Se ne occupa la Cassazione con l'ordinanza in commento.
Con ricorso
Svolgimento del processo
1.- Con ricorso ex art. 10 del d.lgs. n. 150/2011 depositato in data 29 ottobre 2021 I.R.G. e R.S.M., nella loro qualità di eredi legittimari del de cuius R.C., quale moglie la prima e figlio il secondo, hanno agito dinanzi al Tribunale di Bologna nei confronti di Unipolsai Assicurazioni S.p.A., nella persona del legale rappresentante pro tempore, per sentirla dichiarare tenuta e conseguentemente, condannata, quale istituto assicurativo e titolare del trattamento, a consegnare ai ricorrenti la copia integrale delle polizze vita n. (omissis) e n. (omissis), complete e non oscurate, con l’indicazione chiara ed intellegibile delle generalità dei beneficiari. Gli istanti avevano dedotto di essere gli unici eredi ab intestato di C.R., deceduto in data 4 giugno 2021, di essere titolati a ricostruire l’asse ereditario, di avere avuto notizia che il de cuius aveva sottoscritto le polizze vita di cui si discute a favore di soggetti terzi beneficiari, di ritenere che i beni caduti in successione fossero costituiti dall’ammontare dei premi versati dal de cuius, di ritenere che fosse stata lesa la loro quota di legittima per cui avevano necessità di conoscere l’identità dei terzi beneficiari così da poter esperire l’azione di riduzione prevista dagli artt. 533 e ss cod.civ.
Il Tribunale di Bologna, con la sentenza pubblicata il 23/9/2022, ha accolto il ricorso ed ha dichiarato che Unipolsai Assicurazioni S.p.A. era tenuta a consegnare ai ricorrenti I.R.G. e R.S.M. la copia integrale delle polizze indicate, complete e non oscurate, con l’indicazione chiara ed intellegibile delle generalità dei beneficiari e la ha condannata in questi sensi, anche alla refusione delle spese di lite.
La società ha proposto ricorso con un unico mezzo, illustrato con memoria, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe: I.R.G. e R.S.M. hanno replicato con controricorso.
È stata disposta la trattazione camerale.
Motivi della decisione
2.- Con l’unico motivo la società denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 15 GDPR nonché dell’art. 2-terdecies del d.lgs. n. 196/2003 e succ. mod., norme che disciplinano il diritto di accesso ai dati personali che, a parere della ricorrente, in linea con quanto sempre statuito dal Garante per la protezione dei dati personali, non contemplerebbero il diritto dell’erede del de cuius contraente ad accedere ai dati personali dei beneficiari della polizza
Il ricorrente prospetta un contrasto tra la più recente decisione di legittimità, di cui ha fatto applicazione il Tribunale di Bologna, che ha riconosciuto il diritto ed ha affermato che «In tema di accesso ai dati personali altrui, è legittima l'ostensione dei dati del beneficiario della posizione previdenziale di un fondo pensione, allorché il richiedente alleghi l'interesse, concreto e non pretestuoso, ad intraprendere un giudizio nei confronti di quest'ultimo, come avviene nel caso in cui la richiesta provenga dal legittimario dell'aderente al fondo, deceduto dopo aver proceduto alla designazione del menzionato beneficiario.» (Cass. n. 39531/2021), e la precedente decisione con cui si era affermato che «In tema di trattamento dei dati personali, tra i dati concernenti le persone decedute, ai quali hanno diritto di accesso gli eredi, a norma dell'art. 9, comma 3, del d.lgs. n. 196 del 2003, non rientrano quelli identificativi di terze persone, quali sono i beneficiari della polizza sulla vita stipulata dal "de cuius", ma soltanto quelli riconducibili alla sfera personale di quest'ultimo.» (Cass. n. 17790/2015).
La ricorrente, illustrato l’apparente contrasto, ha rappresentato l’ opportunità di trattazione della causa in pubblica udienza o di chiamata in causa anche il Garante.
3.- Preliminarmente, si devono disattendere le istanze di trattazione della causa in pubblica udienza e di chiamata in causa del Garante, avanzate dalla ricorrente
Invero, in adesione all'indirizzo espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, il collegio giudicante ben può escludere, nell'esercizio di una valutazione discrezionale, la ricorrenza dei presupposti della trattazione in pubblica udienza, in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare nel caso di specie (Cass. Sez. U. n. 14437/2018) e non si verta in ipotesi di decisioni aventi rilevanza nomofilattica (Cass. Sez. U. n. 8093/2020).
In particolare, la sede dell'adunanza camerale non è incompatibile, di per sé, anche con la statuizione su questioni nuove, soprattutto se non oggettivamente inedite e già assistite da un consolidato orientamento, cui la Corte fornisce il proprio contributo (Cass. n.6118/2021; Cass. n. 8757/2021). Per cui, tenendo anche conto di quanto si dirà appresso, la controversia può essere esaminata in camera di consiglio senza necessità di chiamare in causa il Garante.
4.- Nel merito il ricorso va rigettato.
5. La controversia in esame concerne l’ostensibilità dei dati identificativi del terzo beneficiario di polizze assicurative “vita”.
Il contratto di assicurazione sulla vita tradizionale si connota per la funzione previdenziale (Cass. Sez. U. n.8271/2008) perché con la stipulazione dello stesso l'assicurato mira, generalmente, a garantire, sia riguardo alla prima fase di accumulo della provvista monetaria, sia riguardo alla successiva fase di erogazione della prestazione pecuniaria, la disponibilità di una somma ai familiari ovvero a terzi al momento della propria morte ed il rischio di perdita del capitale è pari a zero, essendo predeterminato l'importo da erogare al contraente o al beneficiario alla scadenza del contratto (Cass. n.29583/2021), funzione previdenziale propria anche dei fondi pensione, esaminati nella precedente sentenza in tema (Cass. n. 39531/2021), che qui si viene a confermare.
Tanto premesso va osservato che il d.lgs. n. 196/2003, art. 2- terdecies, comma 5, introdotto dal d.lgs. n.101/2018, art. 2, comma 1, lett. f), applicabile ratione temporis al caso in esame, ha espressamente affermato, in tema di diritti riferiti ai dati personali concernenti persone decedute, che essi possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio o agisce a tutela dell'interessato o per ragioni familiari meritevoli di protezione, salvo che (limitatamente all'offerta diretta di servizi della società dell'informazione) l'interessato lo abbia espressamente vietato con dichiarazione scritta: ma, «in ogni caso, il divieto non può produrre effetti pregiudizievoli per l'esercizio da parte dei terzi dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell'interessato nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi».
Come già affermato da Cass. n. 39531/2021, il giudice, che sia stato adito ai sensi dell'art. 152 d.lgs. cit., a fronte del rifiuto di ostensione, non ha il potere-dovere di provvedere ad una valutazione preventiva in ordine alla fondatezza dell'azione che il richiedente intenda intraprendere: onde, al riguardo, si palesa ultroneo il riferimento alla non esperibilità o infondatezza delle azioni prospettate ex art. 428 c.c. e art. 553 c.c. e ss.
Il solo controllo "in negativo", demandato al giudice del merito, sta nel verificare che non si tratti di un'istanza del tutto pretestuosa, come allorché il richiedente non vanti, neppure in astratto, una posizione di diritto soggettivo sostanziale, che si ricolleghi all'esigenza di conoscenza dei dati per farlo valere.
Onde, a fronte di una pretesa come quella in esame, al giudice del merito compete solo di accertarne e riscontrarne la plausibilità, in quanto essa non si presenti ictu oculi come manifestamente pretestuosa e già astrattamente improponibile o inammissibile.
Ogni questione di merito, relativa alla fondatezza in concreto delle domande, oggetto delle cause giudiziarie prospettate dal richiedente l'ostensione dei dati, va invece riservata al giudice del processo.
Ne deriva che non è dovuto, da parte del giudice adito ex d.lgs. n. 196/2003, ex art. 152, né l'accertamento della effettiva qualità di erede in capo al ricorrente (cfr. Cass. n. 19571/2019, che, in tema di previdenza complementare, nel caso di decesso dell'aderente in epoca antecedente alla maturazione del diritto alla prestazione, ha ritenuto il diritto di riscatto riconosciuto dal d.lgs. n. 289/2005, art. 14, comma 3, sorto direttamente in capo agli eredi in virtù della previsione di legge: onde occorre, appunto, accertare quali soggetti siano divenuti eredi con l'accettazione della eredità), né lo stabilire se il beneficiario designato abbia acquistato un diritto proprio neppure entrato nel patrimonio ereditario (come hanno ora ritenuto avvenire in caso di assicurazione in favore del terzo che devolva l'indennizzo ai legittimi eredi: Cass. Sez. U. n. 11421/2021; v. già, in tema di contratto di assicurazione, Cass. n. 25635/2018).
La decisione impugnata si è attenuta a questi principi e risulta immune da vizi.
6. Va aggiunto che l’esercizio del diritto di accesso da parte di eredi e di chiamati all’eredità ai dati personali di soggetti deceduti, con particolare riferimento a quelli dei beneficiari di polizze vita (artt.
15 del Regolamento (UE) 2016/679 e 2-terdecies del Codice in materia di protezione dei dai personali) è stato esaminato anche nel recente Provvedimento interpretativo del Garante per la protezione dei dati personali - Reg. Prov. n.520 del 26 ottobre 2023 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 281 del 1° dicembre 2023), che ha condiviso i principi elaborati in sede di legittimità ed ha elaborato una serie di regole di condotta per gli operatori del settore assicurativo, volte a delineare l’ambito di ostensibilità dei dati richiesti in questa particolare situazione, all’evidente fine di garantire un agevole esercizio del diritto all’ostensione, di contenere il contenzioso e di garantire l’adozione di opportune cautele e l’adeguatezza dell’informativa in merito, sia al contraente che al beneficiario della polizza, ed ha esposto «…Considerato che la tutela della riservatezza dei dati personali non ha un valore assoluto, il titolare del trattamento deve contemperare tale diritto con quello di difendersi in giudizio esercitato da colui che accede ai dati personali del de cuius.
Secondo quanto affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità, infatti, “l’interesse alla riservatezza dei dati personali deve cedere a fronte della tutela di altri interessi giuridicamente rilevanti, tra i quali l’interesse, ove autentico e non surrettizio, all’esercizio del diritto di difesa in giudizio”.
Ciò significa che a fronte del dichiarato interesse del richiedente a conoscere anche i nominativi dei beneficiari delle polizze, il titolare deve eseguire un “controllo in negativo”, che si risolve nel verificare che non si tratti di un'istanza del tutto pretestuosa.
In questo senso il titolare dovrà verificare la sussistenza dei presupposti di seguito indicati:
1) che il soggetto che esercita il diritto di accesso ai dati del defunto sia portatore di una posizione di diritto soggettivo sostanziale in ambito successorio, corrispondente alla qualità di chiamato all’eredità o di erede;
2) che l’interesse perseguito sia concreto e attuale, cioè realmente esistente al momento dell’accesso ai dati, strumentale o prodromico alla difesa di un proprio diritto successorio in sede giudiziaria.
Si invitano i titolari del trattamento a valutare l’adeguatezza dell’informativa resa sia al contraente che al/i beneficiario/i delle polizze (rispettivamente ai sensi dell’art. 13 e dell’art. 14, par. 1 lett. e) del Regolamento) alle indicazioni contenute nel presente provvedimento.
Il soggetto che riceve i dati dell’interessato dovrà, a sua volta, nel trattare i dati ricevuti, rispettare rigorosamente la finalità di tutela dei propri diritti successori in sede giudiziaria sottesa a tale comunicazione.».
7.- Resta fermo che il richiedente che ritenga di averne diritto, ove non abbia conseguito l’ostensione dei dati richiesti da parte del titolare del trattamento, potrà comunque adire il giudice, ai sensi dell'art. 152 d.lgs. cit., che dovrà valutare la domanda secondo i principi indicati sub 5.
8.- In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
- Rigetta il ricorso;
- Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio che liquida in euro 4.000,00=, oltre euro 200,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;
- Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. n. 196 del 2003, art. 52;
- Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.