Con la pronuncia in commento, il Tribunale di Latina evidenzia che in caso di nascita indesiderata, il risarcimento dei danni connessi all'inadempimento del ginecologo alla sua obbligazione di natura contrattuale spetta ad entrambi i genitori, dunque non solo alla madre che è l'unico soggetto cui spetta, invece, la facoltà di scegliere se interrompere o meno la gravidanza.
Il fatto
Gli attori, in proprio e quali esercenti la responsabilità genitoriale sul minore coinvolto, chiedono il risarcimento dei danni nei confronti della convenuta, dottoressa presso la struttura sanitaria ove la donna si era recata per svolgere alcuni esami legati al suo stato di gravidanza. Nello specifico, la dottoressa non si sarebbe accorta in tale sede della grave malformazione congenita del feto che quindi veniva alla luce affetto da aplasia della mano sinistra. Tale omessa diagnosi avrebbe impedito alla coppia di esercitare il diritto di interruzione volontaria della gravidanza, previsto dall'
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A chi spetta il diritto al risarcimento?
Con la sentenza n. 2275 del 26 ottobre 2023, il Tribunale di Latina chiarisce anzitutto chi sono i titolari del diritto al risarcimento in caso di “nascita indesiderata” derivante dall'inadempimento del ginecologo all'obbligazione di natura contrattuale gravante su di lui, evidenziando che esso spetta ad entrambi i genitori, considerato il complesso di diritti e doveri che si incentrano sul fatto della procreazione, non rilevando in tal senso il fatto che sia riservata solo alla madre la facoltà di scegliere se proseguire o meno la gravidanza. Agli effetti negativi della condotta del medico non può infatti ritenersi estraneo il padre, il quale quindi rientra tra i soggetti tutelati dal contratto con il medico e di conseguenza tra i soggetti aventi diritto al risarcimento dei danni in caso di inadempimento.
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Nel merito del giudizio, il Tribunale osserva che non vi è prova però del nesso di causalità tra i pregiudizi derivanti dalle malformazioni congenite affette dal minore e i danni morali e psicologici sofferti dai genitori, così come del danno da nascita indesiderata. |
In tal senso, il Tribunale rileva che una diagnosi tempestiva della malformazione (trattandosi di vizio congenito) non avrebbe comunque consentito di intraprendere interventi terapeutici o specifici trattamenti volti alla sua riduzione o eliminazione; nel frattempo, l'eventuale esercizio del diritto di interrompere la gravidanza da parte della gestante non avrebbe consentito la nascita dell'attuale titolare della pretesa risarcitoria. Ecco perché la giurisprudenza, in relazione al diritto “a non nascere” o “a non nascere se non sano”, ha affermato che una volta nato, il minore non può far valere come proprio il danno da inadempimento contrattuale per essere egli affetto da malformazioni congenite a causa dell'omessa informazione alla madre, pertanto la sua pretesa risarcitoria va respinta per carenza di titolarità.
Il danno da nascita indesiderata
Con riferimento al danno c.d. “da nascita indesiderata”, il Tribunale di Latina si sofferma sul fatto che un'eventuale omessa diagnosi della sindrome malformativa del feto al termine dell'esame ecografico strutturale-morfologico della 21esima settimana non avrebbe consentito in astratto alla madre, per via dell'omessa informazione, di esercitare il suo diritto all'interruzione della gravidanza.
Come affermano i Giudici con riferimento alla malformazione congenita del minore coinvolto,
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«sebbene ad avviso di questo giudicante possa astrattamente rientrare nella fattispecie di cui alle " rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinano un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna", comportando un grave deficit funzionale dell' arto, tuttavia in assenza di prove a riguardo, non è di entità tale da poter consentire una valutazione di tipo presuntivo e prognostico in merito al concreto esercizio da parte della gestante del diritto all' interruzione della gravidanza, come nelle ipotesi di malformazioni di entità tale da comportare deficit neurologici importanti o gravissime forme di disabilità motoria o funzionali per il nascituro (es. tetraparesi)». |
Onere della prova
In altri termini, la gestante si sarebbe limitata ad articolare prove con riguardo all'accertamento di fatti storici, cioè all'omessa diagnosi della malformazione in seguito all'accertamento medico e alle conseguenze psicologiche che ne sono derivate, senza però provare l'effettiva compressione del suo diritto ad interrompere volontariamente la gravidanza.
Responsabilità medica concorrente
In ultimo, il Tribunale di Latina rileva che l'eventuale condotta negligente della convenuta resta comunque assorbita dall'omessa diagnosi delle malformazioni fetali in relazione al secondo esame strumentale effettuato da altro sanitario alla 38esima settimana di gravidanza, tenuto conto che una corretta diagnosi in tal sede avrebbe consentito alla gestante di prepararsi all'evento nascita che poi è avvenuto 20 giorni dopo, evitando lo shock connesso alla scoperta improvvisa dell'anomalia dalla quale era affetto il neonato.
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In tal caso, essendo l'evento dannoso legato a più azioni od omissioni, il problema del concorso delle cause si risolve ricorrendo all' |
In conclusione , il Tribunale di Latina rigetta la domanda risarcitoria.
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Occorre premettere brevemente in fatto che il thema decidendum della presente controversia è costituito dall'azione risarcitoria proposta ex art. 2043 e 2059 c.c. da sig.ri A.P.A., A.P., in proprio e quali esercenti la patria potestà genitoriale sul minore A.D.A. nei confronti della dott.essa P.O., per responsabilità professionale del medico convenuto, la quale, nel seguire clinicamente la gravidanza dell’ attrice, non si sarebbe accorta all’ esito dell’esame morfologico eseguito in data 18.05.2016 ( ventunesima settimana) di una grave malformazione congenita del feto che, in seguito, veniva alla luce affetto da "aplasia della mano sinistra" ; deducono in particolare gli attori che l’ omessa diagnosi della citata malformazione avrebbe loro impedito l’ eventuale esercizio del diritto di interruzione volontaria della gravidanza ex art. 6 della L. n. 194 del 1978, inoltre rappresentano di aver subito un danno di carattere morale e psicologico per effetto della omessa preparazione alla nascita di un neonato affetto da una grave malformazione, circostanza che avrebbe avuto effetti anche nella quotidianità, sotto il profilo esistenziale e dinamico relazionale con peggioramento della qualità della vita.
Gli attori concludono chiedendo accertarsi il danno subito nelle componenti sopradescritte, oltre il danno subito dal minore, che può essere quantificato, in termini di danno biologico, inteso come maggior danno, nella misura del 60% (cinquanta percento) sul minore, nella misura del 30% (trenta percento) in capo alla madre sig.ra A.P., e nella misura del 20% (venti percento) in capo al padre, sig. A.P.A. ; tradotto in termini monetari determinano il credito .per il minore nella somma di Euro 800.618,00 (somma compresa della personalizzazione con il danno morale), per la sig.ra A.P. in quella di Euro 208.881,00 (somma compresa della personalizzazione con il danno morale) e per il sig. A.P.A. in Euro 105.734,00 (somma compresa della personalizzazione con il danno morale)
Tanto premesso, con riferimento alla domanda risarcitoria proposta dagli attori, in proprio, va preliminarmente rilevata l’ astratta titolarità del diritto risarcitorio, in capo ad entrambi i genitori atteso che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, "in caso di "nascita indesiderata" il risarcimento dei danni, che costituiscono conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento del ginecologo all'obbligazione di natura contrattuale gravante su di lui, spetta non solo alla madre, ma anche al padre, atteso il complesso di diritti e doveri che, secondo l'ordinamento, si incentrano sul fatto della procreazione, non rilevando, in contrario, che sia consentito solo alla madre (e non al padre) la scelta in ordine all'interruzione della gravidanza, atteso che, pur sottratta alla madre (e non al padre) la scelta in ordine all'interruzione della gravidanza, agli effetti negativi del comportamento del medico non può ritenersi estraneo il padre, che deve perciò considerarsi tra i soggetti "protetti" dal contratto col medico e, quindi, tra coloro rispetto ai quali la prestazione mancata o inesatta è qualificabile come inadempimento, con il correlato diritto al risarcimento dei conseguenti danni, immediati e diretti" (Cass. civ. 20320/2005).
Passando a questo punto ad analizzare la posizione del sanitario convenuto in giudizio, va rilevato, quanto alla natura dell’ eventuale responsabilità della dott.essa P.O., come questa abbia natura contrattuale di tipo professionale atteso che il giorno 18 maggio 2016, alla ventunesima settimana di gravidanza, la sig.ra A.P. si recava a visita privata presso il suo studio dove si sottoponeva a controllo ecografico morfologico che documentava, tra l'altro, "…… regolare sviluppo e morfologia dei segmenti rizomesomelici di entrambe le braccia; le mani visualizzate…" (All. 1)
Ne consegue che, in ogni caso, la disciplina deve rinvenirsi nelle norme che regolano la responsabilita’ professionale medica in esecuzione di un contratto di opera professionale (art. 2236 c.c. e segg.)
Tanto premesso, passando al merito del giudizio, va rilevato come la domanda non possa essere accolta in base all’ assorbente rilievo relativo della carenza di prova, sotto il profilo del nesso di causalità, con riferimento ai pregiudizi derivanti dalle malformazioni congenite affette dal minore e con riferimento ai danni morali e psicologici subiti dalla madre e dal padre, nonché per carenza di prova del danno, in relazione al cd "danno da nascita indesiderata".
Sotto il profilo relativo alla risarcibilità dei danni derivanti dalle malformazioni cui è affetto il minore, va osservato come una tempestiva diagnosi della malformazione, trattandosi di vizio congenito accertato nella fase gestazionale, non avrebbe in alcun modo consentito di intraprendere interventi terapeutici o trattamenti sanitari finalizzati alla loro eliminazione o riduzione; al contempo l’ eventuale esercizio del diritto di interruzione della gravidanza da parte della gestante, una volta appresa della malformazione, non avrebbe consentito la nascita all’ attuale titolare della pretesa risarcitoria.
In tal senso la giurisprudenza relativamente al diritto "a non nascere o " a non nascere se non sano" richiama la nozione di diritto " adespota" pertanto, verificatasi la nascita, non può dal minore essere fatto valere come proprio danno da inadempimento contrattuale l'essere egli affetto da malformazioni congenite per non essere stata la madre, per difetto d'informazione, messa nella condizione di tutelare il di lei diritto alla salute facendo ricorso all'aborto ovvero di altrimenti avvalersi della peculiare e tipicizzata forma di scriminante dello stato di necessità (assimilabile, quanto alla sua natura, a quella prevista dall'art. 54 cod. pen. ) prevista dall'art. 4 L. n. 194 del 1978, risultando in tale ipotesi comunque esattamente assolto il dovere di protezione in favore di esso minore, così come configurabile e tutelato (in termini prevalenti rispetto - anche - ad eventuali contrarie clausole contrattuali: art. 1419, secondo comma, cod. civ.) alla stregua della vigente disciplina ( Cass. civ.n. 14488/2004).
La domanda proposta pertanto nell’ interesse di A.D.A. va dunque rigettata per carenza di titolarità sostanziale della pretesa risarcitoria.
Con riferimento poi al danno cd " da nascita indesiderata" va osservato che l’eventuale omessa diagnosi della sindrome malformativa fetale, in esito all'esame ecografico strutturale-morfologico della 21esima settimana, non avrebbe consentito, in linea solo astratta, per effetto della omessa informazione della gestante sulle condizioni del feto, di farle esercitare il suo diritto, ai sensi dell’art. 6 della L. n. 194 del 1998, all’ interruzione della gravidanza.
Va tuttavia rilevato che l’attrice non ha né dedotto (se non in termini del tutto generici) che in caso di conoscenza dell’aplasia della mano sx cui era affetto il nascituro avrebbe in concreto esercitato il diritto all’ interruzione della gravidanza.
Invero, il caso in esame rientra nell’ ipotesi di cui alla lettera b) della citata disposizione normativa, secondo cui è possibile ricorrere all’ interruzione di gravidanza " quando siano accertati gravi processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinano un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna".
Nel caso di specie, dalla stessa Consulenza di parte allegata dagli attori ( pag 7 e pag 17) si dà atto di una malformazione congenita (aplasia mano sinistra) che, sebbene ad avviso di questo giudicante possa astrattamente rientrare nella fattispecie di cui alle " rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinano un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna", comportando un grave deficit funzionale dell’ arto, tuttavia in assenza di prove a riguardo, non è di entità tale da poter consentire una valutazione di tipo presuntivo e prognostico in merito al concreto esercizio da parte della gestante del diritto all’ interruzione della gravidanza, come nelle ipotesi di malformazioni di entità tale da comportare deficit neurologici importanti o gravissime forme di disabilità motoria o funzionali per il nascituro (es. tetraparesi).
La stessa consulente di parte dà atto di un bambino di circa un anno vivace sereno ed in buona salute ad eccezione delle limitazioni funzionali derivanti dalle anomalie dell’avambraccio sinistro che il minore tende a compensare con utilizzo della bocca e dell’arto destro.
Invero, l’ attrice nulla prova in merito all’ eventuale compressione del diritto all’ interruzione della gravidanza, né offre di provare mediante istanze di prove orali l’ ipotetico esercizio del diritto in questione, limitandosi ad articolare prove finalizzate ad accertare i "fatti storici" ovvero l’ omessa diagnosi della malformazione in seguito all’ ecografia morfologica della 21esima settimana e le conseguenze psicologiche derivanti dall’ impreparazione all’ evento, in ragione della conoscenza della malformazione solo dopo il parto.
In relazione a tale aspetto, sul quale i genitori incentrano parte della domanda risarcitoria, sotto il profilo del danno morale/esistenziale e biologico/psicologico, va osservato come sia incontestato che alla 38 esima settimana la gestante effettuava presso l’Ospedale di Velletri, un’ulteriore ecografia morfologica dove pure non erano state riscontrate anomalie nello sviluppo scheletrico del feto, circostanza che ad avviso della CTP di parte " desta ulteriori perplessità" (all. 2).
Dunque, l’ eventuale condotta negligente ed imperita della dott.essa P.O., è assorbita, sotto il profilo causale, dalla omessa diagnosi delle malformazioni fetali in relazione al secondo esame strumentale, eseguito da altro sanitario, alla 38esima settimana ( 15.09.2016), (condotta autonoma ed indipendente dalla prima), atteso che una corretta diagnosi in quella sede delle anomalie riguardanti l’ avambraccio sinistro del nascituro, avrebbe consentito alla gestante di prepararsi all’ evento nascita, avvenuto venti giorni dopo (5.10.2016), in modo più consapevole evitando lo shock connesso alla improvvisa scoperta dell’ anomalia da cui era affetto il neonato.
Invero, in tema di responsabilità civile, qualora l'evento dannoso si ricolleghi a più azioni o omissioni, il problema del concorso delle cause trova soluzione nell'art. 41, c.p., in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l'evento, essendo quest'ultimo riconducibile a tutte, tranne che si accerti l'esclusiva efficienza causale di una di esse. In particolare, in riferimento al caso in cui una delle cause consista in una omissione, la positiva valutazione sull'esistenza del nesso causale tra omissione ed evento presuppone che si accerti che l'azione omessa, se fosse stata compiuta, sarebbe stata idonea ad impedire l'evento dannoso ovvero a ridurne le conseguenze, non potendo esserne esclusa l'efficienza soltanto perché sia incerto il suo grado di incidenza causale (Cass. Civ 18753/2017).
Nella fattispecie, è pacifico, come sopra evidenziato, che qualora la gestante alla 38 esima settimana, all’ esito della seconda ecografia morfologica avesse avuto contezza delle malformazioni da cui era affetto il feto, in ragione dell’ampio lasso temporale tra la conoscenza della notizia e la nascita del bambino (20 giorni), si sarebbe preparata psicologicamente all’ evento con elisione dei pregiudizi psicologici dedotti in questa sede derivanti da una condotta antecedente.
Ne consegue il rigetto della domanda risarcitoria.
Assorbita ogni ulteriore domanda, nonché l’azione di manleva proposta dalla convenuta nei confronti della U. spa.
La peculiarità e delicatezza del thema decidendum consente, eccezionalmente, la compensazione delle spese di causa tra tutte le parti.
P.Q.M.
il Tribunale di Latina Sezione II, in funzione monocratica, nella persona del dott. A. P., definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione disattesa, così provvede:
Rigetta la domanda risarcitoria proposta da parte attrice;
Dichiara assorbita ogni altra domanda;
Compensa le spese di causa.