Svolgimento del processo
Il Tribunale di Catania ha dichiarato la separazione dei coniugi M.-L., assegnando la casa coniugale alla moglie e ponendo a carico del marito un assegno per il mantenimento del figlio (oggi maggiorenne) di euro 400,00 mensili e un assegno di euro 300,00 mensili per la moglie. Il M. ha interposto gravame che è stato respinto dalla Corte d’appello di Catania, sui rilievi: della mancanza di prova in merito alla convivenza della donna con un compagno; della non ammissibilità dell’interrogatorio formale e della prova per testi (per la genericità dei capitolati) e – per quanto attiene al capo riguardante l’assegnazione casa coniugale - ritenendo irrilevante la circostanza che la casa coniugale fosse stata ceduta dal M. alla sorella.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione M. affidandosi a sette motivi. La controparte non si è costituita. La causa è stata trattata alla udienza camerale non partecipata del 29 novembre 2023.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la insufficiente, illogica motivazione e l’omesso esame di fatti decisivi con riferimento all'art. 360 n. 5 c.p.c.
Il ricorrente deduce che illegittimamente la Corte di merito ha rigettato il motivo di appello con il quale si chiedeva l'ammissione dell'interrogatorio formale su una serie di capitolati (che trascrive in ricorso) e segnatamente l'articolato n. 8 che riguarda la convivenza more uxorio della moglie con tale G.M. e in subordine la prova per testi già articolata sulla stessa circostanza, con la specificazione che la convivenza era iniziata nel maggio 2015.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 228,232,144, 245 c.p.c. Il ricorrente deduce che la Corte d'appello ha erroneamente ritenuto inammissibili gli articolati di prova e interrogatorio formale, nonostante fossero rilevanti e decisivi ai fini del giudizio perché avrebbero potuto comportare l'annullamento dell'assegno di mantenimento per la moglie.
3.- I motivi, che possono esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono parzialmente fondati nei termini di cui appresso.
La Corte di merito ha ritenuto mancante la prova di una stabile convivenza tra la moglie del ricorrente e un terzo (G.M.) e ha respinto la richiesta di prova orale (interrogatorio e prova per testi) per “la estrema genericità soprattutto che riguarda i profili temporali dei relativi capitolati”; questa osservazione vale sicuramente per tutta una serie di capitoli, segnatamente quelli che riguardano le attività e frequentazioni del figlio F., oggi maggiorenne, o le crisi di sonnambulismo della moglie, dei quali peraltro non si apprezza – né è specificata - la pertinenza rispetto al thema decidendum, ma non per il capitolato n. 8 (trascritto in ricorso) che riguarda la convivenza della moglie con un altro uomo, circostanza specificamente dedotta nella sua attualità (e le circostanze temporali sono ulteriormente precisate nel correlativo capito di prova per testi) e idonea ad incidere sul diritto al mantenimento.
La sentenza della Corte d’appello si espone quindi ad una giusta critica su questo punto, perché non ha dato ingresso ad una prova ammissibile e rilevante e ha poi respinto la domanda per difetto di prova, così non uniformandosi al principio, affermato da questa Corte di legittimità, secondo il quale la mancata ammissione di un mezzo istruttorio si traduce in un vizio della sentenza se il giudice pone a fondamento della propria decisione l'inosservanza dell'onere probatorio ex art. 2697 c.c., benché la parte abbia offerto di adempierlo (Cass. n. 18285 del 25/06/2021).
Sulla rilevanza della prova offerta dal ricorrente basti qui richiamare il principio, anche di recente affermato da questa Corte, secondo il quale se durante lo stato di separazione il coniuge avente diritto all'assegno di mantenimento instaura un rapporto di fatto con un nuovo partner, che si traduce in una stabile e continuativa convivenza, ovvero, in difetto di coabitazione, in un comune progetto di vita connotato dalla spontanea adozione dello stesso modello solidale che connota il matrimonio, caratterizzato da assistenza morale e materiale tra i due partner, viene meno l’obbligo di assistenza materiale da parte del coniuge separato e quindi il diritto all’assegno (Cass. n. 34728 del 12/12/2023; Cass. n. 32871 del 19/12/2018).
4.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la insufficiente e illogica motivazione e l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ai sensi dell’art 360 n. 5 c.p.c. Il ricorrente deduce che ha errato la Corte a ritenere che non vi fosse prova in atti che la moglie svolgeva attività lavorativa avendo egli depositato le foto del profilo “Instagram” nonché un video su dischetto dal quale risulta che ella svolge attività lavorativa da remoto.
5.- Con il quarto motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 156 c.c. e 708 c.p.c. Il ricorrente deduce che la Corte avrebbe dovuto eliminare l'assegno di mantenimento: sia perché la moglie esplica attività lavorativa, sia perché convive stabilmente con G.M., sia per il chiesto addebito della separazione giudiziale, anche con riferimento a quanto articolato nei capitoli di prova e le argomentazioni per le quali si chiedeva l'addebito alla moglie in particolare per i fenomeni di sonnambulismo. Lamenta inoltre che la Corte d’appello, illegittimamente, non gli avrebbe consentito di fornire altri elementi istruttori oltre alle foto, che sarebbero emersi dalle prove orali.
6.- I motivi, che possono esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, si rivelano, anche se solo in parte, fondati.
Le censure sovrappongono una serie di questioni tra di loro diverse e scontano in alcuni punti profili di inammissibilità con riferimento al dovere di chiarezza e specificità, in particolare per quanto attiene alle censure che riguardano il mancato addebito alla moglie per le sue crisi di sonnambulismo. La parte ricorrente, con riferimento al sonnambulismo della moglie, da lui stesso definito stato patologico, non spiega per quale ragione si dovrebbe ritenere comportamento contrario a doveri coniugali (posto che il sonnambulismo è un disturbo che la persona subisce e non un comportamento volontario) né si sofferma sul nesso causale con la crisi coniugale, limitandosi ad affermare che ciò ha determinato per lui una sofferenza; inoltre non chiarisce in che termini ha proposto la questione al giudice d'appello se non con delle deduzioni che correttamente la Corte di merito ha ritenuto generiche e prive di riferimenti temporali.
E’ però fondata la censura che fa riferimento alle prove orali, con riferimento solo all’interrogatorio formale deferito sul capitolo 12. Sia pure esponendo contestazioni in parte inammissibili - come quella relativa al fatto che in atti vi sarebbe il video, oltre le foto del profilo “Instagram” -, la parte afferma che ha errato il giudice di merito a ritenere non raggiunta la prova che la moglie lavori, facendo riferimento alle fotografie versate in atti (profilo “Instagram”) ma anche alla mancata ammissione dei capitoli di prova; ed effettivamente, tra i capitoli trascritti vi è il capitolo 12 sulla disponibilità di una rilevante somma di denaro nei conto correnti bancari, circostanza rilevante perché astrattamente idonea - se confessata - a convalidare la deduzione che la donna lavora, e comunque ha redditi; con la precisazione che in ogni caso la valutazione delle prove è rimessa al prudenza apprezzamento del giudice di merito, il quale però deve ammetterle se riferite a fatti rilevanti. La Corte si è invece limitata a ritenere che le fotografie tratte dal profilo social sono state ritenute di per sé non sufficienti a dimostrare l'attività lavorativa e questo è un apprezzamento in punto di fatto non rivedibile in questa sede; ma il giudice di merito afferma anche che non vi sono altre prove sul punto, mentre risulta invece che una prova è stata offerta, ma non ammessa perché ritenuta generica e priva di riferimenti temporali, mentre il capitolo 12, per come trascritto, appare specificamente riferito all'attualità ed evidenzia un fatto. La Corte di merito è pertanto incorsa nello stesso errore, di diritto, di cui sopra si è detto, e cioè ha respinto la domanda per difetto di prova, senza tenere conto che la prova (ammissibile) è stata invece offerta.
7.- Con il quinto motivo del ricorso si lamenta l’omessa pronuncia sul quarto motivo di appello, trattandosi di fatti discussi tra le parti, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. Il ricorrente deduce che la Corte d'appello ha omesso di pronunziarsi sulla questione dell'assegnazione della casa coniugale e segnatamente sul fatto che egli ha venduto la casa (o ceduto il diritto d’abitazione) alla sorella, che si è accollata la parte di mutuo, e non si può assegnare l'ex casa coniugale se la vendita è stata trascritta nei pubblici registri immobiliari precedentemente al provvedimento di assegnazione; nella fattispecie il provvedimento di assegnazione è del 14 dicembre 2015 mentre la casa coniugale è stata venduta l'8 aprile 2015. Osserva inoltre che il figlio F. ha raggiunto la maggiore età e vive prevalentemente con il padre.
7.1.- Con il sesto motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art.2644 c.c. Le stesse ragioni relative alla vendita della casa coniugale, esposte al motivo n. 5 sono qui dedotte sotto il profilo della violazione di norme di diritto, posto la trascrizione dell'assegnazione della casa familiare è successiva alla trascrizione della vendita della casa.
8.- I motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono entrambi infondati.
La Corte d’appello si è pronunciata sul punto, osservando che nel presente giudizio il giudice di primo grado ha – ad avviso della Corte di merito correttamente - verificato solo la sussistenza dei presupposti per l'assegnazione della casa coniugale cioè la convivenza con il figlio maggiorenne ma non economicamente autosufficiente, esulando dal giudizio la questione petitoria per le quali difetta la legittimazione attiva del M. in quanto non più proprietario del bene; ha inoltre escluso la rilevanza del fatto che il figlio trascorra diversi pomeriggi con il padre perché comunque non è contestata la convivenza con la madre.
Premesso che la ritenuta convivenza del figlio con la madre costituisce giudizio di fatto non rivedibile in questa sede, occorre qui distinguere due questioni.
La prima, se M. fosse legittimato a chiedere il rilascio della casa coniugale; la seconda, se fosse assegnabile una casa già costituente la dimora familiare venduta prima del provvedimento di assegnazione e la cui trascrizione sia avvenuta prima della trascrizione della assegnazione.
Sul punto si deve osservare che non è necessario ai fini dell'assegnazione che la casa sia di proprietà di uno dei due coniugi ma è sufficiente che essa conservi ancora, al momento della assegnazione, la sua qualità di casa familiare cioè che in concreto costituisca l’habitat del figlio (tra le tante, v. Cass. 19347 del 29/09/2016), il che presuppone che la famiglia o quantomeno il genitore convivente con il figlio sia ancora nel godimento del bene. Non osta pertanto alla assegnazione della casa coniugale la pregressa vendita dell’immobile, se - come in questo caso è stato accertato dai giudici di merito - ricorre l’esigenza di conservare l’ambiente di vita del figlio minore, o economicamente non autosufficiente, il quale, al momento in cui il giudice rende il provvedimento di assegnazione, viva effettivamente in quella casa con almeno uno dei genitori.
Quanto al resto, il provvedimento di assegnazione di un immobile destinato a casa familiare non modifica né la natura né il titolo di godimento dell'immobile (Cass. s.u. n. 29/09/2014, n.20448) e pertanto, se la casa non è di proprietà di uno dei coniugi (o di entrambi) al momento dell'assegnazione, i rapporti con i terzi titolari del diritto dominicale che eventualmente agiscano per il rilascio sono regolati in separata sede tenendo conto delle eccezioni che l’assegnatario ritenga di opporre ai suddetti terzi. In ogni caso il genitore che deduca di avere venduto a terzi la casa familiare non è legittimato, nel giudizio di separazione, a chiederne il rilascio al genitore assegnatario, come bene osserva la Corte d’appello di Catania.
Con il settimo motivo del ricorso la parte lamenta la ingiusta condanna alle spese del giudizio, questione che resta assorbita poiché in parziale accoglimento dei motivi 1,2,3,4, nei limiti di cui sopra, la sentenza impugnata deve esser cassata con rinvio della causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione anche per la regolazione delle spese, in ragione di quello che sarà l’esito complessivo del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie, nei limiti precisati in motivazione, il primo, secondo, terzo e quarto motivo del ricorso, rigetta il quinto e il sesto, assorbito il settimo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Catania in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese, anche del giudizio di legittimità. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.