Svolgimento del processo
1. Con ordinanza emessa in data 30 marzo 2023 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto da (omissis) (omissis) avverso il decreto del Ministero della Giustizia, emesso il 03 dicembre 2021, di applicazione del regime differenziato di cui all'art. 41-bis Ord.pen.
Il Tribunale ha ritenuto inammissibile il reclamo perché presentato dal difensore avv. (omissis) inviando, il 16 dicembre 2021, una PEC priva della firma digitale. L'art. 87-bis legge n. 199/2022, invocato dal difensore, non dispone diversamente in quanto, oltre non essere applicabile retroattivamente trattandosi di legge processuale, prevede anch'esso la inammissibilità dell'impugnazione se l'atto non è sottoscritto digitalmente dal difensore.
2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso (omissis) (omissis) per mezzo del difensore avv. (omissis) articolando un unico motivo, con il quale deduce la violazione di legge, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod.proc.pen.
La normativa di riferimento è il d.l. n. 137/2020, convertito con modifiche con la legge n. 176/2020, che agli artt. 23, 23 bis, 23 ter e 24 stabilisce che per tutti gli atti relativi alle varie fasi del giudizio, comprese le impugnazioni, è consentito l'invio a mezzo PEC. La giurisprudenza di legittimità ha poi chiarito che l'atto inviato a mezzo PEC è inammissibile, tra le altre ipotesi, se privo della firma digitale del difensore, ma il reclamo in questione era firmato con firma digitale apposta cor , che ha la peculiarità di apporre la certificazione non in calce all'atto ma nella parte in alto, a sinistra, della prima pagina. Il certificato di firma apposto sul file PDF conferma tale dato, perché attesta la validità della firma, l'identità del firmatario, la data e ora della firma e la non modifica dell'atto. Del tutto irrilevante è, invece, la mancanza di firma del difensore in calce all'atto depositato telematicamente, perché la firma così apposta non sarebbe ritenuta efficace. Il reclamo era, pertanto, rispondente ai requisiti di legge.
3. Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, l'accoglimento del ricorso e l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato, e deve essere accolto.
1.1. Il reclamo proposto dalla ricorrente è stato legittimamente predisposto in forma digitale e inviato, dal difensore, a mezzo del proprio indirizzo di posta elettronica, in applicazione dell’art. 24, comma 6-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176. Tale modalità impone la trasmissione dell'atto «in forma di documento informatico», «sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate» con provvedimento del DGSIA. Il decreto legislativo n. 150/2022, poi, ha reso tale modalità non più eccezionale ma ordinaria, anche se non esclusiva, modificando gli artt 582 e 583 cod.proc.pen. e introducendo l'art. 111-bis cod.proc.pen.
La sottoscrizione dell'atto, trasmesso come documento informatico, deve pertanto avvenire in forma digitale, ed infatti sia l'art. 24, comma 6-sexies, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, sia l'art. 87-bis, comma 7, d.lgs. n. 150/2022, stabiliscono l'inammissibilità dell'impugnazione quando l'atto sia privo della sottoscrizione digitale del difensore. Questa Corte, in applicazione di tale normativa, ha pertanto affermato che «è inammissibile ai sensi dell'art. 24, comma 6-sexies, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, l'impugnazione che, pur essendo stata trasmessa a mezzo posta elettronica certificata, risulti priva di sottoscrizione digitale» (Sez. 6, n. 8604 del 22/02/2022, Rv. 282940), essendo tale mancanza equiparabile all'assenza della firma su un qualunque atto trasmesso all'autorità giudiziaria, assenza che priva l'atto stesso di qualunque rilevanza (Sez. 4, n. 38467 del 25/10/2006).
1.2. L'ordinanza impugnata, pur richiamando tale principio, sembra non distinguere tra l'apposizione sull'atto della firma digitale o della firma manuale, dal momento che contesta la mancanza, sull'atto di reclamo, della sottoscrizione da parte del difensore, pur menzionando il fatto che si tratta di atto inoltrato «a mezzo pec». Nel caso di trasmissione di un atto di impugnazione in forma di documento informatico, secondo la normativa richiamata, la sottoscrizione deve essere apposta in forma digitale, non essendo possibile l'apposizione di una firma manuale, se non inviando una copia scannerizzata di un atto cartaceo, munito di tale firma. Un simile atto è sicuramente non conforme alle modalità stabilite dal DGSIA, anche se la giurisprudenza di legittimità non è univoca sulla valutazione della sua ammissibilità, essendo state emesse sia pronunce che reputano tale modalità di redazione di un atto di impugnazione inammissibile (Sez. 2, n. 22191 del 01/03/2022, Rv. 283553; Sez. 2, n. 2874 del 17/11/2021, dep. 2022, n.m.), sia pronunce che, al contrario, affermano non sussistere, in tal caso una sanzione di inammissibilità (Sez. 4, n. 22708 del 11/05/2023, Rv. 284657). Non vi è dubbio, peraltro, che la mancanza di sottoscrizione dell'atto di impugnazione, da parte del difensore, comporti l'inammissibilità di questa, sia nel caso di assenza di firma manuale, sia nel caso di assenza· di firma digitale.
2. L'ordinanza impugnata erra, però, laddove afferma che il reclamo non è stato sottoscritto con firma digitale: l'atto in questione, come evidenziato nel ricorso, risulta regolarmente sottoscritto con firma digitale, essendo l'attestazione dell'apposizione della firma in tale formato contenuta nell'atto stesso, nell'angolo in alto a sinistra della prima pagina, secondo la modalità tipica della procedura di firma digitale tramite il servizio di certificazione fornito dal portale (omissis). L'ulteriore documentazione allegata al ricorso, costituente il certificato di firma generato dal sistema stesso, conferma l'apposizione sull'atto della firma elettronica, in conformità al regolamento europeo 910/2014.
L'avvenuta apposizione della firma digitale esclude l'illegittimità dell'atto, anche qualora le concrete modalità seguite dovessero essere ritenute irregolari. Questa Corte, infatti, ha più volte precisato che l'utilizzo, per l'apposizione della firma digitale, di un software diverso da quelli riconosciuti come validi da parte del sistema informatico in uso all'ufficio giudiziario destinatario costituisce una mera irregolarità, che non comporta l'inammissibilità dell'atto, «posto che la verifica della validità della sottoscrizione deve prescindere dalle caratteristiche del "software" impiegato per generarla e, parallelamente, per condurre la stessa operazione di verifica» (Sez. 2, n. 32627 del 15/06/2022, Rv. 283844; v., anche, Sez. 5, n. 22992 del 28/04/2022, Rv. 283399, e Sez. 1, n. 2784 del 20/12/2021, dep. 2022, Rv. 282490).
La declaratoria di inammissibilità pronunciata dal Tribunale di Sorveglianza di Roma, pertanto, è errata, non sussistendo l'asserita mancanza di firma digitale sul reclamo trasmesso dalla ricorrente in formato digitale.
3. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, accolto, e l'ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio ad al Tribunale di sorveglianza di Roma per un nuovo giudizio
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma