Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Ivrea ha condannato G.V. alla pena di mesi sei di arresto ed euro 1.500,00 di ammenda per il reato di cui all'art. 699 cod. pen., per aver detenuto e trasportato all'interno della sua autovettura una bomboletta spray contenente gas urticante, sostanza rientrante tra i cd. aggressivi chimici; e per il reato di cui all'art. 4, comma 3, secondo periodo, I. n. 110 del 1975, per aver portato senza giustificato motivo fuori dall'abitazione e a bordo della sua autovettura uno strumento da taglio atto ad offendere, specificamente un coltello a serramanico con blocco della lama, avente una lunghezza totale di cm. 16, di cui cm. 6 di lama, fatti commessi in (omissis) il 7 agosto 2019.
2. La Corte di appello non ha ravvisato i presupposti per l'applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen, e ha negato la ricorrenza delle attenuanti generiche.
Ha evidenziato che l'imputato è stato colto nel possesso di ben due strumenti di significativa portata offensiva senza fornire alcuna giustificazione. Gli strumenti offensivi, detenuti a bordo dell'autovettura, erano evidentemente pronti all'uso per recare offesa alla persona. Ha aggiunto che non vi sono dati valutabili per il riconoscimento delle attenuanti generiche, tenuto conto che l'imputato non è neanche incensurato. Ha infine confermato la misura della pena e dell'aumento di continuazione determinati dal giudice di primo grado.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore di G.V., che ha articolato più motivi.
3.1. Con il primo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. Il giudice di appello ha negato la ricorrenza della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto nonostante il primo giudice si fosse espresso riconoscendo al fatto della detenzione del coltello una lieve entità e, in merito alla detenzione della bomboletta spray, una non provata portata offensiva.
È poi meramente assertiva l'affermazione che i due strumenti fossero evidentemente pronti all'uso per recare offesa.
3.2. Con il secondo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche. La Corte di appello non ha tenuto conto del comportamento collaborativo dell'imputato al momento del controllo delle Forze dell'ordine e ha di contro valorizzato l'esistenza di precedenti penali che il primo giudice aveva ritenuto poco significativi.
3.3. Con il terzo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla determinazione della pena anche in riferimento all'aumento di continuazione. La Corte di appello ha errato nel ritenere che la pena sia stata determinata con uno scostamento lieve dal minimo edittale, perché non ha tenuto conto che le previsioni edittali di riferimento nel caso di specie sono quelle del secondo comma dell'art. 4 I. n. 110 del 1975. Ha quindi valutato in termini di gravità il porto del coltello benché questo fatto fosse stato definito di lieve entità in primo grado.
4. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto l'annullamento senza rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio con rigetto nel resto del ricorso.
5. Il difensore del ricorrente ha concluso per iscritto chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione
1. Il ricorso merita accoglimento nelle parti e nei limiti che di seguito si illustrano e per il resto, invece, deve essere rigettato.
2. Il punto relativo al trattamento sanzionatorio deve essere annullato. La Corte di appello non si è avveduta che il giudice di primo grado, per quel che attiene al reato di cui al capo B), ossia al fatto del porto ingiustificato, fuori della propria abitazione, di uno strumento atto ad offendere, ha riconosciuto la lieve entità di cui al comma terzo dell'art. 4 I. n. 110 del 1975. Così qualificato l'episodio, la pena edittale per il reato in contestazione può essere costituita soltanto dall'ammenda, tra il minimo di euro mille e il massimo di euro diecimila. È bene rammentare che, secondo un concorde orientamento di legittimità, "la circostanza del fatto di lieve entità previsto dall'art. 4, comma terzo, legge n. 110 del 1975 si applica a tutte le armi improprie indicate nell'art. 4, comma secondo, I. cit. e non ai soli oggetti atti ad offendere strettamente intesi. (Fattispecie relativa a porto di coltello a serramanico)" - Sez. 1, n. 46264 del 08/11/2012, Rv. 253968 -.
Ne consegue che il giudice, a fronte del riconoscimento della circostanza attenuante, ha errato nella individuazione della pena edittale, che avrebbe dovuto essere composta soltanto della pena dell'ammenda, atteso che "il riconoscimento della lieve entità del fatto, nel caso di porto ingiustificato di oggetti atti ad offendere, ai sensi dell'art. 4, comma terzo, ultima parte, della legge 18 aprile 1975 n. 110, comporta necessariamente l'applicazione della sola pena dell'ammenda, non rilevando in contrario che nella formulazione della norma in questione sia stata adoperata l'espressione "può"; e ciò in quanto, diversamente opinando, sfuggirebbe la stessa ragion d'essere dell'attenuante in parola, da ritenersi prevista dal legislatore proprio per i casi in cui l'applicazione congiunta dell'arresto e dell'ammenda, pur nella misura minima possibile, sarebbe risultata sproporzionata per eccesso rispetto alla infima gravità del fatto" - (Sez. 1, n. 10838 del 28/11/1996, Rv. 206229 -.
L'operazione di determinazione della pena è quindi errata e ciò comporta l'annullamento della sentenza in parte qua, con conseguente rivisitazione della struttura del reato continuato, fermo ovviamente il divieto della reformatio in peius data l'assenza di impugnazione del pubblico ministero.
3. Sono invece infondati i motivi di ricorso relativi al mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e al diniego delle attenuanti generiche. Quanto al primo aspetto, la Corte di appello ha adeguatamente motivato evidenziando che l'imputato è stato colto nel possesso di ben due strumenti atti ad offendere di significativa portata offensiva, senza fornire alcuna giustificazione in merito. Non è per nulla illogica la considerazione, espressa dalla Corte di appello, secondo cui gli oggetti trasportati sull'autovettura dall'indagato, per il modo in cui erano custoditi, fossero pronti all'uso e quindi ad arrecare offesa alle persone. Quanto al secondo aspetto, la Corte di appello ha parimenti ben motivato rilevando l'assenza di elementi positivi su cui fondare una decisione di attenuazione del trattamento sanzionatorio. Ha quindi ricordato che l'imputato ha precedenti penali, seppure risalenti nel tempo e ha in tal modo valorizzato i dati oggettivi della condotta per escludere la meritevolezza di una più lieve sanzione. Valga a tal proposito il riferimento al consolidato principio di diritto per il quale "in tema di circostanze, ai fini del diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente il riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, purché la valutazione di tale rilevanza tenga conto, a pena di illegittimità della motivazione, delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall'interessato" - Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, dep. 2022, Rv. 282693 -.
4. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata, limitatamente alla determinazione della pena, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Torino. Nel resto, invece, il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino. Rigetta il ricorso nel resto.