
Il mantenimento del figlio resta a carico dei genitori, infatti, fino a quando non si sia esaurito il suo percorso di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro e, nel caso di specie, ciò non era ancora avvenuto.
Il Tribunale di Monza dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio e stabiliva a carico del padre un assegno di mantenimento mensile della figlia da versare alla madre, oltre al dovere di contribuire in misura pari alla metà alle spese mediche non coperte dal SSN, parascolastiche, ricreative e sportive previamente concordate in favore della figlia.
Il padre chiedeva al Tribunale di modificare le condizioni di divorzio escludendo ogni obbligo a suo carico in favore della figlia ormai maggiorenne o, in subordine, la riduzione dell’assegno mensile di mantenimento.
Il Tribunale rigettava il ricorso, ma a seguito di reclamo, la Corte d’Appello lo accoglieva parzialmente riducendo l’importo dell’assegno di mantenimento.
Non contento, il padre impugna il provvedimento mediante ricorso per cassazione, lamentando l’omessa valutazione di un documento rilevante ai fini del decidere, ovvero il contratto di lavoro della figlia maggiorenne con riferimento al reddito percepito.
Con l’ordinanza n. 35494 del 19 dicembre 2023, la Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, rilevando come il fatto che il contratto di lavoro stipulato dalla figlia fosse un apprendistato non consenta di considerare la medesima economicamente autosufficiente, visto che non sono stati provati una serie di parametri e, in particolare, l’importo del reddito percepito e la durata del contratto. Il ricorrente, infatti, non aveva dimostrato che il trattamento economico ricevuto dalla figlia fosse, non solo proporzionato e sufficiente, ma anche idoneo a garantirne l’autosufficienza economica, dunque correttamente la Corte di Appello si è limitata a ridurre l’importo dell’assegno di mantenimento in suo favore, accogliendo solo parzialmente il reclamo del padre.
Del resto, la giurisprudenza di legittimità è ormai consolidata nel ritenere che il mantenimento del figlio resta a carico dei genitori fino a che non si sia esaurito il suo percorso di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro e, nel caso di specie, ciò non era ancora avvenuto.
Inammissibile di conseguenza il ricorso proposto dal genitore.
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Monza, con sentenza n. 1185/2010 del 19.04.2010, ha dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dai sig.ri A.A. e B.B. ed ha stabilito tra l'altro che il padre contribuisse al mantenimento della figlia C.C. versando alla madre il giorno 5 di ogni mese la somma di Euro 350,00.= da rivalutarsi annualmente, oltre al 50% delle spese mediche non coperte dal SSN, parascolastiche, ricreative e sportive previamente concordate.
In data 10.02.2020 il sig. A.A. ha adito il Tribunale di Monza chiedendo la modifica delle condizioni di divorzio sancite con sentenza n. 1185/2010, escludendo ogni obbligo di mantenimento in favore della figlia, ormai maggiorenne C.C. (nata a (Omissis)); in subordine, di ridurre l'ammontare dell'assegno mensile a suo carico. Si è costituita la B.B. la quale ha contestato in fatto e in diritto il merito delle pretese fatte valere da parte dell'attore e chiesto il rigetto delle domande.
Il Tribunale di Monza, con Decreto cron. 16057/2020 del 24.11.2020, reso all'esito del procedimento R.G. n. 816/2020, ha rigettato il ricorso non ravvisando i presupposti per la modifica delle condizioni di divorzio riscontrando che il paventato peggioramento delle condizioni economiche del sig. A.A. doveva ritenersi bilanciato con i maggiori costi di mantenimento supportati dalla B.B. per la figlia C.C., oggi studentessa di 19 anni ma che all'epoca del divorzio aveva solo 9 anni. Il sig. A.A. ha tempestivamente depositato reclamo avverso il decreto cron. 16057/2020 del 24.11.2020 chiedendo alla Corte d'Appello di Milano la revoca o la riduzione del contributo al mantenimento per la figlia.
La Corte di Appello di Milano, definitivamente pronunciando, sul reclamo proposto da A.A. averso il decreto cron. 16057/2020 pubblicato il 24.11.2021 dal Tribunale di Monza a definizione del proc. R.G. n. 816/2020 ha accolto parzialmente il reclamo e per l'effetto ridotto a Euro 200,00 mensili l'importo che A.A. deve corrispondere alla sig.ra B.B. per il mantenimento della figlia C.C..
Avverso la pronuncia di secondo grado, proponeva ricorso in cassazione A.A. con unico motivo.
Motivi della decisione
Con il motivo di ricorso, il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione degli artt. 147 e 337-septies c.c. e omessa valutazione di un documento rilevante ai fini del decidere, cioè il contratto di lavoro della figlia maggiorenne C.C. A.A., con riguardo al reddito percepito.
Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono (S.U. 22048 del 24/7/2023).
Si deve premettere che la modifica dei provvedimenti adottati con la sentenza di divorzio è subordinata alla condizione del sopravvenire di fatti nuovi rispetto alle circostanze valutate in sede di emissione degli stessi provvedimenti: ebbene la Corte ha già valutato e vagliato le nuove condizioni patrimoniali del ricorrente e ridotto a 200,00 Euro l'assegno originario di 350,00. Infatti, la Corte ha, nel provvedimento impugnato, compiutamente valutato la situazione economica del sig. A.A. e ritenuto che, pur essendo allo stato Egli disoccupato, a far data dal 10.01.2022, "non è verosimile che per la sua età e per la sua capacità lavorativa, non riesca a trovare lavoro avendo dimostrato anche capacità imprenditoriali - sia pur intraprese in (Omissis) - ove ha costituito una scuola di lingua inglese per bambini (doc 17, fasc. primo grado) ed ove ha gestione anche una pizzeria "(Omissis)" (docc. nn. 16-22) attività per le quali, come già anche rilevato dal Tribunale di Monza non ha documentato i suoi redditi.
La Corte di merito ha poi accertato che attualmente egli vive con gli anziani genitori a Monza, ai quali presta assistenza ed è mantenuto dalla madre e dal fratello come dallo stesso dichiarato in udienza alla Corte; che la disdetta del contratto di locazione dell'immobile di cui era proprietario sita in (Omissis) non gli avrebbe impedito di locarlo nuovamente - come rilevato già dal Tribunale - ma comunque la vendita del predetto immobile - avvenuta nel 2020 - per l'importo di Euro 57.000,00 ed il successivo acquisto per l'importo di Euro 42.000,00 di altra casa - in località (Omissis) - fanno presumere che lo A.A. non versi in serie condizioni di ristrettezze economiche proprio per la scelta di investimento in un altro immobile che non è escluso che possa essere messo a reddito tenuto conto del fatto che lui vive con i genitori a Monza - come dallo stesso dichiarato all'udienza del 24 febbraio 2022.
La Corte ha poi valutato, con apprezzamento legittimo, sulla base della certificazione resa dal centro per l'impiego di Milano (che attesta che la figlia C.C. - ancora studentessa - svolge lavoro di apprendistato con decorrenza 01.09.2021) che "la tipologia di contratto di lavoro di apprendistato non consente di considerare un figlio economicamente autosufficiente, non essendo stati provati - nella presente fattispecie - una serie di parametri ed in particolare l'importo del reddito percepito e la durata del contratto medesimo". Il ricorrente, di contro, non ha dimostrato che il trattamento economico ricevuto dalla figlia C.C. - quale apprendista - è non solo proporzionato e sufficiente, ma anche idoneo ad assicurare la sua autosufficienza economica e pertanto, tenuto conto di quanto sopra esposto, la Corte d'Appello ha legittimamente ritenuto di poter accogliere solo parzialmente il reclamo paterno riducendo ad Euro 200,00 l'importo per il mantenimento mensile che lo A.A. deve versare per la figlia C.C..
Tutte le valutazioni del giudice di merito sopra riportate non contrastano con la giurisprudenza di questa Corte che più volte ha affermato il principio secondo cui il mantenimento del figlio resta a carico dei genitori fintanto che non si sia esaurito in congruo termine, la fase di formazione ed inserimento nel mondo del lavoro. Nella specie, tale progressione, ancora in corso, non si è del tutto completata, onde il giudice di merito ha limitato ma non escluso completamente la contribuzione genitoriale.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile. I profili sostanziali sottostanti alla vicenda inducono a compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi riportati nella sentenza.