
La procura alle liti conferita dal sindaco non necessita né di previa determina né di autorizzazione della giunta.
Svolgimento del processo
1. Con decreto ingiuntivo n. 239/2015, il Tribunale di Siracusa ingiunse al Comune di (omissis) di pagare, in favore dell’avv. A. A., la somma di Euro 16.420,22 a titolo di corrispettivo per l'attività difensiva da lui espletata, in favore dell'ente, nel giudizio iscritto al n. 2002/2003 del registro generale del TAR di Catania.
Il Comune di (omissis) si oppose e chiamò in causa i dipendenti comunali A. B. e G. I. e il sindaco S. S., affinché rispondessero personalmente del pagamento dei compensi dovuti al professionista e dei danni provocati all'Ente per aver conferito l'incarico di difesa al professionista opposto, in carenza di delibera della Giunta di autorizzazione al Sindaco a stare in giudizio ed in violazione delle norme di contabilità dettate dall'art. 191 e ss. del d.lgs. 18/08/2000 n. 267.
I terzi chiamati chiamarono in causa il sindaco neoeletto G. P. che chiamò in garanzia la sua compagnia di assicurazione, Assicuratori dei L., per essere manlevato in caso di condanna.
2. Con sentenza n. 1032/2011, il Tribunale di Siracusa accolse l’opposizione del Comune e revocò il decreto ingiuntivo per difetto di idonea procura e per nullità del contratto per difetto della forma scritta prescritta ad substantiam dagli art. 16 e 17 del r.d. 2440 del 1923.
3. Avverso questa sentenza l’avv. A. propose appello, censurando, con il primo motivo, la statuizione di nullità del contratto in riferimento al difetto di forma e, con il secondo motivo, in riferimento alla riscontrata violazione dell’art. 191 d.lgs. n.267/2000.
Il Comune e la società Assicuratori dei L. proposero appello incidentale avverso la statuizione di compensazione delle spese; G. P., invece, con la sua impugnazione incidentale, contestò la mancata condanna di S. S. al risarcimento dei danni ex art. 96 cod. proc. civ..
Con sentenza n. 1859/2018, la Corte d’appello di Catania dichiarò inammissibile l’appello principale, ritenendo che la sentenza si fondasse su due distinte rationes decidendi, autonomamente sufficienti a fondare la decisione e che ne fosse stata impugnata soltanto una in quanto era stata contestata soltanto la rilevata mancanza di un valido contratto d’opera professionale, ma non la mancanza di una valida procura; dichiarò inammissibile l’appello incidentale di P., per non essere stata impugnata la statuizione di compensazione delle spese, per sé stessa incompatibile con la condanna per lite temeraria; accolse invece parzialmente l’appello incidentale del Comune, compensando le spese con il ricorrente soltanto per un terzo e ponendo il residuo a carico dell’avv. A.; accolse infine, integralmente, l’appello incidentale di Assicuratori dei L. le cui spese, per entrambi i gradi, pose pure a carico dell’avv. A..
4. Avverso questa sentenza l’Avv. A. ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a quattro motivi. Il Comune di (omissis),
A. B., G. I., S. S., G. P. e la Assicuratori dei L. non hanno svolto difese.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, l’avv. A. ha prospettato, in riferimento all’art. 360 comma I n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 2909 cod. civ. e dell’art. 112 cod. proc. civ. per avere la Corte ritenuto che la sentenza di primo grado fosse sostenuta da due motivazioni alternative e, cioè, l’invalidità della procura e la nullità del contratto, di cui la prima non sarebbe stata censurata, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata.
Secondo il ricorrente, invece, il Giudice di primo grado avrebbe unicamente evidenziato che la determina sindacale e la procura alle liti non sono idonee ad integrare il requisito della forma scritta del contratto di patrocinio, prescritta a pena di nullità; la questione della nullità del contratto costituirebbe perciò l’unica motivazione e sarebbe stata peraltro sollevata tardivamente in primo grado o comunque rilevata d’ufficio in violazione dell’art. 101 cod. proc. civ, senza contraddittorio sul punto; la statuizione sarebbe inoltre erronea perché il contratto fra professionista e amministrazione comunale risulterebbe in forma scritta dal concreto esercizio dell’incarico, perché l’atto di costituzione contiene la procura che costituisce l’incontro della volontà del sindaco, che ha la rappresentanza organica dell’ente, e del difensore a cui è conferito il mandato difensivo.
1.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha prospettato, in relazione all’art. 360 comma I n. 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. per avere la Corte erroneamente ritenuto necessario, per il conferimento dell’incarico al difensore e la costituzione in giudizio del Comune, la preventiva autorizzazione della Giunta, risultando invece sufficiente l’avvenuto rilascio della procura da parte del sindaco, che peraltro possiede già il potere di rappresentanza dell’Ente locale.
2. I primi due motivi, che possono essere trattati congiuntamente perché connessi, sono fondati.
Il Tribunale ha accolto l’opposizione fondando la pronuncia su un’unica motivazione, seppure complessa, perché costruita da due argomenti tra loro inscindibilmente connessi: ha ritenuto, infatti, invalida la procura alle liti rilasciata a margine della comparsa di costituzione e risposta davanti al T.A.R. «in quanto non preceduta neppure dalla determina sindacale (in disparte la controversa questione se il Sindaco possa stare in giudizio senza autorizzazione della Giunta municipale) (così a pag. 17 della sentenza di primo grado)»; ha quindi rilevato che era stato soltanto il nuovo Sindaco ad adottare, con atto del 1/7/2003, la determina di nomina del difensore cui, tuttavia, non era seguito il conferimento di una nuova procura; ha, perciò, sovrapposto la necessità della sussistenza di un contratto scritto di mandato fra professionista e amministrazione con la necessità, ai fini della validità della procura alle liti conferita dal Sindaco e del conseguente diritto al compenso, di una determina sindacale e, ancor prima, dell’autorizzazione della Giunta; ha, pertanto, accolto l’opposizione e revocato il decreto ingiuntivo opposto, escludendo il diritto al compenso del difensore.
Proprio in questa sovrapposizione è evidente che la ratio decidendi è unica, seppure articolata in due argomentazioni: in quanto offerte in rapporto di conseguenza l’una con l’altra, infatti, le due argomentazioni sono inidonee, se individualmente considerate, a sorreggere la decisione.
Proponendo il suo appello, l’avvocato ha concentrato sì le sue due censure sulla sussistenza di un contratto valido di mandato con l’ente, ma ha rilevato altresì che vi era stato valido conferimento della procura alle liti e, in conseguenza, risultava concluso un valido contratto di patrocinio che fondava il diritto al compenso.
In tal senso l’appello era ammissibile perché censurava la ratio decidendi nella sua interezza in riferimento al principio, ormai consolidato (Cass. Sez. 6 - 3, n. 2266 del 16/02/2012; Sez. 6 - 3, n. 3721 del 24/02/2015; Sez. 2, n. 21007 del 06/08/2019), secondo cui, in tema di forma scritta ad substantiam dei contratti della P.A., il requisito è soddisfatto, nel contratto di patrocinio, con il rilascio al difensore della procura ai sensi dell'art. 83 cod. proc. civ., atteso che l'esercizio della rappresentanza giudiziale tramite la redazione e la sottoscrizione dell'atto difensivo perfeziona, mediante l'incontro di volontà fra le parti, l'accordo contrattuale in forma scritta.
È vero, infatti, che la procura alle liti, quale negozio unilaterale di conferimento della rappresentanza in giudizio, si distingue dal contratto di patrocinio che è, invece, un negozio bilaterale con cui è conferito l'incarico al professionista.
È vero altresì, tuttavia, che, ai sensi dell'art. 83 cod. proc. civ., il conferimento della procura è accettato dal professionista con il concreto esercizio della rappresentanza giudiziale e la sottoscrizione dell’atto di difesa, sicché in questa forma di accettazione del mandato alle liti apposto sull’atto è stato individuato, nella giurisprudenza di questa Corte, il contratto di patrocinio tra ente pubblico e professionista: del contratto di patrocinio con la pubblica Amministrazione sono, infatti, presenti tutti i requisiti necessari e, cioè, l'incontro di volontà tra ente pubblico e difensore, la funzione economico-sociale (causa) del negozio, l'oggetto e la forma scritta ad substantiam; l'esigenza di identificarne il contenuto negoziale e di rendere possibili i controlli dell'autorità tutoria è, infine, soddisfatta dal collegamento necessario, funzionale e di contenuto tra la procura alle liti, sottoscritta dal rappresentante dell'Ente e l'atto di difesa (citazione, ricorso o comparsa) sottoscritto dal difensore.
La procura, d’altro canto, non necessita – se conferita dal sindaco – né di previa determina né di autorizzazione della Giunta perché nel nuovo ordinamento delle autonomie locali, competente a conferire al difensore del Comune la procura alle liti è il Sindaco; la delibera della Giunta comunale è un atto meramente gestionale e tecnico, privo di valenza esterna (Cass., Sez. I, n. 11516 del 17/5/2007; Sez. 6 - 2, n. 5802 del 23/03/2016; Sez. 1, n. 16457 del 21/06/2018).
In tal senso la sentenza impugnata deve perciò essere cassata e la regolarità del mandato – al fine di riconoscere il diritto al compenso dell’avvocato ricorrente - deve essere valutata in riferimento ai principi esposti.
3. Dall’accoglimento dei primi due motivi deriva l’assorbimento del terzo motivo, con cui l’avvocato ha lamentato, in relazione all’art. 360 comma I n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. per avere la Corte territoriale posto a suo carico le spese processuali della terza chiamata in causa L..
4. Ugualmente risulta assorbito il quarto motivo con cui il ricorrente ha lamentato, in riferimento all’art. 360 comma I n. 4 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 106 cod. proc. civ. per l’omessa pronuncia sulla domanda avanzata dal Comune nei confronti dei dipendenti comunali e del sindaco chiamati in causa e sull’asserita automatica estensione a questi ultimi della sua pretesa nei confronti del Comune.
5. La sentenza impugnata deve perciò essere cassata e la sussistenza del diritto al compenso deve essere valutata anche in riferimento ai principi esposti al punto 2.
Decidendo in rinvio, la Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, statuirà anche sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.