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2 febbraio 2024
Non è opponibile l’invito al pagamento per recuperare le spese di giustizia relative a procedimenti penali

È necessario che il soggetto condannato sia stato destinatario di una cartella di pagamento o di un'intimidazione di pagamento affinchè sorga il bisogno di tutela giurisdizionale del medesimo e divenga attuale e concreto il suo interesse ad agire.

La Redazione

La controversia trae origine dall'opposizione ex art. 615 c.p.c. avverso l'estratto di condanna e l'invito al pagamento emessi dall'Ufficio recupero crediti del Tribunale militare di Napoli. L'opponente deduceva l'assenza di idoneo riscontro probatorio giustificativo delle somme richiesta e la non riferibilità delle singole voci di spesa all'unico reato (dei vari oggetto di imputazione) per cui è stato condannato.
Entrambi i Giudici di merito rigettavano l'opposizione, conseguendone il ricorso per cassazione.

In sede di legittimità, la Suprema Corte richiama anzitutto l'art. 226 D.P.R. n. 115/2022, il quale riconosce al condannato al pagamento delle spese del procedimento penale le «garanzie giurisdizionali della riscossione», quest'ultima da compiersi «mediante ruolo» ex art. 223 e con le modalità ivi specificatamente stabilite.
L'esperibilità dei rimedi di tutela giurisdizionale, spiega la Cassazione, presuppone «il compimento di un atto della riscossione a mezzo ruolo, con cui sia intrapresa (o anche soltanto minacciata, ma nelle forme ad hoc tipizzate) l'azione per il coattivo soddisfo del relativo credito».

Dunque, per proporre opposizione esecutiva (onde contestare la quantificazione dell'importo dovuto in base alla decisione del giudice penale, come liquidato dagli organi competenti, oppure al fine di contrastare le modalità seguite per il recupero del credito) è necessario che il soggetto condannato sia stato destinatario (quantomeno) di unacartella di pagamento, atto che, nella procedura speciale di riscossione, assolve le funzioni svolte nella espropriazione forzata dalla notificazione del titolo esecutivo e dalla intimazione del precetto.
Pertanto, soltanto quando la pretesa del credito si sia estrinsecata in uno degli atti tipici della riscossione coattiva (cartella di pagamento o intimidazione di pagamento) sorge, per voluntas legis, il bisogno di tutela giurisdizionale del destinatario della pretesa e diviene attuale e concreto l'interesse ad agire di quest'ultimo.

Applicando quanto detto al caso in esame, la Cassazione osserva che l'opposizione formulata dal ricorrente è stata indirizzata avverso l'invito al pagamento emesso e notificato - in uno all'estratto di condanna penale - dall'Ufficio recupero crediti del Tribunale militare di Napoli. Ma questo, osserva la Corte, è un atto di natura amministrativa, che ha contenuto di autoliquidazione del credito da parte dello stesso ente creditore, ed è «privo di qualsivoglia efficacia esecutiva, anteriore alla formazione del ruolo e nemmeno necessariamente prodromico alla iscrizione a ruolo del relativo credito».

Per questi motivi, con sentenza n. 2973 del 1° febbraio 2024, la Suprema Corte cassa senza rinvio la sentenza impugnata e afferma il seguente principio di diritto:

ildiritto

«In tema di recupero di spese di giustizia relative a procedimenti penali, avverso l'invito al pagamento emesso ai sensi dell'art. 212 del d.P.R. n. 115 del 2002 non sono ammissibili, per difetto di interesse ad agire, opposizioni all'esecuzione e opposizioni agli atti esecutivi, né azioni di accertamento negativo del credito».
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