione nel caso di crescita della popolazione scolastica.
2.4.– Il terzo motivo di ricorso denuncia che il comma 557 impugnato violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., non rispondendo alle condizioni necessarie per costituire un principio fondamentale nella materia del coordinamento della finanza pubblica (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 147 del 2012).
2.5.– Il motivo successivo lamenta che la stessa disposizione violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., richiamando impropriamente la necessità di rispettare gli obblighi nascenti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e, in ogni caso, omettendo di osservare i requisiti previsti per la chiamata in sussidiarietà dell’intervento statale.
2.6.– Un ulteriore motivo lamenta che l’impugnato art. 1, comma 557, nella parte in cui introduce i commi 5-quater e 5-quinquies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, rimetterebbe a un «decreto» la ripartizione del contingente scolastico, senza specificare se tale atto abbia natura regolamentare o meno.
Sarebbe così violato l’art. 117, sesto comma, Cost., consentendosi allo Stato l’esercizio di un potere regolamentare – essendo questa la natura del decreto, «destinato a contenere criteri e ripartizione del personale» – in materie diverse da quelle attribuite alla sua potestà legislativa esclusiva.
2.7.– Con l’ultimo motivo è impugnato l’art. 1, comma 558, della legge n. 197 del 2022, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, 118, primo comma, e 119, Cost., nonché al principio di leale collaborazione.
La citata disposizione, che stabilisce la destinazione e l’utilizzo dei risparmi derivanti dall’applicazione del precedente comma 557, pretermetterebbe le regioni dalle scelte riguardanti l’utilizzo del fondo contestualmente istituito, ledendone le attribuzioni. Inoltre, essa non prevederebbe che il decreto ministeriale relativo al riparto delle risorse del fondo sia adottato previa intesa acquisita nella sede della Conferenza unificata, come esigerebbe il rispetto del principio di leale collaborazione quando la legge statale istituisce fondi con vincolo di destinazione riconducibili a materie di competenza regionale, quale è, nella specie, la istruzione.
3.– Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.
Preliminarmente, la difesa statale evidenzia che, prima della riforma attuata dalle norme impugnate, la definizione dell’organico dei dirigenti scolastici e dei DSGA era incentrata su un parametro dimensionale rigido, potendosi assegnare stabilmente una di tali figure esclusivamente alle istituzioni scolastiche con un numero di alunni pari o superiore a 600 oppure a 400, se situate nelle piccole isole, o in comuni montani, ovvero in aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche.
Invece, per le istituzioni con un numero di alunni inferiore si sarebbe dovuto ricorrere al conferimento «in reggenza» a un dirigente scolastico con incarico su altre istituzioni e all’assegnazione del posto di DSGA «in comune con altre istituzioni scolastiche». Entrambi gli istituti giuridici, sostiene l’Avvocatura, si sarebbero dimostrati nel corso degli anni del tutto inidonei a garantire una gestione razionale del personale scolastico in esame, con effetti negativi sul buon andamento dell’amministrazione destinati, peraltro, a «incrementa[rsi] negli anni futuri in ragione del fenomeno ormai inarrestabile della cd. “denatalità”».
Inoltre, i suddetti valori soglia sarebbero tornati applicabili a decorrere dall’anno scolastico 2024-2025, una volta cessata la temporanea vigenza, per i tre anni scolastici precedenti, di valori inferiori (500 e 300), con l’effetto di un significativo aumento delle istituzioni scolastiche sottodimensionate e, di conseguenza, del ricorso alle reggenze dei dirigenti scolastici e alle assegnazioni in comune dei DSGA.
Pertanto, istituti dal carattere eccezionale e motivati da esigenze specifiche e contingenti, «sarebbero invece diventati la “regola”, determinando gravi disfunzioni organizzative nella gestione del personale scolastico», quali: a) la moltiplicazione degli adempimenti amministrativi e gestionali per il dirigente e il DSGA, a seconda del numero delle istituzioni affidate; b) la «condizione di “precarietà”» del dirigente, il cui incarico di reggenza, di durata annuale, pregiudicherebbe la pianificazione pluriennale delle attività; c) la «“instabilità” ed “imprevedibilità”» del trattamento economico del personale scolastico, dal momento che lo stesso fondo alimenta sia l’indennità di reggenza, sia la componente variabile della retribuzione di tutti i dirigenti scolastici, così che il numero delle reggenze influisce sul trattamento economico in concreto percepito anno per anno dal personale in esame.
Più in generale, l’Avvocatura richiama gli orientamenti della giurisprudenza della Corte dei conti, della Corte di cassazione e anche di questa Corte, tutti convergenti nel qualificare la reggenza come istituto dal carattere eccezionale e necessariamente temporaneo.
In conclusione, l’intervento normativo impugnato si sarebbe reso necessario per contenere i descritti effetti negativi, in un quadro di progressivo decremento della popolazione scolastica, come evidenziato nella relazione tecnica alle disposizioni in esame, allegata al disegno di legge di bilancio 2023.
3.1.– La difesa statale richiama poi gli specifici contenuti del PNRR che richiederebbero di rivedere l’organizzazione del sistema scolastico, con l’obiettivo di fornire soluzioni concrete anche alla tematica del dimensionamento della rete scolastica. In particolare, l’Allegato alla decisione di esecuzione del Consiglio dell’Unione europea del 13 luglio 2021, relativa all’approvazione della valutazione del PNRR dell’Italia, fisserebbe come obiettivo, nel quadro della Riforma dell’organizzazione del sistema scolastico (Riforma 1.3 della Missione 4, Componente 1) la «revisione delle norme relative alle dimensioni degli edifici scolastici», chiedendo di adottare come «“parametro efficace” per individuare i plessi accorpati ad altri istituti […] la popolazione scolastica regionale, anziché la popolazione del singolo istituto come previsto dalla legislazione vigente».
Le disposizioni impugnate sarebbero quindi coerenti con il raggiungimento dei suddetti obiettivi del PNRR, ai quali sono condizionati i finanziamenti europei previsti in favore dell’Italia.
3.2.– Ciò premesso, ad avviso dell’Avvocatura la riforma non inciderebbe sulle funzioni di dimensionamento della rete scolastica esercitate dalle regioni, dal momento che queste «conserv[erebbero] il potere di istituire “plessi scolastici” laddove, sulla base delle esigenze del proprio territorio, se ne ravvisi la necessità». Andrebbe al riguardo rimarcata la differenza tra le istituzioni scolastiche autonome, ossia gli «enti-organo muniti di personalità giuridica», in relazione alle quali è possibile nominare un dirigente scolastico e un DSGA, e i plessi scolastici, ossia «i punti “fisici” di erogazione del servizio scolastico afferente ad una determinata istituzione scolastica».
Le norme impugnate interverrebbero solo sul numero delle istituzioni scolastiche, dirette da un dirigente, «ma […] non incide[rebbero] in alcun modo sull’articolazione dei “plessi scolastici” nell’ambito del territorio regionale, lasciando immutata l’autonomia di cui godono al riguardo le Regioni»; inoltre, nel dimensionare la rete scolastica, queste potrebbero sia «istituire scuole autonome senza tener conto dei parametri dimensionali vigenti in precedenza», sia dislocare i plessi scolastici in assoluta autonomia. D’altro canto, la normativa in esame neppure inciderebbe sui criteri di formazione delle classi, oggetto di distinte disposizioni legislative.
La riforma avrebbe quindi un duplice obiettivo: uscire dai rigidi vincoli quantitativi del sistema normativo previgente, lasciando alle regioni piena autonomia nell’allocare sul proprio territorio l’erogazione del servizio scolastico, ed eliminare le inefficienze e i maggiori costi di personale connessi agli istituti giuridici della reggenza e dell’assegnazione in comune.
3.3.– Sulla base delle considerazioni svolte, tutti i motivi di ricorso sarebbero non fondati.
3.3.1.– Quanto al primo, la norma impugnata non estrometterebbe le regioni dalla individuazione dei criteri rilevanti nella definizione e distribuzione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei DSGA. Essa, infatti, disciplinerebbe un oggetto non sussumibile nella materia «istruzione», ma rientrerebbe in tre distinti ambiti di competenza legislativa statale: a) quella esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost., in relazione ai rapporti dello Stato con l’Unione europea, con riferimento agli obblighi rivenienti dall’attuazione di impegni assunti con il PNRR; b) quella concorrente riferita ai principi generali di coordinamento della finanza pubblica, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., sotto il profilo del contenimento della spesa per il personale; c) quella esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., concernente l’«ordinamento e [l’]organizzazione amministrativa dello Stato», rilevante nella specie atteso che i dirigenti scolastici e i DSGA sono dipendenti pubblici statali e non regionali e che le disposizioni impugnate ne disciplinano la quantificazione e l’assegnazione.
In questo contesto, la scelta di acquisire l’accordo in sede di Conferenza unificata richiamerebbe il contenuto della disciplina previgente di cui al comma 5-ter dell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, e si giustificherebbe «nell’ottica della massima collaborazione tra i diversi livelli istituzionali», considerato che i criteri stabiliti per definire il contingente organico finirebbero per costituire anche «parametri di riferimento» delle scelte regionali sul dimensionamento scolastico. Al tempo stesso, sarebbe ragionevole e proporzionata la scelta di prescindere da tale accordo nel caso questo non sia raggiunto entro i termini fissati, trattandosi di un «meccanismo di salvaguardia» diretto a rimediare a una situazione di stallo, di per sé pregiudizievole del diritto all’istruzione.
3.3.2.– Il secondo profilo di censura, relativo alla introduzione di un termine estremamente breve per raggiungere l’accordo in Conferenza unificata, sarebbe privo di pregio, trovando invece la tempistica introdotta fondamento nella esigenza di dare attuazione tempestiva al PNRR e nella necessità di garantire il regolare inizio dell’anno scolastico.
La definizione del contingente organico del personale in esame dovrebbe concludersi entro il 30 giugno per consentire alle regioni di procedere al dimensionamento delle rispettive reti scolastiche; d’altro canto, non avrebbe potuto prevedersi un termine anteriore al 15 aprile per la trasmissione alla Conferenza dello schema di decreto ministeriale, dovendo questo basarsi su dati attendibili relativi al numero degli alunni iscritti presso i vari istituti, disponibili soltanto alla fine del mese di gennaio.
Inoltre, il termine di quarantacinque giorni previsto per il raggiungimento dell’accordo sarebbe del tutto ragionevole, essendo più ampio di quello, di trenta giorni, stabilito in via generale per la definizione delle intese tra Stato e regioni dall’art. 3, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali).
Infine, l’intervento unilaterale dello Stato, in caso di mancato raggiungimento dell’accordo, era già previsto dall’art. 19, comma 5-ter, del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, e in questo modo si sarebbe sempre provveduto negli ultimi anni, non essendo mai stato raggiunto alcun accordo in Conferenza unificata, senza peraltro che i decreti ministeriali siano stati oggetto di impugnazione da parte di alcuna regione.
3.3.3.– Le censure mosse alla previsione dei criteri per la definizione del contingente organico nel caso in cui non sia raggiunto l’accordo si fonderebbero sull’errato presupposto di fatto che questi possano incidere sulla prerogativa regionale di provvedere al dimensionamento scolastico, comportando «una riduzione dei “plessi scolastici”»; asserzione confutata dalla difesa statale richiamando le considerazioni svolte in premessa.
D’altro canto, il concreto dimensionamento della rete scolastica resterebbe attribuito al sistema delle autonomie, anche per ciò che attiene al numero, al tipo, alla ubicazione e alle modalità di aggregazione dei plessi scolastici. Il nuovo modello sarebbe dunque «profondamente diverso» da quello previsto dall’art. 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla sentenza di questa Corte n. 147 del 2012; in quel caso, infatti, la norma imponeva la costituzione di istituti comprensivi, incidendo concretamente e direttamente sul dimensionamento della rete scolastica.
3.3.4.– Priva di fondamento sarebbe anche la doglianza riferita all’allocazione in capo all’ufficio scolastico regionale della funzione di ripartizione del contingente di dirigenti assegnato alla regione, rilevando al riguardo l’esercizio della competenza legislativa e amministrativa esclusiva dello Stato nella gestione del proprio personale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., trattandosi di funzioni «spetta[nti] al “datore di lavoro”».
3.3.5.– Il profilo di censura incentrato sulla finalità della norma di ridurre progressivamente gli organici è poi confutato dalla erroneità del suo presupposto giacché, come in precedenza rilevato, non sarebbero affatto incise le funzioni di dimensionamento della rete scolastica. In sostanza, le regioni potrebbero prevedere istituzioni scolastiche «indipendentemente dal numero di alunni iscritti», valutando autonomamente le proprie peculiarità territoriali e ambientali.
3.3.6.– Quanto, infine, alla doglianza relativa all’esercizio di un potere regolamentare statale in materia di competenza regionale, l’Avvocatura ne sostiene la non fondatezza sia sulla base dei già richiamati ambiti materiali che legittimerebbero l’intervento tanto legislativo quanto amministrativo dello Stato, sia, in ogni caso, poiché il decreto previsto dal comma 5-quinquies dell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, introdotto dall’impugnato comma 557, non avrebbe natura regolamentare, rientrando invece «nella categoria giuridica dei provvedimenti di macrorganizzazione adottati dal datore di lavoro pubblico per gestire il proprio personale».
3.3.7.– Da ultimo, anche la questione relativa all’impugnazione dell’art. 1, comma 558, della legge n. 197 del 2022 sarebbe non fondata, sul rilievo che le risorse economiche confluite nel fondo amministrato e gestito dallo Stato non sarebbero destinate a finanziare misure rientranti nell’ambito delle competenze legislative o amministrative delle regioni, ma alimenterebbero ulteriori fondi attinenti «alla gestione del personale scolastico», ossia di personale statale, nell’esercizio della competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost.
4.– Con ricorso notificato e depositato il 27 febbraio 2023 (reg. ric. n. 6 del 2023), la Regione Emilia-Romagna, in persona del Presidente pro tempore, ha impugnato l’art. 1, commi 557, 558, 560 e 561, della legge n. 197 del 2022, in riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 5, 97, secondo comma, 117, primo e terzo comma, 118, primo e secondo comma, 119 e 120, secondo comma, Cost., nonché ai principi di leale collaborazione e di ragionevolezza.
Il citato comma 557, che introduce i commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, sarebbe costituzionalmente illegittimo nelle parti in cui questi ultimi: a) estrometterebbero le regioni dalla concertazione sui criteri per la determinazione del contingente dei dirigenti scolastici e per il riparto dello stesso tra le regioni, prevedendo un «effetto “ghigliottina”», ossia il passaggio alla semplice competenza ministeriale ove non intervenga entro una data predeterminata l’accordo in Conferenza unificata; b) prevederebbero, con norme di dettaglio, criteri rigidi, irragionevoli e contraddittori per la determinazione del predetto contingente; c) degraderebbero a un mero parere la partecipazione regionale al riparto, all’interno della regione, del contingente dei dirigenti scolastici assegnato.
4.1.– Considerando anzitutto il contenuto del richiamato comma 5-quinquies, primo periodo, il ricorso ritiene lesa la competenza regionale delle regioni in relazione all’organizzazione del servizio scolastico, dal momento che le determinazioni sul contingente dei dirigenti scolastici comporterebbero «innegabili condizionamenti» a carico delle decisioni sul dimensionamento delle istituzioni scolastiche, riservate alle regioni.
Pertanto, il concorso di competenze statali con quelle regionali dovrebbe trovare composizione tramite la leale collaborazione, ma tale principio sarebbe violato dalla disposizione impugnata, che autorizzerebbe lo Stato ad agire unilateralmente – e con «un potere che presenta anche profili sostitutivi» – al mancato raggiungimento dell’accordo in Conferenza unificata per il mero decorso di un termine predefinito e declasserebbe la partecipazione regionale al ruolo di un mero apporto consultivo.
Sarebbero in definitiva violati il principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120, secondo comma, Cost., e le competenze amministrative della regione in materia di istruzione, di cui agli artt. 118, primo e secondo comma, Cost., in relazione all’art. 117, terzo comma, Cost.
4.2.– Inoltre, l’impugnato comma 557, nella parte in cui introduce nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, i commi 5-quinquies, primo periodo, e 5-sexies, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., le competenze amministrative delle regioni nella materia della istruzione, di cui all’art. 118, primo e secondo comma, Cost., in relazione al predetto art. 117, nonché i principi di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., di buon andamento di cui all’art. 97, secondo comma, Cost., e l’art. 117, primo comma, Cost.
Le citate disposizioni statali prevederebbero, infatti, parametri fissi e rigidi «diretti a ridurre il personale dirigenziale e il personale amministrativo collegato, e dunque inevitabilmente a ridurre il numero di plessi scolastici dotati di autonomia».
Esse risulterebbero, in primo luogo, eccedere strutturalmente il carattere delle norme di principio, violando l’art. 117, terzo comma, Cost., e, in secondo luogo, condizionerebbero l’esercizio delle funzioni amministrative regionali in materia di dimensionamento scolastico, in contrasto con l’art. 118, primo e secondo comma, Cost. e con i principi di ragionevolezza e di buon andamento. Quanto al comma 5-sexies, esso impedirebbe sempre «un aumento del contingente di dirigenti, anche qualora vi siano oggettive esigenze che lo richiederebbero».
Sarebbe evidente, ad avviso della ricorrente, la ridondanza della violazione sulle funzioni amministrative e legislative regionali in materia scolastica.
Infine, la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., è prospettata in quanto, al contrario di quanto dichiarato dall’impugnato comma 557, le nuove disposizioni non sarebbero affatto «funzionali al PNRR ma anzi ne elud[erebbero] lo specifico obiettivo» relativo alla Riforma 1.3 della Missione 4, Componente 1, «che vorrebbe un potenziamento e non un indebolimento della rete scolastica».
4.3.– Il terzo profilo di censura riguarda lo stesso comma 557, nella parte in cui introduce nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, i commi 5-quater, ultimo periodo, e 5-quinquies, ultimo periodo, prevedendo entrambi che «[g]li uffici scolastici regionali, sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato»; tali disposizioni violerebbero il principio di leale collaborazione, di cui agli artt. 5 e 120, secondo comma, Cost., e quello di sussidiarietà, di cui all’art. 118 Cost.
Le disposizioni impugnate avrebbero a oggetto una funzione da esercitare d’intesa con ciascuna regione interessata, toccando l’organizzazione del servizio e non i profili attinenti allo status di dipendenti pubblici statali o al rapporto d’impiego, dovendosi altresì considerare che la perdurante intestazione del potere in capo a un organo statale risponderebbe «al ritardo nella regionalizzazione del personale, a sua volta connessa con la mancata piena attuazione dei principi di cui all’art. 119 Cost.».
4.4.– Il secondo motivo di ricorso impugna l’art. 1, commi 558, terzo periodo, 560, secondo periodo, e 561, secondo periodo, della legge n. 197 del 2022.
La ricorrente, riconoscendo che i diversi fondi finanziati con le risorse derivanti dai risparmi conseguiti dall’applicazione del comma 557 sarebbero destinati, in prevalenza, alla spesa per il personale scolastico, tuttora statale, ritiene tuttavia che «alle decisioni sulla loro destinazione debbano essere chiamate a partecipare le Regioni» sulla base dei principi costituzionali in materia di autonomia finanziaria di cui all’art. 119 Cost. e alla giurisprudenza di questa Corte in materia di fondi settoriali previsti da norme statali nelle materie di competenza regionale.
4.4.1.– Il richiamato comma 558, terzo periodo, sarebbe pertanto costituzionalmente illegittimo nella parte in cui assegna a un decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il compito di ripartire annualmente le risorse del fondo istituito dal primo periodo della disposizione, senza prevedere il necessario coinvolgimento delle regioni, risultando violati il principio di leale collaborazione, di cui agli artt. 5 e 120, secondo comma, Cost., le competenze legislative e amministrative in materia di istruzione, di cui agli artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost., nonché l’autonomia finanziaria delle regioni, di cui all’art. 119 Cost.
A sostegno della censura, la Regione Emilia-Romagna osserva che i fondi finanziabili menzionati nel secondo periodo dello stesso comma 558 non si esaurirebbero nella provvista di spesa per il personale e, soprattutto, che l’allocazione delle risorse finanziarie tra i diversi fondi sarebbe indissolubilmente intrecciata con l’organizzazione del servizio scolastico, costituendo, peraltro, una decisione «di natura essenzialmente politica», valendo a stabilire priorità e a individuare interessi da perseguire.
4.4.2.– Doglianze analoghe, riferite ai medesimi parametri costituzionali, sono rivolte al comma 560 del richiamato art. 1 della legge n. 197 del 2022 che, al primo periodo, in vista del recupero e della riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico già esistente, stanzia per il 2023 la somma di un milione di euro, per «avviare attività di ricognizione e valutazione delle strutture scolastiche in dismissione». Il secondo periodo, oggetto di impugnazione, affida a un decreto del Ministro dell’istruzione e del merito la definizione dei criteri e delle modalità di ripartizione delle risorse contestualmente stanziate dalla norma.
Ad avviso della ricorrente, la violazione del principio di leale collaborazione sarebbe evidente, atteso che le risorse del fondo sono allocate «in un ambito di sicura competenza regionale, quale è l’edilizia scolastica», posta all’incrocio delle competenze concorrenti sul governo del territorio, sulla energia, sulla protezione civile, oltre che naturalmente sulla stessa istruzione.
La disposizione potrebbe essere ricondotta a legittimità costituzionale solo tramite la previsione della necessità del coinvolgimento delle regioni, nella forma della intesa.
4.4.3.– Sulla base delle stesse considerazioni anche il successivo comma 561 violerebbe i parametri costituzionali sopra indicati; la disposizione, al primo periodo, istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione e del merito un fondo, con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro per l’anno 2023, finalizzato alla valorizzazione del personale scolastico «con particolare riferimento alle attività di orientamento, di inclusione e di contrasto della dispersione scolastica, ivi comprese quelle volte a definire percorsi personalizzati per gli studenti», nonché a «quelle svolte in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza». Al secondo periodo, la stessa prescrive che i criteri di utilizzo delle risorse riversate nel predetto fondo sono stabiliti, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 197 del 2022, da un decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, «sentite le organizzazioni sindacali».
Ad avviso della ricorrente la norma statale riguarderebbe un fondo settoriale in una materia di sicura competenza regionale, quale è l’istruzione scolastica e segnatamente l’organizzazione scolastica; ciò che ne determinerebbe la illegittimità costituzionale nella parte in cui non prevede alcuna forma di concertazione regionale sul decreto ministeriale, nella forma della intesa da assumere in sede di Conferenza Stato-regioni o, in subordine, in altra forma di partecipazione.
5.– Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.
La difesa statale ripercorre in premessa le ragioni che avrebbero portato all’adozione delle disposizioni impugnate, negli stessi termini già illustrati nel giudizio iscritto al n. 4 reg. ric. 2023.
Inoltre, l’Avvocatura sostiene la non fondatezza delle censure rivolte all’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022 richiamando anzitutto gli ambiti di competenza legislativa statale ai quali la norma andrebbe ricondotta, ossia quelli di cui all’art. 117, secondo comma, lettere a) e g), Cost., in relazione ai rapporti dello Stato con l’Unione europea e all’ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato, e quello di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione al coordinamento della finanza pubblica.
Il lamentato «effetto “ghigliottina”» non lederebbe dunque competenze regionali, poiché la previsione della possibilità di prescindere dall’accordo, nel caso in cui questo non sia raggiunto entro i termini stabiliti dall’art. 19, comma 5-quater, del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, si limiterebbe a introdurre un meccanismo di salvaguardia preordinato a superare una situazione di stallo.
Inoltre, le censure sulla rigidità dei criteri stabiliti per la determinazione del contingente organico ometterebbero di considerare che questi non inciderebbero sul dimensionamento scolastico e che la distribuzione dei plessi scolastici continuerebbe a essere il frutto di una scelta discrezionale demandata, anche dalla norma impugnata, al sistema delle autonomie.
Nemmeno coglierebbe nel segno il profilo di censura sulla «degradazione» del coinvolgimento delle regioni nella distribuzione del personale scolastico a esse assegnato. Si tratterebbe, infatti, di una funzione da attuare mediante provvedimenti adottati dal datore di lavoro del personale scolastico, ossia da organi del Ministero dell’istruzione e del merito.
Quanto al motivo di ricorso che impugna il comma 558 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022, la difesa statale ne argomenta la non fondatezza richiamando l’afferenza delle risorse allocate nel fondo statale alla gestione del personale scolastico e, quindi, all’esercizio di una competenza legislativa esclusiva statale.
La doglianza mossa al successivo comma 560 andrebbe rigettata rilevando che lo Stato avrebbe istituito un fondo nell’esercizio della propria competenza legislativa esclusiva di cui all’art. 119, quinto comma, Cost., per le finalità di rimuovere gli squilibri economici e sociali e di favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona; pertanto, non sarebbe richiesto alcun coinvolgimento con le regioni sul riparto delle risorse stanziate dalla norma.
Infine, a ritenere non fondata l’impugnativa del comma 561, varrebbero le considerazioni già svolte, trattandosi di un fondo destinato a finanziare interventi per la valorizzazione del personale scolastico, ossia di dipendenti statali.
6.– Con ricorso notificato il 27 febbraio-1° marzo 2023 e depositato il 28 febbraio 2023 (reg. ric. n. 7 del 2023), la Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore, ha impugnato l’art. 1, commi 557 e 558, della legge n. 197 del 2022, in riferimento, nel complesso, agli artt. 3, primo e secondo comma, 34, primo e secondo comma, 97, secondo comma, 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, e 119 Cost., nonché al principio di leale collaborazione.
6.1.– Il primo motivo denuncia l’illegittimità costituzionale del citato comma 557 nella parte in cui introduce il comma 5-quater nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito.
6.1.1.– Ricostruito il quadro normativo precedente alla modifica apportata, la Regione ricorrente articola un primo profilo di censura, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 34, primo e secondo comma, e 97, secondo comma, Cost.
In particolare, il comma 5-quater prevederebbe che i criteri rilevanti ai fini della definizione del contingente dei dirigenti scolastici e dei DSGA sarebbero esclusivamente: a) la considerazione del «parametro della popolazione scolastica»; b) la «necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche»; c) la predisposizione di «forme di compensazione interregionale».
Tale norma violerebbe l’art. 3 Cost. nella parte in cui non prevederebbe anche il criterio «della necessità di tenere conto delle peculiarità delle aree interne, nonché quello di tenere conto del contesto socio-economico svantaggiato in cui si collocano gli istituti scolastici».
Parimenti leso sarebbe il diritto garantito dall’art. 34 Cost. a disporre di un servizio scolastico di prossimità, con ulteriore pregiudizio al buon andamento del servizio stesso, poiché la mancata considerazione dei suddetti criteri impedirebbe all’amministrazione scolastica di raggiungere i propri fini.
6.1.2.– Un ulteriore profilo di censura lamenta il contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost., nonché con il principio di leale collaborazione, laddove il comma 5-quater dell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, introdotto dall’impugnato comma 557, affiderebbe agli uffici scolastici regionali «sentite le regioni», il compito di provvedere «alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato».
La disposizione, «evidentemente di dettaglio», estrometterebbe del tutto le regioni dall’esercizio della funzione legislativa e amministrativa in un ambito di propria competenza, tanto più che quello della distribuzione del personale tra le istituzioni scolastiche sarebbe un compito del quale le regioni non potrebbero essere private (è citata la sentenza di questa Corte n. 13 del 2004).
In subordine, risulterebbero comunque violati i principi in materia di chiamata in sussidiarietà, che richiederebbero nella specie una intesa con le regioni e non un semplice parere.
6.2.– Il secondo motivo di ricorso impugna, sotto più profili, l’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, nella parte in cui introduce il comma 5-quinquies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito.
6.2.1.– La norma in esame, consentendo allo Stato di provvedere unilateralmente alla definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei DSGA nel caso non si raggiunga l’accordo in Conferenza unificata, «conform[erebbe] in termini vincolanti e in modo particolarmente evidente» le attribuzioni regionali nella materia della istruzione.
In particolare, la disciplina si limiterebbe a stabilire la trasmissione dello schema di decreto ministeriale alla Conferenza unificata entro il 15 aprile, «senza prevedere in alcun modo che tale invio sia preceduto da interlocuzioni volte ad acquisire i punti di vista, le esigenze e le valutazioni» delle amministrazioni territoriali coinvolte. In altri termini, una volta scaduto il termine del 31 maggio senza che sia raggiunto l’accordo, la funzione amministrativa verrebbe esercitata «tramite un procedimento che prevede[rebbe] solo un ossequio meramente formale alla leale collaborazione», senza agevolare il progressivo ed effettivo avvicinamento dei punti di vista.
Sarebbero dunque violati gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost. nonché il principio di leale collaborazione.
6.2.2.– Anche il menzionato comma 5-quinquies, per gli stessi motivi esposti in relazione al già denunciato comma 5-quater, si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, primo e secondo comma, 34, primo e secondo comma, e 97, secondo comma, Cost., nella parte in cui non prevederebbe tra i criteri rilevanti per l’adozione del decreto ministeriale di definizione e riparto del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei DSGA, anche quello della necessità di tenere conto delle peculiarità delle aree interne, nonché quello del contesto socio-economico svantaggiato in cui si collocano gli istituti scolastici.
6.2.3.– Lo stesso comma 5-quinquies sarebbe ulteriormente viziato nella parte in cui affida a un organo statale la funzione di ripartire il contingente dei dirigenti scolastici assegnato alla regione, che sarebbe solo sentita. La illegittimità costituzionale discenderebbe dagli stessi motivi illustrati con riguardo alla identica previsione contenuta nel precedente comma 5-quater.
6.3.– Il terzo motivo di ricorso impugna l’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022 nella parte in cui introduce, nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, il comma 5-sexies, che predisporrebbe un meccanismo volto a perseguire «a regime» l’obiettivo della progressiva riduzione del contingente dei dirigenti scolastici e dei DSGA «e dunque della progressiva contrazione della rete scolastica».
In particolare, tale disposizione prescinderebbe «dall’andamento della popolazione scolastica», non prevedendo, in violazione dell’art. 3, primo comma, Cost. e del principio di ragionevolezza, la possibilità di «adeguare “verso l’alto”» il contingente organico nell’ipotesi di crescita della popolazione scolastica. Altrettanto irragionevolmente, la norma non prevederebbe la «perdurante applicabilità […] delle disposizioni inerenti alla reggenza delle istituzioni scolastiche e alla condivisione» dei DSGA.
Gli stessi argomenti evidenzierebbero il contrasto con l’art. 34, primo comma, Cost., risultando privo di una garanzia di effettività il principio dell’accesso all’istruzione.
Entrambe le censure, ad avviso della ricorrente, ridonderebbero in lesione indiretta delle attribuzioni costituzionali delle regioni.
6.4.– Con il quarto motivo, il ricorso impugna il comma 558 del richiamato art. 1 della legge n. 197 del 2022, ritenendolo in contrasto con gli artt. 117, terzo comma, 118, primo comma, e 119 Cost., nonché con il principio di leale collaborazione, nella parte in cui non prevederebbe che il decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il quale si provvede al riparto delle risorse esistenti nel fondo istituito dal medesimo comma 558, sia adottato previa intesa acquisita nella sede della Conferenza unificata.
Al riguardo, sarebbe ormai consolidata la giurisprudenza costituzionale che precluderebbe alla legge statale di istituire fondi con vincolo di destinazione riconducibili alla competenza regionale, se non prevedendo l’intesa nella sede più appropriata ai fini delle scelte concernenti il trasferimento delle risorse.
7.– Anche in questo giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per il rigetto del ricorso ed eccependo la inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, promosse in riferimento agli artt. 3, 34 e 97 Cost., non essendo tali parametri attinenti al riparto delle competenze legislative e amministrative tra lo Stato e le regioni.
Queste stesse doglianze sarebbero comunque non fondate perché «basat[e] su una interpretazione errata della norma» impugnata, dal momento che i criteri da questa indicati «non costitui[rebbero] evidentemente un “numerus clausus”», tratteggiando piuttosto una «cornice generale» all’interno della quale sarebbe possibile per le regioni contribuire alla individuazione di ulteriori criteri, nell’ambito del procedimento previsto per il raggiungimento dell’intesa in Conferenza unificata.
Quanto agli altri motivi di impugnazione, l’Avvocatura ne argomenta la non fondatezza sulla base di considerazioni del tutto analoghe a quelle spiegate negli atti di costituzione dei due precedenti giudizi.
8.– Tutte le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza.
8.1.– La Regione Toscana segnala che, in attuazione delle disposizioni impugnate, il 24 aprile 2023 è stato trasmesso alle regioni lo schema del decreto di cui all’art. 19, comma 5-quater, del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, ai fini dell’accordo in Conferenza unificata. A seguito degli incontri svolti e delle richieste di chiarimenti ricevute, il Ministero dell’istruzione e del merito ha fornito ulteriori elementi, senza che tuttavia sia stato raggiunto il previsto accordo.
In data 25 luglio 2023, alle regioni è stato trasmesso il decreto del Ministro dell’istruzione e del merito di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze 30 giugno 2023, n. 127, adottato ai sensi del comma 5-quinquies del richiamato art. 19, che, con riferimento al numero di dirigenti scolastici assegnati alla Regione Toscana, comporterebbe «una corrispondente necessaria riduzione di ben 24 istituzioni scolastiche rispetto all’esistente».
8.1.1.– La memoria replica agli argomenti della difesa statale incentrati sugli effetti negativi della modalità di assegnazione di dirigenti scolastici in reggenza.
Inoltre, precisa che, in considerazione della suddetta rilevante incidenza sulle competenze regionali, non sarebbe dirimente il richiamo alla competenza legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., dovendo comunque essere rispettato il principio della leale collaborazione. Nella specie, l’adozione unilaterale del provvedimento sarebbe avvenuta senza che lo Stato abbia sviluppato «un effettivo e proficuo confronto» con le regioni, nonostante le loro richieste.
Sarebbe poi «riduttivo» affermare che le disposizioni impugnate consentirebbero alle regioni di esercitare il dimensionamento scolastico distribuendo i plessi ove viene svolta l’attività scolastica, dal momento che la programmazione di una offerta formativa efficace sul territorio si realizzerebbe anzitutto attraverso le istituzioni scolastiche che abbiano conseguito la personalità giuridica, ai sensi dell’art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa).
8.2.– Anche la memoria della Regione Emilia-Romagna richiama l’attuazione in via unilaterale delle previsioni dell’impugnato comma 557 e segnala l’adozione, in forza del parimenti impugnato comma 561, del decreto del Ministro dell’istruzione e del merito 5 aprile 2023, n. 63.
In via generale, a confutazione degli assunti della difesa statale, la Regione ritiene che la disciplina impugnata, non consentendo più il ricorso all’istituto della reggenza o della gestione in comune di più istituzioni scolastiche, «a maggior ragione avrebbe richiesto una partecipazione paritetica ed effettiva del sistema regionale»; infatti, sarebbe oggi precluso alle regioni non solo «di istituire, ma anche semplicemente di mantenere scuole in numero superiore al numero dei dirigenti scolastici».
Nemmeno varrebbe sostenere, come propone l’Avvocatura generale dello Stato, che le regioni ben potrebbero dislocare sul territorio plessi scolastici, dal momento che il dimensionamento della rete scolastica implicherebbe la «possibilità di organizzare il servizio istituendo scuole, cioè istituzioni scolastiche […] e non collocando mere sedi distaccate sul territorio».
8.2.1.– Con specifico riguardo al primo motivo di ricorso, la memoria regionale reputa fallaci gli argomenti della difesa statale.
Anzitutto, la potestà esclusiva statale in materia di «rapporti dello Stato con l’Unione europea» non comporterebbe «la soppressione della competenza regionale nella fase attuativa degli obblighi europei», come risulterebbe dall’art. 117, quinto comma, Cost.
Inoltre, anche considerando che dirigenti scolastici e DSGA sarebbero dipendenti pubblici statali, e non regionali, non potrebbe dirsi prevalente il titolo di competenza sull’ordinamento e dell’organizzazione amministrativa dello Stato. Richiamando le sentenze di questa Corte n. 13 del 2004 e n. 147 del 2012, la difesa regionale contesta che «lo status quo – di perdurante inattuazione dei principi di cui all’art. 119 Cost. – [possa] giustificare ulteriori compressioni delle competenze regionali»; pertanto, discipline come quella impugnata si potrebbero giustificare soltanto «in forza dei principi di sussidiarietà, con il contrappeso della concertazione paritetica».
Infine, la previsione dell’intervento unilaterale dello Stato, consentito con il mero decorso del termine del 31 maggio senza che sia intervenuto l’accordo in Conferenza unificata, non rispetterebbe il principio di leale collaborazione, giacché porrebbe lo Stato «nella condizione meramente potestativa di lasciar decorrere il termine per provvedere unilateralmente». D’altro canto, non sarebbe significativa la circostanza che il contingente dei dirigenti scolastici sia stato determinato, anche in precedenza, in modo unilaterale; infatti, la possibilità, allora prevista, di coprire la direzione delle istituzioni scolastiche mediante gli istituti della reggenza e della assegnazione in comune escludeva che la determinazione del contingente dei dirigenti scolastici avesse «implicazioni dirette sulla articolazione scolastica regionale».
8.2.2.– Gli argomenti della difesa statale nemmeno minerebbero la fondatezza dei due ulteriori motivi di ricorso riferiti al comma 557 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022.
Si osserva, in particolare, che alle regioni sarebbe precluso di valutare la possibilità o l’opportunità di «programma[re] nel territorio le istituzioni scolastiche e non solo i corrispondenti edifici».
Quanto alla degradazione a un mero parere della partecipazione regionale al riparto del contingente dei dirigenti scolastici, è richiamata l’affermazione della sentenza n. 13 del 2004 di questa Corte, secondo cui la distribuzione del personale docente sarebbe un «compito del quale le Regioni non possono essere private»; la tesi dell’Avvocatura generale dello Stato vorrebbe dunque «rivendica[re] come appropriata [la] situazione di inattuazione costituzionale» che la citata pronuncia avrebbe invece stigmatizzato.
8.2.3.– Infine, la memoria della Regione Emilia-Romagna insiste per l’accoglimento delle impugnative dei successivi commi 558, 560 e 561.
In particolare, in relazione alla prima delle citate previsioni, osserva che, sebbene le competenze costituzionali delle regioni in materia di istruzione «non siano ancora “attivate”» mediante le necessarie norme di trasferimento di funzioni e la riforma della finanza regionale, andrebbero tuttavia seguiti i moduli della leale collaborazione prevedendo il coinvolgimento paritetico regionale in relazione alla allocazione di risorse che toccano direttamente l’organizzazione del servizio scolastico.
8.3.– La memoria della Regione Puglia ribadisce anzitutto l’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, promosse in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 34, primo e secondo comma, e 97, secondo comma, Cost. – parametri che, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, sarebbero invece non attinenti al riparto di competenze e, dunque, non evocabili. Al riguardo, essa sottolinea che le norme impugnate costringerebbero la regione a esercitare le proprie attribuzioni legislative e amministrative in materia di programmazione scolastica in modo difforme dai suddetti parametri costituzionali.
Nel merito, le censure in esame sarebbero fondate, in disparte la prospettazione della difesa statale secondo cui i criteri indicati dal legislatore ai fini della determinazione dei contingenti organici dei dirigenti scolastici e dei DSGA non costituirebbero «un “numerus clausus”». Infatti, il vulnus lamentato non riguarderebbe la possibilità per le regioni di portare all’attenzione dell’amministrazione statale le proprie istanze, quanto piuttosto la circostanza che le disposizioni impugnate «non considerino in alcun modo le peculiarità delle aree interne e del contesto socio-economico svantaggiato in cui si collocano gli istituti scolastici».
Sarebbe inoltre privo di pregio l’assunto dell’Avvocatura generale dello Stato volto a escludere le lesioni alle competenze regionali dal momento che potrebbero sempre essere istituiti plessi scolastici separati. Infatti, nella funzione di programmazione della rete scolastica, spettante alle regioni, dovrebbe rientrare la scelta di quale strumento utilizzare per garantire il servizio scolastico, in particolare nelle aree interne e nei contesti svantaggiati e, quindi, se optare «per la predisposizione di “meri” plessi separati, ovvero per la strutturazione sul territorio di istituzioni scolastiche autonome».
8.4.– In tutti i giudizi l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memorie di contenuto pressoché identico.
Con riferimento al collegamento tra le disposizioni impugnate e il PNRR, la difesa statale segnala che nel Piano è stata inserita «una milestone (M4C1-5) al 31 dicembre 2022 per la definizione della normativa primaria sul dimensionamento scolastico», obiettivo raggiunto proprio in conseguenza dell’adozione delle previsioni oggetto dei giudizi, «che hanno consentito al nostro Paese di superare positivamente le valutazioni della Commissione europea». Il PNRR prevederebbe tuttavia «una ulteriore milestone (M4C1-10) al 31 dicembre 2023 relativa all’entrata in vigore delle disposizioni attuative», ossia il decreto interministeriale avente a oggetto i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei DSGA, e i «singoli piani regionali di definizione della rete scolastica».
Oltre a confermare che la normativa impugnata e la sua concreta attuazione costituirebbero puntuale adempimento degli obblighi assunti dall’Italia in sede europea, l’Avvocatura richiama le «gravi conseguenze sul piano finanziario» che sarebbero determinate da un eventuale inadempimento a tali obblighi.
Sotto un diverso profilo, la difesa statale evidenzia che il legislatore avrebbe nella specie previsto «il ricorso all’istituto giuridico dell’accordo e non a quello dell’intesa», considerato che le norme in esame afferirebbero ad ambiti oggetto di competenza legislativa esclusiva statale, il cui esercizio prescinderebbe dunque dalla necessità di una previa intesa con gli enti regionali, «pur rendendo opportuno il raggiungimento di un “accordo” per evidenti ragioni di coordinamento con l’esercizio, a valle, delle competenze amministrative regionali».
Pertanto, non sarebbe casuale la previsione di una disciplina ad hoc per l’ipotesi del mancato raggiungimento dell’accordo nel termine fissato, «non sovrapponibile a quella delineata per le “intese”» dall’art. 3 del d.lgs. n. 281 del 1997.
D’altro canto, anche le doglianze regionali in riferimento al principio di leale collaborazione si rivelerebbero non fondate, tenuto conto che il decreto attuativo delle previsioni impugnate sarebbe stato adottato «a seguito di un intenso confronto con le Regioni», come attesterebbero gli atti preparatori, prodotti in giudizio: infatti, gli uffici statali avrebbero garantito «un effettivo contraddittorio procedimentale con le parti interessate», fornendo «in piena trasparenza» i chiarimenti utili per favorire il raggiungimento dell’accordo in sede di Conferenza unificata.
Sarebbero altresì non fondate le censure articolate sui criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici, da ritenere invece del tutto ragionevoli in quanto, «al fine di tener conto della riduzione del numero degli alunni frequentanti», appronterebbero un «modello di calcolo» idoneo ad armonizzare la distribuzione sul territorio nazionale del personale in esame «con il concreto andamento demografico della popolazione scolastica in ambito regionale, come stabilito nel P.N.R.R.».
Inoltre, riportando il numero delle istituzioni scolastiche previste per l’anno scolastico 2024/2025 per ciascuna regione, la memoria ne evidenzia l’incremento rispetto a quello delle istituzioni che, in forza della disciplina previgente, avrebbero potuto disporre di personale nominabile in via esclusiva. Ciò dimostrerebbe la profonda diversità del nuovo modello da quello previsto dall’art. 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza di questa Corte n. 147 del 2012; nella specie, infatti, il concreto dimensionamento della rete scolastica resterebbe attribuito al sistema delle autonomie, incidendo la norma impugnata «esclusivamente sul contingente organico del personale statale posto ai vertici» delle istituzioni scolastiche.
8.4.1.– Con riferimento alla impugnativa dell’art. 1, comma 560, della legge n. 197 del 2022, promossa dalla Regione Emilia-Romagna, l’Avvocatura segnala che la disposizione è stata modificata, nel senso auspicato dalla ricorrente, dall’art. 21, comma 4-septies, del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75 (Disposizioni urgenti in materia di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, di agricoltura, di sport, di lavoro e per l’organizzazione del Giubileo della Chiesa cattolica per l’anno 2025), convertito, con modificazioni, nella legge 10 agosto 2023, n. 112. Al secondo periodo del citato comma 560 è ora specificato che il decreto ministeriale con cui sono definiti i criteri e le modalità di ripartizione delle risorse del fondo istituito dalla norma medesima sia adottato «previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281».
In considerazione di ciò, e del fatto che «la disposizione impugnata non ha ricevuto attuazione» prima della suddetta modifica, la difesa statale chiede che sia dichiarata la cessazione della materia del contendere.
9.– Tardivamente, il 10 novembre 2023 l’Unione regionale delle province toscane (UPI Toscana) depositava, nel giudizio iscritto al n. 4 del 2023, una opinione scritta quale amicus curiae.
Motivi della decisione
1.– Con i ricorsi indicati in epigrafe (reg. ric. n. 4, n. 6 e n. 7 del 2023) le Regioni Toscana, Emilia-Romagna e Puglia hanno impugnato varie disposizioni della legge n. 197 del 2022 relative alla disciplina della definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici (d’ora in poi, anche: DS) e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (d’ora in poi, anche: DSGA) e alla sua distribuzione tra le regioni, nonché ad alcuni fondi e stanziamenti statali nel settore della istruzione.
Della suddetta legge è anzitutto impugnato l’art. 1, comma 557, che introduce i commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito. Tutti i ricorsi, articolando vari profili di censura esposti di seguito (punti da 5 a 11), lamentano complessivamente la violazione degli artt. 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, e del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost.; la Regione Toscana ritiene altresì violati, nel complesso, gli artt. 5, 34, 97, secondo comma, 117, sesto comma, e 119 Cost.; la Regione Emilia-Romagna, gli artt. 3 e 97, secondo comma, Cost., nonché l’art. 117, primo comma, Cost.; la Regione Puglia, gli artt. 3, primo e secondo comma, e 34, primo e secondo comma, Cost.
Inoltre, tutti i ricorsi impugnano l’art. 1, comma 558, della legge n. 197 del 2022, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, e 119 Cost., nonché al principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost.; in particolare, la disposizione, al terzo periodo, non prevederebbe l’acquisizione dell’intesa in sede di Conferenza unificata sul decreto ministeriale con il quale si provvede al riparto delle risorse del fondo istituito dal medesimo comma 558.
Infine, sulla base di censure analoghe a quelle da ultimo richiamate, il ricorso della Regione Emilia-Romagna impugna anche i commi 560, secondo periodo, e 561, secondo periodo, dello stesso art. 1 della legge n. 197 del 2022, nella parte in cui non coinvolgerebbero le regioni nella gestione dei finanziamenti statali vincolati, rispettivamente, alla ricognizione e valutazione di strutture scolastiche in dismissione e alla valorizzazione del personale scolastico.
2.– I giudizi promossi vanno riuniti per essere definiti con un’unica pronuncia, avendo a oggetto questioni relative in parte alle medesime norme, in parte a norme comunque oggettivamente connesse, tutte impugnate in riferimento a parametri in buona parte coincidenti.
3.– In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 557, nella parte in cui inserisce i commi 5-quinquies e 5-sexies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, promossa dalla Regione Emilia-Romagna in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., lamentando che tali disposizioni non sarebbero in realtà funzionali al PNRR, ma, anzi, ne eluderebbero lo specifico obiettivo di potenziamento, e non di indebolimento, della rete scolastica.
La questione evoca, infatti, un parametro costituzionale mai menzionato nella deliberazione a impugnare adottata dalla Giunta regionale, la quale, in ogni caso, non fa minimamente cenno ai contenuti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e alla compatibilità della norma impugnata con gli stessi.
Manca, pertanto, quella «piena e necessaria corrispondenza tra la deliberazione con cui l’organo legittimato si determina all’impugnazione ed il contenuto del ricorso, attesa la natura politica dell’atto d’impugnazione», che la costante giurisprudenza di questa Corte richiede nei giudizi in via principale (da ultimo, sentenza n. 163 del 2023 e precedenti ivi richiamati).
3.1.– È invece priva di fondamento l’eccezione di inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, promosse dalla Regione Puglia in riferimento agli artt. 3, 34 e 97 Cost., formulata dall’Avvocatura generale dello Stato sul rilievo della estraneità di tali parametri al riparto delle competenze legislative e amministrative tra lo Stato e le regioni.
Il ricorso regionale contiene, infatti, la chiara individuazione sia degli ambiti di competenza indirettamente incisi dalla disciplina statale sia delle ragioni che determinerebbero le relative lesioni.
4.– Nel merito, va preliminarmente constatato che le disposizioni impugnate si pongono come dichiarato obiettivo quello di dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel PNRR.
La «Riforma dell’organizzazione del sistema scolastico» (Riforma 1.3, collocata all’interno della più ampia Missione 4 «Istruzione e Ricerca», Componente 1 «Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nidi alle università»), richiede, infatti, fra l’altro, di adottare «[c]ome “parametro efficace”», al fine di identificare le istituzioni cui assegnare un DS e un DSGA, la «popolazione scolastica regionale, anziché la popolazione del singolo istituto come previsto dalla legislazione vigente».
In funzione quindi degli sviluppi demografici, notoriamente da tempo in costante diminuzione, l’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022 mira a modificare la disciplina della definizione del contingente organico dei DS e dei DSGA, nonché a superare l’istituto della reggenza, nella misura in cui consentiva alle regioni di istituire o, comunque, mantenere in vita autonomie scolastiche anche sottodimensionate rispetto alla soglia di 600 alunni, prima prevista dai commi 5 e 5-bis dell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito (oppure di 400, se situate nelle piccole isole, o in comuni montani, ovvero in aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche). Le stesse, infatti, venivano assegnate in reggenza a dirigenti scolastici già titolari di un incarico in una istituzione normodimensionata.
Da questo punto di vista, va anche chiarito che nessun contenuto delle disposizioni impugnate comporta l’effetto di imporre la soppressione di scuole, intese come luoghi dove si svolge l’attività didattica ed educativa, distribuiti sul territorio regionale.
Piuttosto, senza in alcun modo incidere sulla concreta possibilità per le regioni di localizzare gli edifici scolastici ove collocare le istituzioni autonome o i relativi plessi, le previsioni impugnate ridefiniscono la consistenza del contingente organico dei DS e dei DSGA, al quale è correlata la individuazione quantitativa delle istituzioni scolastiche autonome in base al nuovo criterio che stabilisce una relazione biunivoca tra ognuna di queste e un dirigente.
In tale prospettiva, la nuova normativa non determina, almeno nel primo anno di applicazione, nemmeno una diminuzione del numero complessivo di dirigenti assegnato a ciascuna delle regioni ricorrenti, che anzi aumenta di qualche unità; precludendo il ricorso all’istituto della reggenza, diminuisce invece il numero delle istituzioni scolastiche autonome, inducendo alcuni accorpamenti di plessi con le stesse, per cui i primi si configureranno quali sedi distaccate delle seconde.
Ciò, tuttavia, non significa, automaticamente, la perdita di progettualità formativa e di originalità didattica della comunità scolastica di riferimento, che, all’interno dei vari organi collegiali e nella creatività dei singoli docenti, rimane pienamente in grado di esprimersi.
Soprattutto, in un’ottica sostanziale, non si può trascurare che, con le disposizioni impugnate, il legislatore statale ha inteso «realizzare in via mediata una finalità […] riconducibile al coordinamento dinamico della finanza pubblica», in quanto diretta a riorientare virtuosamente «la spesa pubblica» (sentenza n. 78 del 2020).
In particolare, la nuova disciplina consente di eliminare gli effetti negativi, in termini di inefficienza e inefficacia, conseguenti alla possibilità in precedenza consentita di conferire, come si è visto, allo stesso dirigente uno o più incarichi aggiuntivi di reggenza di istituzioni scolastiche sottodimensionate; ciò che determinava non solo un’organizzazione precaria, ma anche la moltiplicazione di adempimenti, gestionali e di bilancio, connessi alla distinta personalità giuridica delle istituzioni scolastiche allo stesso assegnate.
Inoltre, se da un lato la disciplina in esame adegua il sistema alla ormai costante riduzione demografica, così da determinare progressivi risparmi di spesa riferiti al complessivo contingente dei DS e dei DSGA, non può essere ritenuta, dall’altro, espressione di mera spending review.
Essa si configura, piuttosto, come un intervento a invarianza di spesa – come esplicitato dalla relazione tecnica al disegno di legge – perché i suddetti risparmi sono vincolati alle destinazioni indicate nell’art. 1, comma 558, della legge n. 197 del 2022 e rimangono all’interno dello stesso sistema scolastico, che in questo modo beneficia di un canale di autofinanziamento.
4.1– Nello specifico, l’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022 (riportato al punto 1.1. del Ritenuto in fatto), inserisce i commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, modificando, a decorrere dall’anno scolastico 2024/2025, il procedimento già disciplinato dal precedente comma 5-ter con cui sono stabiliti i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei DSGA e la sua distribuzione tra le regioni.
In particolare:
a) non è più necessario, per l’assegnazione di personale stabile ai vertici delle istituzioni scolastiche, che queste raggiungano il numero minimo di alunni previsto dai commi 5 e 5-bis dello stesso art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito;
b) si dovrà, invece, tenere conto del parametro della popolazione scolastica regionale, menzionato dalla Riforma 1.3 del PNRR, nonché della necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, anche prevedendo forme di compensazione interregionale;
c) sono previsti, inoltre, termini precisi ai fini del raggiungimento di un accordo in sede di Conferenza unificata, alla quale lo schema del decreto che definisce i criteri per la determinazione dell’organico dei dirigenti scolastici e dei DSGA deve essere trasmesso entro il 15 aprile, in modo da consentire l’adozione del decreto entro il 31 maggio dell’anno solare precedente all’anno scolastico di riferimento;
d) sulla base dei parametri individuati dal suddetto decreto le regioni provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto; successivamente, l’ufficio scolastico regionale, sentita la regione, provvede alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici alla stessa assegnato;
e) ove, invece, il suddetto termine del 31 maggio decorra inutilmente, il comma 5-quinquies stabilisce che il contingente organico dei DS e dei DSGA e la sua distribuzione tra le regioni siano definiti con decreto adottato di concerto tra i Ministri dell’istruzione e del merito e dell’economia e delle finanze sulla base di un coefficiente indicato dal decreto medesimo. In particolare, questo deve essere non inferiore a 900 e non superiore a 1000, ed è adeguato con degli specifici correttivi; il parametro e i correttivi, insieme, sono assunti a divisore del numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche di ciascuna regione, in modo da ottenere il numero delle istituzioni scolastiche con dirigenti scolastici e DSGA nominabili in base alla nuova disciplina.
5.– Tanto premesso, poiché le censure regionali lamentano, quale motivo principale, la violazione del riparto di competenze, diretta o in ridondanza della violazione di altri parametri, occorre anzitutto identificare l’ambito materiale cui ricondurre la disciplina impugnata, tenendo conto, secondo i criteri enunciati dalla costante giurisprudenza di questa Corte, della sua ratio, della finalità che persegue e del suo contenuto, tralasciando la considerazione degli aspetti marginali e degli effetti riflessi (tra le altre, sentenze n. 6 del 2023, n. 193 e n. 70 del 2022 e n. 56 del 2020).
5.1.– Da questo punto di vista, non può essere negato che i commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies dell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, inseriti dall’impugnato comma 557, interferiscono con la competenza regionale concorrente in materia di istruzione, sotto il profilo del dimensionamento scolastico, costantemente inquadrato in tale ambito materiale dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 147 del 2012, n. 200 del 2009, n. 34 del 2005 e n. 13 del 2004).
Il richiamato comma 5-quater prescrive, infatti, che le regioni provvedono al dimensionamento scolastico «sulla base dei parametri individuati dal decreto» del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e «nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto».
Tale decreto, che definisce i criteri rilevanti per la determinazione del contingente organico dei DS e dei DSGA, è adottato a seguito dell’accordo, ove raggiunto, in sede di Conferenza unificata; ma se in tale sede un contenuto condiviso non matura, all’adozione del decreto provvedono unilateralmente i suddetti Ministri.
Anche le previsioni dei due ulteriori commi 5-quinquies e 5-sexies, pure inseriti dallo stesso comma 557, richiedono in sostanza alle regioni di considerare il contingente organico nello svolgimento della funzione di dimensionamento scolastico, dovendo queste organizzare la rete scolastica prevedendo un numero di istituzioni autonome compatibile con quello complessivo dell’organico di DS e di DSGA assegnato in forza dell’applicazione della disciplina statale introdotta.
5.2.– Nonostante tale interferenza con la competenza regionale, le disposizioni in esame si fondano però, in via prevalente, su diversi titoli della competenza esclusiva statale.
Va infatti considerato che queste norme, sia sotto il profilo della determinazione del contingente che sotto quello della scelta del superamento, nei termini precisati, dell’istituto giuridico della reggenza, sono relative a personale inserito nel pubblico impiego statale, perché «i dirigenti scolastici sono dipendenti pubblici statali e non regionali – come risulta sia dal loro reclutamento che dal loro complessivo status giuridico» (sentenza n. 147 del 2012 e già, nello stesso senso, sentenza n. 200 del 2009, con riguardo al personale scolastico).
Esse rientrano a pieno titolo, quindi, nella materia «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato», di competenza esclusiva statale in base alla lettera g) del secondo comma dell’art. 117 Cost.
5.2.1.– Le disposizioni in esame sono qualificabili, sotto un duplice profilo, anche come norme generali sull’istruzione, rientranti nella potestà legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost.
In primo luogo, perché, come già affermato da questa Corte per altre categorie di personale scolastico, la «revisione di criteri e parametri per la determinazione complessiva degli organici» (sentenza n. 200 del 2009, punto 34 del Considerato in diritto), rientra tra le norme generali sull’istruzione.
In secondo luogo, perché tali norme mirano a ridefinire un aspetto di fondo dell’autonomia funzionale – la cui disciplina questa Corte ha già ricondotto alle «norme generali sull’istruzione» (sentenza n. 200 del 2009, punto 21 del Considerato in diritto) – che caratterizza le istituzioni scolastiche, essendo rivolte a istituire un necessario binomio tra l’autonomia e la titolarità effettiva di un dirigente, sicché non si dà più la prima in assenza di tale figura.
5.2.2.– Non convince, invece, il modo con cui l’Avvocatura generale dello Stato argomenta sulla competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost., in relazione ai rapporti dello Stato con l’Unione europea, che è evocata in modo totalizzante con riferimento agli obblighi derivanti dall’attuazione degli impegni assunti con il PNRR.
Tale assunzione di impegni non vanifica, di per sé, le competenze regionali: come risulta dall’art. 117, quinto comma, Cost., queste, infatti, sono chiamate in causa nel provvedere «all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza».
6.– Una volta chiarito l’ambito materiale in cui si colloca in via prevalente la disciplina di cui all’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, occorre considerare le singole censure formulate nei ricorsi.
Al riguardo, le Regioni Toscana e Puglia, anzitutto, impugnano la suddetta disposizione nella parte in cui, introducendo il comma 5-quater nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, non consentirebbe di tenere conto, per la definizione del contingente organico dei DS e dei DSGA, di criteri ulteriori rispetto a quelli espressamente indicati, «sulla base delle scelte delle Regioni» (così la Regione Toscana) e, in particolare, «delle peculiarità delle aree interne e del contesto socio-economico svantaggiato in cui si collocano gli istituti scolastici» (così la Regione Puglia).
Dolendosi, peraltro anche del carattere di dettaglio della norma, la Regione Toscana ritiene violato l’art. 117, terzo comma, Cost., nonché l’art. 34 Cost., sotto il profilo della garanzia del diritto all’istruzione, e l’art. 118, primo e secondo comma, Cost., venendo allocata in capo allo Stato una funzione amministrativa in assenza di esigenze di carattere unitario e di un adeguato procedimento di leale collaborazione.
La Regione Puglia prospetta la violazione degli artt. 3, primo e secondo comma, 34, primo e secondo comma, e 97, secondo comma, Cost., in particolare in relazione: a) alla mancata considerazione della necessità di tenere conto delle peculiarità delle aree interne; b) alla mancanza di effettività del diritto all’accesso e alla frequenza alla scuola; c) alla preclusione per l’amministrazione scolastica di raggiungere i propri fini istituzionali.
6.1.– Le questioni non sono fondate.
Una volta riconosciuto che le norme impugnate sono state adottate nell’esercizio dei ricordati titoli di competenza legislativa esclusiva statale, non può lamentarsene il carattere di dettaglio, né ravvisarsi, stante la prevalenza di quelle stesse competenze, un difetto di leale collaborazione perché le suddette norme lambiscono il dimensionamento scolastico regionale.
Inoltre, l’indicazione dei criteri operata dalla disposizione impugnata – riferita alle peculiarità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche – non determina un numerus clausus, come riconosciuto anche dall’Avvocatura generale, e quindi non preclude né che l’accordo in sede di Conferenza unificata, disciplinato dalla disposizione in esame, possa prendere in considerazione situazioni ulteriori ritenute meritevoli, né che questo avvenga nell’ambito della programmazione delle singole regioni, nell’esercizio dell’ampia discrezionalità connessa alla natura di atto generale del piano di dimensionamento scolastico.
Ciò rende non fondate anche le ulteriori censure riferite agli artt. 3, 34, primo e secondo comma, e 97, secondo comma, Cost.
7.– Tutti i ricorsi promuovono poi, sotto più profili, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, nella parte in cui inserisce il comma 5-quinquies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, disponendo che, nel caso in cui non sia raggiunto entro il 31 maggio l’accordo in sede di Conferenza unificata, il Ministro dell’istruzione e del merito provvede comunque, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, ad adottare il decreto di definizione del contingente organico dei DS e dei DSGA; meccanismo che il ricorso della Regione Emilia-Romagna definisce come «effetto “ghigliottina”» e del quale le altre ricorrenti lamentano il «termine estremamente breve per raggiungere l’accordo» (Regione Toscana) e un «ossequio […] solo ed esclusivamente formale» al principio di leale collaborazione (Regione Puglia).
7.1.– Secondo la Regione Toscana, questa norma, per il suo contenuto di dettaglio, violerebbe: a) l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione alla materia di competenza concorrente della istruzione, in quanto inciderebbe in modo significativo sulla condizione della rete scolastica regionale; b) gli artt. 5, 117, 118 e 120 Cost., perché, anziché prevedere procedure di reiterazione delle trattative, attiverebbe un potere sostitutivo come conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell’accordo.
I parametri da ultimo indicati sono evocati anche dalla Regione Emilia-Romagna, sostenendo la necessità di un’intesa con le regioni, dato il condizionamento sulle decisioni relative al dimensionamento delle istituzioni scolastiche.
Inoltre, ad avviso della stessa Regione, il richiamato comma 5-quinquies, primo periodo, stabilendo parametri fissi e rigidi ai fini dell’adozione dei decreti ministeriali di definizione del contingente organico dei DS e dei DSGA, violerebbe: a) l’art. 117, terzo comma, Cost., eccedendo strutturalmente il carattere delle norme di principio; b) l’art. 118, primo e secondo comma, Cost., condizionando l’esercizio delle funzioni amministrative delle regioni in materia di dimensionamento della rete scolastica; c) gli artt. 3 e 97, secondo comma, Cost., risultando la riduzione del numero delle istituzioni scolastiche non adeguabile alle situazioni concrete e tale da impedire all’amministrazione di perseguire in modo efficace i suoi fini.
Il ricorso della Regione Puglia, infine, lamenta che la mancata previsione di una intesa in Conferenza unificata violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nonché il principio di leale collaborazione.
Un ulteriore profilo di censura rivolto dallo stesso ricorso al comma 5-quinquies argomenta la violazione degli artt. 3, primo e secondo comma, 34, primo e secondo comma, e 97, secondo comma, Cost., nei termini già illustrati per il precedente comma 5-quater, ossia in conseguenza: a) della mancata considerazione della necessità di tenere conto delle peculiarità delle aree interne; b) della mancanza di effettività del diritto all’accesso e alla frequenza alla scuola; c) del precludere alla amministrazione scolastica di raggiungere i propri fini istituzionali.
7.2.– Le questioni non sono fondate.
Come già precisato, le specifiche disposizioni qui in esame, recate dall’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, non sono poste nell’esercizio della competenza concorrente in materia di istruzione, ma dei ricordati titoli di competenza legislativa esclusiva statale. Ciò che rende prive di pregio le censure rivolte a denunciare il carattere di dettaglio delle norme impugnate.
7.2.1.– È, in ogni caso, opportuno – data, come si è visto, l’interferenza della suddetta disciplina con il dimensionamento scolastico di competenza regionale – un approfondimento sulle censure argomentate sull’insufficienza del coinvolgimento regionale ai fini dell’adozione del decreto statale con cui, all’inutile decorso del termine del 31 maggio e preso atto del mancato raggiungimento dell’accordo in sede di Conferenza unificata, è definito il contingente organico dei DS e dei DSGA.
Alla base dell’impostazione delle Regioni ricorrenti, e in particolare della Toscana, vi è, infatti, la considerazione che un adeguato livello di tutela delle attribuzioni regionali era bensì assicurato dal modello previgente, a suo tempo delineato con l’inserimento del comma 5-ter nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito.
In effetti, questo prevedeva non solo il meccanismo dell’accordo per la definizione dei criteri per la determinazione del suddetto contingente, ma anche, fino al suo raggiungimento (circostanza che, invero, non si è mai verificata nei numerosi anni di vigenza della disciplina), l’applicabilità delle norme dirette ad assegnare, per quanto con modalità precarie – ossia in reggenza – un dirigente anche alle istituzioni scolastiche autonome sottodimensionate inserite nella rete scolastica approvata dalle regioni.
In tal modo, indubbiamente, il numero complessivo delle istituzioni autonome era determinato secondo uno schema bottom up, cioè secondo la richiesta delle regioni, mentre nella disciplina impugnata, in caso di mancato accordo, tale numero viene determinato secondo un diverso paradigma, consentendo allo Stato una determinazione top down del contingente dei dirigenti.
7.2.1.1.– Tale cambio di paradigma, tuttavia, per diverse ragioni, non può ritenersi in violazione del principio di leale collaborazione e non solo perché le disposizioni in esame ricadono in via prevalente in ambiti materiali di competenza statale.
7.2.1.2.– Va anche considerato, infatti, che la nuova disciplina elimina i precedenti vincoli dimensionali (600 e 400 alunni) stabiliti per le singole istituzioni e, da questo punto di vista, incrementa i margini di scelta dell’autonomia regionale nell’organizzazione della rete scolastica, in funzione delle concrete esigenze del territorio; ovviamente, però, con a monte lo stringente limite del budget di dirigenti scolastici assegnato alla regione.
7.2.1.3.– Inoltre, come si è visto (punto 4), la nuova disciplina è diretta a rendere più efficiente ed efficace il sistema: essa, adottando il criterio della popolazione scolastica regionale, evita infatti gli effetti negativi, incrementati anche dal calo demografico, dell’eccessiva parcellizzazione delle istituzioni scolastiche; supera l’istituto della reggenza e le relative esternalità non positive (precarietà e duplicazioni di adempimenti); mantiene i risparmi che saranno realizzati in virtù di questa evoluzione all’interno del sistema dell’istruzione, dedicandoli a finalità meritorie.
7.2.1.4.– Da questo punto di vista va, del resto, ricordato che, nel valutare il rispetto delle attribuzioni regionali, la giurisprudenza di questa Corte ha ribadito, anche di recente, che «i necessari strumenti di collaborazione non sono univoci, ma si diversificano “in relazione al tipo di interessi coinvolti e alla natura e all’intensità delle esigenze unitarie che devono essere soddisfatte” (sentenza n. 62 del 2005) nonché alle competenze incise» (sentenza n. 6 del 2023, ma si veda anche già la sentenza n. 169 del 2020, che valorizza le «concrete modalità di esercizio delle competenze in un determinato ambito materiale»).
7.2.1.5.– Proprio in considerazione del «livello degli interessi coinvolti» (sentenze n. 168 del 2021 e n. 179 del 2019) mette conto evidenziare, sotto un ulteriore profilo, che la definizione del contingente organico dei soggetti preposti alla gestione delle istituzioni scolastiche costituisce, peraltro, un adempimento indefettibilmente cadenzato in modo che sia operativo prima dell’avvio di ogni anno scolastico, che altrimenti rischierebbe di essere rinviato a causa del disaccordo tra i soggetti istituzionali. Ciò che consente di superare l’argomento regionale sul cosiddetto «effetto “ghigliottina”».
In altri termini, le esigenze di funzionalità del sistema scolastico non possono non riverberarsi sulla valutazione, anche in termini di ragionevolezza, delle modalità di attuazione del coinvolgimento regionale.
Sotto questo aspetto, la sequenza procedimentale delineata dall’art. 19, comma 5-quater, del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, si avvia con la trasmissione alla Conferenza unificata, entro il 15 aprile dell’anno solare precedente a quello scolastico cui si riferisce l’organico da definire, dello schema di decreto da parte del Ministro dell’istruzione e del merito.
La fissazione di tale termine per l’inizio del confronto istituzionale non comporta alcuna irragionevole compressione dello spazio dedicato alla ricerca dell’accordo. Infatti, la data del 15 aprile è congrua, tenuto conto dell’esigenza di acquisire ed elaborare, ai fini della predisposizione dello schema, il numero complessivo di alunni che sull’intero territorio nazionale hanno chiesto, entro il mese di gennaio di ogni anno, l’iscrizione a una istituzione scolastica per l’anno scolastico successivo.
Nemmeno risulta inadeguata la individuazione del termine del 31 maggio per la conclusione del confronto in sede di Conferenza unificata.
Da un lato, infatti, la durata di trenta giorni è fissata in via generale dall’art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 281 del 1997, per i casi in cui è espressamente richiesta una intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.
Dall’altro, occorre considerare che, sulla base del contingente assegnato, spetta alle regioni provvedere autonomamente al dimensionamento scolastico, completando tale attività entro il mese di dicembre, così da consentire alle famiglie di conoscere e valutare l’organizzazione della rete scolastica in tempo utile per l’iscrizione, entro il mese di gennaio, dei propri figli al successivo anno scolastico.
È quindi evidente, in definitiva, la necessità di un meccanismo – come quello che consente allo Stato di adottare comunque il provvedimento che definisce il contingente organico dei DS e dei DSGA – funzionale a evitare una situazione di stallo, che rischierebbe di pregiudicare l’avvio dell’anno scolastico.
7.2.1.6.– Va, infine, considerato che l’accordo, a differenza del mero parere, che può limitarsi a scambi solo cartolari, implica la necessità di una procedura di interlocuzione che è necessariamente più intensa (anche se non riconducibile a quella dell’intesa di cui all’art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 281 del 1997, ai sensi del quale «[q]uando un’intesa espressamente prevista dalla legge non è raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni in cui l’oggetto è posto all’ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata»).
Una tale interlocuzione, peraltro, è avvenuta nella prima attuazione delle norme impugnate che, seppure non ha condotto al raggiungimento dell’accordo – a favore del quale, in ogni caso, si è espressa la maggioranza delle regioni – entro il termine del 31 maggio 2023, ha tuttavia visto in concreto esercitata da parte degli enti territoriali la possibilità di svolgere riunioni di carattere sia tecnico, sia politico e di formulare richieste di chiarimenti, cui sono seguiti elementi aggiuntivi forniti dal Ministero, nonché il recepimento, da parte statale, di alcune osservazioni.
La piena realizzazione degli obiettivi della riforma implica, del resto, che la leale collaborazione sia intesa nel significato sostanziale, più volte specificato da questa Corte, di una responsabilità diffusa in vista della «doverosa cooperazione per assicurare il migliore servizio alla collettività» (sentenze n. 190 e n. 40 del 2022, n. 62 del 2020 e n. 169 del 2017; nello stesso senso, sentenza n. 33 del 2019), evitando l’arroccamento in letture rigide delle competenze e dei relativi raccordi.
7.2.1.7.– Devono, quindi, dichiararsi non fondate le censure relative al mancato rispetto del principio di leale collaborazione in riferimento al procedimento delineato dal comma 5-quinquies dell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito.
7.3.– Gli argomenti sin qui esposti, unitamente a quelli svolti per le analoghe censure riguardanti la norma recata dal comma 5-quater (punto 6.1.), valgono a escludere anche la fondatezza delle residue censure, promosse dalle Regioni Emilia-Romagna e Puglia, in relazione alla mancanza di flessibilità e all’irragionevolezza dei criteri ai quali il decreto ministeriale deve attenersi, nonché al detrimento che verrebbe causato al sistema scolastico e quindi all’art. 34 Cost.
8.– La Regione Toscana ha impugnato altresì l’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, nella parte in cui introduce i commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, prevedendo, a suo dire, un meccanismo nel complesso: a) sostanzialmente diretto al contenimento della spesa corrente del personale scolastico, ma in mancanza delle condizioni necessarie per costituire un principio fondamentale nella materia di competenza concorrente del coordinamento della finanza pubblica; b) con l’obiettivo di dare attuazione alla riforma dell’organizzazione del sistema scolastico contenuta nel PNRR, ma attraverso un’attrazione in sussidiarietà anomala, sproporzionata e irragionevole.
8.1.– La prima censura, che lamenta la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., non è fondata.
Le norme impugnate, va ribadito, rientrano in diversi ambiti della competenza legislativa statale esclusiva e così concorrono a riorientare, secondo criteri di maggiore efficienza ed efficacia (quali quelli già esplicitati dal PNRR per adeguare il sistema dell’istruzione agli sviluppi demografici), la spesa pubblica statale e non quella regionale; ciò che priva di pregio la censura regionale sul mancato rispetto dei canoni elaborati da questa Corte sul contenimento statale della spesa delle regioni attraverso i principi di coordinamento della finanza pubblica.
8.2.– Non fondata è anche la seconda censura, che lamenta la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost.
L’impostazione della doglianza, incentrata sulla sussistenza di un meccanismo di attrazione in sussidiarietà, si rivela priva di fondamento, alla luce della già argomentata riconducibilità delle norme impugnate all’esercizio di potestà legislative esclusive statali.
9.– L’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022 è oggetto di censure, da parte di tutti i ricorsi, anche nella parte in cui introduce il comma 5-sexies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, stabilendo che il contingente degli organici dei DS e dei DSGA sia progressivamente ridotto, sostanzialmente in relazione al calo demografico, o comunque resti invariato.
In particolare, la Regione Toscana lamenta l’assenza di ogni coinvolgimento regionale nel relativo procedimento, con conseguente violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento alla materia di competenza concorrente della istruzione, dovendo le regioni necessariamente rivedere la propria programmazione della rete scolastica, e dell’art. 34 Cost., essendo compromesso il diritto all’istruzione.
La Regione Emilia-Romagna sostiene che la norma violerebbe: a) l’art. 117, terzo comma, Cost., eccedendo strutturalmente il carattere delle norme di principio; b) gli artt. 118, primo e secondo comma, Cost., condizionando l’esercizio delle funzioni amministrative delle regioni in materia di dimensionamento della rete scolastica; c) gli artt. 3 e 97, secondo comma, Cost., in quanto il meccanismo non sarebbe adeguabile alle situazioni concrete.
La Regione Puglia si duole della mancata previsione di un meccanismo per calibrare «verso l’alto» il dimensionamento del contingente organico del personale e della rete scolastica, rendendola inadeguata e privando di effettività il principio dell’apertura a tutti della scuola; ciò che violerebbe gli artt. 3, primo comma, e 34, primo comma, Cost. e il principio di ragionevolezza.
9.1.– Le questioni non sono fondate in riferimento alle censure attinenti al carattere di dettaglio delle norme, al difetto di leale collaborazione e alla violazione del principio di sussidiarietà, perché, come già esposto, l’intervento legislativo si è svolto nell’esercizio (prevalente) delle competenze esclusive statali relative all’ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e alle norme generali sull’istruzione.
Anche le ulteriori censure, riferite agli artt. 3, primo e secondo comma, 34, primo e secondo comma, e 97 Cost., non sono fondate – oltre che per le ragioni già esposte al punto 7.2.1.3 sull’impatto sul sistema nazionale dell’istruzione – perché le previsioni esprimono un criterio “tendenziale” che rispecchia, come si è visto, la previsione del PNRR che richiede di adeguare il sistema scolastico agli sviluppi demografici, anche con riferimento al numero di istituzioni scolastiche autonome.
In questa prospettiva, la lamentata assenza di strumenti di flessibilità della disciplina non si rivela a ben vedere irragionevole, considerata la (non contestata) tendenza, da tempo in atto in maniera marcata, alla diminuzione della popolazione studentesca, non a caso alla base delle linee di riforma contenute nel PNRR.
Proprio una valutazione di tale fenomeno, coerente con il principio di buon andamento, non può che condurre, nella specie, a riconsiderare le dotazioni organiche nel senso indicato dalle disposizioni in esame.
A ogni modo, va rilevato che la complessiva disciplina con cui sono definiti, su base triennale, i contingenti organici dei DS e dei DSGA fa salvi gli eventuali aggiornamenti annuali dei criteri, ipotesi che ben può applicarsi laddove eventualmente si verificasse, in completa controtendenza, un incremento della popolazione scolastica regionale rispetto a quella inizialmente stimata.
10.– Tutti i ricorsi regionali censurano l’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, nella parte in cui, inserendo i commi 5-quater e 5-quinquies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, ha previsto in entrambe le disposizioni che «[g]li uffici scolastici regionali, sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato».
Secondo le ricorrenti, quale che sia la modalità di definizione del contingente organico dei dirigenti – ossia conseguente all’accordo raggiunto in sede di Conferenza unificata, oppure all’inutile decorso del termine del 31 maggio – alla ripartizione dello stesso provvederebbe un organo statale; la norma avrebbe dunque un carattere di dettaglio, in violazione della competenza concorrente nella materia della istruzione di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., che comprenderebbe la funzione di distribuire il personale scolastico.
La medesima previsione violerebbe gli artt. 118, primo e secondo comma, Cost., nonché il principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., allocando a livello statale una funzione in assenza di esigenze unitarie e comunque senza che il parere della regione interessata, pure previsto, valga ad assicurarne un adeguato coinvolgimento, realizzabile, invece, solo mediante l’intesa.
10.1.– Le questioni non sono fondate.
Le norme impugnate disciplinano, all’esito sia della definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici, sia della individuazione delle istituzioni scolastiche autonome risultante dal dimensionamento approvato dalla regione, la «ripartizione» del contingente stesso tra le istituzioni distribuite sul territorio.
Si tratta, con tutta evidenza, di una funzione da ricondurre – allo stato attuale della legislazione, non essendosi realizzate, nello sviluppo dell’ordinamento, le ipotetiche condizioni prefigurate dall’ormai risalente pronuncia di questa Corte n. 13 del 2004 rievocata dalle Regioni ricorrenti –, sotto un profilo tanto organizzativo, quanto di svolgimento del singolo rapporto di lavoro dei dipendenti statali in esame, all’ambito della competenza legislativa esclusiva nella materia dell’organizzazione amministrativa dello Stato, di cui alla lettera g) del secondo comma dell’art. 117 Cost.
Infatti, coessenziale alla qualifica di dirigente scolastico è l’assegnazione di un incarico dirigenziale, quale tipicamente la gestione di una istituzione scolastica autonoma, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
Ai fini del conferimento di tali incarichi, il titolare dell’ufficio scolastico regionale, organo territoriale del Ministero dell’istruzione e del merito, deve tenere conto dei criteri indicati in via di principio dall’art. 19, comma 1, del suddetto decreto e delle ulteriori previsioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro, acquisendo le disponibilità degli interessati mediante la pubblicazione di avvisi di interpello sui posti disponibili, che ovviamente non comprendono le istituzioni scolastiche assegnate con un incarico ancora efficace.
Non vi è quindi spazio per un potere discrezionale da poter condividere, tramite intesa, con le regioni.
La previsione che l’ufficio territoriale del Ministero dell’istruzione e del merito provvede «sentite le regioni» sta quindi essenzialmente a significare che tali uffici acquisiscono la “fotografia” del dimensionamento deciso dalle regioni – al cui interno le stesse ben possono motivare e chiarire le ragioni delle scelte effettuate – e che in base ad essa provvedono all’assegnazione degli incarichi.
11.– La Regione Toscana promuove, infine, una questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, nella parte in cui introduce i commi 5-quater e 5-quinquies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, in riferimento all’art. 117, sesto comma, Cost.; la norma impugnata, prevedendo che la ripartizione del contingente scolastico sia effettuata con decreto, consentirebbe allo Stato di esercitare un potere regolamentare in materie diverse da quelle attribuite alla sua potestà legislativa esclusiva.
11.1.– La questione non è fondata, sia perché, come più volte ricordato, si è nell’ambito di competenze esclusive statali, sia, in ogni caso, perché nella specie viene in rilievo un atto avente natura non regolamentare. Infatti, il decreto in esame, adottato ai sensi del richiamato comma 5-quater oppure del successivo comma 5-quinquies, riveste un contenuto di carattere concreto e puntuale, riferito alla consistenza del contingente organico di determinate categorie di dipendenti pubblici, che va a integrare le previsioni legislative mediante «una scelta di carattere essenzialmente tecnico» (sentenza n. 278 del 2010), espressione della funzione amministrativa.
12.– Tutti i ricorsi impugnano l’art. 1, comma 558, della legge n. 197 del 2022, nella parte in cui escluderebbe le regioni dalle scelte riguardanti l’utilizzo del fondo statale istituito dal primo periodo della stessa disposizione, il cui vincolo di destinazione sarebbe riconducibile alla materia della istruzione.
L’omissione del necessario coinvolgimento delle regioni, nella forma della intesa acquisita nella sede della Conferenza unificata, contrasterebbe dunque complessivamente con gli artt. 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, e 119, Cost., nonché con il principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost.
12.1.– Le questioni sono fondate, nei termini di seguito precisati.
Nel fondo istituito dal comma 558 confluiscono anzitutto i risparmi conseguiti dall’attuazione del nuovo sistema di definizione dei contingenti organici dei DS e dei DSGA, introdotto dal precedente comma 557; a tali risorse si aggiungono le eventuali economie derivanti dall’applicazione della disciplina dell’assegnazione alle istituzioni scolastiche autonome dei predetti dirigenti, in vigore dall’anno scolastico 2021/2022 a quello 2023/2024 ai sensi dell’art. 1, comma 978, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023).
Il fondo è dunque alimentato da risparmi ed economie, nella misura risultante dal «previo accertamento» degli stessi, provenienti in sostanza da stanziamenti del bilancio statale, originariamente destinati al trattamento retributivo del personale scolastico dirigenziale e direttivo.
Nell’individuare le possibili destinazioni delle risorse del fondo, il primo periodo del comma 558 elenca: «il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, di cui all’articolo 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il fondo unico nazionale per la dirigenza scolastica, il fondo integrativo di istituto, anche con riferimento alle indennità destinate ai direttori dei servizi generali e amministrativi, il fondo di cui all’articolo 1, comma 202, della legge 13 luglio 2015, n. 107, nonché [i]l pagamento delle supplenze brevi e saltuarie del personale scolastico».
Il fondo istituito dalla disposizione in esame è quindi un fondo di mero transito, cui non è associata un’autonoma e univoca destinazione, perché le risorse vi confluiscono provvisoriamente per poi incrementare fondi e stanziamenti preesistenti, tra i quali esse «sono ripartite annualmente con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze», come stabilito dalla norma impugnata.
Alcune delle destinazioni selezionate dal legislatore sono senz’altro estranee ad ambiti di competenza regionale, in quanto inerenti al finanziamento del trattamento retributivo del personale scolastico, ossia di dipendenti statali, materia rientrante nella potestà esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost.
Le altre possibili destinazioni si pongono, invece, in un ambito materiale riconducibile in senso ampio all’istruzione. Infatti, sia il fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, sia quello denominato “La Buona Scuola”, di cui all’art. 1, comma 202, della legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti), costituiscono strumenti con i quali lo Stato provvede, sulla base di previgenti e distinte disposizioni, alla dotazione finanziaria essenziale delle istituzioni scolastiche e al miglioramento e alla valorizzazione dell’istruzione scolastica.
Non si può quindi ritenere, sotto questo aspetto, che la competenza regionale sia del tutto estranea all’ambito del nuovo fondo: fosse anche solo perché finanziamenti ulteriori alle istituzioni scolastiche, con destinazioni analoghe, possono provenire dalle regioni e dagli enti locali, nell’esercizio delle competenze di programmazione dell’offerta formativa nella materia della istruzione e in quella della istruzione professionale.
L’ascolto della voce delle regioni sulla destinazione di tali risorse può quindi consentire un migliore coordinamento e al contempo una maggiore efficacia nella programmazione degli interventi.
Per questo motivo è necessaria l’assunzione del parere della Conferenza unificata di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997 sulla ripartizione del fondo predisposta di concerto dai Ministri ai sensi della disposizione impugnata.
Questa, pertanto, va dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui non prevede l’acquisizione di tale parere.
13.– Restano, infine, da esaminare le questioni di legittimità costituzionale dei commi 560, secondo periodo, e 561, secondo periodo, dello stesso art. 1 della legge n. 197 del 2022, specificamente promosse dalla Regione Emilia-Romagna in riferimento agli artt. 5, 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, 119 e 120, secondo comma, Cost.
Secondo la ricorrente, ambedue le disposizioni, stanziando risorse statali in ambiti riconducibili a materie di competenza regionale, ometterebbero tuttavia di prevedere il coinvolgimento delle regioni nella definizione dei criteri e delle modalità di ripartizione e di utilizzo delle risorse medesime, affidata in via esclusiva a un decreto del Ministro dell’istruzione e del merito.
13.1.– Successivamente alla introduzione del giudizio, l’impugnato comma 560, secondo periodo, è stato modificato dall’art. 21, comma 4-septies, del d.l. n. 75 del 2023, come convertito, nel senso che il suddetto decreto ministeriale è adottato «previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281».
Lo ius superveniens ha senza dubbio carattere satisfattivo delle pretese azionate con il ricorso; in udienza, nel confermarlo, la difesa regionale ha altresì convenuto con l’Avvocatura generale dello Stato che la norma impugnata non ha medio tempore ricevuto applicazione.
Va pertanto dichiarata cessata la materia del contendere delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 560, secondo periodo, della legge n. 197 del 2022, sussistendo entrambe le condizioni richieste dalla costante giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, sentenze n. 80 del 2023, n. 222 e n. 92 del 2022; ordinanza n. 96 del 2023).
13.2.– Le questioni promosse nei confronti del successivo comma 561, secondo periodo, non sono fondate.
Il primo periodo della stessa disposizione ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione e del merito un fondo «finalizzato alla valorizzazione del personale scolastico, con particolare riferimento alle attività di orientamento, di inclusione e di contrasto della dispersione scolastica, ivi comprese quelle volte a definire percorsi personalizzati per gli studenti, nonché di quelle svolte in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza».
Poiché la valorizzazione del personale scolastico «è un profilo attinente alla disciplina dei dipendenti pubblici statali, che rientra nella competenza esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., e che non dà luogo, pertanto, ad una destinazione vincolata di fondi alle Regioni» (sentenza n. 284 del 2016), le censure regionali sono prive di pregio.
In questo contesto, risulta dunque coerente la sola consultazione delle organizzazioni sindacali, richiesta dalla norma impugnata, trattandosi di emolumenti retributivi di natura accessoria.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 558, terzo periodo, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), nella parte in cui non prevede che il decreto ivi indicato è adottato «previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281»;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, nella parte in cui inserisce i commi 5-quinquies e 5-sexies nell’art. 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, promossa dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, nella parte in cui inserisce il comma 5-quater nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, promosse dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt. 34, 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost. e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 34, primo e secondo comma, e 97, secondo comma, Cost., con i ricorsi indicati in epigrafe;
4) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, nella parte in cui inserisce il comma 5-quinquies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, promosse dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt. 5, 117, terzo comma, 118 e 120 Cost., dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 3, 5, 97, secondo comma, 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, e 120, Cost., e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 34, primo e secondo comma, 97, secondo comma, 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., con i ricorsi indicati in epigrafe;
5) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, nella parte in cui inserisce i commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, promosse dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, 118 e 119 Cost., con il ricorso indicato in epigrafe;
6) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, nella parte in cui inserisce il comma 5-sexies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, promosse dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt. 34 e 117, terzo comma, Cost., dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 3, 97, secondo comma, 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost., e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 34, primo comma, Cost., con i ricorsi indicati in epigrafe;
7) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, nella parte in cui inserisce i commi 5-quater e 5-quinquies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, promosse dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna e Puglia, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, Cost. e al principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., con i ricorsi indicati in epigrafe;
8) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, nella parte in cui inserisce i commi 5-quater e 5-quinquies, nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, promossa dalla Regione Toscana, in riferimento all’art. 117, sesto comma, Cost., con il ricorso indicato in epigrafe;
9) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 560, secondo periodo, della legge n. 197 del 2022, promosse dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 5, 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, 119 e 120, secondo comma, Cost., con il ricorso indicato in epigrafe;
10) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 561, secondo periodo, della legge n. 197 del 2022, promosse dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 5, 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, 119 e 120, secondo comma, Cost., con il ricorso indicato in epigrafe.