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6 febbraio 2024
Inammissibile la domanda di mantenimento formulata nel giudizio alimentare

L'assegno di mantenimento può comprendere anche la quota alimentare e non presuppone necessariamente lo stato di bisogno. Per questo, diversamente dal caso inverso, qualora venga chiesto il mantenimento per la prima volta in appello nell’ambito di un giudizio alimentare, la relativa domanda si rivela inammissibile, qualificandosi come domanda nuova.

La Redazione

Il Tribunale di Roma rigettava le domande dell’attore, proposte nelle vesti di figlio maggiorenne che in virtù dello stato di bisogno suo e della sua famiglia, aveva chiesto una somma maggiore a titolo di alimenti da parte dei genitori. Nella specie, egli percepiva già 700euro mensili, ma sosteneva che non fossero sufficienti per il sostentamento suo e della sua famiglia, considerato che egli aveva dichiarato (in precedenti giudizi) di lavorare saltuariamente. Allo stesso tempo, egli confermava l’importo versato ogni mese dai genitori e il fatto che la l’abitazione ove viveva fosse stata dagli stessi concesso in comodato gratuito (con spese per utenze ed altro sempre a carico dei genitori).
La Corte d’Appello confermava la pronuncia di primo grado, al che il figlio si rivolge alla Corte di Cassazione censurando, tra le altre cose, la statuizione con la quale i Giudici avevano ritenuto adeguato l’assegno alimentare che già riceveva, tenendo conto non solo dell’assenza di spese abitative, ma anche del fatto che egli percepiva una pensione di invalidità. In tal senso, il ricorrente sostiene l’insufficienza dell’importo complessivamente percepito (la pensione di invalidità ammontava a 299,00 euro) al fine di garantire un’esistenza dignitosa a lui e alla sua famiglia.

precisazione

Deve precisarsi che il ricorrente era affetto da disturbo bipolare diagnosticato all’età di 20 anni con diversi ricoveri ospedalieri in regime di TSO, ragione per cui gli era stata riconosciuta una inabilità al lavoro al 100% e la pensione di invalidità. In aggiunta, la moglie era priva di occupazione poiché affetta da disturbo ansioso depressivo e gastrite recidivante, mentre il figlio era un soggetto con disturbo dell’umore e una depressione a marcata componente ansiosa e ossessivo fobica.

Per questa ragione, il ricorrente invoca l'applicazione del principio secondo cui la posizione dei figli maggiorenni portatori di handicap grave si equipara a quella dei figli minori ai sensi dell'art. 337-septies c.p.c..

Con la sentenza n. 2710 del 29 gennaio 2024, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il motivo di ricorso, poiché prospetta una questione di nuova introduzione in quanto non assistita da dovuta specificità.
In tale contesto, i Giudici di legittimità affermano che 

ildiritto

«L'assegno di natura alimentare non può essere equiparato all'assegno di mantenimento per i figli, essendo diverse sia la natura e sia le finalità proprie dei due tipi di assegno, solo in minima parte potendo coincidere le due provvidenze. Invero, l'assegno di mantenimento può comprendere anche la quota alimentare e non presuppone necessariamente lo stato di bisogno, su cui il ricorrente ampiamente ha insistito, dimostrando di avere qualificato la domanda originaria proprio come domanda per alimenti, così come ritenuto dai giudici di merito in primo e secondo grado.
In ogni caso, la domanda di assegno alimentare costituisce, comunque, un minus rispetto alla domanda di riconoscimento di un assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne portatore di handicap grave e richiede la ricorrenza di un più stringente presupposto, costituito dallo stato di bisogno
».

Da ciò segue che quando la domanda di mantenimento venga formulata per la prima volta in appello nell’ambito di un giudizio alimentare, diversamente che nel caso inverso, essa si rivela inammissibile e si qualifica come domanda nuova.
Segue il rigetto del ricorso.

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