
Per la Cassazione, non ha efficacia liberatoria la circostanza che l'ufficiale giudiziario medesimo, dopo aver ricevuto assegni bancari a lui intestati, abbia restituito alla debitrice le cambiali.
Una società conveniva in giudizio una banca chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per aver proceduto arbitrariamente a una segnalazione del proprio nominativo in centrale dei rischi, in mancanza del requisito d'insolvenza.
Il Tribunale rigettava la domanda risarcitoria e accoglieva quella riconvenzionale condannando l'attrice a pagare...
Svolgimento del processo
La CAF Arredo di C.G. & S. s.n.c. convenne dinanzi al tribunale di Catania la Unicredit s.p.a. e la Banca d’Italia lamentando che il Banco di Sicilia, nella cui posizione era appunto subentrata Unicredit, aveva proceduto arbitrariamente a una segnalazione del proprio nominativo in centrale dei rischi, in mancanza del requisito d’insolvenza.
Chiese la condanna al risarcimento dei danni ritenendo responsabile anche la Banca d’Italia, questa volta per l’illecito trattamento dei dati personali.
Nella resistenza delle convenute il tribunale, dopo aver dichiarato la propria incompetenza per territorio quanto alla domanda proposta nei confronti della Banca d’Italia, respinse la domanda risarcitoria verso Unicredit e accolse, invece, la riconvenzionale di questa, condannando la società attrice a pagare l’importo di 124.782,00 EUR per le anticipazioni fatte dalla banca in esito allo sconto di cambiali.
La sentenza è stata confermata dalla corte d’appello di Catania che, per la parte che unicamente ancora rileva, ha rigettato il gravame con cui la società aveva contestato il fondamento della riconvenzionale assumendo di aver pagato il debito cambiario a mezzo di assegni a mani dell’ufficiale giudiziario incaricato del protesto.
Contro la sentenza, resa pubblica il 27-3-2019 e non notificata, la società CAF ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi.
Unicredit ha replicato con controricorso, proponendo un motivo di ricorso incidentale condizionato.
La Banca d’Italia, essendo stata intimata, si è difesa essa stessa con proprio controricorso.
La ricorrente e Unicredit hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
I. - La ricorrente principale denunzia nell’ordine:
(i) la violazione o falsa applicazione degli artt. 51, 68 e 71 legge camb., 4 e 9 della l. n. 349 del 1973, per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto che il pagamento eseguito da essa CAF a mani dell’ufficiale giudiziario non avesse avuto efficacia liberatoria nei confronti della banca;
(ii) la violazione o falsa applicazione degli artt. 45 legge camb., 1237, 2697, 2727 e 2728 cod. civ. per avere la stessa corte ritenuto irrilevante, come prova dell’estinzione del debito, la circostanza che le cambiali fossero infine in possesso di essa debitrice;
(iii) la violazione o falsa applicazione dell’art. 66 legge camb., stante l’erroneo accoglimento dell’azione causale derivante dal contratto di sconto, nonostante mancassero i presupposti di cui alla norma citata.
II. - Il ricorso principale, i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente per connessione, non è fondato.
III. - La ricorrente espone la tesi per cui la legge cambiaria e le correlate previsioni della l. n. 349 del 1973, artt. 4 e 9, attribuiscono al pubblico ufficiale incaricato del protesto la legittimazione all’incasso dei titoli con obbligo di versamento dei corrispondenti importi ovvero di restituzione dei titoli protestati. Ne conseguirebbe che, avendo la ricorrente provveduto al pagamento a mezzo assegni bancari, e avendo
di conseguenza ricevuto la consegna delle cambiali, il pagamento si sarebbe dovuto considerare liberatorio nel rapporto con la banca creditrice, a prescindere dalla condotta illecita dell’ufficiale giudiziario.
Sennonché la tesi è in contrasto con le modalità del pagamento delle obbligazioni pecuniarie e non tiene conto di quanto la sentenza d’appello ha accertato in fatto.
IV. - In linea generale nelle obbligazioni pecuniarie, ove non sia imposta per legge una diversa modalità di pagamento, il debitore ha facoltà di pagare, a sua scelta, in moneta avente corso legale nello Stato o mediante consegna di assegno circolare; nel primo caso il creditore non può rifiutare il pagamento, come, invece, può nel secondo ma solo per giustificato motivo, da valutare secondo le regole della correttezza e della buona fede oggettiva.
V. - Ora l'estinzione dell'obbligazione con l'effetto liberatorio per il debitore si verifica sempre con la consegna della moneta, e anche ove la modalità di pagamento sia affidata all’assegno circolare l’effetto liberatorio si ha quando il creditore acquista concretamente la disponibilità giuridica della somma di denaro (v. Cass. Sez. U n. 26617- 07). In questo senso ricade sul debitore pure il rischio dell'inconvertibilità dell'assegno circolare.
Viceversa in nessun caso possiede effetto liberatorio il pagamento eseguito mediante mera consegna di un assegno bancario.
Ciò si desume già in termini generali dall’art. 494 cod. proc. civ. per il caso comune del pagamento eseguito a mani di ufficiale giudiziario col fine di evitare il pignoramento.
Il debitore può evitare il pignoramento versando nelle mani dell’ufficiale giudiziario “la somma per cui si procede e l'importo delle spese, con l'incarico di consegnarli al creditore”; solo in tal caso il versamento all'ufficiale giudiziario, legittimato ex lege a riceverlo, ha contenuto e valore di pagamento, e produce effetti liberatori immediati.
VI. – Il fondamentale principio è ricalcato anche, seppure per implicito, dalla disciplina sui protesti cambiari richiamata dalla ricorrente.
L’art. 9 della legge 12 giugno 1973, n. 349, recante “Modificazioni alle norme sui protesti delle cambiali e degli assegni bancari”, prevede per l’appunto che “i pubblici ufficiali versano l'importo dei titoli pagati il giorno non festivo successivo a quello del pagamento e restituiscono i titoli protestati entro i due giorni non festivi successivi all'ultimo giorno consentito per la levata del protesto”. E aggiunge che “per il tempo in cui i titoli e le somme riscosse restano presso i pubblici ufficiali è vietato alle aziende di credito ricevere da chiunque sotto qualsiasi forma anche indiretta compensi o altre utilità”.
È chiaro che la norma si riferisce al pagamento, ricevuto
dall’ufficiale giudiziario incaricato del protesto, in moneta.
VII. - Nella concreta fattispecie la corte d’appello ha accertato che il pagamento dei titoli non era avvenuto in moneta, e che anzi non era avvenuto affatto perché all’ufficiale giudiziario incaricato del protesto erano stati consegnati semplici assegni bancari all’ordine del medesimo.
Dopodiché l’ufficiale giudiziario aveva personalmente incassato gli assegni e si era appropriato delle relative somme.
Per tale ragione era stato sottoposto a procedimento penale.
Ai fini di causa, e in base all’accertamento di fatto, conta questo: che (a) nessuna somma è stata consegnata all’ufficiale giudiziario in pagamento delle cambiali insolute e che (b) nessuna autorizzazione la banca aveva dato circa il possibile pagamento mediante assegni bancari.
VIII. - Correttamente la corte d’appello ha ritenuto priva di effetto liberatorio la circostanza che l’ufficiale giudiziario medesimo, dopo aver ricevuto assegni bancari a lui intestati, abbia restituito alla debitrice le cambiali.
Difatti la consegna al debitore delle cambiali non pagate, da parte dell’ufficiale giudiziario incaricato del protesto, è in un caso del genere semplicemente illecita e non può rifluire in danno del creditore cambiario.
IX. - Il ricorso principale è quindi rigettato e ciò comporta l’assorbimento dell’incidentale condizionato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale; condanna la ricorrente principale alle spese processuali, che liquida, per ciascuno dei controricorrenti, in 7.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.