
In caso di pluralità di crediti insinuati, è necessaria l'indicazione distinta del rispettivo titolo di prelazione e delle proprie ragioni che colleghino la causa di prelazione al singolo credito. L'eventuale omissione o assoluta incertezza di tale titolo determina la degradazione a chirografario del credito invocato.
Una spa proponeva domanda di ammissione al passivo della società fallita dei crediti ammontanti a più di 2milioni e 700mila euro, portati da ruoli formati e resi esecutivi dall'Amministrazione finanziaria, dall'INPS e dall'INAIL, una parte in via privilegiate e una parte in via chirografaria. Il Tribunale di Messina ammetteva il credito vantato dalla spa totalmente in via chirografaria.
La controversia giunge in Cassazione, dove la spa censura la sentenza impugnata in relazione al mancato riconoscimento del richiesto privilegio, posto che la statuizione giudiziale che si fondava sul rilievo della mancata indicazione, già nella domanda di insinuazione e poi nell'atto di opposizione al passivo, dei titoli legittimanti la richiesta di ammissione in via privilegiata, sarebbe stata smentita dalla documentazione prodotta in giudizio.
Secondo la ricorrente, le somme di ciascuna cartella chieste al privilegio, il grado e il dato normativo di riferimento, ossia il titolo di prelazione, sarebbe chiaramente evincibili dalla documentazione presenti in atti fin dalla richiesta di ammissione.
Per la Cassazione il motivo è infondato. Nel caso di specie, ciò che è mancato nella domanda di insinuazione al passivo è stata la specifica allegazione e descrizione delle cause di prelazione, connesse con precisione ai relativi crediti tributari.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, l'eventuale omissione ovvero assoluta incertezza del titolo di prelazione, determina la degradazione a chirografario del credito invocato.
Alla luce di quanto detto, la Cassazione rigetta il ricorso con ordinanza n. 2287 del 23 gennaio 2024 e afferma il seguente principio di diritto:
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«La richiesta del privilegio è esaminabile nei suoi presupposti costitutivi se la relativa domanda, in caso di una pluralità di crediti insinuati, è specificamente e chiaramente riferita a ciascuno di essi, con indicazione distinta del rispettivo titolo di prelazione e delle proprie ragioni che colleghino la causa di prelazione al singolo credito, cioè alle prestazioni il cui inadempimento o le condotte la cui effettuazione originino la responsabilità del debitore; il ricorrente che, altrimenti, incorra in assoluta incertezza attributiva della prelazione o in sua omissione consegue un provvedimento non ammissivo con ‘considerazione' legale della domanda in quella di credito chirografario». |
Svolgimento del processo
1. Con ricorso ex art. 93 L. Fall., datato 06/08/2013, ed inviato al Curatore in data 26.09.2013, la Riscossione Sicilia S.p.A. proponeva domanda di ammissione al passivo del Fallimento A. FINANCE – SOCIETA’ COOPERATIVA DI GARANZIA COLLETTIVA FIDI S.C.A R.L. IN LIQUIDAZIONE, dei crediti ammontanti ad € 2.764.484,09 per tributi, contributi, premi assicurativi, fideiussioni escusse, interessi, sanzioni, compensi ed accessori di legge, portati da ruoli formati e resi esecutivi dall'Amministrazione Finanziaria dello Stato, dall’INPS e dall’INAIL, secondo le seguenti modalità: in via privilegiata per € 2.759.075,30 e in via chirografaria per € 5.408,79.
2. Il G.D., con provvedimento del 18.07.2014, dichiarava esecutivo lo stato passivo ed escludeva l’intero credito, con la seguente motivazione: “Considerato che trattasi di cartelle notificate alla società in data anteriore al fallimento (come emerge dalla documentazione allegata). Considerato che la domanda di ammissione al passivo non sembra avere quale presupposto d'imposta l'omesso/insufficiente versamento di imposte dovute dall'impresa fallita, rispetto alla quale la formazione del ruolo costituisce verifica di omesso/insufficiente versamento di un tributo/imposta, seppur dovuto. Ma l'iscrizione a ruolo (nella fattispecie) sembra fondarsi su contratto di fideiussione rilasciato a terzi dall'impresa fallita in violazione delle norme imperative contenuto nel T.u.b. 1993/385, dal momento che la fallita non è iscritta nell'elenco di cui all'articolo 107 T.u.b., ma solo nell'elenco generale di cui al comma quarto dell'articolo 155., comma quarto. Talché ai sensi dell'art. 95 l.f., si rileva la nullità del contratto fideiussorio, quale fatto impeditivo della Riscossione Sicilia S.p.A. / Fall. A. FINANCE in liq.”.
3. Con ricorso ex art. 98 L. Fall. del 04/11/2014 la Riscossione Sicilia S.p.A. proponeva opposizione, chiedendo l’ammissione al passivo del credito originario di € 2.764.484,09 per come specificato nella domanda di insinuazione al passivo indicata in narrativa, del quale € 2.759.075,30 in via privilegiata ed € 5.408,79 in via chirografaria.
4. Il Tribunale di Messina, con il decreto qui impugnato, accoglieva l’opposizione e, per l’effetto, modificando lo stato passivo del fallimento, ammetteva il credito vantato da Riscossione Sicilia s.p.a. per un importo pari complessivamente ad € 2764484,09, “da ammettersi al chirografo”, anziché in via privilegiata per € 2.759.075,30 e in via chirografaria per € 5.408,79.
5. Il Tribunale rilevava, per quanto qui ancora di interesse, che: (a) secondo un recente e condivisibile orientamento giurisprudenziale il concessionario del servizio di riscossioni dei tributi può domandare l’ammissione al passivo dei crediti tributari maturati nei confronti del fallito sulla base del ruolo ed anzi sulla base del solo estratto; (b) sulla base di tali principi di matrice giurisprudenziale, occorreva accogliere l’opposizione proposta dalla Riscossione Sicilia s.p.a. in ordine al credito discendente dai predetti titoli, avendo l’opponente prodotto in atti l’estratto del relativo ruolo, che costituiva prova del preteso credito; (c) in ordine al quantum debeatur, non essendovi contestazione sull’importo oggetto di opposizione, doveva essere accolta la domanda dell’opponente per l’intera somma vantata pari ad euro 2.766.484,09, da ammettersi tuttavia in via chirografaria; (d) la società opponente, infatti, pur avendo richiesto l’ammissione al passivo del fallimento per il sopra indicato importo con il privilegio, non aveva tuttavia specificatamente indicato nell’opposizione (e già, peraltro, con l’atto di insinuazione al passivo) la natura del privilegio e la ragione per la quale le predette somme avrebbero goduto del predetto beneficio; (e) era infatti onere del creditore specificatamente dedurre ed allegare, già in fase di redazione della domanda, la ragione del credito e quale fosse il privilegio invocato, soprattutto laddove – come nel caso di specie – l’importo totale richiesto derivava dalla sommatoria di eterogenee e diversificate voci di credito; (f) le spese del giudizio dovevano essere poste a carico del fallimento ed in favore dell’opponente, in virtù del principio di soccombenza, ed invece compensate con l’Agenzia delle entrate, considerata l’evocazione in giudizio di quest’ultima da parte del Tribunale e del complessivo andamento processuale.
2.Il decreto, pubblicato il 4.8.2021, è stato impugnato da RISCOSSIONE Sicilia S.p.A. con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui il FALLIMENTO A. FINANCE SOCIETÀ COOPERATIVA DI GARANZIA
COLLETTIVA FIDI SCARL IN LIQUIDAZIONE ha resistito con controricorso, con il quale ha proposto ricorso incidentale articolato anch’esso in un unico motivo. Anche l’AGENZIA DELLE ENTRATE si è costituita con controricorso.
Il Fallimento controricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente principale lamenta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., degli artt. artt. 93 e 99 l. Fall.
1.1 Il motivo è infondato.
1.1.1 Ritiene infatti la società ricorrente erronea la decisione impugnata, quanto al mancato riconoscimento del richiesto privilegio, posto che la statuizione giudiziale - che si fondava sul rilievo della mancata indicazione, già nella domanda di insinuazione e poi nell’atto di opposizione allo stato passivo, dei titoli legittimanti la richiesta ammissione in via privilegiata – sarebbe stata smentita dalla documentazione prodotta in giudizio.
1.1.2 Risulterebbe dunque evidente che dalla documentazione presente in atti fin dalla domanda di ammissione fossero chiaramente evincibili le somme di ciascuna cartella chieste al privilegio, il grado e il dato normativo di riferimento, ossia il titolo di prelazione, in conformità a quanto prescritto dall’art. 93, comma 3, n.4. Sempre secondo la ricorrente, sarebbe, pertanto, contraddetta dalle evidenze documentali l’affermazione del Tribunale secondo la quale Riscossione non avrebbe specificamente indicato nell’odierna opposizione (e già con l’atto di insinuazione al passivo) la natura del privilegio e la ragione per cui tale somma godrebbe di tale beneficio. Né risulterebbe corretta, alla luce del dato normativo richiamato, l’osservazione del decidente che aveva evidenziato l’importanza dell’inadempimento dell’onere probatorio gravante sul creditore, soprattutto laddove –come nella specie- l’importo totale richiesto derivava dalla sommatoria di eterogenee e diversificate voci di credito. Al contrario, l’importo complessivo del credito privilegiato sarebbe stato specificato in correlazione a ciascuna cartella, tramite l’estratto ripartizionale dei ruoli, con l’indicazione degli importi per partite, codici tributo, eventuali titoli di prelazione.
1.1.3 Allo stesso modo erroneamente il Tribunale avrebbe invocato - evidenzia il ricorrente - il principio per cui sarebbe onere del creditore specificamente dedurre ed allegare già in fase di redazione della domanda la ragione del credito e quale sia il privilegio invocato, ritenendolo violato. Sarebbe infatti prassi seguita da Riscossione redigere la domanda di insinuazione al passivo indicando sia il credito complessivo, sia nelle due componenti, chirografario e privilegiato, rinviando alla documentazione allegata - composta da estratti di ruolo, copie delle notifiche delle cartelle, e da estratti di ripartizione dei debiti – l’indicazione specifica delle singole voci di credito, con i relativi accessori e gradi di prelazione.
1.2 Le doglianze presentano, per un verso, profili di inammissibilità e, per altro verso, profili di infondatezza.
Sotto il primo profilo, va evidenziato che le censure non colgono a pieno la ratio decidendi del provvedimento impugnato che ha fondato il diniego del richiesto privilegio, non già sul profilo della mancata prova dei fatti costitutivi del diritto di prelazione invocato, quanto piuttosto sulla mancata allegazione e deduzione da parte dell’odierno ricorrente, già nella fase della verifica del passivo e, poi, anche in quella oppositiva successiva, degli essenziali profili descrittivi qualificanti il titolo giustificativo della richiesta ammissione privilegiata. Detto altrimenti, l’opponente, in sede di giudizio ex art. 98 l. fall., non avrebbe compiutamente descritto la causa petendi della sua domanda di ammissione e non già il diverso profilo della documentazione della domanda.
1.3 Sotto altro profilo, deve ritenersi che la statuizione qui impugnata risulta conforme alla giurisprudenza espressa da questa Corte di legittimità nella materia, essendo stato precisato che la domanda di ammissione al passivo fallimentare postula, ai fini del riconoscimento del privilegio, la necessaria indicazione nel ricorso, ai sensi dell'art. 93, comma 3, n. 4, della l. fall., dell'eventuale titolo di prelazione, conseguendo, all'omissione o assoluta incertezza del titolo in parola, la degradazione a chirografario del credito invocato (Cass: Sez. 1, Ordinanza n. 10990 del 26/04/2021: nella specie, la
S.C. aveva escluso la spettanza del privilegio art. 2751-bis, comma 1 , n. 3,
c.c. con riferimento all'insinuazione al passivo per un'indennità suppletiva di clientela in relazione a un rapporto di agenzia, essendosi il creditore limitato a richiamare la ragione giustificativa del credito e non anche la connotazione privilegiata; così anche: Sez. 1, Ordinanza n. 10990 del 26/04/2021; n. 17710 del 2014; n. 12467 del 2018).
1.4 Nel caso di specie, ciò che è mancato nella domanda di insinuazione al passivo è stata la specifica allegazione e descrizione delle cause di prelazione, connesse con precisione ai relativi crediti tributari, il che costituisce invero anche la ratio decidendi del provvedimento impugnato che non è stata neanche, per quanto sopra detto, compiutamente impugnata dall’odierna società ricorrente.
1.5 Occorre pertanto affermare, in relazione alla fattispecie in esame, il seguente principio di diritto: “La richiesta del privilegio è esaminabile nei suoi presupposti costitutivi se la relativa domanda, in caso di una pluralità di crediti insinuati, è specificamente e chiaramente riferita a ciascuno di essi, con indicazione distinta del rispettivo titolo di prelazione e delle proprie ragioni che colleghino la causa di prelazione al singolo credito, cioè alle prestazioni il cui inadempimento o le condotte la cui effettuazione originino la responsabilità del debitore; il ricorrente che, altrimenti, incorra in assoluta incertezza attributiva della prelazione o in sua omissione consegue un provvedimento non ammissivo con ‘considerazione’ legale della domanda in quella di credito chirografario”.
2. Va ora esaminato il ricorso incidentale.
2.1 Il Fallimento deduce infatti in via incidentale “Violazione e/o falsa applicazione degli art. 91 e 92 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c.”
2.2 Secondo il fallimento controricorrente, la condanna al pagamento delle spese di lite disposta dal Tribunale integrerebbe una palese violazione dell’art. 92 c.p.c., non avendo il giudice a quo tenuto conto del fatto che, nel caso di specie: (a) ricorresse un’ipotesi di “soccombenza reciproca”, che avrebbe dovuto determinare la compensazione, quanto meno parziale, delle spese di lite; (b) nell’ammettere al passivo il credito insinuato da Riscossione Sicilia – sia pure in via chirografaria – la pronuncia dava comunque atto del mutamento della giurisprudenza intervenuto nelle more del giudizio di opposizione, in riferimento alla documentazione che deve essere prodotta dal creditore istante in relazione a crediti di natura tributario-contributiva, quali quelli di cui si discute in questa sede.
2.3 In ordine al primo profilo, l’erroneità del provvedimento impugnato sarebbe confermata alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale la nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale delle spese processuali, sottende - anche in relazione al principio di causalità - una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero l’accoglimento dell'unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero una parzialità dell'accoglimento meramente quantitativa, riguardante una domanda articolata in unico capo. Applicando al caso di specie i principi enunciati, risulterebbe l’erroneità del provvedimento impugnato, nella parte in cui il Fallimento era stato condannato al pagamento delle spese di lite nei confronti di Riscossione Sicilia, atteso che la domanda formulata da quest’ultima era stata parzialmente rigettata dal giudice a quo, con il mancato riconoscimento della collocazione privilegiata di parte del credito richiesta dal creditore istante. Sul punto, si ribadisce da parte del ricorrente che, sebbene la regolamentazione delle spese di lite costituisca una valutazione discrezionale del giudice di merito, tale apprezzamento non potrebbe, in ogni caso, sconfinare mai nella mera arbitrarietà, come avvenuto nel caso di specie, ove il Tribunale aveva immotivatamente e illogicamente disapplicato l’art. 92 c.p.c., ignorando la sussistenza dei presupposti indicati dal legislatore quale giustificazione della compensazione (parziale, ovvero integrale) delle spese di lite.
2.3 Con riferimento al secondo profilo sopra solo tratteggiato, il Tribunale non avrebbe tenuto conto del fatto che l’ammissione al passivo del credito insinuato da Riscossione Sicilia si fondava sul più recente orientamento della giurisprudenza, che, negli ultimi anni, aveva invece affermato la facoltà per l’Agenzia delle Entrate di chiedere l’ammissione al passivo di crediti sulla base, esclusivamente, dei ruoli prodotti, anche nel caso in cui il creditore non avesse fornito la prova dell’avvenuta notifica delle cartelle esattoriali sui quali tali crediti si fondano. In epoca successiva rispetto alla verifica del passivo (avvenuta nel corso del 2013) e nelle more del giudizio di opposizione ex art.
98 l.f. (promosso nel 2014), la giurisprudenza di legittimità aveva invece mutato l’orientamento precedente, affermando il principio secondo cui per l’ammissione al passivo fallimentare dei crediti insinuati dai concessionari della riscossione dei tributi è sufficiente la produzione del solo estratto di ruolo, senza che occorra, in difetto di espressa previsione normativa, anche la previa notifica della cartella di pagamento.
Pertanto, avendo il Tribunale espressamente richiamato il (nuovo) orientamento della giurisprudenza a sostegno della decisione di accogliere l’opposizione proposta da Riscossione Sicilia (ammettendo i crediti tributari oggetto d’insinuazione, pur in assenza della prova della notifica delle cartelle esattoriali sulla base delle quali si fondavano tali crediti), il Giudice a quo avrebbe dovuto, anche per tale ragione, disporre la compensazione delle spese di lite, costituendo il mutamento della giurisprudenza – unitamente all’ipotesi di soccombenza reciproca – uno dei presupposti per disporre tale compensazione, ai sensi dell’art. 92 c.p.c.
2.4 Il motivo di ricorso incidentale è invero inammissibile.
2.4.1 Sul punto giova ricordare che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha precisato che, in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell'opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (v. Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 24502 del 17/10/2017; v. anche: Cass. 8421/2017). Rientrando dunque nella discrezionalità giudiziale la decisione di compensazione, il ricorrente incidentale tenta in realtà di riproporre a questa Corte di legittimità una valutazione di merito in ordine alla contestata regolazione delle spese di lite, scrutinio che, tuttavia, proposto sotto l’egida applicativa del vizio di violazione di legge, esula dal sindacato di legittimità (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017;Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14
/01/2019).
Va dunque rigettato il ricorso principale e dichiarato inammissibile quello incidentale.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza principale, sebbene parzialmente compensate per ¼ in ragione della parziale soccombenza del Fallimento.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente e del fallimento controricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale; condanna la società ricorrente principale e l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore del Fallimento controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000 per compensi, già considerata la disposta compensazione di ¼ dei predetti compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale Fallimento, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.