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29 dicembre 2023
“Caso Esposito”: la Consulta dà ragione all’ex Senatore, per le intercettazioni serviva l’ok del Senato
Secondo la Corte costituzionale «non spettava alle autorità giudiziarie disporre, effettuare e utilizzare le intercettazioni rivolte nei confronti di un terzo imputato, ma in realtà univocamente preordinate ad accedere alla sfera di comunicazione del parlamentare».
La Redazione

Con sentenza n. 227 depositata il 28 dicembre 2023, la Corte costituzionale ha accolto il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Senato contro la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, il Giudice per le indagini preliminari e il Giudice dell'udienza preliminare del medesimo Tribunale, in relazione all'attività di intercettazione che ha coinvolto Stefano Esposito, Senatore nella XVII legislatura.

In particolare, la Corte ha chiarito che per tali intercettazioni occorreva richiedere l'autorizzazione del Senato, precisando anche che gli indici di abitualità dei rapporti tra il parlamentare e il terzo intercettato, il numero delle conversazioni e la loro prevedibilità, nonché la loro proiezione nel tempo, non erano da soli sufficienti a qualificare il parlamentare come bersaglio effettivo delle indagini.
Infatti, afferma la Corte, «il carattere “mirato” dell'attività di indagine deve essere ricavato dalla decisiva circostanza per cui, nei confronti del parlamentare, emergono specifici indizi di reità che si traducono nella richiesta di approfondimenti investigativi».

Nel caso di specie, la Consulta ha ritenuto che l'effettivo e sostanziale coinvolgimento di Stefano Esposito è emerso chiaramente a partire dal 3 agosto 2015, data nella quale il contenuto delle conversazioni intercettate viene per la prima volta fatto oggetto di «spunti investigativi meritevoli di approfondimento». «All'avvenuto mutamento degli obiettivi dell'attività di indagine, convalidato anche da provvedimenti adottati a seguire e dalla successiva iscrizione del parlamentare nel registro degli indagati, si riconnette quindi l'illegittimità dell'acquisizione e dell'utilizzo delle intercettazioni successive al 3 agosto 2015 in quanto avvenuti senza che sia mai stata richiesta, dall'autorità giudiziaria procedente, l'autorizzazione preventiva prescritta dall'art. 4 della Legge n. 140 del 2003».
Per quanto riguarda poi le intercettazioni disposte ed effettuate prima del 3 agosto 2015, la Corte le ha ritenute“occasionali” e, di conseguenza, non utilizzabili nei confronti di Stefano Esposito «senza l'autorizzazione successiva richiesta dall'art. 6, comma 2, della medesima Legge».

Per effetto dell'accoglimento del conflitto di attribuzione, la Corte costituzionale ha annullato, limitatamente alla posizione di Stefano Esposito, la richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino il 29 luglio 2021 e il decreto che dispone il giudizio, adottato dal Giudice dell'udienza preliminare il 1° marzo 2022.